Come già anticipato, tratteremo di cloud computing, ma non solo. Parleremo, difatti, anche di gabbiani, che iniziano il loro volo dalla terraferma per seguire le bianche scie dei pescherecci in cerca di cibo. Insieme, abbandoneremo le vecchie consuetudini e spiccheremo il volo nel cloud computing; un volo, né scontato, né prevedibile, tra le nuvole bianche e quelle nere.

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Oggigiorno esistono molti soggetti che volano nel cloud computing: dalle aziende ai cittadini, dai professionisti alle industrie, dalle piccole e medie imprese alla Pubblica Amministrazione, nonché detentori di tecnologie ed attori interessati a vario titolo. Che si tratti di cloud pubblico, privato, ibrido, oppure di comunità, poco importa, ciò che maggiormente interessa è, sostanzialmente, il nostro approccio ad esso. Possiamo cioè vagare tra le nuvole alla mera ricerca di cibo, oppure possiamo volteggiare nei cieli alla ricerca della performance e della perfezione. Detto in altri termini, non dovremmo interessarci al cloud perché è trendy e far finta di essere dei veri innovatori (cloud nero), piuttosto dovremmo cercare di avvicinarci ad esso per uno scopo virtuoso, ovvero utilizzare pienamente e consapevolmente le potenzialità che questa tecnologia è in grado di offrire (cloud bianco).
Volendo prendere in prestito una locuzione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, potremmo dire che: “il cloud è istituzione economica, non solo un’infrastruttura tecnologica. Esso è un luogo ove sono ridefiniti persino i rapporti (centenari) fra lavoro e capitale. Il cloud non è (più) Utopia, ma ‘luogo comune’ della modernità, motivo ricorrente dell’opera organizzativa contemporanea”. E ancora, sempre in merito al cloud, aggiunge che: “rappresenta un crocevia naturale di interessi e convergenze di attori diversi”.
Noi tutti dovremmo accostarci all’argomento nella maniera più adeguata e propositiva, riflettendo sul fatto che le nuove scoperte, e le conseguenti nuove conoscenze, possano essere d’ausilio a tutta la comunità alla quale apparteniamo, anziché un motivo per creare delle ulteriori diversità da emarginare. Queste scoperte e conoscenze renderebbero il cloud un luogo di memoria, non solo di transito; il miglior presupposto per impiantare processi economici che “imparino” e che, coerentemente, portino con sé gli aspetti positivi dei processi conoscitivi.
Una definizione esaustiva e sintetica delle principali caratteristiche del cloud computing viene fornita dal NIST (National Institute of Standards and Technology – U.S. Department of Commerce): “Cloud computing is a model for enabling ubiquitous, convenient, on-demand network access to a shared pool of configurable computing resources (e.g., networks, servers, storage, applications, and services) that can be rapidly provisioned and released with minimal management effort or service provider interaction” (“The nist definition of cloud computing”, Peter Mell e Timothy Grance, Special Publication 800-145, settembre 2011).
Il cloud rappresenta, pertanto, un modello per consentire l’accesso ad un insieme di risorse condivise in rete. Tale accesso ha la prerogativa di essere sempre disponibile, indipendente dalla nostra posizione geografica e conveniente dal punto di vista economico. I servizi offerti in cloud hanno il vantaggio di essere prontamente erogati da parte di un provider con il minimo sforzo manageriale, nonché con minima interazione, da parte del fruitore di tale servizio, con il fornitore stesso.
Dunque, perché non usare le nostre ali per il volo di precisione e per ricercare la perfezione, anziché limitarci, invece, ad utilizzarle solo per il volo orizzontale e per elemosinare del cibo sulla scia dei pescherecci?

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Il cloud computing si basa su tecnologie innovative e nuove logiche architetturali; esse comportano il ritorno alla centralizzazione dei server, la riduzione del numero dei data center, l’aumento di capacità elaborativa, la riduzione dei consumi energetici, una crescente disponibilità della banda di connessione, l’opportunità di utilizzo della SOA (Service Oriented Architecture), una maggiorata virtualizzazione, adozione di architetture ad alta affidabilità, di sistemi di controllo, monitoraggio e misurazione di ciò che consumiamo e, pertanto, di quanto spendiamo.
Se avremo la passione ed il coraggio di perseguire l’adozione del cloud bianco, a dispetto di quello nero, inopinatamente scopriremo che esso non è solo proficuo a tutti gli attori coinvolti, per quanto peculiari i loro interessi possano essere, ma depaupera anche il vigore delle obiezioni che al cloud stesso vengono solitamente mosse circa la privacy dei dati trattati, circa la loro sicurezza e la conformità alle vigenti normative.
Se continueremo a volare senza una meta, contribuiremo a mantenere in vita consuetudini ormai desuete, le stesse che hanno condotto, nel corso degli anni, alla creazione in Italia di oltre 11.000 data center pubblici; ciascuno con le proprie acquisizioni, con il proprio ciclo manutentivo, necessità ed interessi. A fronte di ciò, possiamo nutrirci di teoria e di solenni discorsi, come spesso se ne fanno: “dobbiamo evitare di digitalizzare le attuali inefficienze”, “dobbiamo ridisegnare tutti i processi”, oppure possiamo procedere operando un sano e profondo cambiamento di assetto organico delle attuali strutture IT.
A noi la scelta, ma appare fin troppo evidente che, se impareremo a volare aspirando alla perfezione, arriveremo ovunque ed in tempi brevi. A tal fine, è necessario avere un obiettivo da perseguire, nonché un modello organico dei servizi, che sia unitario e condiviso; non possiamo più permetterci di investire in risorse IT come se fossimo trascinati da correnti aeree mutevoli ed effimere, col rischio di incappare in eventuali e spiacevoli “tempeste”.
Secondo Marc Russell Benioff, Presidente del C.d.A e CEO di salesforce.com: “Il Cloud Computing è un modello dirompente che cambia radicalmente il modo in cui si usa l’IT a supporto del business e la sua affermazione nei prossimi anni è più che scontata. Sicuramente tra i suoi più grossi vantaggi ci sono le molte opportunità per le piccole e medie organizzazioni, perché tutte possono beneficiare dell’IT a basso costo e non solo le grandi organizzazioni che possiedono i data center. La potenza del Cloud Computing è la democratizzazione della tecnologia, perché la rende disponibile per tutti”. Dunque, dobbiamo superare le limitazioni imposte dalle usuali risorse, soprattutto economiche, perché queste rendono la tecnologia, ed i servizi da essa offerti, un privilegio fruibile esclusivamente da una fortunata élite.
Ovviamente, l’utilizzo di soluzioni cloud computing comporta anche un notevole impatto, sia sull’organizzazione, che sui processi in atto, nonché sulle specifiche competenze professionali degli individui impattati dal cambiamento. In termini assoluti, tali effetti non possono non essere considerati sani e proficui; abbiamo, difatti, l’opportunità di imparare a lavorare in modo innovativo, imparare un nuovo modo di collaborare e di interagire. Anziché aver timore di tutto ciò, sfruttiamo l’opportunità in maniera consapevole, rendiamo i cittadini partecipi di questa nuova tecnologia e diffondiamo la conoscenza per il suo utilizzo.
Sempre riguardo agli effetti derivanti dalla piena e corretta adozione del cloud computing, e della sua cultura, bisogna sottolineare che tali impatti sono talvolta notevoli, sia per le organizzazioni che formulano la domanda, sia per quelle che formulano l’offerta. Nel primo caso, il riferimento alla Pubblica Amministrazione (centrale e locale) è d’obbligo; gli impatti sarebbero ingenti, in quanto ne stravolgerebbero i tradizionali canoni e ne evidenzierebbero gli attuali limiti. Anche nel secondo caso gli impatti sarebbero altrettanto ingenti, in modo specifico in Italia, dove esiste un mercato IT decisamente stagnante e che rifugge dalle innovazioni. Difatti, qui esiste un ampio e variegato panorama di piccole e medie imprese operanti nei ruoli più disparati (rivenditori, installatori, integratori di sistemi, consulenti, mediatori, distributori, ecc.). Queste aziende, come gabbiani sulla scia di un peschereccio, si trovano spesso nella condizione di poter fruire solo dei residui di cibo; il loro margine di guadagno è molto sottile e derivante da esigue percentuali sulle vendite di licenze o servizi a corredo (installazioni, parametrizzazioni, personalizzazioni, addestramento del personale, manutenzione hardware, assistenza applicativa e sistemistica, ecc.). Le aziende stesse potrebbero invece rivoluzionare il loro approccio e proporsi come broker di servizi, o come generatrici di servizi innovativi, proprio utilizzando al meglio le potenzialità del cloud bianco.
Il Cloud computing contribuisce a rivoluzionare vecchi schemi e credenze, ormai parte di un retaggio culturale obsoleto. Del resto, se aziende come Amazon, Microsoft, Oracle, HP, IBM (solo per citarne alcune tra le più importanti), erogano software sotto forma di servizio (SaaS) si riduce drasticamente la necessità di una fase di intermediazione, di installazione e di formazione del personale. Se gli utenti utilizzassero i servizi on line non avrebbero più la necessità di customizzazioni esasperate, né di particolarità derivanti da consuetudini ormai antiquate, di cui, solo per citare un valente esempio, le applicazioni dei tanti Enti della Pubblica Amministrazione sono traboccanti. Detto in termini diversi, l’utente è spinto ad utilizzare servizi preconfezionati, così come sono, facendo un piccolo sforzo di adattamento alle funzionalità offerte dal servizio che si intende utilizzare.

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“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.”
Questa frase, pronunciata dal Mahatma Gandhi, sembra descrivere l’ineluttabile destino dei veri innovatori. Anziché osteggiarli, dovremmo piuttosto imparare a coltivare noi stessi, la nostra passione e curiosità, evitando di agire solo perché “così vuole il capo”, o in base a consunte e sbrigative massime di vita: “non capisco, ma mi adeguo”, “si è fatto sempre così”, “mi basta arrivare alla pensione”. Dovremmo renderci persuasi del fatto che il miglior modo per prevedere il futuro è crearlo.
“Al di là delle infrastrutture (cloud pubblico, privato, ibrido) il cloud è per sua natura ibrido nel senso di commistione di pubblico e privato: è una città che esprime il proprio potenziale solo se gli abitanti accettano lo stato di ‘polis’, cioè la condivisione” (Carlo Alberto Carnevale Maffè, grazie!). Condividiamo le risorse, impariamo ad utilizzare servizi standard, purché ben progettati, abbandoniamo gli individualismi ed i localismi, ne otterremmo un tesoro insperato che, finora, soprattutto nel panorama IT della Pubblica Amministrazione, non è mai stato trovato: l’uniformità dei procedimenti amministrativi.
Potremmo addirittura scoprire che, utilizzando le stesse funzioni per eseguire azioni simili, anche i dati trattati si uniformerebbero conseguentemente, secondo un processo virtuoso che richiederebbe del tempo, certamente, ma con risultati garantiti. Dati puliti, esatti e disponibili a chi, legittimamente, ne fa richiesta: non più una chimera, ma una vera e propria rivoluzione.
In ultima analisi sottolineiamo che il cloud opera una magnifica azione democratica, riducendo le disarmonie tecnologiche ed organizzative, così come, negli ultimi anni, Internet ha ridotto quelle informative. In questo, il cloud rappresenta un bellissimo esemplare di cigno nero “informatico”, ovvero un enorme balzo in avanti, che può contribuire a spalancarci le porte del progresso sociale, culturale ed economico futuro.
Innovazione è progresso.

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pubblicato anche il nuovo http://www.agendadigitale.eu/competenze-digitali/la-caccia-al-tesoro_1830.htm
Non capisco perchè Luca Attias e Michele Melchionda si ostinino a pubblicare su queste riviste di nicchia. Forse sarebbe meglio non pubbicare affatto.
……. a quando il prossimo
Ogni innovazione estirpa, almeno in parte, le vecchie consuetudini e, al contempo, dona nuove opportunità. In termini assoluti, le novità non sono, né positive, né negative. Tutto dipende dal singolo individuo e dall’uso, più o meno consapevole, che facciamo di quanto è intorno a noi. Dire “NO” aprioristicamente ad un’innovazione è sbagliato, sempre sbagliato.
In riferimento alla delicata questione della gestione delle H.R. (Human Resources), ritengo che, il personale preposto al trattamento dei dati attraverso i servizi di cloud computing, dovrebbe beneficiare di specifici interventi formativi, che insegnino le modalità più idonee per l’acquisizione e l’inserimento dei dati in cloud, per la loro consultazione e, più in generale, per l’utilizzo dei nuovi servizi esternalizzati. Tutto ciò, allo scopo di mitigare gli eventuali rischi per la protezione dei dati, derivanti non solo da eventuali comportamenti fraudolenti, ma causati anche da errori umani: incompetenza, negligenza, ecc. Queste spiacevoli circostanze potrebbero, difatti, dare luogo ad eventuali perdite di dati o, più in generale, a trattamenti del dato non consentiti.
Ho letto con estremo interesse l’articolo. Tutti noi viviamo questo cambiamento epocale accomunati da una inevitabile eventualità, eppure ognuno di noi ne da una lettura diversa. E reagisce in maniera diversa. Chi come i gabbiani che raccolgono briciole inerti rispetto al cambiamento e chi cerca di anticipare i tempi aggrappandosi ai report di Gartner. Di sicuro il cambiamento spaventa. Ed è bello leggere qualcosa di illuminato, che ci dia una lettura del futuro obiettiva, frutto della tanta esperienza di chi, leggendolo da un osservatorio autorevole e qualificato, è in grado di intravedere scorci di scenari futuri. Belli o brutti non ha importanza: il valore sta ancora una volta nell’adeguarci prima possibile.
Un grande applauso a tutta la squadra di Luca Attias. Bravi ragazzi, siete meravigliosamente stupefacenti! Null’altro.
In fase di acquisto del servizio in nuvola, il mio consiglio è di approfondire le policies adottate dal fornitore di tale servizio. In primis, sarà necessario leggere molto attentamente il contratto e le eventuali clausole ad esso legate, per verificare i tempi di persistenza dei propri dati in cloud. Da una parte l’utente dovrebbe accertare il termine ultimo, successivo alla scadenza del contratto, oltre il quale il fornitore è tenuto alla cancellazione definitiva dei dati che gli sono stati affidati, dall’altra, il fornitore dovrà presentare adeguate garanzie, assicurando che i dati non saranno ritenuti oltre i suddetti termini. In ogni caso, i dati dovranno essere sempre conservati nel rispetto delle finalità e delle modalità concordate, escludendo duplicazioni e comunicazioni a terzi.
Nell’ottica di proteggere la privacy e la sicurezza dei propri dati, il fruitore del servizio dovrebbe almeno valutare quali misure vengono adottate dal provider per consentire l’allocazione dei propri dati in cloud. Personalmente credo siano da preferire, in generale, quei fornitori che utilizzano tecniche di trasmissione sicure, ad esempio tramite connessioni cifrate, altresì supportate da meccanismi di identificazione degli utenti autorizzati all’accesso. Va da sé che la complessità di tale apparato deve necessariamente essere commisurata alla criticità dei dati contenuti nel cloud stesso. Quello che intendo dire è che, nella maggior parte dei casi, sarebbe sufficiente l’utilizzo di semplici meccanismi di identificazione, basati su “Username” e “Password”. Invece, nell’ipotesi in cui il trattamento riguardi tipologie di dati particolarmente critici (legali, medici, testamentari, ecc.), mi orienterei, oltre all’utilizzo di protocolli sicuri nella fase di trasmissione, anche alla conservazione in forma cifrata per mezzo di sistemi messi a disposizione dal fornitore medesimo del servizio.
Commento breve, ho poco altro da dire, solo: MITICI!
In Italia si avverte l’urgente bisogno di un’alfabetizzazione digitale che sia profonda e puntuale. Il cloud computing italiano è ancora lontano dalla maturità, ma gli evidenti cenni di cambiamento cominciano a farsi sempre più evidenti, grazie a contributi come questo della Corte dei conti, che apportano molteplici ed interessanti spunti riflessivi e che, con sempre maggior evidenza, spianano la via dell’innovazione e del progresso. Come un bimbo, confuso e inconsapevole, mi sono lasciato trascinare in questa lettura dal potere inesorabile delle bellissime immagini, colorate e rappresentative. La forza creativa dell’intero costrutto traspare e seduce.
Ho trovato fondamentalmente interessante questo modo di comunicare con il lettore. Un duplice filone espositivo, quello tecnico e quello narrativo, che si mantengono paralleli, ma non disdegnano punti di contatto, coinvolgendo il lettore medesimo e rendendo la lettura decisamente intrigante.
Consiglio a tutti di guardarsi in rete gli interventi sul cloud di Alessandro Piva del Poolitecnico di Milano è l’unico che segue un percorso analogo a quello dei ragazzi della Corte dei conti.
While awareness among businesspeople about cloud computing and its capabilities has steadily grown in the last few years, myths and distortions about the cloud still abound and can lead to decisions that result in a whole new set of problems. It’s important to do your homework and understand all of your options and how each will impact your business. By making informed decisions, cloud computing can offer your business choice, value, and flexibility. Attias & Milchionda are making a real good job!
Davvero non riesco a capire a cosa si debbono tutti questi commenti; ho letto l’articolo molto attentamente e, in tutta sincerità, non ho trovato nulla di particolarmente interessante, né di originale. Nessuno spunto di riflessione, nessun pensiero che io non abbia già avuto leggendo altri articoli similari. Diciamolo, anche le immagini sono banali, in realtà non sono né illustrazioni, né strisce di fumetto. Gli orsetti, poi, non li prendo proprio in considerazione. Ripeto, non capisco tutta questa mole di commenti da dove si origini e perché. Solo un dubbio mi assale: siete forse dei fan sfegatati di Attias e Melchionda?
Thank you for reading
The biggest challenge any business faces is trying to predict the future; knowing what your data will look like in three or five years’ time so you can put in an infrastructure that is flexible enough to grow and accommodate change is a huge challenge.
http://www.cloudcomputing-news.net/
“Con questo suo libro Richard Bach mi ha procurato due gioie: mi ha fatto volare, mi ha fatto sentir giovane. Per entrambe gli sono profondamente grato” – RAY BRADBURY.
Vabbè sono d’accordo Luca Attias e Michele sono bravi, forse i più bravi di tutti ma non esageriamo :-)))
Ciao, scusa nn vorrei disturbarti ma è molto urgente!!
Ho un amico che arriva da molto lontano e ha bisogno di un posto dove rimanere.
Essendo così, gli suggerii la tua casa.
Ti chiedo di riceverLo ed amarLo.
Il suo nome è Gesú Cristo.
Ora dici a voce bassa: “Puoi entrare Signore, io ho bisogno di te, pulisci il mio cuore col tuo sangue e benedici la mia famiglia.”
Invialo a tutti i tuoi contatti e riceverai domani un miracolo.
Se credi in Dio invia questo messaggio ai tuoi amici, se lo respingono ricorda che Gesù disse:
“Se mi neghi tra gli uomini, ti negherò davanti a mio padre ”
tra 4 minuti ti daranno una buona notizia!
Dio ti benedica
Uno dei pregi maggiori di questo articolo è quello di essere facilmente comprensibile a tutti e contemporaneamente di attirare l’attenzione e la curiosità. Veramente un bel lavoro.
Inutile aggiungere altro: questa modalità di comunicazione è assolutamente innovativa, avvolgente, entusiasmante. Questo articolo fa il pelo e il contropelo a tutta la concorrenza, qualora ce ne fosse. “Pollice SU” per tutto il team della Corte dei conti che oggi inaugura un nuovo genere: un approccio divulgativo, ironico, etico e culturale, alle questioni più propriamente tecniche.
Complimenti per l’articolo, le immagini riescono a non far scemare l’attenzione sui concetti interessanti. La squadra della Corte dei Conti sta facendo veramente un gran lavoro di moral suasion, si tratta di una reale lotta alla corruzione ad ampio spettro e ciò aiuta a contribuire anche alla formazione graduale di una nuova classe dirigente più attenta agli aspetti legati all’etica. Bravi.
L’articolo è ora presente anche sul portale del Forum PA all’indirizzo http://www.forumpa.it/pa-digitale/il-volo-del-gabbiano-ovvero-il-cloud-computing
Ai colleghi della Corte dei conti vanno i miei più sentiti complimenti per l’ottimo lavoro svolto. Bravi ragazzi, non mollate mai, mai, mai!
Un lavoro semplicemente eccezionale, come pochi se ne vedono nel panorama comunicativo italiano, tanto meno in quello della pubblica amministrazione. Ne sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Che i dirigenti della Corte dei conti si occupino di racconti, gabbiani ed orsetti, detta senza peli sulla lingua, mi sembra un’esagerazione bella e buona… Chissà, forse i sbaglio io!
Consiglio la lettura di questo interessante articolo http://www.altalex.com/documents/news/2015/06/08/cloud-computing-il-trattamento-dei-dati-e-le-misure-di-sicurezza dal titolo Cloud computing: il trattamento dei dati e le misure di sicurezza.
Sono d’accordo con Antonio (commento qui sotto), se questo articolo ha ricevuto tanti commenti è solo perché esso rappresenta già un successo! L’equazione è semplice: tanti commenti = tanto successo!
Questa nuova forma comunicativa è decisamente molto incisiva. A dispetto dei tanti commenti velenosi, direi che funziona davvero bene; in fin dei conti, se ha saputo smuovere la bile di molti lettori, qualcosa vorrà pur dire…
Credo che molti commenti sono costruiti ad arte da attori improvvisati e pagati appositamente. Non credo possibile che questo articolo abbia ricevuto tanti commenti e gli altri manco uno. Attias e Melchionda sono dei fasulli!
Il Governo dovrebbe ingaggiare Attias, Melchionda e gli altri ragazzi che collaborano con loro per fargli fare un tour all’interno delle Amministrazioni pubbliche.
Il cloud computing non è più una scelta ma un obbligo per la Pubblica Amministrazine moderna e solo in Italia non l’abbiamo ancora capito.
Le critiche gratuite su questo articolo e sul cloud sono pretestuose e fatte da gente in malafede che non vuole il bene del Paese ma solo della propria cerchia.
Ciò che suggeriscono Luca Attias e Michele Melchionda è: che siate degli informatici o no se non sapete cosa è il cloud informatevi prima possibile, leggendo anzitutto questo articolo ma anche navigando in rete o chiedendo agli amici. Il futuro non può che passare dal cloud.
Il piccolo e anticonformista Gabbiano Jonathan riesce ad intravedere una nuova via da poter seguire, una via che allontana dalla banalità e dal vuoto del suo precedente stile di vita, e comprende che oltre che del cibo un gabbiano vive ” della luce e del calore del sole, vive del soffio del vento, delle onde spumeggianti del mare e della freschezza dell’aria.
Richard Bach
Bravi, bravi, bravi! Davvero entusiasmante! Competenze, capacità, cultura e creatività senza confini!
Ho preferito non commentare fino ad adesso ma leggere, signor Giaccherini la sua frase “dove le mettiamo le persone che lavorano in tutti questi CED cari signori della Corte dei conti?” mi ha fatto ribollire il sangue.
Se continuiamon a ragionare in questo modo porteremo il Paese al disastro da tutti i punti di vista. E’ in questo modo che dilaga la corruzione in Italia ed è grazie a persone che la pensano come lei e che operano perchè tutto ciò non cambi che siamo oramai ultimi in tutte le classifiche mondiali.
Il cloud nella PA non si può usare, ci sono problemi di sicurezza evidenti che non possono essere risolti.
Anche la chiusura dei CED è una fesseria, dove le mettiamo le persone che lavorano in tutti questi CED cari signori della Corte dei conti?
Non sono mai stata particolarmente brava a scrivere, pertanto non aspettatevi un gran commento. Volevo semplicemente dire bravi agli autori per aver confezionato un prodotto molto piacevole, divertente e al contempo istruttivo. Semplicemente bravi.
Fantastico ho letto che ci sono tra i commenti addirittura alcuni annunci pubblicitari di qualche azienda, credo che questa sia la prova provata che il vostro è un prodotto che spacca.
Finalmente un articolo che non annoia il lettore.
Al momento la maggior parte delle aziende sperpera il proprio budget IT per il puro e semplice mantenimento delle infrastrutture e dei servizi esistenti. Il cloud computing potrebbe invece permettere a tutte queste imprese di risparmiare molto in termini economici, tanto da poter prendere in considerazione attività di ricerca e sviluppo, nonché tutti quei progetti che prima sembravano irrealizzabili, proprio a causa del loro costo esorbitante. Infatti uno dei punti di forza del cloud è il ridurre sensibilmente i costi d’impresa, semplificando sensibilmente il dimensionamento iniziale dei sistemi e delle applicazioni IT, garantendo altresì un ROI molto elevato sugli sforzi di investimento iniziali, richiesti per gli opportuni adeguamenti tecnologici dell’azienda.
Nell’articolo, peraltro particolarmente curato ed intrigante, viene detto che “il cloud computing si basa su tecnologie innovative e nuove logiche architetturali; esse comportano […] l’opportunità di utilizzo della SOA (Service Oriented Architecture), una maggiorata virtualizzazione […]”. Mi sarebbe piaciuto che gli autori approfondissero questi due concetti, che mi sembrano fondamentali e che invece rimangono solo elencati, ma non esplosi nella spiegazione delle loro potenzialità. Peccato, un piccolo neo, per il resto l’articolo merita davvero molto.
In realtà in merito al cloud non esiste ancora una definizione che possa intendersi univoca e condivisa (forse non esisterà mai!), ma ciò può solo concorrere a creare confusione, soprattutto nei lettori non addetti ai lavori. Oggi le grandi compagnie del settore IT, molte delle quali sono citate nell’articolo, spingono sempre di più per affermare i servizi in cloud a livello mondiale e non solo per le aziende che si occupano di informatica. Ma quali sono i reali benefici per le PMI che adottano questa tecnologia? Ecco, mi sembra che l’articolo di Luca Attias e Michele Melchionda chiarisca questo punto in via definitiva, rispondendo esaurientemente a questa domanda semplice, ma cruciale. E questo è solo uno dei molti punti di forza che tale “Rac-corto” possiede. Un sentito plauso a tutti coloro che hanno collaborato alla sua stesura.
Se fossi uno dei dirigenti della Haribo, la nota azienda tedesca di dolcetti, io sporgerei querela contro la Corte dei conti per aver indebitamente utilizzato l’immagine degli orsetti di caramella!
Il Cloud Computing rappresenta una realtà sempre più diffusa e, con molta probabilità, anche piuttosto discussa, in considerazione del fatto che la massa non ha ancora ben chiaro di cosa in realtà si tratti, né quali siano le sue potenzialità. Questo articolo nella sua “complessa semplicità” (complesso perché è variamente articolato, semplice perché è molto fruibile e divertente) riesce ad incuriosire e, pertanto, riesce facilmente a trasmettere alcuni concetti di base su tale argomento che dovrebbero invece divenire di dominio pubblico. La Corte dei conti sta facendo un lavoro egregio.
La Corte dei conti sta svolgendo un lavoro talmente importante che dovrebbe essere indirizzato soprattutto alle scuole italiane, per rafforzare il senso etico e morale delle nostre giovani leve. Lo stesso ing. Attias ha più volte asserito che la corruzione dovrebbe essere combattuta in maniera strutturale già a partire dalla scuola. Il futuro di noi tutti parte dalla scuola.
Chi si occupa di informatica, che sia in una Direzione Generale di una PA o in un Ufficio di una azienda privata ha il dovere se non l’obbligo di adottare, dopo un giusto periodo di studio e relativa quantificazione dei rischi, le soluzioni tecnologiche più innovative e performanti che il mercato offre; quando poi tali soluzioni rappresentano (come il cloud) un “combinato disposto” di economicità/modernità/democrazia credo sia addirittura sacrosanto adottarle nelle proprie realtà lavorative.
Il “cloud è tra noi” da anni, ma ancora molti non se ne sono accorti, alcuni già oggi non ne possono fare a meno, ma non sanno che lo stanno utilizzando! Aiutarli a capirlo ed utilizzarlo è compito dei cosiddetti “addetti ai lavori” …ben vengano quindi i divulgatori di tale tecnologia….con frasi, immagini e “pupazzetti”(chi scrive ne è un fautore!) che sono, non dimentichiamolo mai, insieme all’adeguamento tecnologico della propria infrastruttura, la vera risorsa affinchè qualsiasi soluzione innovativa divenga veramente fruibile da tutti .
Quella di Adele mi sembra una buona idea. Il tentativo è chiaramente quello di attirare il maggior numero di persone possibili su temi troppo spesso trascurati in Italia e la scuola, come da anni dice Attias, è il bacino più importante in assoluto.
Ottimo articolo, davvero molto convincente e molto ben confezionato. Tra l’altro, vista l’estrema importanza del fattore digitalizzazione, voglio lanciare una provocazione: perché non fare degli incontri presso le scuole per sensibilizzare i nostri ragazzi sull’importanza del digitale, magari utilizzando proprio questa innovativa e coinvolgente forma comunicativa?
L’abbinamento tra il racconto fornito dalle immagini e la disquisizione tecnica della porzione testuale crea, a mio avviso, una miscela profondamente coinvolgente. Il risultato finale è come una sinfonia di concetti, parole e colori molto ben orchestrata ed amalgamata. Mi auguro che, oltre a questi primi quattro “Rac-corti”, l’esperienza possa continuare in modo costante, con pubblicazioni regolari, magari, fino a formare un intero volume, di quelli che si vendono in libreria. Perché no, l’iniziativa è validissima!