La Commissione europea ha recentemente pubblicato il pacchetto contenente i report sullo stato di avanzamento del Digital Decade 2030 comprensivo del documento che delinea la situazione italiana, imprescindibile strumento per il monitoraggio in itinere delle iniziative messe il campo dal Governo sui vari aspetti abbracciati dai target europei.
Ciò che spicca con riguardo al nostro Paese, è un trend positivo che riguarda l’offerta e la domanda di connettività, un’accelerazione, seppur nell’ambito di dati che continuano ad essere preoccupanti, sul fronte delle tecnologie avanzate quali l’Intelligenza artificiale (dal 5,1% del 2023 all’8,2% del 2024) e la persistenza di un ritardo ancora significativo relativamente alle competenze digitali ad un livello almeno di base (valore nazionale del 45,8% contro uno europeo del 55,6%). Sempre nel campo delle competenze digitali l’Italia presenta inoltre significativi gap tra cui quello di genere e tra aree urbane e rurali, segnalando la necessità per rinnovati interventi di policy in grado di favorire un maggior allineamento sul fronte delle competenze tra i diversi strati della popolazione.
Nel complesso l’aggiornamento della strategia italiana ha condotto all’inclusione di cinque misure addizionali, portandone il numero complessivo a 67, sostenute da un budget totale che ammonta a 62,3 miliardi di dollari, pari al 2,84% del GDP domestico.
Indice degli argomenti
I progressi dell’Italia nelle infrastrutture e nelle tecnologie avanzate
Il 2024 ha segnato per l’Italia un incremento del 18,6% sia sul fronte della copertura della VHCN che della FTTP, riducendo il gap rispetto all’obiettivo del 100% entro il 2030 a 29,27 punti percentuali, un divario ancora significativo ma che le permette di rimanere sulla traiettoria ottimale per centrare il target finale. Un ulteriore aspetto positivo è che l’incremento registrato si è distribuito in maniera sostanzialmente omogenea nelle “white”, “grey” e “black areas” con incrementi rispettivamente del 32,8%, 31,1% e 35,2%.
Inoltre, dal country report si evince come la copertura del 5G sia rimasta pressoché invariata rispetto alla precedente rilevazione grazie ad un valore del 99,4%, che mantiene l’Italia sensibilmente vicina all’obiettivo di una copertura del 100% al 2030. In tal senso, passi in avanti si sono registrati anche in relazione alla copertura nelle aree meno densamente popolate grazie al raggiungimento della soglia del 99,1%, contro una media europea che si ferma al 79,57%. Andando più nel dettaglio, l’Italia ha dimostrato una buona performance anche se si considera la copertura 5G nella banda tra 3.4 e 3.8 GHz, giunta alla soglia del 93,25% grazie ad un incremento di quasi 5 punti percentuali su base annua. Anche in questo caso, le aree meno densamente popolate hanno beneficiato tra il 2023 ed il 2024 di un aumento di copertura, essendo passata dal 68,94% al 74,36%.
Parallelamente, l’Italia ha mostrato nell’ultimo anno una buona dinamica anche nei tassi di adozione della banda larga, superando i valori medi UE sia sul fronte delle sottoscrizioni della rete fissa (100Mbps e 1 Gbps o superiore), che mobile (sim 5G). Ciò detto, è evidente come nel prossimo futuro l’attenzione dovrà essere concentrata sul favorire un più rapido processo di migrazione verso le reti in fibra, oltre che nella dismissione delle reti in rame non solo per il tratto centrale, bensì anche per quello secondario.
Sviluppi sul fronte dei semiconduttori, degli edge nodes e delle tecnologie quantistiche
L’Italia ha acquisito negli ultimi anni un ruolo primario a livello europeo nel guidare gli sviluppi nel campo dei semiconduttori. Nel 2024 la relativa catena di fornitura è stata oggetto di un importante schema di incentivi, finalizzato a migliorare le fasi legate alla manifattura in cui sono interessante le imprese nazionali. Inoltre, i fitti dialoghi entrati stabilmente a far parte del G7 hanno l’obiettivo ultimo di restituire all’UE un mercato dei semiconduttori sempre più incentrato sul raggiungimento di elevati standard di efficienza energetica, oltre che del rispetto del principio di affidabilità.
Parallelamente, l’Italia sta compiendo notevoli miglioramenti anche sul versante degli edge nodes. In tal senso, il 2024 ha segnato la distribuzione di nuovi 152 edge nodes, grazie alle sperimentazioni effettuata nell’ambito delle piattaforme di edge cloud computing, parte imprescindibile del Broadband plan 2023-2026.
Infine, come dimostrato dalla pubblicazione della bozza della strategia quantistica nazionale, l’Italia ha preso piena contezza della necessità di dotarsi di risorse e strumenti adeguati per partecipare alla corsa verso le tecnologie quantistiche. Nel draft particolare attenzione è stata posta nel coinvolgimento del settore privato per allineare l’alto expertise accademico con adeguate risorse finanziarie da poter spendere, invertendo le recenti tendenze che rendicontano investimenti dei venture capital per startup quantistiche italiane per soli 12,5 milioni di euro tra il 2023 ed il 2024.
La penetrazione delle tecnologie digitali nei business aziendali
Per quanto concerne la digitalizzazione dei business aziendali, particolare attenzione deve essere posta sul processo di transizione digitale in atto nelle PMI, data la loro rilevanza per il tessuto industriale italiano. A tal proposito, il country report delinea una situazione in leggero miglioramento, dal momento che il numero di PMI in possesso di competenze digitali ad un livello almeno di base è salito 70,21% grazie ad un aumento dello 0,2%. A contribuire a detto incremento sono state alcune misure di sostegno alla digitalizzazione predisposte dal governo italiano, tra cui Transizione 4.0, il cui budget ha superato i 18 miliardi di euro. Tuttavia, il fatto che l’Italia sia ancora al di sotto della media europea (72,91%) porta ad auspicare la messa in campo di ulteriori sforzi finanziari, oltre che il rafforzamento delle iniziative già in atto come, ad esempio, i cosiddetti Digital Innovation Hubs.
Inoltre, secondo gli ultimi dati le imprese italiane stanno rafforzando l’adozione delle tecnologie proprie della quarta rivoluzione industriale. Basti pensare che la percentuale di business che ha adottato nel 2024 almeno una tecnologia di intelligenza artificiale è aumentata del 62,3% arrivando all’8,2% (il target al 2030 è del 60%). La principale ragione per cui l’adozione dell’IA in Italia presenta una dinamica inferiore a quella media europea è in gran parte dovuta all’ampio gap di performance tra grandi imprese e PMI. Infatti, mentre le prime nel 2024 hanno registrato un valore del 32,5%, le seconde si sono fermate al 7,74%, dimostrando scarse capacità di adozione dell’IA sia in termini di investimenti effettuati che di know-how necessario per assorbirne appieno le potenzialità associate.
Una situazione analoga concerne le tecnologie di data analytics, relativamente alle quali il gap di adozione tra grandi imprese e PMI è addirittura di 48,44 punti percentuali. Ciò ostacola fortemente la penetrazione di tali tecnologie all’interno del tessuto industriale italiano, come dimostrato dal valore del 26,61%, ancora distante dal target fissato in sede nazionale pari al 60%.
Dall’altro lato, l’Italia ha dimostrato un’ottima performance in relazione all’adozione del cloud computing. La percentuale registrata nel 2023 pari al 55,11% lascia infatti ben sperare per un rapido raggiungimento del target fissato al 2030, consistente in un valore del 74%. Peraltro, ulteriori avanzamenti nel tasso di adozione del cloud computing sono attesi grazie alla partecipazione dell’Italia al progetto europeo IPCEI, il quale abbraccia un’ampia platea di beneficiari, coinvolgendo sia le imprese che gli istituti di ricerca.

Da ultimo, il contesto nazionale è altresì caratterizzato da una scarsa presenza di piccoli business innovativi. Ciò è dimostrato dal fatto che in Italia sono presenti 9 unicorni, numero ben distante dal target nazionale al 2030 di 16, e che l’incremento anno su anno è stato solamente di una unità. Principale ragione per questa dinamica altamente insufficiente può essere rintracciata nei bassi incentivi che il settore privato ed i venture capital hanno nel partecipare al capitale di rischio dei piccoli business a causa, ad esempio, della stringente normativa in tema di bancarotta.
La priorità dei prossimi cinque anni: il rafforzamento delle competenze digitali
Obiettivo ultimo della programmazione decennale dell’Unione Europea è quella di creare le basi per una società in cui tutti i cittadini abbiano gli strumenti e la preparazione necessaria per accogliere il cambiamento e cogliere le infinite opportunità offerte dalla transizione digitale.
Sotto questo punto di vista l’Italia ha tuttavia ancora molta strada da compiere, come dimostrato dal fatto che nel 2023 solamente il 45,8% dei cittadini possedeva competenze digitali ad un livello almeno di base. Dunque, il nostro Paese, pur avendo fissato un ambizioso target dell’80,1%, non sta riuscendo a rimanere in scia con la performance media europea, che secondo l’ultima rilevazione ha raggiunto un valore del 55,5%. Gli aspetti che rendono ancora più problematica la situazione nazionale sono due: innanzitutto la dinamica di pressoché totale stagnazione registrata negli ultimi anni (il miglioramento tra il 2021 ed il 2023 è stato solamente dello 0,2%), e successivamente le forti disparità nei livelli di skill digitali in funzione del sesso, del livello di educazione e dell’età.

Una situazione sostanzialmente analoga può essere rintraccia in relazione agli specialisti ICT. La loro quota si è fermata al 4% nel 2024, segnalando ancora un’ampia distanza dal target dell’8,4%. Si registra invece un tasso di crescita dell’8,9% in relazione agli specialisti ICT donne, pur persistendo un contesto di ampio e generalizzato gender gap in termini di partecipazione nel mercato del lavoro italiano.
Sfide e prospettive per la crescita digitale italiana
Il quadro delineato dal report europeo sullo stato di avanzamento del Digital Decade 2030 evidenzia per l’Italia un percorso di crescita articolato e ambizioso, ma ancora segnato da importanti criticità. Da un lato il Paese mostra segnali incoraggianti in termini di infrastrutture digitali, adozione di tecnologie emergenti e partecipazione a progetti strategici europei, come nel caso del cloud computing e dei semiconduttori. Dall’altro sussistono ancora ritardi strutturali, in particolare sul fronte delle competenze digitali di base e della capacità delle PMI di integrare pienamente le tecnologie della quarta rivoluzione industriale.
Certamente, questo processo evolutivo, lato infrastrutture, si scontra con molte criticità legate ad una limitata capacità di investimento del settore telco, in forte difficoltà negli ultimi anni, nelle complessità legate alla permessistica che continuano, purtroppo, a caratterizzare molte aree del paese nonché nell’immaturità della domanda che molto faticosamente sta adottando connettività a banda ultralarga rendendo lento il ritorno degli ingenti investimenti – pubblici e privati – messi in campo.
Il divario tra grandi imprese e piccole realtà produttive, così come le disuguaglianze territoriali e di genere, rappresentano ostacoli significativi al raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030. In questo contesto, il rafforzamento delle competenze digitali della popolazione e la promozione di un ecosistema favorevole all’innovazione e all’imprenditorialità rappresentano le vere sfide dei prossimi anni.
Sarà dunque fondamentale che le politiche pubbliche continuino a sostenere con decisione la transizione digitale, puntando su formazione, inclusione e investimenti mirati, affinché l’Italia possa non solo colmare i gap esistenti, ma anche posizionarsi in prima linea come protagonista della trasformazione digitale europea.
Si tratta di un’esigenza ineludibile ove si consideri gli ambiziosi obiettivi europei e l’ampia serie di iniziative annunciate nella Bussola per la Competitività pubblicata dalla Commissione lo scorso 29 gennaio, prima tra tutte il Digital Networks Act, che certamente andranno ad arricchire la cornice normativa del digitale nella logica di dare un ulteriore boost in grado di supportare la competitività europea.