L’attentato a Donald Trump ha determinato l’ennesima esplosione di fake news su X, ma anche il mainstream, tanto per cambiare, non ha scherzato. Il tutto mentre la Commissione europea continua il suo braccio di ferro con Elon Musk accusando X di “ingannare gli utenti” con le spunte blu e annunciando così possibili sanzioni ai sensi del Digital Services Act.
Donald Trump e la pessima informazione USA
E i social in effetti un ruolo ce l’hanno. Intanto c’è un record: solo quattro minuti dopo gli spari, un utente anonimo su X ha detto che è stato “l’antifa di Biden”.
Dopo Mike Collins, membro del Congresso per lo Stato della Georgia, ha accusato, va social, Joe Biden di aver “ordinato” l’attentato.
Più che una provocazione è un modo – non del tutto campato per aria – di strumentalizzare il fatto e ritorcere contro il presidente USA Joe Biden l’aggressiva campagna contro il Trump, in vantaggio per le elezioni presidenziali di novembre secondo ogni sondaggio d’oltreoceano.
L’affermazione non è del tutto campata per aria perché fa perfettamente il paio con quanto accadde a gennaio 2021, quando proprio Donald Trump accusò il rivale di brogli elettorali e incitò manifestazioni violente, che poi sfociarono nell’assalto al Campidoglio.
In altri termini, se Donald Trump era “colpevole” per le violenze che aveva fomentato, il discorso può essere fatto valere, in modo perfettamente simmetrico e karmicamente ineccepibile, per Joe Biden.
Bisogna tenere conto che negli USA non c’è limite al freedom of speech, con l’unico limite della responsabilità per i danni causati.
In sintesi, il modo di ragionare degli statunitensi è questo, e non c’è molto altro da aggiungere.
Dall’altra parte, non è che i democratici si siano fatti mancare qualcosa, anzi.
In prima fila, gli esponenti della sinistra americana che hanno fatto illazioni sulla messa in scena dell’attentato, troppo “instagrammabile”.
La tesi è stata portata avanti anche dall’establishment democratico: The Atlantic riporta come uno “stratega” democratico, Dmitri Mehlhorn, avrebbe inviato email ad alcuni giornalisti per sostenere la tesi che l’attentato fosse stato organizzato dalla destra americana, per creare maggior consenso attorno a Donald Trump; posizione, ovviamente, ritrattata con scuse poco dopo.
Ovviamente c’è stato chi gli ha dato credito.
Va detto che le fake news anti Biden sono prevalenti.
In generale le fake news sull’attentato, in 24 ore, hanno avuto 100 milioni di views – perlopiù su X – secondo l’Institute for Strategic Dialogue.
Elon Musk spara a zero contro tutti, Europa inclusa
Politici, utenti cospiratori. Ed Elon Musk. Il padrone di X ci ha messo il carico da novanta: per lui i servizi di sicurezza statunitensi o erano al corrente dell’attentato (e, quindi, di fatto, correi) o sono composti da incompetenti.
La tesi è sostenuta dal fatto che l’attentatore è stato fermato praticamente subito dopo aver sparato.
Per Elon Musk l’affaire Trump arriva in un momento propizio: la settimana scorsa, infatti, Margrete Vestager, Vicepresidente della Commissione UE, aveva attaccato Musk su X, per la mancata compliance al Digital Service Act.
Il problema sono per l’Europa i segni di spunta blu di X, sarebbero ingannevoli; inoltre, la piattaforma online non soddisfa i requisiti di trasparenza e responsabilità. Sono le prime accuse contro una società tecnologica da quando sono entrate in vigore le nuove norme sui social media.
Le spunte per la Commissione sono “modelli oscuri” che non sono in linea con le migliori pratiche del settore e possono essere utilizzati da soggetti malintenzionati per ingannare gli utenti.
Prima dell’acquisizione da parte di Musk, i segni di spunta rispecchiavano i badge di verifica comuni sui social media ed erano in gran parte riservati a celebrità, politici e altri account influenti. Dopo che Musk ha acquistato il sito nel 2022, ha iniziato a rilasciarli a chiunque pagasse 8 dollari al mese per averne uno.
Dal momento che chiunque può abbonarsi per ottenere questo status di “verificato”, ciò influisce negativamente sulla capacità degli utenti di prendere decisioni libere e informate sull’autenticità degli account e dei contenuti con cui interagiscono”, ha dichiarato la commissione.
Ovviamente Musk ha replicato, affermando di non aver aceattato un accordo “segreto” in base al quale avrebbe dovuto censurare alcuni contenuti per non essere multato.
Successivamente, ha auspicato “una battaglia pubblica in tribunale”, per rendere pubbliche ed ufficiali alcune “rivelazioni”.
Verrà , probabilmente, accontentato, perché la sanzione per le violazioni al DSA è troppo economicamente interessante per l’Unione europea.
I media tradizionali
Per quanto i social siano acceleratori di notizie false, dobbiamo sempre ricordare che disinformazione e propaganda, storicamente, sono stati veicolati tramite i media tradizionali: Hitler e Stalin non avevano X.
Non è che i media tradizionali, nel caso Trump, come in altri, abbiano fatto una bella figura, anzi.
Si sono lanciati sulla notizia cercando di sfruttare al meglio l’eco mediatica e, se politicamente orientati, per deviare l’opinione pubblica su tesi anche inverosimili.
Alcuni persino hanno creduto a una fake news di origine italiana, pure questa su X, secondo cui l’attentatore sarebbe Marco Violi.
La disinformazione, come anche l’attentato stesso, trovano causa nel clima politico molto polarizzato negli Usa. Lo stesso Biden dopo l’attentato un po’ l’ha riconosciuto, dicendo che bisogna smorzare i toni nello scontro e forse farà così anche Trump, nel nuovo discorso.
Le cause sono così radicate però nella società Usa, e un po’ in tutta quella Occidentale, che per ora non si vede un’uscita a questo clima che genera assieme odio e falsità (“post-verità). Si può dire che i russi potrebbero anche smetterla con la disinformazione online in Occidente: riusciamo benissimo anche da soli a inquinare i pozzi, grazie.
Berlusconi e Italia
Va ricordato che l’incitamento all’odio verso gli avversari politici finisce sempre male, in un modo o nell’altro: ora che gli è stato intitolato un aeroporto, si può ricordare il clima che circondava Silvio Berlusconi quando venne attinto dalla pesante riproduzione del Duomo di Milano; all’epoca, i social media contavano pochissimo, ma l’intellighenzia di sinistra fomentava e non poco.
In Italia non c’è un grado di responsabilità per l’incitamento all’odio simile a quello che vige negli USA, dove basta poco per passare da freedom of speech a cospiracy.
Però dobbiamo ricordare il peso delle parole, sapendo che le campagne d’odio, anche quando animate da sentimenti anche comprensibili, finiscono sempre male.
Non è fuori luogo evocare cosa accadde ad Adriano Sofri per l’omicidio del Commissario Luigi Calabresi e, magari, provare ad imparare qualche lezione dalla storia.