Le imprese europee si trovano di fronte a un problema di produttività. La produzione per lavoratore non è ancora tornata ai livelli pre-2008, e il divario di produttività rispetto agli Stati Uniti si è costantemente ampliato a partire dalla metà degli anni ‘90, per poi peggiorare ulteriormente dopo la pandemia.
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La produttività europea e il potenziale dell’IA
L’intelligenza artificiale può contribuire a risolvere questa criticità, e i governi stanno iniziando a riconoscerne il potenziale. Il Regno Unito ha lanciato un Piano d’Azione per l’IA da 2 miliardi di sterline e un programma nazionale di competenze mirato a preparare studenti e lavoratori per un’economia sempre più guidata dall’IA. Nei Paesi Bassi, il governo ha stanziato 70 milioni di euro per creare un importante polo di ricerca sull’IA a Groningen, con un focus su innovazione e infrastrutture.
Questi sviluppi sono promettenti, ma rischiano di aggravare proprio i problemi che intendono risolvere se le aziende adotteranno l’IA senza considerare chi, all’interno della loro forza lavoro, ne trarrà il massimo beneficio. Invece di stimolare la produttività, l’IA potrebbe consolidare una forza lavoro a due velocità: da un lato, chi è in grado di usarla; dall’altro, chi viene lasciato indietro.
La forza lavoro a due velocità è già una realtà
L’adozione dell’IA sta crescendo in tutti i settori, ma ancora in modo disomogeneo. Solo l’11% degli over 55 e il 18% delle donne ha ricevuto una formazione specifica, contro il 30% degli under 44 e il 36% degli uomini. I dirigenti senior hanno quasi cinque volte più probabilità di aver ricevuto formazione sull’IA rispetto al personale operativo o impiegatizio. Questo processo sta rapidamente generando una “élite dell’IA”, composta da team e individui in grado di sfruttare l’IA per migliorare prestazioni, produttività e innovazione, mentre l’altra parte della forza lavoro rischia di rimanere lontana da questi vantaggi.
Questo divario non è ipotetico. Le organizzazioni che hanno già iniziato a integrare l’IA nei loro processi stanno guadagnando terreno – non solo tra i dirigenti e i team di dati, ma in tutta l’azienda, contribuendo a semplificare le attività, ridurre i costi e migliorare il processo decisionale. I risultati parlano chiaro: le aziende che implementano l’IA in tutti i team hanno il 43% di probabilità in più di registrare aumenti di fatturato e il 40% di probabilità in più di riportare una maggiore produttività, rispetto a quelle in cui solo pochi dipartimenti sono “alfabetizzati” all’IA. Inoltre, i settori maggiormente interessati dall’IA hanno visto la produttività del lavoro crescere quasi cinque volte più velocemente rispetto agli altri.
Sebbene una dinamica simile si sia già vista con il cloud computing e la trasformazione digitale, creando una divisione tra “chi ha e chi non ha”, la velocità di adozione dell’IA implica un ampliamento ancor più rapido di questo divario con conseguenze più gravi. Non affrontare questa situazione rischia di portare a serie disuguaglianze strutturali.
Democratizzazione dei dati e infrastrutture moderne
Una forza lavoro frammentata non è solo un problema culturale, ma un vero e proprio ostacolo per il business. La trasformazione deve essere un’iniziativa che coinvolge tutta l’azienda; se la capacità di utilizzare l’IA è limitata a pochi specialisti, la crescita sarà più lenta.
Per sbloccare una vera produttività, le aziende hanno bisogno che i dipendenti a ogni livello sperimentino l’IA, acquisiscano fiducia e la applichino al loro lavoro quotidiano. In altre parole, non possono limitarsi a fornire strumenti, ma devono creare un ambiente che favorisca l’apprendimento.
Tuttavia, l’espansione dell’IA a tutta la forza lavoro richiede preparazione. Molte organizzazioni si affidano ancora a sistemi legacy non progettati per l’era dell’IA. I dati sono isolati in decine di piattaforme, ognuna con formati, protocolli di accesso e regole di conformità diversi. Quando i dati chiave sono confinati a singoli dipartimenti, team tecnici o persino a specifici strumenti, si approfondisce il divario tra chi può sperimentare con l’IA e chi no.
Questa frammentazione crea un campo di gioco disuguale. Ed è qui che entra il gioco il concetto di democratizzazione dei dati, per dare a tutti, indipendentemente dal ruolo o dalla regione, un accesso pertinente a dati coerenti e ben gestiti. Solo così l’IA potrà essere altrettanto efficace per un marketing manager in Asia quanto per uno sviluppatore in Europa.
La soluzione alla frammentazione non è aggiungere altri strumenti isolati, ma modernizzare l’infrastruttura nel suo complesso. Un’architettura dati moderna, basata su una piattaforma dati unificata, raccoglie le fonti di dati isolate in un unico ambiente governato, consentendo un accesso coerente, l’applicazione automatica dei controlli di sicurezza e conformità, e fornendo visibilità su come i dati vengono utilizzati. Inoltre, diminuisce anche il rischio di uso improprio dell’IA, permettendo una sperimentazione di valore e più sicura. Solo in questo modo le aziende potranno incoraggiare un’innovazione responsabile a livello aziendale, senza compromettere sicurezza, privacy o conformità.
Innovazione inclusiva come scelta strategica
L’implementazione isolata dell’IA non risolverà il divario di produttività che l’Europa ancora oggi sconta. Le organizzazioni devono assicurarsi che la loro forza lavoro possa utilizzare le nuove soluzioni in modo sicuro ed efficace per far progredire il proprio business. E ciò inizia dall’infrastruttura dati. Le aziende devono consentire un accesso coerente e governato ai dati in tutta l’organizzazione, in modo che ogni dipendente, in ogni ruolo, possa avere la stessa esperienza con l’IA.
Ma un vero cambiamento richiede anche un cambiamento culturale, che supporti l’apprendimento, incoraggi l’esplorazione responsabile e crei opportunità a tutti i livelli della forza lavoro. Il futuro dell’IA dipende dal fatto che le aziende rendano l’innovazione inclusiva – investendo in infrastrutture, favorendo la sperimentazione e rendendo l’IA accessibile a tutti.












