Interazione uomo-robot

Robot sempre più smart: l’uomo resta al centro?



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La relazione tra umani e macchine intelligenti richiede nuovi equilibri. Fiducia, responsabilità e confini definiscono un’interazione che deve rimanere graduale, consapevole e antropocentrica, evitando scenari distopici

Pubblicato il 14 ott 2025

Marco Bonaglia

Scuola Superiore Sant’Anna

Antonio Frisoli

docente di robotica presso la Scuola Superiore Sant'Anna



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Mentre le macchine acquisiscono capacità sempre più avanzate, diventa fondamentale riflettere su fiducia, controllo e consapevolezza in questa relazione.

La ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna esplora le dimensioni etiche, psicologiche e pratiche di un cambiamento che trasformerà ogni aspetto della nostra esistenza.

Macchine che “ringiovaniscono” e creatori che invecchiano

I nostri “compagni di viaggio”, mentre le nostre pubblicazioni e analisi invecchiano, si fanno sempre più smart, con nuove capacità di calcolo, e di applicazione di queste capacità alla vita reale.

Per dirla citando un libro (diventato poi film di successo), il meccanismo è lo stesso di Benjamin Button, storia creata dal genio di Francis Scott Fitzgerald, epico scrittore americano del secolo scorso: le macchine sono nate impacciate, pesanti e con limiti, come una persona nella parte finale della sua vita. Ma mentre il tempo passa, ringiovaniscono, acquisiscono nuove capacità di movimento, diventano veloci, scattanti, sempre più giovani e leggere, mentre noi, i “creatori” o semplici analisti, invecchiamo, perdiamo capelli, rallentiamo le nostre funzionalità.

Oltre la tecnica: psicologia, etica e regole

In questo processo di trasformazione radicale e dirompente, sono molto importanti, a nostro avviso, il valore e la qualità della interazione uomo macchina. Non soltanto dal punto di vista pratico, puramente tecnico e ingegneristico. Ma lo è anche da quello psicologico, etico e della creazione di una cornice di regole da applicare a questa relazione.

Anche in questo articolo di esplorazione,ci siamo posti alcune domande principali, che pensiamo possano essere centrali nell’interazione tra uomo e robot. In particolare, abbiamo riflettuto sul senso di affidarsi alle tecnologie, sulla necessaria nuova centralità dell’uomo in questi grandi sviluppi e innovazioni, sulla velocità e pervasività della crescita dei robot.

“Affidarsi” alle tecnologie: minacce e opportunità

Gli umani hanno sempre provato un iniziale senso di ritrosia e minaccia, incomprensione e diffidenza, verso le nuove tecnologie, una volta che esse si affacciano sul palcoscenico.

Lo sono stati gli aerei, verso i quali ancora molto di noi provano emozioni contrastanti, i treni e le macchine, i razzi e tante altre in passato. Ora, con l’avvento dei robot potenziati dall’intelligenza meccanica, questo meccanismo si ripete.

Il tema dell’affidarsi è sempre più centrale, non solo perché presuppone ancora una volta un salto nel buio delle nostre coscienze, ma anche perché in questo nuovo caso, il grado di complessità, potenza e impatto sulle nostre vite appare quasi senza limiti.

Niente di nuovo: la delega a sistemi “artificiali”

L’intelligenza artificiale, i modelli linguistici di grandi dimensioni (LMMs) e l’applicazione, sempre più inesorabile e veloce, di queste tecnologie alla robotica e alle macchine, porta nuove sfide per gli essere umani.

Ma secondo David Runciman (ex professore di Scienze politiche a Cambridge e ora famosissimo “podcaster”), la nostra attuale dipendenza dall’intelligenza artificiale non è una novità assoluta, bensì l’ultimo anello di un processo iniziato secoli fa.

Da Hobbes – con il suo “Leviatano” – per arrivare alle grandi corporation e agli Stati moderni, abbiamo delegato poteri decisionali a strutture “artificiali”: sistemi che “prendono decisioni per noi e le nostre vite”, restano efficienti, immortali e spesso sottratti ai limiti biologici e normativi degli esseri umani.

Potenzialità della “seconda singolarità” e limiti umani

Se esploriamo scenari futuri (potenziamento biologico, IA autonoma militare), e ci interroghiamo sulla soglia oltre la quale cessa di valere la nostra capacità di controllo, la “seconda singolarità”, dopo quella avvenuta con l’affidamento ad corporation e Stati moderni, «potrebbe rappresentare una trasformazione biologica, se le macchine cambiassero non soltanto le nostre prospettive ma anche le nostre capacità naturali fondamentali: se gli umani iniziassero ad avere una durata della vita artificiale, o a conservare i ricordi dopo la morte naturale, o a scegliere di ritoccare il corredi genetico dei propri figli, allora saremmo in un nuovo mondo».

In questo senso, affidarsi è ancora più complesso, e riteniamo sia utile un lavoro quotidiano di informazione corretta e bilanciata, divulgazione e presentazione di dati, sensibilizzazione costante.

Futuro e competizione

Guardando al futuro, in un momento in cui l’umanità sembra sospesa tra «la condizione umana e quella post-umana» è da sottolineare come il rischio di una mostruosa competizione tra le grandi potenze per conquistare i “brevetti” delle più aggiornate applicazioni di IA, possa davvero portare a conseguenze nefaste. In parte, questo lo stiamo già vedendo quotidianamente, e la lotta sembra appena iniziata. Stati Uniti e Cina corrono, mentre all’inseguimento è partita l’Unione Europea, e altre parti del mondo, in Asia e Medio Oriente, stanno sviluppando modelli originali e ibridi di grande successo. La competizione in questo senso può rendere l’affidamento difficile, o dividere il mondo in grandi mercati chiusi e protetti in cui le tecnologie si sviluppano seguendo logiche non solo scientifiche ma anche culturali.

Uomo al centro dello sviluppo tecnologico e ricerca giusta ed equilibrata

Un altro tema da presentare e analizzare quando si parla di robotica, è sicuramente quello della centralità dell’uomo. È un tema che insieme a sostenibilità e benessere dei lavoratori, fa parte del grande pacchetto dell’Industria 5.0. Un personaggio che ci può guidare qui è sicuramente Fei Fei Li, autrice di “Tutti i mondi che vedo”, pubblicato in Italia da LUISS University Press. Da molti definita la “madrina dell’intelligenza artificiale”, ha studiato a fondo negli ultimi anni il ruolo chiave delle nuove tecnologie per cambiare la società ed essere non solo compagni di viaggio, ma anche facilitatori verso una maggiore qualità della vita, in un rapporto sano e bilanciato.

In questo senso. tematiche come il ruolo sempre più determinante delle big tech, e l’impatto e difficoltà e nuova competizione che questo può portare al sistema accademico, ci portano dentro a un altro grande tema che riteniamo sia centrale per lo sviluppo sano e di qualità delle nuove tecnologie che studiamo ogni giorno nei nostri laboratori. Non perché lavoriamo in accademia pensiamo che intelligenza artificiale e robotica, interazione uomo macchina, stiano diventando sempre più un business per pochi, e le frontiere della ricerca siano dettate dalla ricerca del profit e non più a volte dal bene per l’umanità.

Competenze diffuse e bisogno di stabilità

Se le competenze in questi settori sono tante e diffuse, e ci sono centri di eccellenza che da decenni si fanno largo con pubblicazioni, innovazioni e tanta internazionalizzazione e condivisione dei propri risultati, entra in gioco in modo sempre più dirompente il bisogno di un adeguato e continuativo supporto economico, finanziamento, che porti stabilità non solo nei risultati, che dovrebbero essere la chiave per capire e valutare l’operato, ma anche nelle menti e nei cuori di chi lavora a progetti di AI e robotica e intelligenza meccanica.

Educazione, inclusione e approccio umanistico

In questo senso abbracciamo e facciamo nostra la missione di Fei Fei Li. Pensiamo infatti che la grande potenza trasformatrice delle nuove tecnologie e le sue implicazioni debbano essere prima di tutto comprese, e l’educazione delle nuove generazioni, ma anche di minoranze, diversità e persone che non abbiano magati i mezzi per farlo. Mettere l’uomo al centro per noi vuol dire proprio questo – rendere la comprensione di AI e robotica accessibile a più persone possibili.

Va bene idolatrare l’eccellenza, ma essa si raggiunge ampliando lo spettro di fruitori di informazioni. Un approccio umanistico alla robotica, intende mettere l’individuo al centro, e fornirgli le informazioni per fare bene e contribuire allo sviluppo in questo settore.

Confini e responsabilità: aspetti di una sana interazione uomo macchina

Nell’interazione uomo robot il tema dei confini è molto importante. Dove si possono fermare le macchine, e come possiamo regolamentare la loro esistenza e il rapporto che instauriamo con loro?

Prendiamo in prestito alcune considerazioni presenti nel libro “I robot e noi” di Chiara Carrozza, in passato Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna. In tutto il libro, Carrozza sottolinea la dimensione relazionale della robotica: come interagiscono esseri umani e robot e come proiettiamo significato, emozioni e persino etica sulle macchine.

Sono tre le dimensioni da considerare per una sana e proficua interazione. La prima, è la consapevolezza della gradualità e della lentezza del cambiamento a cui stiamo assistendo. I robot usciranno dalle fabbriche e saranno sempre più parte del nostro quotidiano, per entrare lentamente in diversi settori, anche strategici, dell’economia italiana. La seconda dimensione è la varietà degli ambiti in cui i robot potranno essere coinvolti, e nei quali i tipi di interazione potranno essere diversi. Dalle profondità del mare, fino al nostro cervello per un dialogo diretto “dentro di noi” e con noi, grazie alla neuro-robotica. Da una sensazione di distacco e fredda diffidenza, a una intima connessione con la nostra essenza emotiva. Infine, la terza dimensione è l’evoluzione della “socializzazione della robotica” nelle nostre vite, dei robot che potranno farsi largo nelle società umane e i cui livelli di integrazione saranno inediti nella storia dell’uomo.

Tutti temi che a distanza di otto anni rimangono attuali, anche se le tecnologie hanno compiuto uno scatto alla “Usain Bolt” e che ci sentiamo di riproporre nel viaggio che ci potrà condurre a un “Mondo Nuovo”, ma si spera meno problematico, distopico e crudele per l’umanità rispetto a quello descritto nel capolavoro dello scrittore Aldous Huxley, “Brave New World” pubblicato nel 1932.

Verso un nuovo umanesimo tecnologico

Al termine del nostro breve viaggio, in cui abbiamo analizzato e preso in prestito per le nostre considerazioni 7 opere recenti di grande successo, possiamo aggiungere del nostro.

  • Un nuovo umanesimo sarà possibile se gli attori principali scriveranno nuove regole eque e bilanciate di condivisione e interazione con queste tecnologie. I rischi che si corrono infatti sono potenzialmente destabilizzanti e possono portare a incertezza diffusa, nonché a paura, diffidenza, incomprensioni..
  • Robotica e intelligenza meccanica, la loro evoluzione e applicazione alla società, sono dei temi rivoluzionari. Siamo in un contesto di nuova rivoluzione industriale, con applicazioni e conseguenze che andranno a toccare ogni singolo aspetto delle nostre vite.
  • Allo stesso tempo, il processo di sviluppo dell’interazione tra uomo e robot, benché rivoluzionario, è al momento ancora graduale e a meno di grandi sorprese e accelerazioni (che continueremo a seguire per Agenda Digitale), pensiamo che possa continuare in questo modo anche nei prossimi anni.
  • Gli uomini dovranno rimanere al centro di questo processo, e i robot essere compagni di viaggio, potenziare e facilitare le esperienze, anche sociali, degli umani.
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