Come noto fra le varie tematiche di cui si occupa il Sistema Sanitario Nazionale rientra anche quella della salute degli animali, oggetto anche del Regolamento (UE) n. 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti in materia di sanità animale e della “Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia” del 13/11/1987, ratificata con legge 4 novembre 2010, n. 201.
Indice degli argomenti
Il sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia e il quadro normativo di riferimento
Più in generale il Ministero della Salute ha già da tempo costituito una serie di Anagrafi degli Animali, ed ha istituito presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “Giuseppe Caporale” di Teramo (IZSAM) il Centro Servizi Nazionale Anagrafi degli Animali (CSN), con il compito di progettare, realizzare e gestire la Banca Dati Nazionale (BDN) informatizzata dell’Anagrafe Zootecnica.
Le principali attività di tale Centro sono la realizzazione, manutenzione e adeguamento della BDN e degli applicativi web per la gestione delle anagrafi delle diverse specie animali, fra le cui progettualità è stata a suo tempo inserita quella della Banca dati dell’Anagrafe Animali d’Affezione.
Numeri e rilevanza degli animali da compagnia in Italia
L’attivazione e implementazione di tale banca dati costituisce una tematica molto interessante, visti i numeri delle registrazioni attese nel relativo repository.
L’oggetto di specifica attenzione è quello dei pet o “animale da compagnia”, termine che nell’uso comune designa tutti gli animali domestici tenuti per affezione, escludendo gli animali selvatici e quelli allevati per la produzione di alimenti.
Per regolare e monitorare a livello centrale tali anagrafi a fine 2023, con il Decreto Ministeriale del 2 novembre, il Ministero della Salute ha pertanto individuato le modalità tecniche e operative del Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia (SINAC) e del Sistema I&R per quanto riguarda in particolare gli stabilimenti (es. allevamenti) che detengono animali da compagnia, e i relativi rifugi e ha definito la cornice essenziale degli obblighi in capo a proprietari e detentori dei pet, rimandando a un successivo decreto le istruzioni di dettaglio del SINAC stesso.
L’Italia è come noto un paese con una grande passione per i pet, visto che si stima infatti che siano presenti nelle abitazioni dell’intero territorio più di 32 milioni di animali di affezione, cioè mediamente ve ne sia uno per ogni due abitanti.
Nel merito a livello nazionale tra questi risultano censiti nelle diverse anagrafiche regionali più di 16.000.000 di cani, gatti e furetti, di cui più del 90% cani, mentre i gatti costituiscono circa l’8% e il 2% sono i furetti.
Secondo il report annuale EURISPES 2024 il 37,3% degli italiani dichiara di accogliere nella propria casa uno o più animali domestici (+4,6% rispetto al 2023). Di questi, circa 4 italiani su 10 dichiarano di aver fatto una scelta di cuore, salvandoli dalla strada o scegliendoli in un canile/gattile/simili: rispettivamente il 20,3% e il 19,4%, mentre il 20,8% lo ha ricevuto in regalo .
Nonostante i numeri, che riflettono un fenomeno di rilevante ampiezza, il Ministero della Salute precisa che in Italia si contano comunque ben 130 mila cani nei canili e 2 milioni di gatti senza famiglia o che comunque cercano un’adozione per la vita (che differisce dall’affido, caratterizzato da temporaneità), fenomeno che ha spinto il legislatore ad adottare anche la Legge 14 agosto 1991, n. 281 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”.
L’evoluzione della tecnologia e la crescente digitalizzazione ha certamente favorito la promozione delle adozioni, sia consentendo di raggiungere un numero sempre maggiore di candidati sia semplificando gli adempimenti in capo a Enti e Associazioni che spesso sono dotate di risorse economiche limitate.
In questo contesto si rivela però importante che le procedure relative all’adozione siano gestite con attenzione, nel rispetto dei richiedenti e dei dati personali che li riguardano, per distinguere quali dati siano davvero necessari per il buon esito dell’adozione ai fini del benessere dell’animale, evitando la raccolta di informazioni, in special modo dati appartenenti a categorie particolari (quali ad es. dati relativi alla salute), non pertinenti ed eccedenti.
Ricostruire l’attuale disciplina delle adozioni di animali domestici non è affatto facile, vista l’assenza di una normativa nazionale dedicata, da tempo auspicata, e la stratificazione di atti di natura regolamentare e di provvedimenti emanati da singole Regioni e da singoli Comuni, cui, ad esempio, sono attribuite competenze in materia di prevenzione del fenomeno del randagismo nei cani e nei gatti per effetto della citata Legge 14 agosto 1991, n. 281 e ss.mm.ii.
Procedure di adozione e protezione dei dati personali
La stessa Legge prevede, in particolare, che gli animali vaganti non tatuati, se non reclamati entro il termine di sessanta giorni, possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad Associazioni protezioniste anche ai fini della futura cessione (art. 2, comma 5) e la cessione degli animali è a sua volta condizionata all’obbligo di identificare e registrare correttamente gli animali e garantire modalità di trasporto sicure.
Una volta ordinate le suddette fonti, si può comprendere che l’adozione di un animale d’affezione consista in una vera e propria cessione della proprietà, regolata dal Codice civile e dalle discipline regionali e locali di dettaglio.
Qualificandosi come frutto dell’incontro della volontà tra le parti, l’adozione è solitamente trasposta in un atto (cessione), di natura contrattuale, integrato dalle discipline delle singole Regioni che prevedono, in linea di massima, obblighi gravanti sull’adottante e finalizzati a garantire che l’animale sia adeguatamente accudito.
In questo quadro sfaccettato non si può dire vi sia uniformità e chiarezza, da un lato, in merito ai requisiti che il richiedente deve possedere per poter assicurare una decorosa sistemazione all’animale adottato e, dall’altro, al set di informazioni che possono essere richieste per attestarne il possesso, che, come di seguito, preciseremo, costituiscono dati personali.
In assenza di una normativa per l’adozione valida su tutto il territorio nazionale, non è pratica infrequente che i Comuni o le Associazioni che gestiscono le pratiche di adozione sottopongano agli adottanti dei veri e propri questionari e richiedano la disponibilità a sottoporsi a visite “pre e post adozione” per verificare l’idoneità dei candidati alla adozione ed il grado di cura dell’animale una volta inserito in un ambiente domestico.
Proprio in merito a tali questionari e alle loro non trascurabili, ma sorprendenti, implicazioni sul piano della protezione dei dati personali, ci si soffermerà per valutare l’attuale assetto.
La navigazione in rete ha consentito di reperire una molteplicità di questionari proposti da Associazioni ed Enti di tutta Italia, dei quali ne sono stati selezionati 15, a campione, per un’analisi dei relativi contenuti informativi.
Criticità privacy nei questionari di adozione
È stato riscontrato che, seppure attraverso i questionari fossero oggetto di trattamento vari dati personali di eterogenea tipologia e natura (dai dati identificativi anagrafici comuni, ai recapiti, ai dati relativi alle abitudini di vita, alle preferenze di acquisto o alla professione…), in un solo caso era riportato un modello di “Informazioni sul trattamento dei dati personali” che presentava gli elementi minimi necessari per poter essere conforme alla normativa in materia di protezione di dati personali (art. 12 e ss. Reg. UE 2016/679 c.d. GDPR).
Il modello, tuttavia, non era specificamente relativo alle procedure di adozione ma ad altre attività dell’Associazione che lo aveva elaborato, quindi non era da ritenersi conforme alla vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Nei restanti 14 casi non era presente, né era indicato dove reperirlo, alcun modello di “Informazioni”.
Quasi tutti i questionari riportavano clausole di stile attraverso le quali l’interessato doveva esprimere il proprio “generico” consenso (talvolta definito come “autorizzazione”).
Dove era indicata una sorta di base giuridica per il trattamento dei dati personali questa veniva quindi fatta coincidere con il consenso dell’interessato, reso, prevalentemente, ai sensi dell’art. 23 del D.lgs. 196/2003 e ss.mm.ii. relativo al trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici ma abrogato con la piena applicabilità del GDPR.
In due casi erano richieste le firme autografe dei compilatori senza l’indicazione di quali fossero le misure di sicurezza per la loro custodia e i tempi di conservazione.
Da sottolineare il fatto che in 8 casi su 15 veniva richiesto a chi compilava il questionario di fornire informazioni dettagliate sulle caratteristiche della propria abitazione (presenza di muri, caratteristica e altezza delle recinzioni, stato di usura delle recinzioni, cancelli e presenza di automazione degli stessi, cordoli…) associate a indicazioni circa gli orari di assenza da casa e all’eventuale presenza, negli stessi orari, di qualcuno che potesse sorvegliare la proprietà (7 casi).
In un caso era richiesto anche di scattare foto dell’abitazione come condizione imprescindibile ai fini dell’adozione dell’animale ed addirittura in 2 casi al compilatore era richiesto di specificare se avesse riportato condanne penali per reati a danni di persone o animali.
In 3 casi, il modulo prevedeva di indicare se all’interno del nucleo familiare qualcuno assumesse farmaci (e quali) e se vi fossero anziani che assumessero terapia antiaggregante piastrinica o anticoagulante, ed in un caso è stato richiesto di indicare se all’interno del nucleo familiare dell’adottante qualcuno soffrisse di patologie psichiatriche (e quali) o si trovasse in una generica situazione di handicap/disabilità (6 casi).
In un questionario veniva richiesto di indicare se un componente del nucleo familiare si trovasse in situazione di stress “o altra patologia simile” e in un altro la richiesta verteva sul fatto di dettagliare le eventuali “instabilità mentali” dei componenti del nucleo familiare.
In 8 casi era richiesto di specificare se qualcuno soffrisse di allergie (e quali) e se assumesse farmaci per prevenirle o trattarle e da ultimo, in un caso era richiesto di precisare la confessione religiosa dei componenti del nucleo familiare, al fine di valutare se fosse incompatibile con l’adozione di animali.
È di tutta evidenza che, tramite i questionari analizzati, siano oggetto di trattamento sia dati personali comuni di cui all’articolo 6 del Regolamento UE 2016/679 sia dati appartenenti a categorie particolari (dati relativi alla salute; dati che rivelano le convinzioni religiose…) di cui all’articolo 9 del succitato Regolamento riferiti anche a interessati appartenenti a specifiche categorie, come gli adottanti o i componenti del nucleo familiare anche in situazione di particolare vulnerabilità.
Da tali dati, associati o meno ad altri, è evidentemente possibile ricavare informazioni specifiche relative non solo alle abitudini di vita degli interessati ma anche allo stato di salute loro e dei familiari, alle opinioni religiose e a precedenti condanne penali, anche non relative a reati a danno di animali.
Analisi della conformità dei trattamenti ai principi del gdpr
Senza entrare nel merito delle scelte che rientrano nell’accountability dei singoli Titolari del trattamento e tenuto conto del fatto che, proprio in virtù della natura giuridica di ordine privatistico di questa adozione, essi possono stabilire obblighi contrattuali sugli adottanti (quale quello di sottoporsi a visite pre e post adottive e di dover rispondere a questionari), i trattamenti di dati personali esaminati non sembrano essere del tutto conformi ai principi di cui all’art. 5, par. 1 del Regolamento UE 2016/679, tra i quali, in modo lampante, il principio di minimizzazione.
Come ricorda l’European Data Protection Board nelle “Linee guida 4/2019 sull’articolo 25 Protezione dei dati fin dalla progettazione e per impostazione predefinita” vers. 2.0, l’obbligo di minimizzazione dei dati personali impone al titolare di considerare la quantità di dati personali raccolti, la portata del trattamento, il periodo di conservazione, l’accessibilità dei dati, che deve tradursi sia nell’evitare una raccolta dati eccessiva rispetto alla finalità perseguita sia nel garantire la pertinenza degli stessi dati rispetto a tale finalità.
Anche ammesso che esista, e sia scientificamente provata, una correlazione tra terapia assunta dagli adottanti e rischio di crudeltà verso gli animali oggetto di adozione, sembra improbabile che chi gestisce le donazioni abbia la competenza clinica per valutare individualmente i tipi di farmaci, le caratteristiche della patologia curata e, di conseguenza, l’eventuale impatto che potrebbe avere sulla capacità di adottare e di prendersi cura responsabilmente di un animale.
Se si pensa che i dati richiesti non riguardano solo chi compila il questionario di adozione ma anche i componenti del relativo nucleo familiare, che potrebbero non aver ruolo alcuno nella vita dell’animale ma che vivono sotto lo stesso tetto dell’adottante, i dubbi appaiono ancora più evidenti.
Allo stesso modo non si comprende come la religione professata o la generica condizione di disabilità (motoria, psichica?) possano avere un legame con la gestione della pratica adottiva e non si spiega il motivo per cui dovrebbero risultare pertinenti.
Non si deve trascurare il fatto che la minimizzazione dei dati non costituisce solo uno dei principi del trattamento ma è soprattutto una misura di sicurezza utile a ridurre il rischio per gli interessati derivante da incidenti che possono riguardare i loro dati personali.
Se anche fosse utile sapere nel dettaglio le caratteristiche di un immobile (quali la presenza di barriere e protezioni fisiche anti-intrusive) e gli orari di assenza di chi vi abita, non si deve trascurare il rischio che la conoscenza di queste informazioni da parte di soggetti malintenzionati (a seguito di attacchi informatici o esfiltrazioni di dati per qualunque causa o di una non corretta custodia di queste informazioni) potrebbe addirittura compromettere la sicurezza e le proprietà dei cittadini interessati.
Un ipotetico malintenzionato che entrasse in possesso dei questionari potrebbe avere infatti immediata contezza delle difese perimetrali adottate in un immobile, della facilità di accesso e di uscita e finanche degli orari nei quali vi sarebbe una minore probabilità di trovare l’immobile occupato o sorvegliato.
Raccogliendo una tale mole di informazioni, prudenza vorrebbe che fossero adottate misure di sicurezza adeguate ai possibili rischi e che la conservazione fosse limitata al minimo indispensabile per gestire le pratiche di adozione.
In nessuno dei questionari analizzati, tuttavia, risulta indicata la modalità o un tempo di conservazione degli stessi o anche solo un criterio per determinarlo.
Spesso i questionari sono destinati alla compilazione cartacea e all’invio tramite posta elettronica, in taluni casi sono stati predisposti veri e propri form online sul cui livello di compliance agli standard di sicurezza informatica non sono forniti elementi.
Pur nella consapevolezza che la decisione circa l’idoneità di una persona ad adottare un essere vivente sia una fase critica e delicata che necessita, comprensibilmente, di puntuale analisi, le Associazioni e gli Enti ai quali essa compete dovrebbero, a parere di chi scrive, valutare attentamente i contenuti dei questionari, ridurre la mole di informazioni raccolte allo stretto indispensabile e, in generale, interrogarsi sugli aspetti del trattamento dei dati personali compiuto attraverso essi.
È possibile, del resto, che chi intende adottare un animale si trovi a essere frenato proprio per i rischi derivanti dall’intrusione nella sua vita privata che comporta la compilazione dei questionari e potrebbe essere portato a escludere l’adozione di un animale non a seguito di auto-valutazione della propria inidoneità ma per evitare che i suoi dati personali abbiano un destino incerto (es. furti di identità) o per non esporsi a rischi altrimenti evitabili.
La pratica adottiva dovrebbe essere invece incoraggiata sia per garantire una vita migliore agli animali coinvolti, sia per il benessere psicofisico che questi sono in grado di ingenerare in chi li adotta.
L’adozione durante l’emergenza covid e la necessità di una regolamentazione
Non a caso, anche nel pieno dell’emergenza COVID (2020), quando gli spostamenti per le persone erano limitati ad ipotesi circoscritte, il Ministero della Salute ha ritenuto non solo di consentire ma anche di favorire l’adozione di animali ai quali l’articolo 13 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) riconosce la condizione di esseri senzienti.
Nelle more di una presa di consapevolezza da parte del Legislatore di questa natura di esseri senzienti e del superamento del ricorso a schemi proprietari nei rapporti tra uomini e animali, sarebbe auspicabile comunque una maggior cautela e un’integrazione dei principi di data protection by design e by default nelle procedure di adozione.
Al controllo e corretta regolazione delle attività di adozione degli animali d’affezione e quindi a perseguire le finalità della Legge 281/1991 di prevenzione del randagismo, semplificando e standardizzando gli adempimenti necessari, potrebbe fornire un forte contributo il Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia, il SINAC.
Struttura e funzionamento del Sinac
Il Decreto del 2 novembre 2023 “Modalità tecniche e operative per l’implementazione del Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia (SINAC)” ha stabilito le modalità tecniche e operative per l’implementazione del Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia e del sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali (I& R).
Questo dispone che i pet siano identificati e registrati nel SINAC a cura del proprietario, detentore e operatore dello stabilimento.
Nello stesso SINAC devono essere inseriti i dati relativi alle relative variazioni anagrafiche, trasferimento di proprietà, movimentazione, smarrimento, ritrovamento e decesso degli animali.
Ma il Decreto Ministeriale del 2 novembre 2023 ha dovuto attendere un ulteriore atto del legislatore per consentire l’effettivo avvio del SINAC, il Decreto Legislativo n. 220 del 27 dicembre 2024, che ha modificato il Decreto Legislativo 134/2022 rafforzando l’obbligo per i proprietari, i detentori e gli operatori di animali da compagnia di registrare e aggiornare i dati nel Sistema di Identificazione Nazionale degli Animali da Compagnia.
Il testo di tale Decreto, che ha per oggetto “Disposizioni integrative e correttive ai decreti legislativi 5 agosto 2022, nn. 134, 135 e 136, ai sensi dell’articolo 31, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234” che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.17 del 22 gennaio 2025, ed è entrato in vigore il 6 febbraio 2025, ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano il 18 dicembre 2024.
Il sistema informativo dell’anagrafe nazionale degli animali da compagnia
L’Anagrafe Nazionale degli Animali da Compagnia o Animali d’Affezione è una banca dati che dovrà essere continuamente aggiornata con i dati trasmessi dalle singole anagrafi territoriali, gestite dalle Regioni e Province Autonome.
È composta da un sistema informativo in cui sono registrati i cani, gatti e furetti identificati e presenti sul territorio, i cui dati permettono di conoscere la consistenza e la distribuzione della popolazione degli animali da compagnia, in modo da predisporre interventi di prevenzione dell’abbandono, di tutela sanitaria e protezione degli animali.
Il nucleo della banca dati dell’Anagrafe Animali d’Affezione è costituito da un server web centrale, collocato presso il Ministero Della Salute, Ufficio 6 – Tutela del benessere animale, igiene zootecnica e igiene urbana veterinaria, che viene alimentato e aggiornato dalle Regioni e la cui gestione tecnica della banca dati online, come già indicato, è a cura del Centro Servizi Nazionale delle anagrafi zootecniche, presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise «G. Caporale».
Tutte le regioni e le Province Autonome procedono all’invio delle informazioni, contenute nelle rispettive anagrafi territoriali, almeno con cadenza mensile, inviando per ogni animale oltre al codice dell’identificativo (microchip o tatuaggio) informazioni relative alla specie (cane,gatto, furetto), la razza e il sesso.
Da diversi anni esiste già l’obbligo di microchippare il proprio animale e di inserire i dati identificativi nel registro regionale; con questo nuovo decreto tale obbligo si rafforza , estendendolo a chiunque abbia la responsabilità di un animale da compagnia.
Devono essere registrati nel Sistema SINAC tutti gli stabilimenti che detengono animali da compagnia, inclusi quelli che svolgono attività di commercio al dettaglio, o quelli che erogano servizi di cura e alloggio temporaneo degli animali da compagnia, canili e rifugi, quindi l’anagrafica delle strutture di detenzione, degli ambulatori veterinari, delle colonie feline.
Tracciabilità e obblighi di registrazione nel Sinac
Tra gli altri obiettivi perseguiti dal SINAC, in cui si troverà anche il fascicolo sanitario degli animali (visite, interventi chirurgici, trattamenti farmacologici, operazioni chirurgiche), appare di particolare rilevanza il sistema di tracciabilità e monitoraggio dei pet sull’intero territorio nazionale al fine di prevenire il randagismo, contrastare l’abbandono e tutelare gli animali d’affezione, compresi quelli attualmente ricoverati presso canili e gattili sanitari, gestiti o direttamente dai Comuni o attraverso apposite convenzioni da associazioni protezioniste o privati.
Ogni proprietario o detentore di pet è tenuto alla loro identificazione e registrazione nel SINAC, che viene essere effettuata dal medico veterinario, compresi i dati relativi alle variazioni anagrafiche quali il trasferimento di proprietà, la movimentazione e il decesso, da registrare entro sette giorni dall’evento.
Lo smarrimento e il ritrovamento devono invece essere registrati nel più breve tempo possibile e comunque entro quarantotto ore, e questo può essere segnalato anche direttamente dal proprietario o dal detentore.
Dal 6 febbraio 2025 quindi la comunicazione delle variazioni dei dati degli animali da compagnia diventa un obbligo non più eludibile, ed il loro mancato aggiornamento espone il proprietario o detentore dell’animale a una sanzione pecuniaria che può variare da 50 a 500 euro per ogni animale a cui l’inadempimento si riferisce.
Il SINAC costituisce una vera e propria rivoluzione per il panorama italiano, perché la sua banca dati, se tenuta sempre aggiornata, potrà essere efficacemente interrogata in caso di ritrovamento di un animale smarrito dai veterinari per consentire il più velocemente possibile la sua restituzione al legittimo proprietario.
Trattamento dei dati personali e compliance nel Sinac
Per assicurare la tracciabilità dei pet è però indubbiamente necessario il trattamento dei dati personali dei proprietari e detentori di animali e la loro localizzazione sul territorio, anche nel caso di passaggio di proprietà, affido temporaneo, smarrimento, aggressione, decesso, ecc.
Di ogni animale registrato nell’anagrafe sono infatti registrati già a livello regionale non solo dati degli animali ma anche i dati personali del proprietario, quali i dati identificativi, la residenza, il codice fiscale, il numero di telefono, l’indirizzo mail, e la firma autografa e la copia del documento identità.
E queste informazioni, così come tutte le altre di natura personale, devono ovviamente essere oggetto di trattamento soltanto nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali di cui al Regolamento UE 2016/679 GDPR, ad esempio fornendo a tutte le persone fisiche i cui dati sono registrati nel SINAC, una apposita informativa, al momento ancora non disponibile, sul trattamento dei dati personali ai sensi degli articoli 13 e 14 per fine di assicurare la trasparenza del trattamento.
A tal proposito da una prima lettura del testo del Decreto entrato in vigore lo scorso 6 febbraio non parrebbe che lo stesso e neppure il precedente Decreto del 2023 siano mai stati oggetto della consultazione preventiva prevista dal paragrafo 4 dell’articolo 36 del Regolamento UE 2016/679, che dispone che l’Autorità di controllo, cioè il Garante della Privacy, fornisca il proprio parere durante l’elaborazione di una proposta di atto legislativo relativamente al trattamento dei dati personali.
In sintesi le grandi potenzialità del SINAC richiedono il popolamento e aggiornamento di una grande banca dati di dati anche personali.
Gli attori coinvolti, cioè le Regioni e Province Autonome e il Ministero della Salute, e l’Istituto Zooprofilattico, dovranno disciplinare appena possibile con apposite misure il trattamento di tali informazioni, dando seguito al principio di accountability di cui agli articoli 5 e 24 del Regolamento UE 2016/679, necessarie comunque al fine di assicurare la salute pubblica, la protezioneed il benessere degli animali.