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Concordato preventivo, come aderire: le istruzioni dell’Agenzia delle entrate



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La guida completa al concordato preventivo, con tutte le novità come spiegate nella circolare di giugno 2025 dell’Agenzia delle entrate: ecco come gestire questo istituto fiscale

Pubblicato il 27 giu 2025

Salvatore De Benedictis

dottore commercialista



girnalismo e digitale (1); decreto fiscale; guida concordato preventivo; gestione note spese

Il Concordato Preventivo Biennale (in sigla CPB) è uno strumento normativo grazie al quale il reddito dei titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo soggetti agli ISA viene predeterminato con un accordo tra fisco e contribuente, vincolante per entrambi. La finalità dichiarata dal legislatore è quella di “razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo”[1] mediante un percorso di avvicinamento del reddito dichiarato al reddito determinato con l’applicazione degli ISA; tale percorso è tanto meno oneroso quanto il punteggio ISA dell’anno 2024 sia stato alto. Dopo l’insuccesso del CPB 2024 e/o  2025, il legislatore è intervenuto con alcune modifiche[2] a cui ha fatto seguito la circolare illustrativa dell’Agenzia delle Entrate[3], con cui sono state riprese ed integrate le precedenti indicazioni fornite con la circolare 18/E del 2024.

Il Concordato Preventivo Biennale - CPB

Non è dato comprendere  se l’istituto del CPB rappresenti un istituto che contempera le esigenze di gettito e le esigenze dei contribuenti di essere assoggettati ad una giusta tassazione, oppure sia la espressione di una “ipocrisia” legislativa, per cui la finalità effettiva sia diversa da quella ufficiale e di fatto si traduca in un conflitto di interessi insanabile. Sta di fatto che le valutazioni di opportunità da parte dei contribuenti sono dettate prevalentemente da criteri di mera convenienza economica, per cui la opzione al CPB non può che rappresentare – per evidente simmetricità e salvo casi di autolesionismo fiscale – un danno per l’Erario.

Come aderire al concordato biennale preventivo

Con l’adesione al Concordato Preventivo al contribuente è attribuita l’opzione per la determinazione del reddito in misura pre-concordata ed indipendente dall’imponibile fiscale che dovesse risultare a consuntivo: è essenzialmente un contratto col Fisco col quale si hanno due certezze:

  • la conoscenza anticipata del carico tributario (o meglio, del reddito imponibile) delle annualità “concordate” (componenti straordinarie a parte);
  • il carico tributario sarà sempre indipendente dalla capacità contributiva, tranne nella ipotesi – praticamente e statisticamente improbabile – in cui dovesse realizzarsi perfetta coincidenza tra il reddito “concordato” e quello effettivo.

L’adesione è opzionale, non esplica effetti ai fini IVA, e mette al riparo il soggetto che vi ha aderito da successivi controlli[4].

Il CPB 2024/2025 non ha avuto un particolare successo; gli obiettivi sono stati molto distanti dalle previsioni, nonostante il legislatore abbia riservato a coloro che avrebbero aderito al CPB 2024/2025 anche  la possibilità di effettuare un ravvedimento speciale[5], per le annualità dal 2018 al 2022 col pagamento di una imposta sostitutiva applicata su un incremento del reddito dal 5% al 50% in funzione proporzionale alla “infedeltà” rispetto agli ISA. Probabilmente un ruolo negativo è stato giocato dalla novità della disposizione; quest’anno ci sono tutte le condizioni perché si possa effettuare una effettiva e reale valutazione dell’appeal dell’istituto.

L’adesione al Concordato Preventivo Biennale (CPB) può avvenire in due modi:

  • Insieme al modello ISA relativo al 2024, allegato alla dichiarazione dei redditi (modello REDDITI 2025);
  • Separatamente, inviando solo il frontespizio del modello REDDITI 2025, compilando la casella “Comunicazione CPB” con il codice 1 (Adesione). Questa comunicazione ha valore solo informativo, non costituisce dichiarazione dei redditi.

La revoca di un’adesione già comunicata per il biennio 2025–2026 deve essere trasmessa telematicamente entro gli stessi termini dell’adesione, compilando i seguenti campi nel modello CPB:

  • codice ISA;
  • codice attività;
  • tipo di reddito (1 = impresa, 2 = lavoro autonomo).

La revoca deve essere comunicata esclusivamente con invio autonomo del frontespizio del modello REDDITI 2025, selezionando il codice 2 (Revoca) nella casella “Comunicazione CPB”. Anche questa comunicazione è non dichiarativa. In sintesi: l’invio del frontespizio per aderire o revocare non sostituisce l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.

Gli obiettivi alla base del CPB

Si è detto in premessa che le intenzioni dichiarate legislatore sono state quelle di “razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo”. Questa enunciazione non convince per svariati motivi.

Il primo motivo di perplessità è che la opzione da parte dei contribuenti avviene generalmente solo previo esame di “convenienza” meramente economica. Quindi non vi è dubbio che le somme che lo Stato  incasserà non potranno che essere inferiori a quelle che avrebbe incassato in assenza di CPB, salvo che l’estensore della norma abbia avuto la  riserva mentale di poter “lucrare” sui contribuenti che, avendo aderito al CBP sbagliando le previsioni, assolveranno imposte più elevate di quelle a cui sarebbero stati ordinariamente assoggettati, stante la irretrattabilità della opzione. Oppure il legislatore ha immaginato che la “contrattualizzazione” del reddito ai fini delle II.DD. e dell’IRAP possa indurre i contribuenti a far emergere quella parte di imponibile che sarebbe rimasto sommerso. Si pensi per esempio a chi ha concordato un reddito di 50.000 €. Qualora i suoi ricavi (quindi il suo reddito) dovessero superare il reddito concordato, il contribuente in questione non avrebbe motivo di “occultare” i redditi eccedenti, posto che la loro emersione – salvo il pagamento dell’IVA – non comporterebbe alcuna tassazione aggiuntiva.

I limiti degli ISA

Il secondo motivo di perplessità è di carattere “progettuale” ed è l’alimentazione di un sogno – assolutamente non condiviso da chi scrive – che gli ISA possano costituire un significativo strumento – sia pure indiretto – per accertare la capacità contributiva dei lavoratori autonomi. In una realtà economico- sociale complessa come quella Italiana, caratterizzata da una enorme disomogeneità delle situazioni e dei casi che si possono presentare, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo, è molto difficile ricondurre a parametri ed indici uno strumento in grado di fornire un indicatore di redditualità attendibile.

Infatti gli ISA vengono calcolati in buona parte su dati forniti dai contribuenti che, a loro volta, li attingono dai loro documenti ufficiali (costi, fatture, etc.), che non è detto siano fedeli o veritieri. A ciò si deve anche aggiungere la considerazione che la sostanziale irrilevanza ai fini fiscali dei costi potrebbe rappresentare un deterrente alla richiesta di rilascio delle fatture per gli acquisti di beni e servizi relativi all’impresa, e ciò genera inevitabilmente una distorsione dei dati rilevanti ai fini degli ISA[6].

L’orientamento del legislatore tendente alla “catastalizzazione” del reddito di impresa e di lavoro autonomo rappresenta una inversione di marcia rispetto ai principi ispiratori della riforma tributaria degli anni Settanta, che aveva posto al centro la rilevanza della scritture contabili, ad aveva anche fissato paletti e tutele che ne consentivano il disconoscimento solo in casi particolari. Poi – complice anche la distrazione delle categorie professionali – le garanzie sono state progressivamente abolite, le presunzioni sono proliferate come funghi, e oggi assistiamo ad attività accertative automatizzate e all’abuso delle presunzioni. Aggiungendo a ciò una giustizia tributaria inadeguata si realizza la tempesta perfetta.

Tutto ciò non può che essere interpretato come una implicita ammissione di impotenza dello Stato, che, incapace di contrastare l’evasione, si accontenta della certezza di una parte del gettito, anche se ciò si tradurrà in una rinuncia ad un gettito maggiore, che però avrebbe potuto ottenere solo con una seria ed organizzata attività di contrasto all’evasione.

Le novità del Concordato biennale 2025/2026[7]

Esclusione definitiva dei contribuenti forfetari (articolo 7)

Il decreto correttivo ha sancito l’esclusione permanente dei contribuenti in regime forfetario ex legge 190/2014 dalla disciplina del concordato preventivo biennale (CPB). Inizialmente prevista solo per il periodo d’imposta 2024, l’esclusione è ora definitiva, fugando ogni dubbio interpretativo circa la compatibilità tra il regime forfetario e il CPB. La motivazione della norma è da ricercarsi nella struttura semplificata del regime forfetario, che si basa su coefficienti fissi di redditività e mal si adatta alla logica di negoziazione propria del CPB. La scelta appare coerente con gli obiettivi di semplificazione che ispirano tale regime agevolato.

Ridefinizione della tassazione agevolata: soglia degli 85.000 € (articolo 8)

E’ stato rimodulato il meccanismo di applicazione dell’imposta sostitutiva introdotta dall’art. 20-bis del D.Lgs. 13/2024. Le aliquote agevolate del 10%, 12% o 15%, applicabili alla differenza tra reddito concordato e reddito pregresso, si applicano nei limiti di una eccedenza non superiore a 85.000 €. Sulla parte eccedente si applica:

il 43% per le persone fisiche (art. 11, comma 1, lett. c) TUIR);

il 24% per i soggetti IRES (art. 77 TUIR).

Nei regimi di trasparenza, la verifica della soglia avviene a livello di ente, non dei singoli partecipanti, per evitare frammentazioni del reddito.

La superiore modifica fa salve le adesioni al CPB 2024/2025, a cui continuano ad applicarsi le regole previgenti.

Limitazioni alle proposte per contribuenti con elevato profilo ISA (Articolo 14)

Il decreto correttivo introduce delle soglie alla crescita del reddito concordato in relazione al punteggio ISA del contribuente nell’anno di riferimento (reddito 2024):

+10% se ISA = 10

+15% se ISA è tra 9 e 10

+25% se ISA > 8 ma < 9

Tali soglie non si applicano se la proposta è inferiore ai valori settoriali di riferimento determinati dal CPB[8], garantendo prevalenza al metodo tecnico.

Adesione congiunta per professionisti in associazione e cessazione (articolo 9)

Viene introdotto l’obbligo di adesione congiunta per i professionisti che producono reddito da lavoro autonomo (art. 54 TUIR) e fanno parte di studi associati o società tra professionisti; l’opzione al CPB deve essere condivisa da tutti i soci o associati e dalla la società o associazione.

La cessazione del CPB per uno dei soggetti coinvolti comporta anche la cessazione per l’intera struttura, e viceversa. Questo per prevenire scelte opportunistiche nella distribuzione dei redditi.

Riforma delle cause di decadenza (articolo 15)

Viene chiarito che la decadenza per omesso versamento a seguito di avviso bonario (art. 36-bis DPR 600/1973) si verifica solo se il pagamento non avviene entro 60 giorni dalla comunicazione. Questo evita effetti distorsivi, soprattutto nei casi di responsabilità condivisa (es. società di persone).

Precisazioni sui conferimenti (articolo 10)

Il decreto correttivo chiarisce che ai fini della cessazione del CPB rilevano solo i conferimenti di azienda o ramo d’azienda. I conferimenti in denaro dei soci restano irrilevanti, garantendo stabilità all’accordo concordatario.

Allineamento con gli incentivi occupazionali (articolo 13)

Le maggiorazioni del costo del lavoro previste per le nuove assunzioni (art. 4 D.Lgs. 216/2023) entrano nel calcolo del reddito rilevante ai fini del CPB. Questo assicura coerenza con le politiche di  promozione dell’occupazione. La misura si applica dal biennio 2025-2026.

Proroga dei termini di adesione (articolo 11)

Il termine di adesione al CPB è posticipato dal 31 luglio al 30 settembre (o all’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta, per soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare). La proroga mira a distribuire meglio i carichi derivanti dagli obblighi dichiarativi fiscali nel tempo.

Lo scenario

Restano ferme le perplessità già manifestate nella precedente valutazione della misura. Non c’è dubbio che, indipendentemente dal nome utilizzato, il concordato preventivo rappresenti un metodo forfettario di determinazione della base imponibile. Oltre ai dubbi di legittimità costituzionale con riferimento all’articolo 53 della costituzione Italiana[9], di recente abbiamo subito una tirata di orecchie dall’OCSE che, nell’ OECD Economic Survey: Italy 2024 ha espresso dei giudizi netti:

The income tax base is eroded by costly tax expenditures[10].”

Phase out costly tax expenditures that lack economic or distributional justification, including, for instance, by limiting the coverage of the dependent spouse deduction[11].”

The share of labour taxes in total revenue is higher than in OECD peers, while VAT collected and inheritance taxes are lower[12].”

Sono tutte sacrosante verità che il legislatore avrebbe dovuto considerare molto prima che gli Organismi internazionali lo evidenziassero. In particolare, è molto avvilente che ci venga rimproverata l’eccessiva tassazione dei redditi da lavoro rispetto alle imposte sui consumi ovvero sui patrimoni. Il messaggio che viene percepito è la prevalenza del capitale sul lavoro, il che, in un momento storico contrassegnato da forti tensioni sociali, si sarebbe dovuto evitare, a maggior ragione nei periodi di inflazione, in cui il potere di acquisto diminuisce molto più velocemente di quanto i salari possano riuscire a recuperare. Se a questo aggiungiamo le difficoltà del sistema sanitario pubblico a garantire prestazioni efficienti a rapide a chi ne avesse bisogno a cui si accompagna l’incremento delle spese in armamenti, si delinea un quadro fosco, e si prospetta un trend che non ci lascia ben sperare per il futuro: l’età media aumenta, i giovani vanno a lavorare all’estero, non siamo più una attrazione per gli investimenti internazionali.  

Viene il sospetto che certi provvedimenti possano avere lo stesso effetto a cui assisteremmo se utilizzassimo la benzina per spegnere un incendio.

Note


[1] Articolo 6 del Decreto legislativo del 12/02/2024 n. 13

[2] Decreto legislativo 12 giugno 2025, n. 81

[3] N.9/E del 24 giugno 2025

[4] Salva l’ipotesi in cui il contribuente sottragga alla tassazione una quota di ricavi superiore al 30% rispetto a quelli “concordati” o commetta alcune gravi irregolarità previste dall’articolo 22 del Decreto legislativo 13/2024 per cui si verifica la decadenza del CPB.

[5] Con l’articolo 2-quater del Decreto-legge del 09/08/2024 n. 113

[6] Si fa comunque presente che la comunicazione di dati non corretti ai fini della definizione della proposta di concordato determina la decadenza dal concordato, ai sensi dell’articolo 22 lettere b) e c) del decreto.

[7] Vedi Decreto Legislativo n.81 del 12/6/2025, meglio noto come “Decreto correttivo”

[8] Vedi art.9, comma 1, del Decreto legislativo del 12/02/2024 n. 13

[9] Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

[10] la base imponibile dell’imposta sul reddito viene erosa da costose agevolazioni fiscali, tra cui i regimi forfetari.

[11] Si raccomanda di eliminare o rivedere gli sgravi fiscali costosi, come il regime forfetario, che non risultano giustificati né economicamente né in termini distributivi.

[12] Esiste uno squilibrio nel sistema fiscale italiano, con un eccessivo peso delle imposte sul lavoro e un’insufficiente contributo di IVA e imposte patrimoniali (patrimonio e successioni), aggravato dall’erosione causata dai regimi agevolati come quello forfetario.

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