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I 6 GHz al mobile: la scelta dell’UE è una sfida a Google e Meta



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L’Europa assegna 540 MHz della banda 6 GHz per l’uso mobile cellulare, riservando il futuro al 6G. Una decisione strategica che favorisce gli operatori contro Google e Meta, mentre l’Italia accelera sul 5G stand-alone

Pubblicato il 18 nov 2025

Sergio Boccadutri

Consulente antiriciclaggio e pagamenti elettronici



6g banda 6 GHz

Mentre il 5G stand-alone inizia timidamente a muovere i primi passi in Italia, a Bruxelles si pensa già al salto successivo: il 6G. È passata quasi inosservata – eppure è una notizia destinata a influenzare il futuro delle telecomunicazioni europee per almeno due decenni – la decisione maturata il 12 novembre 2025 dal Radio Spectrum Policy Group (RSPG), l’organismo che orienta la Commissione europea nella gestione dello spettro radio.

La decisione europea che cambia il futuro dello spettro

Secondo quanto riportato da Reuters, il RSPG ha raccomandato che 540 MHz della banda 6 GHz superiore siano riservati per l’uso mobile cellulare, mentre i restanti 160 MHz verranno “congelati” fino alla World Radiocommunication Conference 2027 (in programma in Cina a Shangai, dal 18 ottobre al 12 novembre 2027), quando si deciderà se destinarli al Wi-Fi, condividerli o assegnarli anch’essi al mobile. Una decisione che, se confermata da Commissione e Stati membri, rappresenterebbe una vittoria strategica per gli operatori mobili europei – Deutsche Telekom, Orange, Vodafone, TIM e gli altri – impegnati in un braccio di ferro con colossi come Google e Meta, che spingono invece per destinare tutto lo spettro possibile al Wi-Fi 7 e al mondo unlicensed.

Italia: il 5G stand-alone nasce tra ritardi strutturali e prime innovazioni

Il contesto italiano rende questa decisione ancora più rilevante. Il vero 5G, quello stand-alone, dopo anni di attesa comincia ora a diffondersi. Ma la realtà è che solo il 2% circa degli utenti europei utilizza reti 5G stand-alone, una percentuale che in Italia non è molto diversa. Sette anni dopo l’asta miliardaria del 2018, gli operatori si ritrovano con un mercato ultracompetitivo, tariffe tra le più basse al mondo e margini compressi.

Come argomenta Andrea Missori, responsabile Sud Europa di Ericsson, gli operatori italiani “non hanno avuto la forza finanziaria per investire nel 5G stand-alone” proprio a causa di un quadro economico e competitivo sfavorevole. Missori ha evidenziato anche un altro elemento delicato: “Alcuni operatori hanno ancora oltre il 50% di tecnologia cinese nelle loro reti”. E ha avanzato alcune proposte. Rendere gratuito il rinnovo delle frequenze del 2029 in cambio di impegni concreti sugli investimenti 5G, come tra l’altro proposto da chi scrive su questa testata online alcune settimane fa, quindi riconoscere alle telco lo status di aziende energivore, per compensare l’impatto dei costi energetici e, infine, rivedere l’interpretazione della net neutrality, per permettere offerte differenziate e servizi premium garantiti.

Nel frattempo, WindTre ha acceso il primo 5G stand-alone commerciale in Italia, puntando su un uso evoluto del network slicing: corsie preferenziali di rete dedicate a eventi live, industria 4.0, PA. Una tecnologia già testata con Ericsson in eventi da 90.000 persone, con prestazioni garantite per uplink video 4K e servizi dedicati.

Perché la banda 6 GHz è la più ambita

La banda 6,425–7,125 GHz è l’ultima grande porzione di mid-band ancora disponibile in blocchi contigui abbastanza ampi da supportare le reti del futuro. Le telco vogliono canali da 200 MHz: infatti secondo loro il 6G non parte senza 600 MHz “puliti”. Solo le reti 6G con portanti ampie, da 200 MHz, sono in grado di offrire le massime prestazioni. Per questo, gli operatori ritengono indispensabile assicurarsi almeno 600 MHz contigui nella banda 6 GHz. Se questa finestra venisse occupata dal Wi-Fi, il rischio sarebbe quello di arrivare alla fine del decennio senza spettro sufficiente per il 6G su macro-celle.

Gli studi condotti da Nokia, BT, Telia, Orange e Telefónica mostrano che la upper 6 GHz offre una propagazione simile alla 3,5 GHz, ma con capacità molto più elevate. È l’unica banda che permette di agganciare il 6G alle reti attuali senza dover installare migliaia di antenne aggiuntive. La controparte non resta a guardare, l’industry chiede per il Wi-Fi 7 canali da 320 MHz per garantire realtà aumentata e virtuale ad alta definizione, cloud gaming a bassa latenza, streaming 8K… Secondo la Wi-Fi Alliance, limitare la banda superiore ai soli operatori mobili significherebbe depotenziare il Wi-Fi 7 proprio nel mercato – l’Europa – dove il Wi-Fi veicola la maggior parte del traffico dati quotidiano (oltre il 70%).

Europa, USA, Cina: tre visioni dello spettro

La partita dei 6 GHz si inserisce in una più ampia divergenza strategica globale:

  • Cina: ha assegnato l’intera banda 6 GHz agli operatori mobili. Vuole fare dei 6 GHz il pilastro del 6G cinese.
  • Stati Uniti: hanno destinato tutta la banda 6 GHz all’uso unlicensed, puntando tutto su Wi-Fi 6E e 7.
  • Europa: tenta un equilibrio, cercando di non indebolire il Wi-Fi, ma allo stesso tempo non perdere la finestra tecnologica del 6G.

Da qui la scelta “ibrida” del RSPG: 540 MHz al mobile, 160 MHz sospesi (forse per il Wi-Fi). Una soluzione che non soddisfa completamente nessuno, ma mantiene l’Europa nella partita.

Sovranità digitale: il vero tema nascosto dietro i 6 GHz

La disputa non riguarda solo tecnologia, riguarda il futuro digitale dell’Europa. Se l’Europa non dispone di mid-band sufficiente, sarà costretta a inseguire gli standard definiti altrove: USA per il Wi-Fi, Cina per il 6G mobile. Per questo GSMA Europe e Connect Europe hanno salutato con favore l’orientamento del RSPG, interpretandolo come un segnale di autonomia strategica.

La Wi-Fi Alliance, al contrario, sostiene che questa decisione rischia di “indebolire proprio la tecnologia che connette la maggior parte degli europei”. Chi ha ragione? Forse entrambi. Ed è per questo che la decisione finale avrà un peso enorme e sarà tutta “politica”. Intanto, il Regno Unito esplora una via intermedia: la coabitazione tra mobile e Wi-Fi nella banda 6 GHz. Tuttavia, test reali condotti da BT e Nokia mostrano che le prestazioni degradano per entrambe le tecnologie quando operano sugli stessi canali, soprattutto in scenari indoor/outdoor misti: nei fatti la condivisione ad oggi non è matura.

Il 6G: cosa sarà davvero e perché i 6 GHz ne sono l’asse portante

Il 6G non è “un 5G più veloce”. Intanto per la velocità, quella del 6G potrebbe essere 50 volte superiore a quella del 5G: il 6G raggiungerebbe velocità fino a 1 Tbps rispetto alle velocità teoriche fino a 20 Gbps del 5G: si tratta di un salto “monstre”. Poi il 6G garantisce maggiore affidabilità e copertura di rete più ampia. Ma uno dei principali obiettivi del 6G è quello di supportare comunicazioni con una latenza di un microsecondo. Si tratta di una latenza 1.000 volte più veloce rispetto alla latenza di un millisecondo del 5G.

Di fatto tutto ciò ci consente di valutare il 6G come una piattaforma completamente nuova, costruita intorno a due idee chiave, da una parte la costruzione di reti AI-native, in grado di auto-ottimizzarsi, garantire SLA su misura e adattarsi ai servizi; dall’altra una integrazione tra comunicazione e sensing, capace di “percepire” l’ambiente e localizzare oggetti con precisione al centimetro.

Principali casi d’uso del 6G

Prima di tutto, cosa abilita davvero la banda 6 GHz? Con canali più ampi e copertura macro, le reti di nuova generazione possono garantire prestazioni costanti, latenza ultra-bassa e SLA su misura. Da qui discendono applicazioni concrete—dalla mobilità autonoma ai servizi critici, fino ai gemelli digitali e all’AI pervasiva—che richiedono continuità, capacità e affidabilità su larga scala.

Mobilità autonoma – Supporto al trasporto intelligente

Le reti di nuova generazione supporteranno il trasporto intelligente fornendo informazioni su posizione, ambiente e utenti dello spazio stradale e aereo nelle vicinanze, attraverso comunicazione continua nel tempo, connettività 3D ubiqua, comunicazione tra macchine e servizi resilienti con garanzie end-to-end. Macchine autonome come automobili, robot collaborativi e droni per consegne trarranno grande vantaggio da questi servizi di rete. Mentre oggi il posizionamento si basa su GPS e GNSS, vulnerabili a disturbi e spoofing, le reti 6G forniranno un’accuratezza sufficiente per basarvi direttamente la navigazione, aumentando significativamente la sicurezza nei cieli e superando i limiti delle attuali reti 5G.

Servizi critici – Comunicazione di emergenza prioritaria

Le reti 6G potranno garantire servizi critici attraverso copertura continua con reti di fallback satellitari, auto-riparazione tramite automazione basata su intelligenza artificiale e osservabilità per il monitoraggio degli accordi sui livelli di servizio attesi. I primi soccorritori sul campo e i loro centri di comando remoto potrebbero sfruttare copertura e capacità dei servizi mission-critical 3GPP (un insieme di standard di comunicazione sviluppati dal 3rd Generation Partnership Project specificamente progettati per soddisfare le esigenze delle comunicazioni di emergenza e delle operazioni di pubblica sicurezza), con prioritizzazione garantita da SLA end-to-end. Mentre la copertura terrestre completa risulta costosa e le soluzioni satellitari non raggiungono ambienti indoor e sotterranei come i tunnel, l’automazione renderà le soluzioni più veloci e flessibili, consentendo di soddisfare SLA sempre più impegnativi grazie alla maggiore resilienza e capacità di recupero in qualsiasi situazione critica.

Dati spaziali – Esposizione di dati relativi a coordinate

Le reti di nuova generazione potranno fornire dati sulla posizione e sul movimento di oggetti attraverso interfacce di programmazione (API) accessibili alle applicazioni, combinando funzioni di rilevamento, comunicazione, posizionamento temporale ed elaborazione con intelligenza artificiale. Questi dati spaziali possono dunque indicare coordinate geografiche, spazi tridimensionali e spostamenti sia di oggetti connessi alla rete (auto, droni) sia di quelli non connessi (pedoni, biciclette), oltre alle caratteristiche degli ambienti fisici e alla loro relazione con informazioni digitali, rendendo possibili applicazioni come la mobilità autonoma.

La rete raccoglie queste informazioni riutilizzando le stesse infrastrutture di comunicazione per il posizionamento e per il rilevamento radar basato sugli echi dei segnali, raggiungendo una precisione di pochi metri nelle aree urbane dense dove esiste visibilità diretta con le stazioni base. L’integrazione di questi dati con informazioni provenienti da altri tipi di sensori migliora ulteriormente la qualità del servizio, trasformando la rete da semplice strumento di comunicazione a piattaforma per servizi basati sulla conoscenza dello spazio fisico.

Gemello digitale – Raccolta, gestione e modellazione dei dati

Le reti 6G permetteranno alle imprese di creare “gemelli digitali”, ovvero copie virtuali di oggetti, edifici o interi sistemi fisici che possono essere monitorate e controllate a distanza attraverso interfacce informatiche.

Questi gemelli digitali collegano il mondo reale con quello digitale: ad esempio, una fabbrica fisica può avere la sua replica virtuale che mostra in tempo reale cosa sta accadendo su ogni linea di produzione, permettendo di intervenire rapidamente in caso di problemi o di ottimizzare i processi. La connessione necessaria varia a seconda dell’applicazione: i sistemi industriali critici richiedono comunicazione istantanea, mentre una casa intelligente o un edificio smart possono funzionare con requisiti meno stringenti, purché sia possibile gestire contemporaneamente migliaia di dispositivi connessi.

Perché questa tecnologia diventi davvero diffusa, servono sistemi di comunicazione economici e facili da installare, con componenti a basso costo che permettano uno scambio continuo di informazioni tra il mondo fisico e quello digitale. Le applicazioni sono vastissime: dalla gestione dei magazzini al controllo delle forniture di acqua ed energia, dal monitoraggio delle fabbriche fino all’automazione della casa, come regolare automaticamente riscaldamento, luci ed elettrodomestici.

Utilizzo AI – Sbloccare il potenziale di apprendimento attraverso le reti

L’intelligenza artificiale è già presente nei nostri smartphone e computer, aiutandoci quotidianamente: suggerisce le parole mentre scriviamo messaggi o mail, elimina i rumori di fondo durante le videochiamate, permette di controllare i dispositivi con la voce e migliora la qualità delle foto e dei video nei giochi. Nel prossimo futuro, l’AI diventerà ancora più potente: ci saranno apparecchi acustici capaci di eliminare completamente i rumori indesiderati e concentrarsi solo sui suoni che vogliamo sentire, occhiali che permetteranno di vedere dettagli invisibili all’occhio umano, e sistemi di comunicazione controllabili con lo sguardo.

Inoltre, l’AI potrà trasformare istantaneamente una foto in un video, convertire filmati piatti in esperienze tridimensionali immersive, e sincronizzare perfettamente il movimento delle labbra con l’audio in qualsiasi lingua. Per funzionare bene ovunque e sempre, queste tecnologie hanno bisogno di una connessione internet velocissima, stabile e sicura che protegga i nostri dati personali: esattamente quello che le reti 6G sono progettate per offrire.

Tutte queste applicazioni richiedono banda, continuità e capacità su macro-copertura: condizioni che solo la upper 6 GHz può offrire nella parte iniziale del ciclo 6G.

Adesso l’Italia deve fare tre mosse

Accelerare radicalmente il 5G stand-alone

Senza un ecosistema stand-alone stabile, il 6G non potrà attecchire. Serve una spinta coordinata su:

  • core cloud-native,
  • slicing commerciale,
  • API di rete per PA e imprese,
  • edge computing.

Preparare la filiera industriale, dalla manifattura alla logistica, dalla sanità alle smart city, i settori verticali devono essere coinvolti ora, non nel 2030.

E soprattutto rendere più chiara la regolazione in particolare, su:

  • neutralità della rete “abilitante”,
  • utilizzo differenziato della qualità del servizio,
  • politiche energetiche,
  • coordinamento spettro e licenze.

Una scelta che definisce la prossima generazione di reti

L’orientamento del RSPG non è solo un passaggio tecnico. È una scelta politica, che segna l’inizio della strategia europea per il 6G. La domanda finale è semplice: l’Europa vuole contare nella definizione del 6G, o preferisce che siano USA e Cina a dettare le regole? Destinare la maggior parte dell’upper 6 GHz al mobile significa puntare su reti più performanti, un ecosistema industriale europeo più forte, una maggiore autonomia tecnologica, la possibilità di costruire reti 6G robuste, aperte, sicure. Ma significa anche porre una sfida al Wi-Fi, che dovrà trovare un nuovo equilibrio nel rapporto con le reti mobili. Mentre c’è chi sostiene – come Antongiulio Lombardi proprio su questa testata – che destinare esclusivamente ai servizi mobili la banda superiore dei 6 GHz è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di connettività digitale europea entro il 2030. La partita non è chiusa: i 160 MHz “congelati”, il percorso verso la WRC-27, e le decisioni della Commissione nei prossimi mesi determineranno il modello finale. Una cosa però è certa: la banda 6 GHz è diventata il crocevia del futuro digitale europeo. E l’Europa ha scelto – finalmente – di giocare una partita ambiziosa.

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