l’analisi

Criptovalute in crisi, ma l’euro digitale non darà il colpo di grazia



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Negli ultimi anni, le criptovalute hanno affrontato una crisi significativa, mentre le Central Bank Digital Currencies (CBDC) come l’euro digitale stanno emergendo. Le CBDC, controllate dalle banche centrali, offrono una gestione economica più stabile rispetto alle criptovalute, che basano il loro valore su tecnologie distribuite e algoritmi di mining

Pubblicato il 12 nov 2024

Ernesto Damiani

Senior Director of Robotics and Intelligent Systems Institute at Khalifa University



criptovalute (3)

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una profonda crisi delle criptovalute, con la chiusura dei grandi exchange e l’abbandono di molte iniziative, compresa la moneta virtuale di Meta, Libra (anche se quest’ultima, tecnicamente, non è una criptovaluta ma una stable currency).

Crisi delle criptovalute e affermazione delle monete digitali: c’è un nesso?

La contemporaneità tra la crisi delle criptovalute e l’affermazione delle monete digitali autorizzate dalle banche centrali (Central Bank Digital Currencies o CBDC) come il nuovo Euro digitale, ha portato molti a ipotizzare che le CDBC possano prenderne il posto nelle preferenze degli utilizzatori (Bindseil et al. 2022, Didisheim et al. 2022).
Il mito fondante delle criptovalute però non è tanto la digitalizzazione della moneta, quanto il controllo distribuito della sua creazione. In questo, le criptovalute differiscono sia dalle valute digitali tradizionali, la cui emissione diretta e indiretta è sempre controllata da un’autorità come una banca centrale o un governo, sia dalle CBDC e anche dalle stable currency, che sono unità di conto legate da rapporti fissi a un paniere di valute tradizionali.

Gli aspetti che le CBDC hanno in comune con le valute tradizionali materializzate

Consideriamo gli aspetti che le CBDC hanno in comune con le valute tradizionali materializzate. Teniamo presente che le valute tradizionali (quelle non digitali) possono essere gestite attraverso strumenti software (per esempio, l’applicazione con cui accediamo al saldo del nostro conto corrente) ma rimangono associate a una materializzazione in forma di banconote o titoli di incasso detenuti da un istituto di credito.

L’emissione diretta

Il primo aspetto riguarda l’emissione diretta: le banche centrali decidono quando emettere valuta (digitale o meno) e quanta crearne, in base alle esigenze dell’economia. Attraverso il tasso di interesse, le banche centrali influenzano la quantità di valuta digitale che le persone e le aziende desiderano detenere. Un tasso di interesse più elevato incoraggia il risparmio, mentre tassi più bassi stimolano la spesa.
L’emissione indiretta consiste nella creazione di valuta fatta dalle banche commerciali attraverso i prestiti. Le banche commerciali prestano ai propri clienti il denaro che hanno raccolto dai risparmiatori, mantenendolo però anche in capo a questi ultimi, sia pure in forma vincolata; l’effetto è raddoppiare la moneta disponibile.
Le banche centrali possono comunque limitare la percentuale della raccolta bancaria che può essere prestata a terzi attraverso i cosiddetti requisiti di riserva, che limitano la quantità di valuta che le banche commerciali possono creare con il meccanisno del prestito.
Una CBDC condivide questi due aspetti con la valuta tradizionale, ma la sua natura digitale cambia radicalmente la modalità con cui si realizza l’emissione e gli operatori coinvolti. In particolare la BCE ha fatto di tutto per evitare l’emissione indiretta a fronte dei nuovi Euro digitali. L’euro digitale non può essere impiegato come riserva o prestato a terzi, ma dev’essere usato solo come mezzo di pagamento diretto.
Le banche centrali possono imporre limiti alla quantità di valuta digitale che individui o istituzioni possono detenere (limiti di detenzione), e all’importo unitario delle transazioni (limiti di transazione) in valuta digitale per controllare i flussi tra operatori economici e prevenire attività illecite. Per scoraggiare l’uso di Euro digitali come riserva, l’importo di euro digitali che ogni cittadino europeo può detenere è fortemente limitato. La BCE incoraggia attori privati autorizzati a fornire le applicazioni per accedere alla valuta digitale, ma ha sottolineato che cercherà di limitare lo spettro di servizi offerti (Bindseil, 2020).

La rappresentazione binaria delle CBDC

Vi sono poi alcune considerazioni che si applicano alla rappresentazione binaria delle CBDC. Anzitutto un importo in valuta digitale non è mai anonimo (come può essere quello della stessa valuta nella forma materializzata di contante) ma è in capo ad una persona fisica o giuridica. Questo non significa che l’accesso alle informazioni relative alla detenzione di CDBC non possa essere regolato a seconda di chi lo richese, ad esempio i controparti di transazioni, i fornitori di servizi di pagamento, i governi e il pubblico in generale. Le prove a conoscenza zero (zero-knowledge proofs), alle cui implementazioni efficienti gli informatici europei – compreso chi scrive – hanno lavorato dall’inizio degli anni Duemila in grandi progetti europei come PRACTICE, sono state adottate nella progettazione di CBDC (Darbha & Arora, 2020), per dimostrare affermazioni su importi in valuta digitale (ad esempio, garantire che l’importo in valuta digitale è maggiore o minore di una certa soglia) senza divulgare l’importo stesso. Gli approcci multi-firma, invece, possono consentire la decrittazione di importi in valuta digitale solo se tutte le istituzioni appropriate (per esempio, l’agenzia delle entrate e un giudice fiscale) sono d’accordo. Un proof-of-concept sviluppata dal Sistema Europeo delle Banche Centrali ha dimostrato che è tecnicamente fattibile offrire livelli di privacy personalizzati a seconda del valore della transazione (Banca Centrale Europea, 2019). Questo garantisce un elevato livello di riservatezza per le transazioni di basso valore, mentre le transazioni di valore elevato restani soggette a controlli da parte di un’autorità dedicata.
La rappresentazione binaria delle CBDC è inoltre progettata per consentire alle banche centrali di controllare come e quando possono essere utilizzate, cosa che non avviene per le banconote. Ad esempio, è possibile inserire nel formato binario della valuta digitale non solo la data di emissione, ma anche una data di scadenza per forzare chi la detiene a spenderla entro un lasso di tempo prefissato. Se necessario, le banche centrali possono ritirare la valuta digitale dalla circolazione molto più facilmente di quella materializzata.

CBDC e blockchain

Contrariamente a quanto alcuni credono, la gestione delle CBDC può benissimo avvalersi – e in effetti in alcuni casi si avvale – della tecnologia Blockchain. La rappresentazione binaria delle CBDC può essere ospitata nei blocchi di Blockchain o di altri ledger distribuiti, e le banche centrali possono mantenere un registro trasparente e sicuro di tutte le transazioni in valuta digitale, senza rinuciare al controllo sulla sua creazione.

Il sogno di Satoshi: l’abolizione del controllo

Torniamo ora alle criptovalute. Il mito fondativo delle criptovalute (il cosiddetto “sogno di Satoshi”, dal nome del mitico inventore di Bitcoin, Satoshi Nakamoto) è l’abolizione del controllo, ovvero l’eliminazione del governo discrezionale della creazione e distruzione di moneta da parte delle banche centrali (che, come abbiamo visto, è stato reso più facile e non più difficile dall’impiego di CBDC) usando una tecnologia che si autoregola e supporta l’anonimato del possesso.
Invece di essere legata, come le valute digitali autorizzate, al rubinetto dei tassi di interesse delle banche centrali, una criptovaluta può essere creata e governata da un algoritmo di creazione distribuito (il mining) programmato per essere indipendente dal volere dei singoli. Questo sistema distribuito è basato su una procedura di estrazione che richiede di investire molto lavoro computazionale (Proof of Work) e quindi energia. Il mining (che tra l’altro si basa su problemi quantum-resistant, difficili da attaccare anche con computer quantistici) sostituisce il sistema tradizionale di creazione della moneta, percepito come non-democratico ed etero-diretto. Inoltre, il possesso della criptovaluta è legato alla sola chiave crittografica usata per crearla o acquisirla, e quindi non è direttamente associabile ad una identità personale.
Questo è il motivo principale per cui le banche centrali continuano – a ragione – a spiegare agli investitori che le criptovalute sono asset digitali, e non moneta. Le criptovalute non sono però (o almeno, non soltanto) uno schema Ponzi predatorio, in cui le plusvalenze di chi esce dal sistema sono pagate da chi entra, senza che quest’ultimo ne sia consapevole (Bindseil et al., 2022). Le plusvalenze sugli investimenti in criptovalute in questi anni si sono basate anche su due motivi razionali: l’anonimato del possesso di criptovalute, che ne previene il controllo e la tassazione, e l’aumento nel tempo del costo di creazione della criptovaluta attraverso l’algoritmo di mining (Danielsson e Macrae, 2022).

Il mining bitcoin

La ragione del costo di creazione crescente è che il mining di Bitcoin è una competizione aperta per generare una soluzione a un problema computazionale difficile. Quando viene raggiunta una soluzione corretta, chi la trova per primo riceve una ricompensa sotto forma di nuova criptovaluta. Il carico computazionale da investire nel processo di creazione della criptovaluta cresce perché i problemi da risolvere diventano sempre più difficili; questa tendenza continuerà fino a quando tutti i possibili Bitcoin saranno in circolazione, creando però un costo crescente e un rallentamento progressivo del processo di creazione.
Oggi, il mito fondativo delle criptovalute si è appannato. Tutti i punti superstiti di ingresso/uscita dal sistema delle criptovalute (gli exchange) rispettano – sia pure su base volontaria e non sanzionatoria – i requisiti imposti dai regolatori finanziari per le valute tradizionali. Per quanto riguarda l’anonimato del possesso, chi eroga il servizio di storage delle criptovalute usa sempre più il linguaggio della regolamentazione prudenziale, privilegiando le esigenze di tutela del cliente dalla perdita o manomissione della chiave di accesso rispetto a quelle dell’anonimato assoluto.
A causa della sua natura distribuita e fondata sul carico computazionale il processo di creazione delle criptovalute risulta energivoro e meno efficiente di quello delle CBDC. L’infrastruttura della criptovaluta più popolare e fedele allo spirito delle origini, Bitcoin, può gestire solo una piccola frazione delle potenziali transazioni. Il secondo ambiente più diffuso, Ethereum, è più efficiente.

Lavori in corso per riportare le criptovalute alle origini

Per perseguire efficienza e accettabilità dei costi energetici, Ethereum ha però abbandonato il mining per la proof of stake (PoS). Nei sistemi PoS, I blocchi contenenti valuta non vengono estratti spendendo lavoro ed energia (mining), ma coniati (forge) e poi validati. Per diventare validatori in un sistema PoS non occorre lavorare: i detentori di criptovaluta devono solo depositarne una quota all’interno dell’infrastruttura, impegnandola come una sorta di deposito cauzionale. Nonostante questa limitazione, la PoS si è rivelata una licenza per gli investitori di Ethereum di stampare criptovaluta gratuitamente, eliminando la dinamica (crescente) del costo di creazione della criptovaluta stessa. Molto lavoro è in corso per riportare le criptovalute alle origini, ma legando il mining a computazioni energivore che risultano utili e che comunque andrebbero fatte, come l’addestramento dei grandi modelli di intelligenza artificiale (Mauri et al., 2020). Una “Proof-of-Useful-Work” potrebbe fornire una nuova giustificazione alle risorse che bisogna investire nelle infrastrutture per la gestione delle criptovalute.

Bibliografia


Bindseil, U, P Papsdorf and J Schaaf (2022), “The Bitcoin challenge: How to tame a digital predator”, VoxEU.org, 7 January.
Bindseil, U. (2020). Tiered CBDC and the financial system (2351). European Central Bank. https://www.ssrn.com/abstract=3513422
Darbha, S. & Arora, R., (2020). Privacy in CBDC technology. [Online] Available at: https://www.bankofcanada.ca/2020/06/staff‐analytical‐note‐2020‐9/#:~:text=Bank%20of%20Canada%20 research%20has,of%20anonymity%20or%20full%20disclosure.
Didisheim, A, S Kassibrakis and L Somoza (2022), “The end of the crypto-diversification myth”, VoxEU.org, 21 July.
Danielsson, J (2018), “Cryptocurrencies don’t make sense”, VoxEU.org, 13 February.
Danielsson, J and R Macrae (2022), “Bitcoin isn’t much of a macro hedge”, VoxEU.org, 25 June.
Mauri, L., Damiani, E., & Cimato, S. (2020). Be your neighbor’s miner: Building trust in ledger content via reciprocally useful work. In 2020 IEEE 13th International Conference on Cloud Computing (CLOUD) (pp. 53-62). IEEE.
European Central Bank (2019). Exploring anonymity in central bank digital currencies. [Online] Available at: https://www.ecb.europa.eu/paym/intro/publications/pdf/ecb.mipinfocus191217. en.pdf?3824c3f26ad2f928ceea370393cce785.

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