Il mercato del retail è in profonda trasformazione. Tra i diversi fattori che guidano questo cambiamento, uno dei più sottovalutati è quello della comunicazione tra brand e consumatori. Si sta delineando un paradosso significativo: molte aziende ritengono di offrire customer experience di alto livello, ma i dati mostrano una percezione molto diversa da parte dei clienti.
Questo disallineamento tra brand perception interna e user experience reale si sta accentuando, in particolare in un contesto dove omnicanalità, nuovi metodi di pagamento e logistica dell’ultimo miglio sono diventati elementi strategici di competitività.
In questo articolo analizziamo alcuni studi recenti che evidenziano in modo concreto il fenomeno del customer experience mismatch, un divario che mina la relazione tra retailer e clienti, con effetti tangibili su conversioni, fidelizzazione e crescita del business.
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L’illusione dell’eccellenza: il bias dei retailer
Il primo segnale tangibile di questo disallineamento emerge nel momento più critico del percorso d’acquisto: il pagamento. Secondo una ricerca condotta da FreedomPay [1]e Verifone su un campione di 150 retailer e oltre 1.000 consumatori, l’86% dei brand ritiene di offrire esperienze di pagamento superiori rispetto alla concorrenza. Un dato che evidenzia una forte fiducia interna,forse troppa. La percezione dei clienti, infatti, è ben diversa: il 70% degli utenti afferma che la disponibilità dei metodi di pagamento preferiti condiziona direttamente le decisioni d’acquisto, ma solo metà dei retailer offre soluzioni in linea con queste aspettative.
La distanza è evidente soprattutto su tecnologie in rapida ascesa come il Buy Now Pay Later (BNPL), presente solo nel 50% dei casi, o le app di pagamento di terze parti, disponibili presso appena il 37% dei merchant intervistati. Ancora più marcato è il divario sull’utilizzo del mobile wallet: se il 27% dei consumatori dichiara l’intenzione di utilizzarlo più frequentemente nel 2025, quasi un quarto dei retailer ancora non lo prevede come opzione abilitata.
Questi dati segnalano un fenomeno ricorrente nel settore: un overconfidence bias da parte dei retailer, ovvero una percezione sovrastimata della qualità della propria offerta rispetto a quella effettivamente erogata. Questo atteggiamento spesso porta a trascurare aspetti fondamentali come l’adeguamento dei sistemi di pagamento alle nuove abitudini di consumo, l’integrazione tra tecnologie legacy e soluzioni moderne, e la fluidità complessiva dell’esperienza in cassa, fisica o digitale che sia.
In un contesto competitivo sempre più basato sulla semplicità, velocità e personalizzazione, non rispondere alle aspettative del cliente sul pagamento equivale a generare attrito in uno dei momenti più critici del funnel. E ogni attrito è un’opportunità persa per convertire, fidelizzare, comprendere e far tornare il cliente.
Customer experience e vantaggio competitivo
Una ricerca accademica condotta in Cina (meno recente ma di grande rilevanza), pubblicata sulla rivista Sustainability[2], fornisce un’ulteriore conferma empirica dell’importanza strategica della customer experience. Lo studio analizza l’impatto delle diverse dimensioni dell’esperienza cliente: ambiente, interazione con il personale, processo d’acquisto e qualità del prodotto, sia in ambito fisico che digitale.
Tra i risultati più significativi, emerge che l’esperienza ambientale (ovvero l’atmosfera del punto vendita, il layout, l’illuminazione, i suoni e altri fattori sensoriali) e la qualità percepita del prodotto hanno un impatto molto più rilevante negli store fisici rispetto al percorso digitale. Questo è coerente con la natura immersiva del canale fisico, dove lo stimolo sensoriale e l’interazione diretta con il prodotto giocano un ruolo cruciale nel formare il giudizio del cliente.
Allo stesso tempo, la competenza, disponibilità e cortesia del personale, insieme all’efficienza del processo d’acquisto (intesa come semplicità, velocità, coerenza dei flussi), risultano determinanti in entrambi i canali. Si tratta di fattori trasversali, capaci di condizionare l’esperienza complessiva in qualsiasi touchpoint: dallo store alla navigazione online, dal checkout all’assistenza post-vendita.
Interessante anche la variabile legata al genere, lo studio evidenzia che le consumatrici dimostrano una sensibilità maggiore alla qualità dell’esperienza, in particolare negli ambienti fisici. Ciò suggerisce l’opportunità di adottare approcci più segmentati nella progettazione dell’esperienza, tenendo conto delle differenze percettive tra i diversi cluster di clientela.
Queste evidenze rafforzano un concetto chiave: la customer experience non è un dettaglio operativo né un semplice supporto al marketing, ma un asset competitivo strutturale. Se progettata in modo coerente con le reali aspettative del cliente, può generare valore tangibile sotto forma di fiducia, fedeltà e crescita. Ma se, al contrario, si basa su assunzioni interne non validate, contribuisce ad ampliare il divario tra ciò che il brand crede di offrire e ciò che il consumatore realmente percepisce.
Delivery: un problema noto, ancora irrisolto
Un altro fronte critico che contribuisce al disallineamento tra aspettative dei clienti e percezione dei brand è la logistica, in particolare la gestione della delivery. Se il pagamento rappresenta il momento della decisione, la consegna rappresenta il momento della verità, qui che la promessa fatta al cliente viene mantenuta o tradita.
Secondo una recente ricerca condotta da nShift e RetailX[3] nel Regno Unito, il 24% dei consumatori desidera conoscere tempistiche e modalità di spedizione già nelle prime fasi del processo d’acquisto, molto prima del checkout. Tuttavia, la maggior parte dei retailer non intercetta questo bisogno, meno del 20% fornisce dettagli chiari e visibili prima che l’utente raggiunga il carrello, e il 47% non inserisce alcuna informazione sulla delivery né nella homepage né nelle schede prodotto.
Questo vuoto informativo, che nasce dal sottovalutare l’importanza della trasparenza logistica, genera conseguenze concrete: insicurezza, perdita di fiducia e abbandono del carrello. Quando il cliente percepisce che le informazioni essenziali arrivano troppo tardi, o mancano del tutto, tende a orientarsi verso retailer più chiari, veloci e affidabili.
In uno scenario dominato da aspettative crescenti, promesse di same-day delivery, personalizzazione dei servizi e standard imposti da player globali come Amazon, la capacità di comunicare in modo proattivo su tempi, costi e opzioni di spedizione non è più un plus, ma una condizione minima per restare competitivi.
Ancora una volta, si ripete lo stesso schema, i brand sopravvalutano la propria offerta e sottovalutano l’impatto di dettagli che per il consumatore fanno la differenza. La delivery non è solo un passaggio operativo, ma un touchpoint cruciale della customer experience.
Quello che i brand non vedono: i blind spot strutturali della customer experience
A completare il quadro del disallineamento tra percezione interna e vissuto reale del cliente, l’indagine FreedomPay–Verifone individua tre blind spot sistemici che continuano a ostacolare la costruzione di una customer experience realmente fluida, moderna e omnicanale:
- Checkout Experience: per il 75% dei consumatori, l’esperienza al momento del pagamento è un fattore decisivo nella scelta del retailer. Tuttavia, proprio questa fase tanto strategica quanto fragile, continua a presentare criticità ricorrenti, code prolungate nei negozi fisici, lentezza operativa, out-of-stock, discrepanze di prezzo tra canali e problemi tecnici nei processi di checkout digitale. Ogni frizione in questa fase finale del funnel compromette la conversione e, spesso, anche il ritorno futuro del cliente.
- Data Gap: molti retailer non dispongono di un sistema integrato per raccogliere, interpretare e attivare dati rilevanti lungo il customer journey. L’assenza di una visione unificata[4] del cliente, alimentata da silos organizzativi e tecnologici impedisce la costruzione di esperienze personalizzate, tempestive e coerenti su tutti i canali. I brand hanno accesso a enormi volumi di dati, ma senza la capacità di renderli azionabili, questi rimangono una risorsa sprecata.
- Obsolescenza tecnologica: oltre il 40% dei retailer utilizza sistemi di pagamento obsoleti. Una tecnologia datata non solo rallenta l’adozione di soluzioni innovative come la biometria o i pagamenti contactless avanzati, ma compromette anche sicurezza, affidabilità e capacità di integrazione con i nuovi touchpoint digitali. Il risultato è un’esperienza disallineata, frammentata e spesso percepita come “vecchia” da parte del cliente finale.
Questi blind spot, pur essendo noti da tempo, continuano a essere sottovalutati o rimandati, anche per via di barriere interne (budget, governance, cultura) che frenano l’innovazione reale. Ma in un mercato dove il cliente si muove con crescente velocità tra canali, dispositivi e aspettative, ignorarli significa alimentare il customer experience mismatch che oggi rappresenta uno dei principali fattori di perdita di competitività nel retail.
Riallineare promessa ed esperienza: una sfida urgente e sistemica
L’omnicanalità non è una semplice integrazione tecnica tra punti di contatto, ma una convergenza strategica tra ciò che il cliente si aspetta, ciò che la tecnologia può abilitare e ciò che le organizzazioni sono in grado di offrire. Per colmare il divario tra la narrazione del brand e l’esperienza reale dell’utente, è necessario agire su più fronti:
- Raccogliere e attivare dati in tempo reale, per ottimizzare il customer journey in modo dinamico e personalizzato.
- Offrire modalità di pagamento coerenti con le preferenze dei clienti, evitando approcci rigidi o autoreferenziali.
- Integrare piattaforme e backend, abbattendo i blocchi che frammentano l’esperienza e rallentano i processi.
- Trasformare la logistica da costo accessorio a leva di differenziazione competitiva, comunicandola in modo chiaro fin dall’inizio del percorso d’acquisto.
- Definire KPI condivisi tra marketing, operation e customer care, in grado di misurare davvero la qualità percepita dell’esperienza e non solo la performance interna.
Visione profonda, integrata e customer-driven per un nuovo retail
Il retail contemporaneo non può più permettersi il lusso dell’autoreferenzialità. In un mercato dove il potere contrattuale, informativo ed emotivo si è spostato stabilmente nelle mani del consumatore, la vera innovazione non è solo tecnologica: è culturale.
Significa sviluppare la capacità di ascoltare, interpretare e restituire valore a partire da ciò che le persone realmente desiderano, e non da ciò che l’azienda presume sia giusto offrire.
Come afferma John Mansfield di FreedomPay: “Non è sbagliato essere fiduciosi, ma non bisogna mai essere compiacenti.” È proprio questo il punto critico: la compiacenza alimenta il mismatch, mentre l’ascolto attivo lo risolve.
Per i brand, il momento è adesso, serve lucidità strategica, velocità esecutiva e coraggio organizzativo per riallineare la promessa alla realtà. Solo così la customer experience potrà trasformarsi da parola vuota a vantaggio competitivo sostenibile e concreto.
E no, non basta togliere la “e” davanti alla parola Commerce per realizzare un vero progetto di commercio unificato. Serve una visione profonda, integrata e customer-driven, serve superare le logiche di canale e mettere finalmente al centro la continuità dell’esperienza e non quella del sistema.
Note
[1] “The Gap Between Retailer Perceptions & Consumer Experiences”: https://retaildive.tradepub.com/free/w_defa8262/
[2] “Does the Effect of Customer Experience on Customer Satisfaction Create a Sustainable Competitive Advantage”: https://www.researchgate.net/publication/344813498_Does_the_Effect_of_Customer_Experience_on_Customer_Satisfaction_Create_a_Sustainable_Competitive_Advantage_A_Comparative_Study_of_Different_Shopping_Situations
[3] “Retailers neglect delivery preferences as 24% of shoppers seek early shipping details https://theindustry.beauty/retailers-neglect-delivery-preferences-as-24-of-shoppers-seek-early-shipping-details/
[4] “Unified Commerce: cos’è il commercio unificato e come implementarlo” https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/ecommerce/unified-commerce-cose-il-commercio-unificato-e-come-implementarlo/