La recente bozza di riforma danese in materia di diritto d’autore include due previsioni in tema di deepfakes, che ricoprono un grande interesse nella decisiva sfida per la tutela dei diritti della persona online.
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Il modello danese: deepfake, performance artistiche e identità personale
La nuova bozza di articolo 65 della legge danese sul copyright prevede uno strumento, più tecnico, per la tutela della performance live di artisti. Nella versione attualmente in vigore, la norma vieta la registrazione o la riproduzione delle performance artistiche “live” senza il permesso dell’autore, fino al decorrere di un periodo di 50 anni dopo la morte dello stesso. La riforma aggiunge un ulteriore livello di protezione contro i deepfakes che imitino una performance artistica live. In Danimarca, se la norma dovesse entrare in vigore, un deepfake che rappresenti una performance artistica sarà trattato come una riproduzione non autorizzata di una performance artistica live.
Si tratta senz’altro di una soluzione innovativa ad un problema che potrebbe effettivamente mettere a rischio la proprietà intellettuale di artisti e performer. Tuttavia, il fulcro della riforma danese sta nella bozza del nuovo art. 73a. Qui si introduce una norma di portata generale che tutela qualsiasi individuo contro le imitazioni digitali realistiche delle caratteristiche personali: nel caso in cui una piattaforma ospiti contenuti generati attraverso l’IA, che imitano l’aspetto, la voce e le espressioni facciali di individui, sarà soggetta alle norme in tema di tutela del diritto d’autore.
Si tratta, anche in questo caso, di un meccanismo di tutela innovativo, che finora non era stato espressamente incluso in alcuna legislazione europea[1]. Non che attualmente questo tipo di violazione dei diritti della persona sia del tutto privo di conseguenze legali.
In Danimarca, così come negli altri paesi dell’Unione Europea, l’immagine di un individuo è tutelata attraverso un mosaico di principi giuridici, disseminati nel codice penale, nella legge danese sul marketing, nel GDPR e nella ricostruzione giurisprudenziale di un diritto della personalità. Tuttavia, ciò che la riforma aggiunge rispetto a tale fascio di tutele è l’esperibilità dei meccanismi di tutela ad hoc previsti per il diritto d’autore: i sistemi di notica and takedown ed il meccanismo di responsabilità dei prestatori di servizi di condivisione di contenuti online.
La norma danese presenta, pertanto, numerosi punti di interesse anche in una prospettiva comparativa, volta a valutare l’eventuale promulgazione di norme simili nell’ordinamento italiano. Prima di entrare nel vivo della comparazione, si può però premettere un’osservazione. La tutela prevista ai sensi dell’articolo 73a, riprende curiosamente il limite di 50 anni dalla morte della persona oggetto di deepfake, che l’art. 65a, come si è discusso, prevede per i deepfake che riproducano performance artistiche live. Per il caso di riproduzioni artistiche, il limite di 50 anni trova ha una ratio chiara. Trascorsi 50 anni dalla performance, si può ritenere che un artista o un performer abbiano avuto modo di monetizzare ampiamente e di godere così dei frutti della performance. In seguito, subentra un interesse collettivo diffusione gratuita dell’opera dell’ingegno o della performance, in modo che il pubblico possa goderne liberamente.
Diversamente, non si vede perché, anche ai sensi dell’art. 73a, trascorsi 50 anni dalla morte di una persona debba essere possibile utilizzarne l’immagine, la voce o le caratteristiche fisiche senza il permesso degli eredi. Tralasciando la possibile violazione del diritto alla dignità dei defunti, la norma sembra non tenere conto del fatto che permette, senza che vi sia un’apparente utilità, l’utilizzo dell’immagine, della voce e delle caratteristiche fisiche di figure storiche. Deepfake che rappresentino Hitler o Stalin sarebbero sfuggirebbero così alle maglie della legge danese sul copyright. Ciò non esclude che siano vietati da altre normative, ma impedirebbe di utilizzare gli efficaci rimedi concessi alle norme in tema di diritto d’autore per la rimozione di questo tipo di attività illecite.
Deepfake e copyright: la responsabilità delle piattaforme online
È proprio con riferimento ai contenuti di carattere politico che la normativa danese presenta i profili di maggiore interesse. È opportuno, infatti, guardare al contenuto di quella tutela del diritto d’autore che la normativa danese vorrebbe estendere alla tutela delle immagini delle persone. In particolare, L’articolo 17 della Direttiva UE sul Copyright (2019/790) introduce regole specifiche per le piattaforme online che ospitano contenuti caricati dagli utenti, come YouTube, Facebook o TikTok. La norma stabilisce che tali piattaforme sono direttamente responsabili della violazione del diritto d’autore, se permettono la pubblicazione di opere protette senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti.
Per evitare questa responsabilità, le piattaforme devono adottare misure preventive, come strumenti di filtraggio, per bloccare contenuti non autorizzati già al momento del caricamento, oppure concludere accordi di licenza con i detentori dei diritti.
Di tratta di un regime di responsabilità particolarmente severo, più severo di quello che il Regolamento 2022/2065, o Digital Services Act, prevede in generale. Infatti, se le piattaforme, soggetti privati interessati caratterizzati perlopiù da scopi di lucro, rischiano di dover corrispondere risarcimenti (milionari) nel caso in cui omettano di rimuovere/ filtrare un contenuto lesivo del diritto d’autore, è evidente che tendono a rimuovere ciascun contenuto che sia anche solo sospettato di ledere un diritto d’autore. Suonano allora come un vuoto auspicio le previsioni della Direttiva copyright, secondo cui devono essere protetti i contenuti che rientrano nelle eccezioni al copyright, come citazioni, parodie, critiche o utilizzi didattici e che permettono agli utenti devono poter contestare la rimozione dei loro contenuti attraverso un sistema di reclamo semplice ed efficace.
L’obiettivo di bilanciare la tutela del diritto d’autore con il diritto fondamentale all’espressione degli utenti, evitando censure indiscriminate, infatti, è frustrato dal sistema di incentivi economici che la direttiva copyright crea. Tale pericolo è riconosciuto anche dalla giurisprudenza europea, che, fin dal 2014, aveva tentato di smussare i pericoli insiti nel sistema di tutela del diritto d’autore online fin da prima dell’entrata in vigore della direttiva copyright. Nella sentenza Telekabel C-314/12, 2014), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito che, quando un provider è obbligato a adottare misure per contrastare le violazioni del diritto d’autore online, deve comunque garantire che tali misure non compromettano il diritto fondamentale degli utenti alla libertà d’informazione.
Rischio censura e collateral censorship nella regolazione dei deepfake
Il sistema normativo europeo in materia di copyright fa sì che le piattaforme tendano in misura sproporzionata alla rimozione dei contenuti, un fenomeno che la dottrina statunitense definisce “collateral censorship”. Il tema della collateral censorship è centrale nel dibattito attorno alla tutela del diritto d’autore online, ma rischia di assumere proporzioni ancora maggiori se un siffatto mezzo di tutela venga applicato anche per la tutela dei diritti della personalità.
È interessante notare che la legge danese sul copyright precisa che l’art. 73a non si applica alle imitazioni che sono principalmente espressioni di caricatura, satira, parodia, critica del potere, critica sociale, ecc., a meno che l’imitazione non costituisca una disinformazione che possa causare un pericolo specifico e grave ai diritti o agli interessi essenziali di altri. In sostanza, usi legittimi dei deepfakes esistono, così come esiste un’effettiva esigenza di limitare gli effetti più nefasti di tale tecnologia. Tuttavia, l’applicazione del regime di responsabilità previsto dalla direttiva copyright, imponendo un regime di responsabilità oggettiva alle piattaforme che omettano anche di filtrare un deepfake, rischia di arruolarle nella censura del dissenso politico anche legittimo.
Diritto d’autore o Digital Services Act? Le alternative normative
In chiave comparatistica occorre interrogarsi allora sull’effettiva utilizzabilità del rimedio dei rimedi propri del diritto d’autore a tutela dei diritti della personalità, nonché sulla fattibilità di rimedi che siano invece incentrati sulle regole generali della responsabilità degli ISP, previste nel Regolamento 2022/2065 o Digital Services Act. Queste, anche alla luce di interpretazioni particolarmente sfavorevoli alla libertà di espressione online, si pensi alla sentenza Glawischnig- Piesczeck (C-18/18), avente appunto ad oggetto la censura di espressioni ingiuriose utilizzate verso un politico austriaco, sono forse più adatte a contemperare i diversi interessi sottostanti all’utilizzo di deepfakes quali strumenti di satira politica.
[1] Alcune soluzioni simili sono state adottate in Cina, come già discusso su queste pagine: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/il-futuro-della-regolamentazione-ia-in-cina-ecco-i-possibili-scenari/



 
									































































