mercato unico digitale

Digital Service Act: lo stato dei lavori su responsabilità delle piattaforme e futuro dei contenuti online

Il nuovo pacchetto di normative sui servizi digitali dovrebbe modernizzare l’attuale quadro giuridico per i servizi digitali. La Commissione dovrà gestire un lavoro complesso fatto di compromessi e mediazioni per individuare le soluzioni giuridiche ideali a favorire lo sviluppo del digitale in Europa. Vediamo i punti focali

Pubblicato il 13 Ott 2020

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

digital divide digitale

Dopo la recente approvazione della Direttiva Copyright è certo che anche il pacchetto del Digital Service Act genererà forti tensioni e contrapposizioni, dato anche l’ampio spettro di tematiche sensibili che le nuove regole comunitarie hanno l’obiettivo di coprire.

Dall’analisi delle relazioni presentate dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO), dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) e dalla commissione giuridica (JURI) possiamo già comprendere su quali fronti ci si concentrerà nei prossimi mesi.

Ripercorriamo le tappe dei lavori sul Digital Service Act provando a capire, sulla base di queste relazioni, cosa aspettarci nei prossimi mesi di negoziati.

Il nuovo pacchetto di normative sui servizi digitali

Nell’ambito della seconda priorità del programma di lavoro 2020 della Commissione europea,  “Un’Europa pronta per l’era digitale ” (pubblicato a gennaio 2020), la Commissione ha annunciato la sua intenzione di presentare una nuova normativa sui servizi digitali nel quarto trimestre del 2020 (come confermato dal programma di lavoro 2020 della Commissione rivisitato e presentato a maggio 2020) al fine di rafforzare mercato unico dei servizi digitali e contribuire a fornire alle piccole imprese la chiarezza giuridica e le condizioni di parità di cui hanno bisogno.

Come è noto, il nuovo pacchetto di normative sui servizi digitali dovrebbe modernizzare l’attuale quadro giuridico per i servizi digitali per mezzo di due pilastri principali:

  • In primo luogo, la Commissione vorrebbe proporre regole chiare che definiscano le responsabilità dei servizi digitali per affrontare i rischi corsi dai propri utilizzatori e per proteggere i loro diritti. Gli obblighi legali garantirebbero un moderno sistema di cooperazione per la supervisione delle piattaforme e garantirebbero un’applicazione efficace.
  • In secondo luogo, il pacchetto del Digital Services Act (DSA) intende proporre regole ex ante che coprono le grandi piattaforme online che agiscono come gatekeeper e attualmente stabiliscono le regole del gioco per i propri utenti ed concorrenti. L’iniziativa dovrebbe garantire che tali piattaforme si comportino in modo equo e possano essere messe alla prova da nuovi operatori e concorrenti esistenti, in modo che i consumatori abbiano la più ampia scelta e il mercato unico rimanga competitivo e aperto alle innovazioni. Parte del pilastro sulle “regole ex ante “ sarà anche la proposta di iniziativa volta a modernizzare le regole sulla concorrenza (new competition tools) che affronterà appunto le lacune nelle attuali norme UE del settore.

In questo contesto la Commissione Europea ha avviato tre consultazioni pubbliche sulle responsabilità per i servizi digitali, sugli strumenti ex ante per i gatekeepers e sulla modernizzazione delle regole sulla concorrenza nel giugno 2020 (con scadenza l’8 settembre 2020).

La consultazione che si è appena conclusa ha visto la presentazione di oltre tremila contributi di stakeholder, accademici e società civile, nonché degli Stati membri e presto sarà disponibile un resoconto delle posizioni emerse.

I punti di convergenze delle relazioni delle Commissioni

Allo stesso tempo al Parlamento europeo, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e quelle per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e giuridica (JURI) hanno pubblicato i rispettivi progetti di relazione in aprile e maggio 2020 e proprio nei giorni scorsi hanno votato le relazioni, che anche se non vincolanti, contribuiranno sicuramente al progresso del pacchetto nei prossimi mesi. Già con molta probabilità nella settimana del 19 ottobre, le tre relazioni verranno votate nella plenaria del Parlamento, mentre ci si aspetta la presentazione della proposta normativa da parte della Commissione EU entro fine dell’anno (2 dicembre).

In prima battuta tutte e tre le relazioni convergono su quattro punti principali:

  • La necessità di distinguere tra contenuto illegale e contenuto dannoso (harmful).
  • La necessità di preservare i principali aspetti della direttiva sul commercio elettronico: il regime di responsabilità limitata (safe harbour), il principio del paese di origine e il divieto di monitoraggio generale.
  • La necessità di adottare un meccanismo armonizzato di notifica e azione (notice & action).
  • Un chiarimento sul fatto che le normative settoriali esistenti, tra cui la direttiva sul diritto d’autore DSM, la direttiva sui servizi di media audiovisivi e il regolamento sulla protezione dei dati, dovrebbero essere rispettate e preservate.

Più nel dettaglio, scorrendo le relazioni finali adottate e in via di pubblicazione si possono evidenziare alcuni elementi che il Parlamento dovrebbe adottare per indirizzare anche il lavoro della Commissione sulla proposta normativa in fieri.

La relazione IMCO, tra i vari aspetti indicati:

  • Sottolinea che ciò che è illegale offline deve essere considerato illegale anche online
  • Evidenzia che il meccanismo di notice & action dovrebbe essere distinto a seconda del tipo di piattaforma, del settore di riferimento e/o del contenuto illegale.
  • Sottolinea la necessità di non indebolire il regime di responsabilità legale o il divieto di monitoraggio generale;
  • Richiede che non abbia luogo alcun “filtraggio obbligatorio di caricamento” di contenuti che non rispetti il divieto di obblighi generali di monitoraggio;
  • Richiede l’introduzione di una disposizione “conosci il tuo cliente commerciale” all’interno dell’articolo 5 della direttiva sul commercio elettronico per garantire che i fornitori di servizi di hosting confrontino l’identità degli utenti commerciali sulle loro piattaforme con le banche dati UE esistenti (ad es. conformità alla legislazione sui protocolli di dati);

La relazione JURI si concentra in particolare sui seguenti aspetti:

  • La proposta di un regolamento su “contractual rights as regards content management” basato su tre pilastri: protezione dei diritti fondamentali online, misure contro la disinformazione, data protection.
  • Simile alla richiesta di IMCO richiede che non abbia luogo alcun “filtraggio obbligatorio di caricamento” di contenuti, raccomanda un’armonizzazione (orizzontale) con riferimento alle regole di Notice & Action (N&A). Secondo la relazione, procedure codificate per il N&A consentirebbero di creare un Quadro legale certo..Al contrario, misure volontarie lascerebbero alle piattaforme troppa discrezionalità con un potenziale danno per gli utilizzatori.

La relazione LIBE chiede:

  • Di preservare i diritti fondamentali online.
  • Incoraggiare la Commissione ad adottare, così come richiesto anche dalle altre relazioni una distinzione tra illegal content e harmful content, e il mantenimento di un regime di responsabilità limitata.
  • Un maggiore coordinamento tra gli Stati membri e le forze di polizia e magistrature in Europa.

Conclusioni

Come specificato, queste relazioni di iniziativa ci danno un primo assaggio delle questioni controverse che potremmo aspettarci durante i prossimi negoziati sul DSA. Allo stato possiamo immaginare come la Commissione si trovi di fronte a una prospettiva di un complesso e articolato lavoro fatto di compromessi e mediazioni per individuare le soluzioni giuridiche ideali a favorire lo sviluppo del digitale in Europa mantenendo allo stesso tempo il focus sulla necessità di garantire user e titolari di contenuti.

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