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eCommerce: stop ai resi gratuiti per salvare margini e ambiente



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Dai costi ambientali agli impatti economici, le aziende europee ripensano le politiche di reso. Sostenibilità e customer experience al centro delle nuove strategie

Pubblicato il 27 nov 2024

Matteo Bilancioni

CEO & Founder, Ciaodino

Marta De Cunto

Digital Strategy Director&Lecturer Ciaodino



ecommerce (1)

Col black friday alle porte, e la corsa ai regali subito dopo, uno spettro si aggira per gli ecommerce d’Europa: la conta dei resi. Perché lo sappiamo, il problema dei resi è un tema serio: i resi online globali post Black friday nel 2023 sono stati pari a quasi 10 miliardi, circa il 5% delle vendite di tutte le categorie merceologiche. Tassi di reso così elevati sono insostenibili sotto tantissimi punti di vista, per questo molte aziende in Europa stanno man mano dismettendo il reso gratuito e cambiando politiche di reso.

Dalla leggerezza all’insostenibilità: problematiche del reso gratuito

Nel panorama del fashion online, la politica dei resi gratuiti è stata a lungo considerata un vantaggio competitivo, un incentivo per acquisire e fidelizzare gli utenti e spingere gli acquisti.

Questa scelta ha chiaramente portato ad alcune conseguenze: in Italia, il fashion registra un tasso di reso del 16% degli acquisti online con un costo alle aziende che arriva fino a 30 euro. In Europa, il dato cresce: in Francia si parla del 24%, in Germania il 44% e in Svizzera addirittura il 45%.

Negli ultimi anni, l’impatto ambientale e i costi associati a questa pratica hanno portato a una riflessione critica e ad una presa di coscienza che ha coinvolto anche i legislatori, che hanno varato normative circa lo smaltimento dei resi.

Il problema in numeri

  • 10 miliardi di kg: rifiuti tessili globali generati annualmente, in parte da resi.
  • 2,78 kg CO2: emissioni medie di gas serra per ogni reso nel settore fashion.
  • Consumo di risorse: ogni reso comporta uno spreco di acqua e suolo nella produzione tessile.
  • Inquinamento: solo il 90% dei resi viene riutilizzato; il 10% finisce in discariche. Nel 2021, Amazon ha smaltito oltre 100.000 prodotti resi al mese.
  • Costi di gestione: il 10% riutilizzato richiede sanificazione e imballaggio, con meno del 55% venduto a prezzo pieno, a causa dei tempi di reso che fanno finire i prodotti in saldo perchè fuori stagione.
  • Costi di trasporto: i resi aumentano le emissioni e i costi logistici, con un costo operativo tra 8 e 12 euro.

I dati quindi evidenziano l’urgenza di ripensare il modello dei resi gratuiti nel settore fashion.

Ridurre i costi e migliorare l’efficienza nella gestione dei resi è fondamentale per i margini di profitto e consente di dedicare più risorse ad attività strategiche. Inoltre, pratiche sostenibili possono rafforzare la reputazione del brand in un contesto di crescente attenzione ambientale da parte dei consumatori.

Resi gratuiti: l’inversione di rotta

Questo è il quadro in cui si muovono molti brand che intendono rivedere le proprie strategie.

Infatti per diversi siti eCommerce, il reso gratuito costituisce una politica del passato da dismettere perchè non più sostenibilie, primariamente per ragioni economiche. I brand di Inditex (tra cui Zara), Uniqlo, H&M, Asos hanno modificato le loro policy di reso online testando il reso a pagamento. La grande fama di questi brand, la consuetudine ad acquistare dai loro ecommerce, e un grande pubblico già fidelizzato, che non ha bisogno della leva del reso per acquistare, hanno reso possibile questa transizione.

Nel 2024, anche Amazon e Zalando, pionieri nelle policy di reso estreme, hanno iniziato a rivedere le loro politiche di reso. Amazon ha ridotto il periodo di reso da 30 a 14 giorni per alcune categorie di prodotti, applicando la modifica anche ai venditori di terze parti. Zalando, che ha storicamente offerto resi gratuiti per 100 giorni, sta valutando di limitare questa opzione ai membri premium e sta implementando soluzioni basate sull’AI, come un camerino digitale e un assistente di moda tramite ChatGPT, per ridurre i resi migliorando l’esperienza d’acquisto.

Se, invece, si parla di direct-to-consumer di piccole e media dimensioni o di brand che non sono top of mind si ha un freno maggiore ad applicare policy di reso troppo severe.

Secondo una ricerca di Walker Sands il reso gratuito costituisce la seconda motivazione di scelta di un e-commerce, subito dopo tempistiche e costi di spedizione. É chiaro quindi che risulta molto difficile rinunciare a questa leva.

Comprendere i consumatori

Esistono due comportamenti molto diffusi tra i consumatori online che contribuiscono significativamente all’aumento dei resi, mettendo a rischio la sostenibilità del business e causando un impatto ambientale non trascurabile: il wardrobing e il bracketing.

Il wardrobing si riferisce a quel fenomeno in cui i clienti acquistano prodotti costosi con l’intento di usarli una sola volta, per poi restituirli.

Il bracketing, invece, è una pratica molto comune nello shopping online che consiste nell’acquisto dello stesso articolo in più taglie o varianti di colore, per poi restituire quelle che non vanno bene.

Oltre al wardrobing e al bracketing, ci sono altre motivazioni comuni per cui i consumatori restituiscono i prodotti. Tra queste:

  • Prodotti difettosi o danneggiati: Circa il 39% dei resi avviene a causa di difetti o danni ai prodotti ricevuti. Questo tipo di reso è inevitabile, ma una maggiore attenzione alla qualità e al controllo durante la spedizione potrebbe ridurre il fenomeno.
  • Mancata conformità alla descrizione: Un altro 30% dei resi è dovuto alla discrepanza tra il prodotto ricevuto e la descrizione o le immagini presenti sul sito web. Questo evidenzia l’importanza di avere schede prodotto dettagliate e realistiche, con foto e descrizioni che rispecchiano accuratamente l’articolo.
  • Prodotto non più necessario: Circa l’11% dei resi è legato a decisioni di acquisto impulsive, dove il cliente decide di restituire l’articolo perché non ne ha più bisogno o ha cambiato idea.

Naturalmente le statistiche generali potrebbero non adattarsi a tutti, per cui è sempre bene studiare i dati, analizzare i resi per identificare le aree di miglioramento e ottimizzare la propria offerta: l’aggiunta di un questionario dettagliato per le motivazioni di reso potrebbe aiutare a comprendere quali sono le cause principali e agire su di esse.

Azioni preliminari: trasparenza, comunicazione e sostenibilità

Per ridurre i resi è essenziale andare oltre la comprensione delle motivazioni, adottando politiche chiare e un’efficace comunicazione con i clienti. Lavorare sulla descrizione dei prodotti, con immagini dettagliate e guide virtuali, definire ed esplicitare modalità di riconsegna precise, inclusi eventuali costi a carico del cliente, e sensibilizzare i consumatori sui costi ambientali dei resi sono tutte azioni che creano un rapporto con i clienti basato su fiducia, chiarezza e comprensione. Oltre al vantaggio chiaro per l’acquirente, che risparmia tempo e spesso soldi, evitando acquisti impulsivi, il ritorno in termini di posizionamento non può essere trascurato. A tal proposito è importante sottolineare come i consumatori (soprattutto gen Z e millennials) siano sempre più attenti al tema della sostenibilità ambientale.

Oltre alle pratiche di trasparenza, diverse strategie possono aiutare a ridurre i resi:

  • Scheda prodotto dettagliata: descrizioni accurate e foto esplicative possono migliorare la corrispondenza tra aspettative e prodotto.
  • Comunicazione delle tempistiche di spedizione: consegne puntuali riducono i resi per ordini non ricevuti in tempo.
  • Ricerca intelligente: attraverso AI conversazionale, gli assistenti virtuali possono guidare i clienti verso scelte più mirate, riducendo i resi.
  • Camerino virtuale: la realtà aumentata consente esperienze d’acquisto più personalizzate, con avatar 3D che simulano la vestibilità degli articoli, riducendo i resi fino al 40%.

Come sostituire il reso gratuito

E per quei resi che sono inevitabili? Esistono delle alternative al reso gratuito che siano meno impattanti per ambiente e business ma che tengano anche in conto l’esperienza dell’utente? Secondo la nostra esperienza, sì. Naturalmente si comincia dal rendere l’esperienza utente semplice e fluida fin da subito: offrire un servizio clienti impeccabile, una navigazione fluida sul sito web.

Poi, si può proporre:

  • Cambio taglia e buono acquisto: offrire buoni sconto, sconti fedeltà o servizi di valore aggiunto per compensare l’assenza di reso gratuito e incentivare l’acquisto diretto. Incentivare il cambio taglia in negozio ha un duplice vantaggio: può tradursi in opportunità di vendita anche di altri prodotti.
  • Prova e paga dopo: Si lascia all’utente un tempistica ridotta per la prova a casa, che non prevede l’acquisto. Dopo che l’utente ha scelto i capi da tenere si effettua la vendita. Questo ridurrebbe il bracketing. Non essendo stata effettuata la vendita per legge non si applica il contratto di vendita e quindi la possibilità di diritto di recessione di 14 giorni, per questo la prova può essere di 7 giorni. Questa strategia aiuta a rimettere in circolo la merce il prima possibile e quindi evita che il prodotto entri nel fuori stagione. Si possono suggerire modalità di restituzione sui punti di consegna che riducono il traffico su ruota dei prodotti e quindi le emissioni dei trasposti.
  • Applicazione di un costo simbolico di gestione del reso: come già applicato dai colossi del fast fashion, per spingere verso un consumo più consapevole.
  • Esplicitare il minor impatto ambientale di altre policy di reso: sempre più consumatori sono attenti alla sostenibilità ambientale e questo guida anche la scelta del reso. Si ha un aumento del 15% della scelta più sostenibile come come il drop-off in un punto di ritiro invece che il ritiro a domicilio, se questa viene esplicitata come eco-friendly. In questo caso iF Returns registra un calo dal 90% al 20% del ritiro a casa a favore del punto di ritiro

L’impatto dei resi sul digital advertising

Un aspetto spesso trascurato, ma che a nostro avviso ha una rilevanza notevole, soprattutto per chi investe budget di digital advertising significativi, è l’impatto del reso sulle performance delle campagne pubblicitarie.

I resi influenzano pesantemente il Return on Advertising Spend (ROAS), poiché aumentano i costi di gestione e riducono i margini. Nel settore moda, ad esempio, un apparente ROAS positivo può rivelarsi poco realistico se ogni 10 prodotti venduti, 2 vengono restituiti con ulteriori spese di trasporto e gestione. Nei marketplace come Zalando, con tassi di reso elevati e lunghi tempi di restituzione, valutare il ROAS in tempo reale è complesso, e dipendere dagli automatismi pubblicitari rischia di minare la redditività a lungo termine. Ottimizzare l’esperienza utente e limitare i resi sono passi essenziali per mantenere il ROAS sostenibile.

Ottimizzare le campagne

Dopo aver lavorato sul problema generale, è bene affrontare la gestione delle campagne, che può essere migliorata così:

  • Elaborare cluster di prodotto: è importante valutare singolarmente i prodotti, poiché i tassi di reso variano e influiscono sul ROAS. Bisogna creare cluster di prodotti simili per marginalità e resi, ottimizzando il budget su ciascun gruppo.
  • Pianificazione basata su stock e resi: il budget va adattato alla velocità di rotazione dello stock e alla quantità dei resi, mantenendo un buon flusso di magazzino senza esaurimenti o surplus eccessivi.
  • Analisi di trend e stagionalità: l’analisi precisa dei dati permette di identificare tendenze e picchi stagionali per ottimizzare le campagne, sempre partendo da cluster di prodotti e flusso di magazzino.

Adottare un approccio olistico che bilanci acquisizione clienti, ottimizzazione dei resi e gestione dei dati è indispensabile per una crescita sostenibile nel digital advertising. Solo considerando la marginalità e riducendo i costi legati ai resi, le campagne digitali potranno supportare il successo a lungo termine del brand.

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