intelligenza artificiale

Ridurre i resi nell’eCommerce con l’AI: le strategie di H&M, Omoda e Zalando



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L’aumento dei tassi di resi nel settore dell’eCommerce è una sfida per le aziende di moda. L’Intelligenza Artificiale viene utilizzata come strumento per mitigare questo fenomeno. Aziende come H&M, Omoda e Zalando hanno sviluppato strategie innovative per ridurre i tassi di reso e migliorare la soddisfazione del cliente

Pubblicato il 19 feb 2024

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



L'AI nel fashion: dal marketplace alla caccia di contraffazioni

Assieme alla crescita dell’eCommerce crescono anche i tassi di restituzione con le aziende che puntano a costruire strategie per ridurre il fenomeno. In Italia, ad esempio, per quanto riguarda il commercio online, nel settore fashion, il 16% degli acquisti torna indietro.           

Un dato, quello dei resi, che preoccupa e i cui costi incidono nei bilanci delle aziende e dei loro brand.

Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, le aziende stanno cercando di ridurre i tassi di reso e per farlo hanno fatto ricorso anche all’Intelligenza Artificiale.

Alcuni grandi player del settore come H&M e Zalando stanno già sperimentando strategie basate sull’IA con risultati promettenti.

Ma come detto più volte l’IA non è una bacchetta magica pronta a risolvere qualsiasi problema, si tratta solo di uno strumento al servizio – in questo caso – degli uffici marketing e comunicazione.

Come possono, allora, le imprese bilanciare l’utilizzo dell’IA con le proprie strategie di marketing?

L’IA per affinare descrizioni e raccomandazioni dei prodotti: il caso H&M

Le aziende e i loro brand che hanno scelto di utilizzare, ad esempio, l’apprendimento automatico suddividono prima di tutto gli acquirenti in gruppi sempre più piccoli in base ad una serie di caratteristiche utili alla costruzione di strategie diversificate.

H&M, l’azienda di abbigliamento svedese, sta utilizzando l’Intelligenza Artificiale per affinare le descrizioni e le raccomandazioni dei prodotti, rendere meno visibili determinati annunci (e prodotti) dagli acquirenti che hanno maggiori probabilità di restituire quei prodotti e indirizzare la pubblicità verso i consumatori che ritengono più affidabili, con le idee più chiare e con una maggiore probabilità di non restituire i loro acquisti online.

L’idea è che gli acquirenti che ordinano capi di abbigliamento che non li fanno sentire a proprio agio, che si discostano eccessivamente dalla descrizione, o che scelgono un’alternativa (di modello o di colore) quando l’articolo che desiderano è esaurito, hanno maggiori probabilità di rispedire indietro quei prodotti una volta ricevuti a casa.

Tramite un preciso lavoro portato avanti dal proprio team di esperti di IA l’azienda svedese H&M ha potenziato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT ad esempio, per abbinare meglio l’offerta alla potenziale domanda e fornire agli acquirenti consigli sempre più accurati.

Il negozio di abbigliamento online olandese Omoda ha avviato una collaborazione con Google e l’agenzia di marketing internazionale DEPT per sviluppare un sistema di apprendimento automatico capace di aiutare a limitare il tasso di resi sulle vendite generate dagli annunci di ricerca.

Omoda e DEPT

Il sistema analizza i tassi di reso per alcuni tipi di prodotti con un algoritmo che utilizza i dati di Omoda per prevedere la probabilità che gruppi ristretti di clienti restituiscano ciò che hanno acquistato. Il sistema è in grado, quindi, di calcolare il profitto o la perdita totale che ogni ordine genererà alla fine del processo, già pochi istanti dopo che la vendita è stata conclusa. Inoltre, tiene traccia del comportamento dei clienti, anche (e soprattutto) quelli che restituiscono effettivamente i loro acquisti.

Omoda e DEPT utilizzano, successivamente, tutti i dati raccolti nell’algoritmo di acquisto degli annunci di Google per indirizzare la propria pubblicità (e gli annunci) in modo più preciso. Come è noto gli annunci sono più visibili ai potenziali acquirenti più propensi a concludere l’acquisto, ma Omoda ha scelto di concentrarsi sul loro valore a lungo termine, cioè tenendo conto dello storico dei comportamenti di acquisto e calcolando il costo previsto dei resi. “Il nostro obiettivo era quello di evitare di investire in pubblicità e ritrovarci con un buon numero di vendite ma anche con un alto numero di resi” ha spiegato l’ Amministratore Delegato di Omoda Jan Bann.

Il costo dei resi: ecco quanto pesa sulle aziende

Per le aziende un alto numero di resi può arrivare a generare perdite significative poiché gestire i resi richiede risorse e tempo. Le aziende devono affrontare costi associati alla ricezione dei resi (spedizione), all’ispezione, al rimessaggio e al processamento dell’inventario restituito. Questi costi possono includere il personale dedicato, la logistica inversa e i sistemi di gestione dei resi.

Inoltre, prodotti restituiti spesso perdono valore nel processo, creano confusione e complessità nella gestione degli stock e – fattore importante per gli uffici marketing e comunicazione – un elevato tasso di resi può influenzare negativamente la soddisfazione del cliente e la percezione del brand.

Secondo i dati diffusi dall’azienda, da quando Omoda ha iniziato a utilizzare il suo modello basato sull’apprendimento automatico ha registrato un calo del 5% dei resi e un aumento del 16% dei profitti tra tutte le vendite guidate dagli annunci di ricerca.

La strategia di Zalando per ridurre i resi

“Aiutare i clienti a trovare la taglia giusta è una parte importante della relazione tra l’azienda e il cliente”, spiega Robert Gentz, fondatore e co-CEO di Zalando gigante tedesco dell’e-commerce che ha recentemente lanciato una nuova funzione di misurazione del corpo che aiuta i clienti a trovare la taglia più giusta. Con alcuni semplici clic, infatti, è possibile creare il proprio avatar 3D al quale fare provare i capi di abbigliamento prima di acquistarli.

Secondo il report “DeliveryX Returns Report 2023” i rivenditori di abbigliamento hanno il più alto tasso di restituzione, con circa il 45% degli articoli restituiti. Un risultato guidato sicuramente dai problemi con le taglie, ma anche delle vaghe descrizioni dei prodotti e da articoli che non assomigliano alle immagini viste online.

Proprio in questa direzione va letto lo sforzo di Zalando che afferma di poter prevedere, grazie al sistema che utilizza anche l’IA, le misure del corpo dei clienti per aiutarli a trovare la taglia più adatta per i loro acquisti e riducendo così i resi.

L’analisi predittiva alleata dei rivenditori

L’analisi predittiva può essere un’alleata dei rivenditori. Gli strumenti di intelligenza artificiale possono analizzare il comportamento dei clienti, stabilendo modelli di utilizzo e policy che riducano al minimo il rischio senza gravare però sui clienti più affidabili. Una volta che un comportamento è identificato come potenzialmente “dannoso”, gli store possono indirizzare i clienti che tendono a restituire la merce verso tutti quei percorsi a pagamento che riducono al minimo i rischi per l’azienda.

Il ruolo dell’IA nella riduzione dei resi di acquisti online è multiforme, affrontando le varie fasi del percorso del cliente. Migliorando la personalizzazione, l’accuratezza e l’efficienza, l’intelligenza artificiale contribuisce in modo significativo a ridurre le percentuali di reso dei prodotti, il che è vantaggioso sia per la soddisfazione del cliente che per i profitti delle aziende e dei loro brand. Mentre l’e-commerce continua a crescere, l’importanza dell’IA in questo settore aumenterà probabilmente, offrendo soluzioni sempre più innovative per migliorare l’esperienza di acquisto.

I limiti dell’IA e le strategie per disincentivare i resi

Secondo Brad Herndon, partner della società di consulenza PwC, nonostante alcuni successi limitati, tuttavia, l’IA non è abbastanza matura per affrontare questo tipo di problemi su larga scala.

Se da una parte le aziende e i brand del mondo fashion hanno poche scelte se non quella di sperimentare l’intelligenza artificiale per sfruttare al meglio i propri dati sui consumatori, dall’altra le aziende e i loro brand  stanno esplorando nuovi metodi per disincentivare i resi e rendere il processo di vendita sempre più efficiente.

Negli Stati Uniti, in un sondaggio condotto dalla società di ricerche di mercato The Harris Poll per conto della società di software di spedizione Shippo, il 72% degli intervistati ha dichiarato di aver effetto un reso negli ultimi 12 mesi e di aver notato che i rivenditori hanno reso più difficile il processo di restituzione della merce acquistata.

Per David Sobie, co-fondatore e vicepresidente della società di logistica Happy Returns, che lavora, tra gli altri con Steve Madden e Diane von Furstenberg, nell’ultimo anno un maggior numero di aziende e brand hanno cercato di incentivare i comportamenti più in linea con i target aziendali, piuttosto che penalizzare i clienti che decidono di fare un reso.

Conclusioni

Tra intelligenza artificiale, soprattutto quella generativa, ricerca di nuove e sempre più coinvolgenti ed evolute customer experience, sviluppo tecnologico e nuove strategie che guardano anche alla sostenibilità ambientale per i marketer per i marketer la “sfida” ai resi è tra le più stimolanti tra quelle sul tavolo.

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