Nella causa Epic vs Apple, la recente sentenza del giudice federale Yvonne Gonzalez Rogers obbliga Apple a consentire agli sviluppatori di reindirizzare gli utenti a sistemi di pagamento esterni, eliminando così l’obbligo di corrispondere commissioni fino al 30%. È grazie a questa dinamica che Apple ha incassato oltre 10 miliardi di dollari nel 2024 dall’App store solo nel 2024, con una crescita del 150% rispetto al 2020.
Il CEO di Epic Games, Tim Sweeney, ha definito questo modello un business “da gangster”, contro il quale l’azienda ha combattuto per cinque anni, con una perdita stimata di oltre $1 miliardo. “Ne è valsa la pena”, afferma Sweeney, che nel frattempo prepara il lancio dei Webshop entro la fine dell’anno: una vetrina gratuita per gli sviluppatori con fatturato inferiore al milione di dollari.
Epic non è un caso isolato: Amazon (Kindle), Spotify, Patreon sono state le prime aziende ad aggiornare i reindirizzamenti nell’App Store subito .
A partire dalla sentenza nella causa Epic vs Apple, in questo articolo andremo ad analizzare le ricadute economiche, normative e industriali che coinvolgono l’app economy nel suo complesso. Dall’impatto sul modello di business di Apple agli scenari aperti per sviluppatori, regolatori e piattaforme digitali, analizzeremo un ecosistema in piena trasformazione.
Indice degli argomenti
Le conseguenze della sentenza Epic vs Apple
Questo è un momento di svolta. Apple non potrà più obbligare gli sviluppatori a utilizzare esclusivamente il proprio sistema di pagamento in-app. Già nel 2021, la giudice Gonzalez Rogers aveva intimato ad Apple di consentire link esterni, ma l’azienda aveva aggirato l’ordine introducendo una commissione del 27% su ogni transazione effettuata fuori dallo store. La nuova decisione, invece, ribadisce il principio di apertura e trasparenza, imponendo a Apple di smettere di scoraggiare gli utenti con schermate intimidatorie e di consentire reali alternative.
L’impatto è già evidente: la libertà di pagamento sta aprendo nuovi spazi di manovra economica per le app, che possono offrire sconti, bonus, o semplicemente mantenere una maggiore fetta dei profitti. Per Apple si tratta di un colpo potenzialmente molto significativo al proprio modello di business.
Apple sotto accusa: le reazioni e le altre cause in corso
La sentenza nella causa Epic vs Apple ha avuto ripercussioni significative non solo per la politica dell’App Store, ma anche per la reputazione di Apple. Durante il processo, sono emerse pratiche “opache” da parte di Apple: per difendersi l’azienda ha fornito false dichiarazioni in aula, ha trattenuto migliaia di documenti appellandosi ingiustamente al segreto legale e ha commissionato uno studio economico – definito poi una “farsa” – per giustificare la commissione del 27% sui pagamenti alternativi. Apple avrebbe inoltre creato schermate di avvertimento scoraggianti per gli utenti intenzionati a uscire dall’App Store, in violazione diretta dell’ordinanza precedente. Il giudice Yvonne Gonzalez Rogers ha parlato apertamente di “copertura” e ha dichiarato Apple colpevole di oltraggio alla corte. Queste rivelazioni hanno minato la credibilità dell’azienda di Cupertino e potrebbero influenzare negativamente altre vertenze legali in corso.
Oltre all’antitrust negli Stati Uniti, Apple è sotto osservazione anche in Europa, Regno Unito, Giappone e Corea del Sud, dove le autorità stanno valutando l’abuso di posizione dominante. La Commissione Europea ha avviato procedure formali in base al Digital Markets Act, mentre il Dipartimento di Giustizia americano ha avanzato un’azione legale separata per comportamento anticoncorrenziale. La “strategia difensiva” nel processo con Epic Games potrebbe fornire ulteriori elementi a sostegno di queste indagini, aumentando la pressione su Apple per rivedere le proprie politiche e pratiche commerciali.
Aldilà delle questioni legali, azioni di questo tipo da parte di un colosso come Apple contribuiscono a creare un clima di sfiducia incentivando la ricerca di alternative all’App Store di Apple, favorendo la crescita di piattaforme concorrenti e aumentando la concorrenza nel mercato delle app.
Il contesto europeo: Digital Markets Act e pressioni normative
Il Digital Markets Act (DMA), entrato in vigore a marzo 2024, rappresenta una delle normative europee più ambiziose per disciplinare le grandi piattaforme digitali.
Tra i vari cambiamenti che impone, il DMA designa come “gatekeeper” aziende come Apple, Google, Amazon e Meta, imponendo loro obblighi specifici al fine di garantire concorrenza, interoperabilità e scelta per gli utenti e gli sviluppatori. Tra questi obblighi: consentire l’uso di store alternativi, abilitare il sideloading (cioè l’installazione di app da fonti esterne) e offrire metodi di pagamento alternativi nelle app.
In risposta, Apple ha introdotto alcune modifiche limitate al mercato europeo: ha consentito l’uso di store terzi e pagamenti esterni, ma con numerose condizioni. Tra queste, l’imposizione della Core Technology Fee, una nuova “tassa tecnologica” pari a 0,50 euro per ogni prima installazione annua oltre il milione di download e il mantenimento di una commissione del 17% anche sui pagamenti effettuati fuori dallo store. Inoltre, ha previsto obblighi di approvazione tecnica e sicurezza per gli store alternativi, che secondo molti sviluppatori fungono da barriere d’ingresso mascherate.
A marzo 2025, la Commissione Europea ha imposto una multa da €500 milioni ad Apple per aver violato l’articolo 5(4) del DMA, imponendo restrizioni agli sviluppatori e impedendo loro di informare liberamente gli utenti su offerte alternative al di fuori dell’App Store. Secondo la Commissione, queste restrizioni hanno limitato la libertà di scelta di sviluppatori e consumatori, costituendo pratiche discriminatorie e anticoncorrenziali. Apple non è riuscita a fornire giustificazioni oggettive e ha annunciato l’intenzione di ricorrere contro la decisione, avendo 60 giorni per conformarsi alle richieste normative. Parallelamente, è stata chiusa un’indagine separata sulla libertà di scelta tra store alternativi grazie agli “sforzi proattivi” messi in atto da Apple. Tuttavia, restano forti preoccupazioni: la Commissione ha evidenziato che Apple potrebbe continuare a scoraggiare l’uso di canali alternativi attraverso meccanismi come la Core Technology Fee, criteri di ammissibilità troppo stringenti e un’esperienza utente penalizzante per chi sceglie app distribuite fuori dall’App Store. Secondo Bloomberg, il mancato rispetto reiterato del DMA potrebbe portare a sanzioni fino al 10% del fatturato globale di Apple, e fino al 20% in caso di infrazioni ripetute.
Ruolo strategico dei grandi player
Oltre a Apple, anche Google, Amazon e Microsoft seguono da vicino gli sviluppi. Google, che già ha dovuto allentare le regole del suo Play Store in Corea e India, potrebbe trovarsi in una posizione analoga in Europa. Amazon, con il suo Appstore e Kindle, è uno dei primi beneficiari delle aperture regolamentari. Microsoft, infine, sta puntando su store multipiattaforma legati a Xbox e al cloud gaming, presentando una visione alternativa e più flessibile del mercato. La pressione normativa globale sta quindi accelerando un ripensamento complessivo dell’ecosistema app: da ambienti chiusi e verticali a sistemi più aperti, interoperabili e orientati alla concorrenza.
Quanto sta avvenendo oggi non è molto diverso da quanto accadde nel 1998 a Microsoft: all’epoca, l’azienda fu accusata di abusare della sua posizione dominante nel mercato dei sistemi operativi per imporre Internet Explorer a scapito dei browser concorrenti, ostacolando l’innovazione e la concorrenza. L’intervento delle autorità antitrust, in particolare del Dipartimento di Giustizia statunitense, portò a un controllo più stringente delle pratiche commerciali di Microsoft, contribuendo alla nascita di un contesto più competitivo nel settore software.
Oggi, come allora, ci troviamo di fronte a una concentrazione di potere nelle mani di pochi attori dominanti. L’App Store di Apple, al pari di Windows negli anni ‘90, è diventato un’infrastruttura critica di accesso a contenuti e servizi digitali. Anche in questo caso, la regolamentazione sarà lo strumento principale per riequilibrare le dinamiche di mercato e tutelare la libertà di scelta di utenti e sviluppatori.
L’effetto Epic ha dato avvio a questa trasformazione, rendendo sempre più centrale il ruolo degli app store nella politica industriale digitale del futuro. Un ripensamento complessivo dell’ecosistema app: da ambienti chiusi e verticali a sistemi più aperti, interoperabili e orientati alla concorrenza.