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L’antitrust apre Whatsapp a chatbot terze parti. Ecco che vuol dire



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L’Agcm sospende in via cautelare le nuove condizioni WhatsApp Business che escluderebbero i chatbot AI concorrenti. Meta deve consentire agli operatori terzi di continuare a offrire servizi di intelligenza artificiale sulla piattaforma, preservando la concorrenza in un mercato nascente

Pubblicato il 30 dic 2025

Sergio Boccadutri

Consulente antiriciclaggio e pagamenti elettronici



whatsapp meta ai antitrust

La questione dei chatbot AI su WhatsApp Business è al centro di un importante intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha deciso di bloccare in via cautelare le nuove condizioni imposte da Meta.

La vicenda solleva interrogativi cruciali sull’accesso alle piattaforme digitali dominanti e sulla libertà di scelta degli utenti in mercati emergenti come quello dell’intelligenza artificiale conversazionale.

Il provvedimento cautelare dell’AGCM: portata e contesto normativo

Con una decisione del 22 dicembre 2025 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha adottato delle misure cautelari contro Meta ordinando la sospensione immediata, per gli effetti sul territorio italiano, delle nuove clausole dei WhatsApp Business Solution Terms che avrebbero impedito ai chatbot AI generalisti concorrenti di operare su WhatsApp.

L’Autorità ha ritenuto sussistenti fumus e periculum, imponendo anche l’invio di una relazione di compliance entro 15 giorni. Il provvedimento adottato dall’AGCM nella sua adunanza prenatalizia si colloca nell’ambito del procedimento A576, ed è un intervento tipicamente “conservativo”: non accerta definitivamente la violazione, ma mira a preservare condizioni di contendibilità del mercato nelle more del procedimento di merito, impedendo che una modifica unilaterale delle condizioni di accesso a una piattaforma digitale ad ampia base utenti produca effetti escludenti irreversibili per i concorrenti. La logica dell’intervento è strettamente coerente con la funzione dell’art. 14-bis della l. 287/1990 (cosidetta legge antitrust): evitare che il tempo fisiologico dell’accertamento determini, di fatto, l’inefficacia della tutela concorrenziale, specie in mercati caratterizzati da effetti di rete, abitudini d’uso e fenomeni di lock-in.

La cronologia procedimentale: dal tying all’ampliamento oggettivo

La delibera prenatalizia si innesta su una sequenza procedimentale già fortemente incardinata presso l’AGCM e molto articolata, che è utile ripercorrere brevemente. Il 22 luglio 2025 l’AGCM ha avviato un’istruttoria nei confronti delle società del gruppo Meta per accertare una presunta violazione dell’art. 102 TFUE, individuata (in prima battuta) nel tying fra WhatsApp e Meta AI attraverso la pre-installazione del servizio di intelligenza artificiale proprietario nell’app di messaggistica. Successivamente, con delibera del 25 novembre 2025, l’Autorità ha ampliato oggettivamente l’istruttoria anche con riferimento alle nuove condizioni contrattuali dei WhatsApp Business Solution Terms adottate da Meta a decorrere dal 15 ottobre 2025. Contestualmente, la stessa delibera del 25 novembre ha avviato il sub-procedimento per l’eventuale adozione di misure cautelari, volto a verificare i requisiti di urgenza e la plausibilità prima facie dell’infrazione.

Sin da questo punto emerge una linea di continuità: l’intervento cautelare non si limita a “fotografare” la condotta, ma tende a impedire che l’assetto concorrenziale venga alterato prima che l’istruttoria possa arrivare a compimento. La logica è particolarmente rilevante nei mercati digitali e, in specie, nel mercato dei servizi di AI generalista, dove l’acquisizione rapida di utenti e la disponibilità di flussi di interazione possono consolidare vantaggi competitivi cumulativi nel tempo.

La clausola “AI Providers”: discrezionalità ed effetti escludenti

La condotta oggetto di cautelare: la clausola “AI Providers” nei WhatsApp Business Solution Terms. La misura cautelare appena adottata prende le mosse dalla modifica dei WhatsApp Business Solution Terms (del 15 ottobre 2025). Il provvedimento evidenzia che Meta ha introdotto una sezione denominata “AI Providers“, nell’ambito delle condizioni applicabili all’utilizzo delle soluzioni business (incluse le funzionalità legate alla WhatsApp Business API), prevedendo un divieto rivolto ai fornitori di tecnologie e servizi di intelligenza artificiale.

La clausola, nella ricostruzione dell’AGCM, vieta ai “providers and developers” di tecnologie AI – includendo espressamente large language models, piattaforme di AI generativa e assistenti AI general purpose – di accedere o utilizzare la piattaforma WhatsApp Business Solution quando tali tecnologie costituiscono la funzionalità primaria del servizio reso agli utenti finali; e ciò, con un elemento di particolare rilievo, “as determined by Meta in its sole discretion“. La previsione incorpora dunque, insieme all’ampiezza dell’ambito oggettivo, una discrezionalità applicativa che rende incerta la linea di confine fra AI “primaria” e AI “ancillare”, e attribuisce al gestore della piattaforma, cioè a Meta, la facoltà di definire sia l’estensione del divieto sia l’area di liceità dell’uso della piattaforma.

Accanto alla portata sostanziale del divieto, la decisione cautelare valorizza il profilo temporale dell’efficacia della modifica. L’entrata in vigore è differenziata: per le imprese che già avevano un account su WhatsApp alla data del 15 ottobre 2025 e che offrivano già servizi di AI Chatbot, l’esclusione diventerebbe effettiva dal 15 gennaio 2026; per i soggetti non presenti al 15 ottobre 2025, la nuova versione dei termini opererebbe immediatamente, fin dall’accettazione delle condizioni di servizio. Quindi – senza il provvedimento cautelare – dal 15 gennaio 2026 gli utenti finali non avrebbero più potuto utilizzare alcun servizio di AI Chatbot alternativo a Meta AI all’interno di WhatsApp.

Integrazione verticale e vantaggio competitivo di Meta AI

Il contesto concorrenziale: integrazione dell’interfaccia, vantaggio di attenzione e riduzione dell’offerta alternativa. La condotta esaminata non si colloca in un vuoto concorrenziale, ma in un contesto già caratterizzato dalla progressiva integrazione di Meta AI nell’interfaccia di WhatsApp. Il provvedimento ricorda che l’utente può tuttora – sebbene con limitazioni – attivare una chat autonoma con servizi di AI di altri operatori inserendoli come contatti; tuttavia, permane “in assoluta preminenza” l’icona Meta AI e la funzione “Chiedi a Meta AI” nella barra di ricerca. Nella stessa sezione, l’AGCM osserva che la pre-installazione di Meta AI appare idonea a conferire un indebito vantaggio competitivo nel mercato dei servizi di AI Chatbot/Assistenti AI, perché milioni di utenti di WhatsApp diventano milioni di potenziali utenti di Meta AI con modalità pressoché istantanee.

In questa prospettiva, la clausola “AI Providers” non è un mero aggiornamento contrattuale: opera come leva di esclusione sul lato dell’offerta. Da un lato, l’integrazione dell’assistente proprietario massimizza la visibilità e riduce i costi di adozione per l’utente; dall’altro, il divieto contrattuale limita la permanenza e l’ingresso di servizi concorrenti proprio nel canale in cui, per effetti di rete e abitudini d’uso, l’utente concentra comunicazioni e attività quotidiane.

È qui che risulta utile richiamare, secondo la formula richiesta, la ricostruzione già proposta nell’articolo precedente. Come già evidenziato su queste pagine, Meta ha collocato un’icona circolare dai colori cangianti nella schermata principale di Whatsapp, in posizione prominente e non rimovibile dall’utente. La prominenza non è un dettaglio grafico: in un ambiente in cui l’attenzione dell’utente è una risorsa scarsa, la collocazione privilegiata dell’assistente proprietario produce un attention advantage che può tradursi in un vantaggio competitivo strutturale. Se, a questa asimmetria di visibilità, si aggiunge l’eliminazione (attuale o prospettica) di opzioni alternative fruibili nel medesimo contesto d’uso, la scelta dell’utente diventa meno contendibile e più esposta a inerzia e lock-in.

L’articolo 14-bis e la delimitazione territoriale dell’intervento

Il fondamento giuridico: art. 14-bis della legge antitrust e delimitazione territoriale dell’intervento. Il provvedimento richiama l’art. 14-bis della legge n. 287/1990, citandone il nucleo essenziale: nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l’Autorità può – ove constati ad un sommario esame la sussistenza di un’infrazione – deliberare l’adozione di misure cautelari. In questo quadro, la cautelare svolge la funzione di evitare che la decisione finale (e gli eventuali rimedi) non siano idonei a produrre alcun effetto e diventino sostanzialmente inutili perché il mercato è già stato “chiuso” da una condotta escludente consolidata nel tempo.

Rilevante è, inoltre, la precisazione sul perimetro territoriale. L’AGCM circoscrive l’intervento alla condotta nella misura in cui produce effetti sul territorio nazionale, richiamando l’avvio di un procedimento della Commissione europea sulla medesima condotta con riguardo allo Spazio economico europeo ad eccezione dell’Italia. Tale delimitazione evidenzia la complessità dell’enforcement nei mercati digitali, in cui la dimensione transfrontaliera impone coordinamenti e, talvolta, ripartizioni di intervento; e, al tempo stesso, segnala l’attenzione dell’AGCM a presidiare, con strumenti d’urgenza, gli effetti concorrenziali che si determinano nel territorio nazionale.

Fumus boni iuris: diniego d’accesso e posizione dominante

Sul fumus boni iuris: diniego di accesso, dominanza e carattere interruttivo della condotta. Quanto al fumus boni iuris, l’AGCM ritiene che la condotta appaia costituire già prima facie una possibile violazione dell’art. 102 TFUE, consistente nel diniego opposto da Meta ai fornitori di servizi di AI Chatbot concorrenti che intendano accedere alla piattaforma WhatsApp per offrire tali servizi agli utenti.

La decisione fonda tale valutazione su una premessa strutturale: la posizione dominante di Meta nel mercato dei servizi di messaggistica via app e la non contendibilità della stessa per la presenza di effetti di rete diretti e switching costs legati alla base utenti. Il provvedimento richiama la dimensione della platea di WhatsApp nel 2025 e la quota di mercato superiore al 60%, evidenziando come il posizionamento non appaia contendibile in ragione delle caratteristiche strutturali del mercato.

Un profilo qualificante è il carattere “interruttivo” della condotta: la modifica dei Terms determina l’esclusione immediata per gli operatori non presenti su WhatsApp alla data del 15 ottobre 2025 e, per quelli già presenti, un’esclusione differita al 15 gennaio 2026; l’Autorità parla, in modo esplicito, di improvvisa interruzione delle relazioni contrattuali in essere e di repentina modifica delle regole di funzionamento della piattaforma. Il provvedimento evidenzia inoltre che le nuove condizioni escludono le AI Chatbot concorrenti di Meta AI, mentre WhatsApp continuerebbe a essere utilizzato da Meta AI e dalle applicazioni “business specific“.

Infine, l’AGCM colloca la modifica contrattuale in un “percorso” concorrenziale: prima la presenza su WhatsApp di soli chatbot terzi, poi l’ingresso di Meta con modalità preferenziali e, infine, l’esclusione dei concorrenti effettivi e potenziali, con il permanere della sola Meta AI e la prospettiva di un unico fornitore su WhatsApp a partire dal 15 gennaio 2026. Questa ricostruzione cronologica serve a mostrare che, nella valutazione preliminare tipica della fase cautelare, la nuova clausola contrattuale può determinare un effetto di esclusione dei concorrenti non perché Meta AI risulti “migliore” sotto il profilo concorrenziale (e dunque per qualità, efficienza, innovazione), ma perché limita l’accesso a WhatsApp come canale indispensabile di distribuzione.

Periculum in mora: mercato nascente e danno irreversibile

Sul periculum in mora: fase nascente del mercato, lock-in e danno non neutralizzabile. Sul periculum in mora, l’AGCM ritiene che la condotta sia idonea a determinare un danno grave e irreparabile alle dinamiche competitive nel mercato dei servizi di AI Chatbot e che, anche in ragione delle specifiche caratteristiche dei mercati digitali e del tempo necessario alla conclusione del procedimento di merito, sia necessario l’intervento cautelare.

L’argomentazione dell’AGCM si sviluppa lungo tre direttrici.

La prima è la fase evolutiva del mercato e l’importanza del canale di acquisizione: il mercato delle AI Chatbot è nascente e in evoluzione e che è necessario preservare il confronto competitivo anche su WhatsApp, uno dei principali canali di acquisizione di utenti, soprattutto per i nuovi entranti che non dispongono già di entry point consolidati.

La seconda direttrice riguarda il lock-in e la resistenza allo switching: c’è un effetto di dipendenza funzionale e la possibile resistenza al passaggio verso servizi alternativi, l’AGCM evidenzia che tali fattori possono amplificare le distorsioni concorrenziali discendenti dalla condotta di Meta, a vantaggio esclusivo dello sviluppo di Meta AI.

La terza direttrice concerne la non neutralizzabilità del danno ex post: la radicale preclusione della piattaforma a tutte le AI Chatbot, con la sola eccezione di Meta AI, potrebbe compromettere le dinamiche competitive in una misura non recuperabile mediante una diffida nel provvedimento finale.

In una sintesi che coglie la logica cautelare, come già evidenziato su queste pagine, l’Autorità ritiene sussistenti entrambi i presupposti richiesti dalla norma: il fumus boni iuris e il periculum in mora. In mercati a crescita rapida, la tutela concorrenziale deve misurarsi con il fattore tempo: il rischio è che l’accertamento di merito intervenga quando le condizioni competitive sono già state irreversibilmente alterate.

È qui che si innesta la dimensione “a trazione dati” propria dell’AI generativa. L’accesso a un enorme bacino di utenti e al flusso di interazioni può tradursi in un vantaggio cumulativo sul piano dell’addestramento e del miglioramento del modello. Tali opportunità di training possono risultare sostanzialmente irripetibili: l’esclusione per un periodo significativo non comporta soltanto la perdita di domanda nel breve periodo, ma l’accumulo di uno svantaggio strutturale, potenzialmente incolmabile, rispetto a chi continua a beneficiare del flusso di dati e interazioni.

Contenuto della misura: sospensione e tutela della pluralità

Il contenuto della misura: sospensione delle nuove condizioni e obiettivi “lato utenti”. Alla luce delle considerazioni svolte, l’AGCM ritiene necessaria l’adozione di misure cautelari e dispone che la misura consista nell’imporre a Meta di sospendere immediatamente l’applicazione delle nuove condizioni contrattuali adottate il 15 ottobre 2025, previste dai WhatsApp Business Solution Terms, nella misura in cui producano effetti sul territorio italiano.

Il provvedimento esplicita altresì l’obiettivo: il provvedimento cautelare deve consentire agli utenti di beneficiare dell’offerta di tutte le AI Chatbot generaliste che, al momento, utilizzano WhatsApp e di ampliarla nel tempo nella misura in cui nuove AI Chatbot generaliste vi accedano. Sul piano dell’analisi concorrenziale, il punto è rilevante: la misura non è costruita come tutela “corporativa” dell’operatore concorrente, ma come presidio di una condizione di pluralità dell’offerta e, dunque, di un confronto competitivo basato sulla concorrenza (qualità del servizio, accuratezza del modello, affidabilità, privacy, ecc.).

Quanto alla proporzionalità, l’Autorità ritiene la misura idonea e proporzionata e, in questa fase, decide di non procedere all’adozione anche della seconda misura prospettata nella delibera di avvio (relativa all’ulteriore integrazione di Meta AI in WhatsApp), lasciando impregiudicato lo svolgimento del merito. Completa il quadro un obbligo di relazione: Meta deve trasmettere entro quindici giorni dalla notifica una relazione sulle attività svolte per ottemperare alla misura (profilo funzionale al controllo dell’implementazione).

Implicazioni concorrenziali e prospettive di merito

Il provvedimento cautelare dell’AGCM del 22 dicembre 2025 conferma che, nei mercati dell’AI consumer, l’oggetto della concorrenza non è soltanto la qualità del modello, ma l’accesso ai canali di distribuzione e alle infrastrutture che mediano la relazione con l’utente. In un contesto caratterizzato da effetti di rete e costi di switching, la capacità di restare “dentro” l’ecosistema in cui l’utente opera quotidianamente diventa condizione essenziale per competere.

Sospendendo l’applicazione della clausola “AI Providers“, l’AGCM non impone ancora un obbligo positivo di accesso con condizioni tecniche ed economiche puntuali; piuttosto, neutralizza una regola contrattuale che, nella delibazione sommaria propria della fase cautelare, appare idonea a produrre un’esclusiva di fatto e un danno non recuperabile ex post. Il merito dell’istruttoria definirà definitivamente la qualificazione della condotta, le eventuali giustificazioni e i rimedi più appropriati. Tuttavia, l’intervento cautelare segna già un punto fermo: la contendibilità di un mercato nascente può dipendere in modo decisivo da scelte di architettura dell’accesso (interfaccia) e da regole contrattuali (termini di piattaforma) che, in combinazione, incidono simultaneamente su domanda e offerta.

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