scenari

Marketing digitale: la strategia vince sulla performance AI



Indirizzo copiato

Confondere digitalizzazione e automazione porta a decisioni miopi. Indicatori e ottimizzazioni in tempo reale non sostituiscono il pensiero critico. L’equilibrio tra creatività, norme e fiducia permette contenuti efficaci, chiari e conformi alle regole in continua evoluzione e verifica responsabile, trasparente.

Pubblicato il 28 ott 2025

Angelo De Caro

CEO Base Digitale



innovazione partecipata Partecipazione politica digitale marketing digitale e ai

Viviamo in un’epoca in cui parlare di marketing digitale significa, quasi inevitabilmente, parlare di tecnologia. Automazione, algoritmi, intelligenza artificiale, performance: il lessico quotidiano del settore sembra ormai dominato da questi termini.

L’illusione della digitalizzazione come sola automazione

Eppure, se da un lato la tecnologia rappresenta una leva imprescindibile, dall’altro la vera sfida non è rincorrere l’ultimo strumento, ma saper mantenere la capacità di pensiero critico e visione strategica. In altre parole: non basta restare aggiornati, bisogna essere rilevanti.

Negli ultimi anni si è affermata una narrazione diffusa: digitalizzazione coincide con automazione. L’idea che algoritmi predittivi, sistemi di recommendation e modelli di machine learning possano sostituire buona parte del processo decisionale. Campagne ottimizzate in tempo reale, contenuti suggeriti automaticamente, indicatori che trasformano grandi moli di dati in scelte apparentemente immediate.

Questa prospettiva ha innegabili vantaggi: efficienza, velocità, riduzione degli errori umani. Ma nasconde anche un rischio significativo: confondere la performance con la strategia.

Un approccio “solo performance” riduce la comunicazione a un gioco di metriche, a un esercizio meccanico privo di contesto e di profondità. E, paradossalmente, porta a una perdita di senso: si rincorrono numeri che spesso non spiegano davvero il valore di un messaggio né l’impatto che ha sul pubblico.

La complessità normativa nei settori regolati

In settori regolati come il farmaceutico, il cosmetico, il nutraceutico o l’alimentare, questo rischio si amplifica. Qui non è sufficiente essere veloci o performanti: è necessario sapersi muovere dentro cornici normative complesse, mutevoli e stringenti.

La comunicazione digitale in questi ambiti non è mai “solo comunicazione”. Ogni parola, immagine, claim deve essere verificato, conforme, aderente a regole precise che cambiano con il tempo e con i mercati.

L’equilibrio tra creatività e conformità

Il marketing digitale non può limitarsi a produrre contenuti creativi o a rincorrere le performance. Richiede invece un approccio ibrido, in cui convivano creatività, competenze normative e capacità di costruire fiducia.

Un esempio concreto riguarda la produzione di contenuti informativi legati a prodotti sensibili: un messaggio non accurato può generare non solo problemi reputazionali, ma anche conseguenze legali. Allo stesso tempo, una comunicazione troppo prudente rischia di essere sterile e inefficace. La vera sfida è dunque trovare il punto di equilibrio: essere chiari, autorevoli e al tempo stesso pienamente conformi.

Tecnologia al servizio della rilevanza strategica

È proprio qui che emerge un punto chiave: la vera innovazione non consiste nell’adottare indiscriminatamente ogni nuova tecnologia, ma nel progettare ecosistemi comunicativi in cui la tecnologia sia uno strumento al servizio della rilevanza, del rispetto delle regole e della sostenibilità.

La tecnologia accelera i processi, semplifica operazioni complesse, rende accessibili analisi che un tempo erano prerogativa di pochi. Ma la velocità non è sinonimo di consapevolezza. Prima ancora di chiedersi come comunicare, dico sempre che è necessario domandarsi perché e a chi.

L’intelligenza strategica come vantaggio competitivo

In questo senso, l’intelligenza strategica diventa il vero vantaggio competitivo. Non basta che una campagna funzioni “sul piano tecnico”: deve inserirsi nel contesto giusto, intercettare bisogni reali, produrre valore misurabile non solo in termini di clic o conversioni, ma anche di reputazione, fiducia e sostenibilità.

La supervisione strategica è quindi fondamentale, soprattutto quando entrano in gioco strumenti automatizzati per la produzione di asset o la gestione delle campagne. L’algoritmo può suggerire, ma non può decidere. È l’intelligenza umana a dover governare i processi, filtrare i segnali, integrare le variabili normative e culturali.

Dalla performance alla sostenibilità

Questo approccio non riguarda soltanto l’efficacia, ma anche la sostenibilità. Le performance generate da logiche meccaniche tendono a essere fragili: funzionano nel breve termine, ma spesso non resistono alla prova del tempo. La strategia, invece, costruisce relazioni durature, consolida la reputazione, genera impatti misurabili.

L’intelligenza artificiale tra opportunità e limiti

Per chi lavora ogni giorno nella comunicazione di settori regolati, l’intelligenza artificiale non è più un concetto astratto, ma una presenza concreta. Significa utilizzare l’AI per analizzare grandi volumi di dati clinici o di mercato, strumenti di elaborazione del linguaggio per mappare sentiment e conversazioni online, applicazioni di computer vision per il controllo di qualità dei materiali visivi.

È proprio questa vicinanza che ne rende evidente anche il limite: senza una cornice strategica, senza la consapevolezza di regole e implicazioni, il rischio è che l’AI si trasformi da alleato a ostacolo.

Costruire modelli integrati uomo-macchina

Usare l’AI perché esiste non è una strategia. Delegare interamente la creatività o la comunicazione all’AI significa rischiare di produrre output standardizzati, privi di unicità.

Il punto, quindi, non è scegliere tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, ma costruire modelli in cui l’una sia al servizio dell’altra. L’AI accelera, suggerisce, amplia le possibilità. Ma la responsabilità, la coerenza e la capacità di dare un senso al messaggio restano in capo alle persone.

Verso una comunicazione ibrida e consapevole

Dobbiamo capire che la trasformazione digitale non è più una fase da attraversare: è la condizione normale. Ciò non significa che ogni strumento debba essere adottato indistintamente, né che le stesse logiche possano essere replicate in settori differenti.

Il modello che emerge è quello di una comunicazione ibrida: una comunicazione “umana”, che sappia sfruttare la tecnologia senza esserne dominata. Automatizzata ma sotto controllo, creativa ma sempre misurabile. Una comunicazione che integra strumenti innovativi con competenze strategiche, che privilegia la rilevanza alla mera performance e che pone al centro la consapevolezza.

In definitiva, il futuro del marketing digitale non appartiene a chi saprà usare meglio un algoritmo, ma a chi saprà guidare la tecnologia con visione strategica. Perché se l’AI può generare contenuti, è solo l’intelligenza – quella umana – che può generare valore.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati