Negli ultimi mesi, la comunità SEO è tornata a interrogarsi sulla rilevanza delle nuove funzionalità di Google basate sull’intelligenza artificiale generativa. “Non cambia nulla, è solo SEO”, si ripete nei forum e nei convegni. Un mantra rassicurante, certo, ma anche profondamente miope.
La realtà è che la modalità AI introdotta da Google non è una semplice rivisitazione della SEO ai tempi dell’intelligenza artificiale generativa, ma una riformulazione radicale del paradigma stesso della ricerca online per come l’abbiamo conosciuta fin ora. Non è più l’utente a consultare direttamente il contenuto: sono gli agenti AI a farlo al posto suo fornendo un risultato “già filtrato” e personalizzato. E questo cambia tutto.
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Dal recupero classico al recupero generativo dell’informazione
Per comprendere la portata della trasformazione in atto, bisogna fare un passo indietro. Per oltre due decenni, la SEO ha vissuto all’interno di un ecosistema dominato dal recupero classico delle informazioni: crawler che scansionano, indicizzano e classificano pagine secondo logiche algoritmiche (pagerank, backlink, parole chiave, contenuti più recenti, ecc.). L’obiettivo del SEO era chiaro: ottimizzare per scalare le SERP e catturare l’agognato clic.
Oggi, con l’avvento della modalità AI (AI Mode) e delle panoramiche generate automaticamente o AI Overviews, ci troviamo in un nuovo contesto. Il recupero dell’informazione non è più passivo, ma generativo: le risposte sono costruite, non solo selezionate. In questo nuovo paradigma, l’AI è capace di leggere, comprendere, valutare, e infine sintetizzare contenuti provenienti da fonti multiple, spesso simili, analizzando – e quindi valutando – anche frase per frase, capoverso per capoverso, porzione di contenuto per porzione di contenuto.
Il bot come nuovo lettore del contenuto
Questo porta con sé una conseguenza tanto sottile quanto dirompente: l’utente non vede più il sito web. O meglio, non lo vede più nella sua interezza, nella forma progettata e pubblicata.
Sempre più, il sito sarà un repository di contenuti da cui gli agenti AI attingono, piuttosto che una destinazione a cui l’utente arriva. Il traffico diretto calerà, ma il contenuto potrà avere una diffusione molto più ampia, se pensato per essere distribuito attraverso gli agenti.
È la fine del web come lo conosciamo? Forse. Certamente si tratta di una sfida, vista come un’enorme opportunità per arrivare più lontano che mai.
L’inversione del paradigma Seo: ottimizzare per i bot nell’era AI
A interagire con i contenuti, infatti, sarà l’AI, che funge da interprete, da mediatore cognitivo tra sorgente e destinatario. In altri termini, il contenuto non viene più fruito ma metabolizzato, parafrasato, integrato.
Questo inverte una narrativa che ha dominato la SEO per un decennio: ottimizza per l’utente, non per il bot. Google stesso ha ammonito a lungo: evitate il keyword stuffing, cioè quella tecnica che utilizza, in un ambiente web, in modo eccessivo e non naturale una determinata parola chiave o gruppi di parole chiave per posizionarsi meglio, create contenuti di valore e pensate all’esperienza utente. Ora, paradossalmente, le aziende e i loro brand potrebbero dover riconsiderare i bot come il primo consumatore dei loro contenuti. Non perché debba essere soddisfatto lui, ma perché è lui a trasmettere e interpretare l’esperienza all’utente finale.
L’ottimizzazione semantica per bot intelligenti
No, non stiamo parlando di tornare ai primi anni duemila. L’ottimizzazione per i bot di oggi non riguarda più la densità delle parole chiave o i meta tag. Riguarda l’intelligibilità semantica, la coerenza narrativa, la robustezza argomentativa.
L’AI Mode valuta una frase nel contesto della pagina, ma anche nel contesto della domanda, dell’utente e dell’intero grafo semantico delle fonti disponibili. Si tratta di costruire contenuti che siano efficaci non solo per l’utente umano, ma anche per il lettore artificiale.
In un certo senso, è come scrivere per un redattore che non solo legge, ma riscrive. Un redattore che decide se citarti, se parafrasarti, se ignorarti. E lo fa sulla base di una matrice multidimensionale che include l’affidabilità della fonte, la precisione dell’informazione, la pertinenza, lo stile e perfino la novità.
MUM, multitasking unified model: la rivoluzione multimodale della Seo
Un altro cambio di paradigma fondamentale è rappresentato dalla natività multimodale della modalità AI. MUM (Multitask Unified Model), ad esempio, consente di integrare fonti scritte, immagini, audio, video e trascrizioni. Questo significa che una risposta può includere elementi che vanno ben oltre il testo, e che anche la SEO dovrà imparare a ragionare in termini di ottimizzazione visiva e sonora, non solo testuale.
La SEO del futuro dovrà includere video con trascrizioni accurate, immagini dotate di metadati semantici, podcast con show note dettagliate. Ogni contenuto è una potenziale sorgente per l’AI, che lo può selezionare, comprendere, tradurre e integrare nella sua risposta, ma attenzione anche ignorare e se la ricerca passa dagli strumenti AI mode allora per le aziende e i loro brand significa che il contenuto scartato dall’AI semplicemente non esiste e non arriverà mai all’utente.
La fine della query neutra: personalizzazione e relatività nella visibilità SEO
Infine, e forse più importante di tutto, la modalità AI non è solo consapevole dell’intento dell’utente: è consapevole della sua storia, della sua identità. Due utenti che pongono la stessa domanda potrebbero ricevere risposte diverse, citazioni diverse, toni diversi. Non perché la domanda sia ambigua, ma perché l’AI tiene conto del contesto personale, della memoria conversazionale, delle preferenze pregresse.
Questo significa che non esiste più una prima posizione uguale per tutti. La visibilità del contenuto non è più un fatto assoluto, ma relazionale. Ottimizzare per la modalità AI vuol dire anche pensare a come il contenuto si adatta a differenti profili, come è percepito da lettori diversi, come può essere riformulato nel tempo.
Strategie Seo per l’era della generazione automatica di conoscenza
In questo nuovo scenario, fare SEO non significa più solo migliorare la visibilità in SERP, ma entrare nel ciclo vitale della generazione automatica della conoscenza. Il contenuto va costruito come se fosse destinato a essere letto da un redattore capace di riformularlo in tempo reale, in funzione di ogni utente.
Significa anche adottare strategie editoriali che assicurino chiarezza, coerenza e credibilità. Vuol dire saper costruire contenuti che sappiano sopravvivere alla frammentazione e alla reinterpretazione automatica. Vuol dire pensare al contenuto come a un API semantico, sempre pronto ad essere integrato in risposte dinamiche.
Come si ottimizza un contenuto per l’AI Mode
Precisione prima di tutto. Ogni frase deve essere autosufficiente, corretta, non ambigua. L’AI ricompone il puzzle da più sorgenti: se la tua tessera è malformata, verrà scartata.
Markup semantico e dati strutturati. Non solo per la visibilità nei rich snippet, ma perché aiutano l’AI a comprendere meglio il contesto.
Contesto esplicito. Non dare per scontato che il bot capisca riferimenti impliciti. Chiarezza e disambiguazione sono le nuove best practice.
Contenuti modulari. Ogni sezione deve poter “vivere da sola”. L’era del long-form monolitico cede il passo a contenuti componibili e facilmente estraibili.
Ottimizzazione per la citabilità. Se l’agente AI deve selezionare un passaggio da inserire nella sua risposta, il tuo contenuto deve sembrare… riportabile. Una buona frase SEO oggi è una che sembra già una risposta perfetta
Il futuro del web: siti web come materia prima, non come destinazione
La modalità AI rappresenta, certamente, l’inizio di una transizione che potrebbe rivelarsi più profonda di quella che è stata quella del mobile o del voice search (le ricerche vocali). Non si tratta di un aggiornamento della SEO, in linea con lo sviluppo tecnologico, ma di un cambio di paradigma profondo. Sarà l’AI a scegliere, estrarre, adattare e presentare. Stiamo assistendo, con ogni probabilità, alla fine dei siti web per come li abbiamo intesi e conosciuti fin qui.
In questo contesto, considerare ancora i bot come semplici intermediari è fuorviante. Sono i nuovi lettori, i nuovi curatori, i nuovi editori. Prepararsi a questa rivoluzione non significa semplicemente aggiornare alcune componenti strategiche a livello di marketing e comunicazione: significa, per le aziende e i loro brand, ripensare alla radice il rapporto con l’informazione, ristrutturare i propri output comunicativi e il linguaggio e connettersi in modalità nuova con gli utenti.
E soprattutto, smettere di illuderci che sia solo SEO.