La tutela della libertà dei media e del pluralismo è al centro della nuova politica europea[1].
Non è un caso che alle concentrazioni nel settore dei media si interessi anche il nuovo Regolamento EMFA e che ad esse dedichi una norma ad hoc, l’art. 22, che istituisce un quadro comune per promuovere la diversity e al contempo conferma l’ambito e la tenuta dell’enforcement antitrust a presidio della struttura e del funzionamento concorrenziale del mercato.
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Novità regolatorie europee nella valutazione delle concentrazioni media
Con l’obiettivo di superare lo “spezzatino” delle scelte nazionali, la norma impone agli Stati membri di introdurre previsioni sostanziali e procedurali per l’esame delle operazioni che potrebbero avere un impatto significativo sul pluralismo dei media e sull’indipendenza editoriale.
A tal fine, il regolamento dispone un meccanismo di notifica obbligatoria e preventiva delle concentrazioni che coinvolgano almeno un fornitore di servizi di media o una piattaforma online che dia accesso a contenuti mediatici e che scatta al ricorrere di requisiti oggettivi, proporzionati e trasparenti rimessi alla definizione degli Stati nazionali.
Il perimetro soggettivo della norma supera la regolazione esistente e viene esteso a “qualsiasi mezzo” utilizzato per fornire al pubblico, dietro corrispettivo, programmi o pubblicazioni giornalistiche sotto responsabilità editoriale, a fini informativi, educativi o di intrattenimento. Rientrano così nel raggio di azione della nuova disciplina anche la stampa, i podcast, i contenuti pubblicati da giornalisti freelance o professionisti (compresi i vlogger).
Procedure di controllo e competenze delle autorità nazionali
Sotto il profilo della competenza l’art. 22 non lascia spazio a dubbi. Dopo aver ribadito che lo scrutinio sul pluralismo insiste su prerogative squisitamente nazionali, dispone che l’assessment debba essere rimesso ad autorità indipendenti nazionali (e non ai Governi) vuoi attraverso l’avvio di un procedimento vuoi il rilascio di un parere.
L’art. 22, d’altra parte e anche su questo è innovativo, uniforma i binari entro i quali dovrà essere svolto il vaglio, quali:
- l’impatto previsto della concentrazione del mercato dei media sul pluralismo dei media, compresi i suoi effetti sulla formazione dell’opinione pubblica e sulla diversità dei servizi e dell’offerta dei media sul mercato, tenendo conto dell’ambiente online e degli interessi, dei legami o delle attività delle parti in altre imprese del settore dei media o di altri settori;
- le garanzie per l’indipendenza editoriale, comprese le misure adottate dai fornitori di servizi di media al fine di garantire l’indipendenza delle decisioni editoriali;
- la probabilità che, in assenza della concentrazione del mercato dei media, le parti coinvolte nella concentrazione del mercato dei media rimangano economicamente sostenibili e l’esistenza di possibili alternative per garantirne la sostenibilità economica;
- se del caso, le conclusioni della relazione annuale della Commissione sullo Stato di diritto in merito al pluralismo e alla libertà dei media; e
- se del caso, gli impegni che le parti coinvolte nella concentrazione del mercato dei media possono offrire per salvaguardare il pluralismo dei media e l’indipendenza editoriale.
Per promuovere una convergenza di indirizzi a prova di futuro, la Commissione coadiuvata dal Comitato delle autorità nazionale designate, che sostituisce il gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA), sarà chiamata ad adottare linee guida ed orientamenti.
Per assicurare che vengano intercettate le operazioni potenzialmente lesive del pluralismo a livello intraeuropeo, garantendone il raccordo con le istituzioni europee, l’autorità nazionale dovrà consultare il Comitato che, agendo in piena autonomia, rilascerà un parere obbligatorio ma non vincolante, il quale, oltre ad essere trasmesso dalla Commissione, dovrà essere tenuto in massima considerazione dall’organismo competente al punto che l’eventuale scostamento dovrà essere giustificato.
Meccanismi di salvaguardia europei per concentrazioni media critiche
Sono previsti dei meccanismi di salvaguardia. Nel caso in cui un’operazione suscettibile di impatto a livello nazionale o anche intraeuropeo sfugga al vaglio, infatti, il Comitato, di propria iniziativa o su richiesta della Commissione, è chiamato ad elaborare un parere – “qualora tale concentrazione possa incidere sul funzionamento del mercato interno dei servizi dei media” – che verrà sottoposto all’attenzione della Commissione. Fatti salvi i poteri a norma dei Trattati, la Commissione potrà emettere un proprio parere. Di più, il Comitato e la Commissione potranno rendere disponibili al pubblico i rispettivi pareri.
Rapporto tra controllo antitrust e valutazione del pluralismo
Quanto al vaglio antitrust, l’art. 22 conferma che si tratta di scrutinio autonomo e distinto, disciplinato dal Regolamento Concentrazioni (Reg. n. 139/2004) e dalla disciplina nazionale, nel rispetto della riserva degli Stati membri, contemplata dallo stesso Regolamento, di introdurre se del caso norme più stringenti per tutelare interessi legittimi, tra cui il pluralismo.
Insomma, l’analisi antitrust è e rimane tesa ad accertare l’impatto di una operazione sulla struttura del mercato ora europeo ora nazionale, e all’occorrenza contiene gli ambiti di autonomia privata nella misura in cui dalla crescita ‘esterna’ delle imprese (cioè quella attuata mediante fusioni o acquisizioni di altre imprese) possa derivare, sotto più profili, un deterioramento del contesto concorrenziale.
Come è noto, la valutazione dell’operazione ora da parte della Commissione, ora da parte dell’Autorità nazionale è subordinata, ex Reg. n. 139/2004, ad una notifica, che è obbligatoria al ricorrere di specifiche soglie di fatturato superate dalle imprese interessate, ed è incentrata, previa definizione del mercato rilevante, sul cd. Test SIEC- Significant Impediment of Effective Competition, con l’obiettivo di verificare la portata concorrenziale dell’operazione grazie ad Orientamenti che sono ora in fase di consultazione.
A questa bipartizione si aggiunge l’art. 21, comma 4 del Regolamento Concentrazioni, per il quale la competenza esclusiva della Commissione rispetto all’esame antitrust dell’operazione di dimensione comunitaria non osta a che gli Stati membri adottino misure appropriate allo scopo di garantire la tutela di interessi legittimi diversi da quelli presi in considerazione dallo stesso regolamento, come sottolineato dal ‘considerando’ n. 19.
In ipotesi, dunque, una stessa operazione potrà essere valutata, ai sensi dell’EMFA, dall’autorità nazionale designata per accertarne gli effetti sul pluralismo, dalla Commissione o dall’autorità nazionale per valutarne l’impatto sui mercati e potrà essere oggetto di misure nazionali che vengano disposte nel rispetto delle prerogative nazionali e dunque di nuovo dalla Commissione per la compatibilità con i principi e le regole europee e su indicazione della stessa EMFA di misure nazionali a tutela di mercati locali, subnazionali per la tutela del pluralismo.
Coordinamento tra autorità nella valutazione delle concentrazioni nel settore dei media
A fronte di questa complessa actio finun regondorum e dell’affastellamento normativo, con connessi oneri, si profilano almeno una esigenza non rinviabile e una tendenza di sistema.
Sotto il primo profilo, pur nella necessità di superare la frammentazione normativa e di tener conto per un verso della spinta al consolidamento e dall’altro delle interpolazioni tra media e concorrenza, diventano urgenti strumenti di semplificazione, coordinamento e di leale collaborazione soprattutto nei rapporti tra autorità di concorrenza e regolatorie.
Ruolo crescente della Commissione europea nelle concentrazioni
Quanto alla tendenza, si registra un allargamento e irrobustimento del ruolo e delle competenze della Commissione, e per questa via un processo di progressiva attrazione verso la stessa delle tematiche relative alla tenuta democratica in Europa.
Per l’EMFA la Commissione viene dotata di poteri informativi, consultivi e di impulso, nonché e se del caso, di intervento così da assumere insostituibili funzioni di “cerniera” e “raccordo” a livello intraeuropeo e da esercitare attraverso il Comitato un vaglio di secondo livello ove manchi in prima battuta quella nazionale.
A ciò si aggiunga che per il Regolamento UE sulle concentrazioni, nei casi in cui gli Stati adottino misure a tutela di interessi legittimi quali il pluralismo, alla Commissione spetta l’ultimo vaglio sulla legittimità della misura e sulla compatibilità con il diritto europeo e di qui sulle necessarie né proporzionali per la tutela degli interessi nazionali legittimi perseguiti. Per lo stesso Regolamento, nei casi in cui invece gli Stati non esercitino le prerogative ora citate, e anche quando la riserva nazionale non venga invocata, la Commissione può prendere in considerazione la riduzione della pluralità dei media nella sua valutazione delle concentrazioni. Del resto, questa deriva è in linea con l’acquis communitaire, che, anche di recente, ha confermato come gli effetti sulla tenuta di diritti fondamentali altri (in caso di privacy nel caso Facebook, ma nulla esclude la liberà dei media o il pluralismo delle fonti) possano ben rientrare nell’analisi antitrust.
Di più, nella consultazione appena avviata sulla revisione delle linee guida orizzontali e verticali in materia di concentrazioni, la Commissione avverte che “a seguito di fusioni e acquisizioni nei settori dell’IA e dei media, la concentrazione del mercato potrebbe ridurre la diversità delle scelte a disposizione dei consumatori. In un panorama del genere, poche aziende dominanti potrebbero esercitare un notevole potere sui processi democratici influenzando l’opinione pubblica. Pertanto, è fondamentale considerare questa dinamica, insieme a fattori tradizionali come il prezzo e la qualità, quando si valutano le implicazioni delle fusioni e delle acquisizioni nel settore dell’IA, così come nei settori dei media più tradizionali”.
La cornice che si va delineando, pertanto ed in conclusione, per un verso, esalta il ruolo degli Stati membri come garanti del pluralismo e della libertà dei media, e per altro verso, rimanda ad un approccio di sistema sintetizzato da Margrethe Vestager per cui la concorrenza è strumento di democrazia – “at its core, competition policy is a democratic tool”- e a cui fanno eco i lavori dell’OCSE (OECD (2024), “The interaction between competition and democracy”, OECD Roundtables on Competition Policy Papers, No. 316, OECD Publishing, Paris) che sempre lo scorso anno hanno approfondito il rapporto tra concorrenza e democrazia, soffermandosi proprio sul settore dei media, per valorizzarne la reciproca convergenza sostanziale.
[1] Sul tema la LUISS ha ospitato un importante convegno, promosso insieme all’AGCOM e al Chapter italiano dell’IIC (https://lsl.luiss.it/event/2025/05/09/lo-stato-e-il-futuro-della-televisione-europa) in occasione del quale è stato presentato l’intervento qui pubblicato.