innovazione

Proprietà intellettuale, infrastruttura del progresso: lo dicono i Nobel all’Economia 2025



Indirizzo copiato

I Nobel 2025 all’Economia portano questo messaggio: la crescita nasce dove le istituzioni e le imprese riescono a creare un ambiente in cui è razionale innovare. E la tutela della proprietà intellettuale, quando è giusta, trasparente e proporzionata, è uno degli strumenti più potenti per costruirlo

Pubblicato il 21 ott 2025

Massimo Getto

Group CFO & Chief Sustainability Officer – Studio Torta S.p.A.



tutela proprietà intellettuale nobel economia 2025

Nel 2025, il Premio Nobel per l’Economia è stato assegnato a Philippe Aghion, Peter Howitt e Joel Mokyr, studiosi che hanno contribuito in modo decisivo a spiegare come la crescita economica nasca dall’innovazione.

Un premio che tra l’altro mette in evidenza l’importanza della protezione della proprietà intellettuale.
Le loro teorie — e i decenni di evidenze empiriche che le hanno sostenute — convergono su un punto: la prosperità delle nazioni dipende dalla capacità di generare, diffondere e valorizzare nuove idee.

Aghion e Howitt hanno formalizzato, nei primi anni Novanta, un modello di “crescita schumpeteriana endogena” in cui l’innovazione è il motore del progresso, e la concorrenza, lungi dall’essere una minaccia, è la forza che costringe le imprese a migliorare. Mokyr, invece, ha posto l’accento sulle condizioni culturali e istituzionali che permettono a un’economia di trasformare la conoscenza in ricchezza: libertà scientifica, apertura internazionale, tutela della proprietà e, soprattutto, fiducia nel futuro.

Questo triangolo — innovazione, concorrenza, istituzioni — è il cuore pulsante della crescita moderna. Ed è proprio in questo triangolo che si inserisce, come leva abilitante, la protezione della proprietà intellettuale.

Innovazione e concorrenza: una tensione creativa

L’innovazione vive di paradossi.
Chi innova desidera proteggere la propria scoperta, capitalizzare l’investimento e mantenere un vantaggio competitivo. Ma la società, nel suo insieme, trae beneficio quando la conoscenza si diffonde, ispira nuove idee e genera ulteriori innovazioni.

Trovare il giusto equilibrio tra protezione e apertura è la sfida strutturale dei sistemi economici contemporanei.
Troppa protezione — sotto forma di monopoli duraturi, brevetti eccessivamente ampi concessi con grande facilità— rischia di soffocare la concorrenza e rallentare la “distruzione creatrice” che alimenta il progresso.
Troppa apertura, invece, priva le imprese dell’incentivo economico a investire in ricerca, rendendo l’innovazione non remunerativa.

Aghion parla di competition and innovation trade-off: la concorrenza può spingere le imprese a innovare più rapidamente per non essere superate, ma oltre una certa soglia può ridurre i margini e disincentivare l’investimento in R&D.

Il punto è capire come disegnare regole e istituzioni che proteggano l’innovazione abbastanza da renderla profittevole, ma non tanto da renderla inattaccabile.


La proprietà intellettuale come infrastruttura del progresso, lo dicono i Nobel dell’Economia 2025

In questo contesto, la proprietà intellettuale non è un fine in sé, ma un mezzo per favorire la crescita.
È una forma di “infrastruttura invisibile” che consente agli innovatori di operare in un ambiente di fiducia, dove i diritti sono chiari e le regole prevedibili.
Brevettare una tecnologia, registrare un marchio o depositare un design non serve solo a difendersi: significa rendere riconoscibile a chiunque (i titoli sono pubblici) un valore, e quindi trasferibile, negoziabile, monetizzabile.

Un sistema di Proprietà Intellettuale (PI) ben disegnato è uno strumento di equilibrio poiché:

  • garantisce incentivi privati sufficienti a stimolare la ricerca;
  • assicura benefici pubblici attraverso la divulgazione delle informazioni tecniche e la scadenza dei diritti;
  • facilita la concorrenza dinamica, permettendo ad altri di costruire su innovazioni precedenti.

In assenza di tutela, gli investimenti in conoscenza resterebbero precari; con una tutela eccessiva, la conoscenza resterebbe intrappolata.
La forza della proprietà intellettuale sta proprio nella sua temporalità limitata e nella trasparenza: protegge oggi per far crescere domani. Terminata la protezione, quanto brevettabile è liberamente utilizzabile e questo concorre ad aumentare il livello tecnico della nazione.

Dalla protezione alla collaborazione

Il paradigma contemporaneo dell’innovazione è sempre più collaborativo.
Reti di imprese, startup, università e centri di ricerca generano conoscenze condivise, dove la distinzione tra “creatore” e “utilizzatore” è sfumata. In questo ecosistema, la proprietà intellettuale non deve essere vista come un muro, ma come un ponte di fiducia tra soggetti diversi.

Modelli di open innovation, cross-licensing e patent pooling dimostrano che la condivisione controllata dei diritti può accelerare la diffusione delle tecnologie senza distruggere il valore privato.
Un esempio emblematico è quello dei pool di brevetti per gli standard industriali, come nel caso delle reti 5G o delle tecnologie di compressione video, dove più imprese detentrici di brevetti essenziali concordano condizioni di licenza eque, ragionevoli e non discriminatorie (FRAND).

Il risultato è un equilibrio virtuoso:

  • le imprese titolari di IP ottengono compensi equi;
  • gli utilizzatori accedono alle tecnologie senza timori legali;
  • l’intero settore progredisce più rapidamente.

L’innovazione come asset d’impresa

Da Chief Financial Officer, guardo alla proprietà intellettuale anche da un punto di vista economico: essa rappresenta una classe di asset a pieno titolo.
Non solo un costo o una difesa legale, ma un elemento centrale del valore d’impresa.
Un portafoglio di brevetti, marchi e know-how può generare flussi di cassa futuri (royalties, licenze, cessioni), può essere oggetto di operazioni di finanza strutturata o garanzia collaterale per ottenere credito, e contribuisce in modo determinante alla valutazione di mercato dell’azienda.

La sfida per i CFO e i responsabili di strategia è duplice:

  • misurare correttamente il valore della proprietà intellettuale, integrandolo nei bilanci e nei processi di pianificazione finanziaria;
  • trasformare la protezione in leva di crescita, costruendo modelli di business che monetizzino l’innovazione anziché limitarla.

Il passaggio dal “diritto” al “valore” è cruciale: la tutela giuridica è solo il punto di partenza; la vera differenza la fa la capacità di trasformare la conoscenza in un asset produttivo.

Il ruolo delle imprese che tutelano l’innovazione

In questo contesto, le società che si occupano di tutela della proprietà intellettuale svolgono una funzione essenziale.
Non si limitano a depositare brevetti o marchi, ma costruiscono strategie di protezione, licensing e valorizzazione su misura per le imprese e aiutano i clienti a identificare gli asset immateriali più rilevanti, a difenderli, ma anche — e sempre più spesso — a metterli a frutto.

La tutela dell’IP è diventata un campo strategico, dove competenze tecniche, legali ed economico-finanziarie si intrecciano.
In un mondo globalizzato, dove le catene del valore attraversano confini e giurisdizioni, serve una visione integrata: dal deposito di un brevetto alla gestione delle royalties, dalla valutazione economica alla compliance internazionale.

Nel nostro lavoro quotidiano, vediamo come un approccio consapevole alla proprietà intellettuale trasformi la prospettiva di un’impresa:
da semplice difesa del passato, a piattaforma per costruire il futuro.

Verso un nuovo patto tra innovazione e mercato

La lezione dei Nobel 2025 è chiara: l’innovazione non è un atto isolato, ma un processo sistemico.
Perché produca crescita, servono regole che incoraggino il rischio, protezioni che premino il merito, e mercati che restino aperti alla sfida.

Le economie più dinamiche del mondo — dagli Stati Uniti alla Corea del Sud, dalla Germania ai paesi scandinavi — hanno dimostrato che investire in ricerca funziona solo se accompagnato da istituzioni efficienti e da sistemi di tutela dei diritti capaci di bilanciare interessi pubblici e privati.

L’Europa, in particolare, ha oggi l’opportunità di fare della proprietà intellettuale una leva di competitività, integrandola con le politiche industriali e di sostenibilità.
Le imprese, da parte loro, devono imparare a gestire la conoscenza come una risorsa scarsa ma rinnovabile, da valorizzare e condividere con intelligenza.

Tuttavia, in Italia e in Europa, mancano ancora due elementi fondamentali per rendere il sistema della proprietà intellettuale pienamente maturo e realmente attraente per le imprese:

• la reale possibilità di perseguire in modo efficace i contraffattori e ottenere un rimborso equo delle spese legali sostenute, insieme a risarcimenti che scoraggino comportamenti opportunistici. In questo senso, il nuovo Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB o Unified Patent Court – UPC) rappresenta una potenziale svolta: un sistema ancora giovane, ma che, se applicato con coerenza, potrebbe rafforzare la certezza del diritto e la rapidità dei procedimenti;

• criteri più semplici, uniformi e riconosciuti per valutare il valore economico della proprietà intellettuale, con ricadute concrete sui bilanci, sulla fiscalità e sulla finanza d’impresa. Oggi, gli strumenti disponibili — come il patent box — offrono incentivi utili ma ancora limitati: serve un passo ulteriore verso un framework contabile e fiscale che riconosca pienamente il ruolo della PI come vero e proprio asset produttivo.

Affrontare questi due nodi significherebbe trasformare la tutela della proprietà intellettuale da un campo spesso percepito come tecnico e difensivo a una piattaforma di competitività e attrattività per gli investimenti industriali e finanziari.

Chi saprà innovare proteggendo, e proteggere innovando, sarà protagonista della nuova economia della conoscenza.

Nobel Economia 2025, il messaggio: la fiducia come capitale intangibile

Innovazione, concorrenza e proprietà intellettuale sono tre forze in costante tensione, ma anche tre pilastri di un’unica architettura: la fiducia.
Fiducia nelle regole, nella possibilità di investire senza essere espropriati, di competere senza essere schiacciati, di collaborare senza essere copiati.

Il messaggio dei Nobel 2025 ci invita a riscoprire questa dimensione: la crescita nasce dove le istituzioni e le imprese riescono a creare un ambiente in cui è razionale innovare.
E la tutela della proprietà intellettuale, quando è giusta, trasparente e proporzionata, è uno degli strumenti più potenti per costruirlo.

Oggi, più che mai, chi guida la finanza d’impresa deve saper leggere gli asset intangibili non come costi ma come capitale umano, cognitivo e relazionale.
Dietro ogni brevetto, ogni algoritmo, ogni marchio, c’è una storia di investimento, rischio e visione.


Il compito di chi, come noi, tutela la proprietà intellettuale è far sì che quella visione diventi realtà economica — e che l’innovazione, anziché restare un’idea, diventi valore condiviso.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Argomenti


Canali

Articoli correlati