Negli Stati Uniti, la guida autonoma non è più solo una promessa tecnologica, è una sfida industriale, economica e regolatoria.
Le strade della Silicon Valley, popolate sempre più da veicoli senza conducente e robotaxi, sono il teatro di una trasformazione che punta a ridisegnare il modo in cui ci muoviamo nelle città. Ma quali sono i modelli economici in gioco? Quali gli ostacoli reali alla diffusione dei robotaxi?
Indice degli argomenti
Robotaxi: modelli industriali e strategie tecnologiche
Waymo, Tesla e Zoox stanno portando avanti strategie radicalmente diverse. Waymo, spin-off di Google, punta su tecnologia proprietaria e su partnership strategiche per la produzione in scala. Zoox investe in design futuristici e piattaforme proprietarie, mentre Tesla scommette su un modello minimalista basato su sensori a basso costo e sull’utilizzo condiviso delle auto dei propri clienti.
Waymo: dalla sicurezza alla scalabilità
Dopo l’avvio a Phoenix nel 2020 e il test cruciale a San Francisco nel 2023, Waymo ha superato i 250.000 viaggi settimanali. Ha raccolto oltre 11 miliardi di dollari e punta a espandere la flotta fino a 2.000 veicoli entro il 2026. L’approccio modulare alla riduzione dei costi (sensori più leggeri, collaborazioni industriali con Hyundai e Zeekr) mostra la volontà di trasformare una tecnologia costosa in un modello scalabile. Tuttavia, il costo stimato per veicolo, attorno ai 150.000 dollari, resta elevato e non è chiaro quando sarà raggiunta la redditività. Attualmente conta circa 1.500 veicoli in circolazione. Una nuova fabbrica a Phoenix, in collaborazione con Magna, sarà in grado di attrezzare decine di migliaia di mezzi ogni anno.
Zoox: un robotaxi nato per essere autonomo
Zoox, di proprietà di Amazon, ha scelto una strada ancora più ambiziosa, produrre veicoli nativi autonomi, con un design rivoluzionario, senza volante e completamente simmetrici. L’impianto di Hayward, in California, è operativo e punta a 10.000 unità all’anno. Il focus è sull’esperienza d’uso: 16 ore di operatività su una singola carica e interazione diretta con il passeggero. Ma i costi, sebbene non dichiarati, sembrano ancora superiori a quelli di Waymo. Il costo per unità sembrerebbe superiore a quello dei veicoli Waymo, anche se l’azienda non lo ha mai confermato ufficialmente.
Tesla: il robotaxi secondo Elon Musk
Tesla, fedele alla sua filosofia di disintermediazione, ha lanciato un servizio limitato in Texas utilizzando Model Y modificati. Solo telecamere, niente lidar o radar, sensori da 400 dollari, e un obiettivo: mettere sul mercato il robotaxi Cybercab sotto i 30.000 dollari. Il modello di business è ibrido, flotta propria e flotta “peer-to-peer” messa in condivisione dagli utenti.
Resta però il tema della sicurezza, il sistema di guida autonoma Tesla è ancora classificato come livello 2 SAE, ben lontano dal livello 4 di Waymo e Zoox. Il sistema Full Self Driving è classificato come livello 2 nella scala SAE (che va da 0 a 5), tre livelli sotto la guida completamente autonoma. Dopo alcuni incidenti avvenuti ad Austin, la NHTSA ha avviato indagini non solo su Tesla, ma anche su Waymo e Zoox
Wayve e l’approccio europeo ai robotaxi
Dall’Europa arriva una visione differente, Wayve, startup londinese finanziata da SoftBank e Balderton Capital, lavora a un sistema di guida autonoma generalizzabile, pronto a integrarsi in veicoli di serie.
L’obiettivo è bypassare la costosa infrastruttura di mappatura necessaria ai modelli statunitensi. La strategia è chiara: sensori economici, software adattivo, partnership con case automobilistiche (tra cui Nissan). I test su strada inizieranno nel Regno Unito nel 2026. Secondo i fondatori, la capacità della loro tecnologia di adattarsi a nuove città riduce drasticamente i tempi e i costi di implementazione, che per i concorrenti possono ammontare a centinaia di milioni di dollari.
Robotaxi ed economia della scala: un equilibrio fragile
I costi di produzione, manutenzione e gestione delle flotte restano il nodo cruciale. Secondo le stime, per rendere sostenibile un modello nazionale statunitense servirebbe portare il costo unitario a 50.000 dollari. Solo allora sarebbe possibile immaginare investimenti di fondi pensione o real estate su flotte intere. Secondo Walt Piecyk, una flotta nazionale negli USA avrebbe un costo complessivo di circa 25 miliardi di dollari, se il prezzo per veicolo scendesse a 50.000.
Oggi una corsa con Waymo a San Francisco costa circa 11 dollari al chilometro, contro gli 8 di Uber, un gap che solo la percezione di maggiore sicurezza può giustificare. Il dato proviene da Obi, un’applicazione che aggrega tariffe di più servizi di mobilità. I player stanno testando modelli diversi: Uber collabora con Waymo in alcune città, Tesla procede da sola, Zoox esplora una distribuzione diretta ma non esclude partnership. La convergenza tra ride-hailing, servizi di trasporto su richiesta tramite app, e guida autonoma è ancora in corso, ma un punto è chiaro, la scala è tutto. Senza volumi, nessun modello reggerà.
Uber, peraltro, sostiene che l’autonomia non sostituirà il lavoro umano nel breve periodo, secondo il presidente Andrew MacDonald, serviranno più autisti tra 10 anni, in quanto la guida autonoma accelererà il declino dell’auto privata. Un altro elemento chiave nei modelli operativi è la figura dell’operatore remoto: una persona in grado di supportare da un centro di controllo i veicoli quando incontrano situazioni complesse (blocchi stradali, dubbi dei passeggeri, ecc.). L’efficienza operativa si misura anche dal numero di veicoli gestiti per ogni operatore.
Il futuro dei robotaxi tra regolazione e accettazione
Il mercato dei robotaxi potrebbe evolversi in direzioni molto diverse a seconda di tre fattori:
Regolazione e politiche pubbliche
L’allentamento normativo negli USA sotto l’amministrazione Trump ha dato una spinta, ma restano ostacoli statali e municipali. Il nuovo quadro normativo prevede meno obblighi di reportistica per i veicoli non commerciali. Secondo alcune fonti, tra i tagli federali figurano anche licenziamenti nell’ufficio per la sicurezza della guida automatizzata della NHTSA. In Europa, il percorso sarà probabilmente più lento ma più trasparente. Le città potrebbero diventare il campo di battaglia principale.
Modelli di adozione
Le opzioni vanno da flotta centralizzata (Zoox) a piattaforme distribuite (Tesla), fino a integrazioni ibride (Uber+Waymo). Le città potrebbero adottare regolazioni differenziate, favorendo un modello rispetto a un altro.
Percezione pubblica e accettabilità
La questione non è solo tecnica. Incidenti, malfunzionamenti e sensazioni di insicurezza possono rallentare l’adozione. La fiducia dell’utente sarà la vera moneta del futuro robotaxi.
Nel medio periodo, lo scenario più realistico sembra quello di una competizione fra pochi attori dominanti, in mercati locali altamente regolati e con logiche di integrazione con i servizi pubblici. La dimensione urbana e regionale conterà quanto quella tecnologica.
Robotaxi e sostenibilità: promesse e realtà
Il futuro dei robotaxi è aperto. La tecnologia sta accelerando, ma la sostenibilità economica e l’accettabilità sociale sono ancora in fase di rodaggio. I prossimi tre-cinque anni saranno decisivi per capire se la promessa della guida autonoma sarà mantenuta o se resterà confinata a sperimentazioni d’élite. Va chiarito che i problemi non sono solo tecnologici, ma strutturalmente economici. I costi upfront di ogni singolo veicolo restano alti, dai 150.000 dollari di Waymo fino ai circa 50.000 necessari per rendere sostenibile un piano nazionale, secondo analisti come Walt Piecyk. Anche Tesla, che promette un Cybercab da meno di 30.000 dollari, deve ancora dimostrare affidabilità e sicurezza su scala urbana.
La strategia basata solo su telecamere ha già sollevato critiche per i limiti nel riconoscere ostacoli complessi o reagire in condizioni ambientali difficili. Inoltre, scalare un servizio robotaxi richiede capitali enormi e una gestione logistica avanzata, ancora tutta da dimostrare. Le economie di scala saranno fondamentali per abbattere i costi marginali per corsa, ma al momento solo una manciata di città statunitensi sono abbastanza dense da giustificare l’investimento. In contesti meno urbanizzati, il rischio è di vanificare la promessa di efficienza.
Una cosa è certa, il modo in cui ci sposteremo domani non dipenderà solo dai sensori o dagli algoritmi, ma dalle scelte che faremo oggi su investimenti, governance e visione pubblica della mobilità. Forse anche dalla capacità di evitare facili entusiasmi e affrontare con realismo il lungo percorso verso una mobilità veramente autonoma e sostenibile.

































































