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AI washing in finanza: cosa rischiano intermediari e investitori



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L’AI Washing rappresenta una pratica ingannevole attraverso cui alcune imprese dichiarano falsamente di utilizzare intelligenza artificiale. Nel settore finanziario, questa condotta viola gli obblighi di trasparenza previsti dalla MiFID II e compromette la tutela degli investitori

Pubblicato il 17 ott 2025

Antonio Ferraguto

Partner di La Scala Società tra Avvocati

Elisa Varisco

Senior Associate di La Scala Società tra Avvocati



agentic_ai_agendadigitale; copia privata; cyber-diplomacy ai wahing nei servizi finanziari ChatGPT Agent Mode

L’AI Washing (AIW) nei servizi di investimento è una pratica emergente che preoccupa le autorità di vigilanza europee.

Con il termine si identifica la diffusione di dichiarazioni ingannevoli sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte di imprese finanziarie, fenomeno che rischia di compromettere la fiducia degli investitori e falsare le dinamiche di mercato.

Cos’è l’AI Washing e come si manifesta

L’abuso dell’etichetta “AI” genera così un effetto pubblicitario suggestivo, in relazione alle caratteristiche tecnologiche di prodotti o servizi, in realtà privi di un reale contenuto innovativo.

La logica commerciale alla base dell’AIW è evidente: molte imprese, nella corsa alla trasformazione digitale, hanno iniziato ad attribuirsi impropriamente l’uso di strumenti avanzati come machine learning, o tecniche di data science, quando in realtà i loro processi aziendali si basano ancora su metodi tradizionali o funzioni informatiche di base.

Questo fenomeno, oltre a falsare potenzialmente le dinamiche di mercato, produce disinformazione tra gli utenti e rischia di compromettere nel tempo la fiducia nelle nuove tecnologie, anche nei confronti degli operatori che utilizzano effettivamente l’AI per migliorare la qualità e l’efficienza delle proprie iniziative di business.

Le implicazioni regolatorie del fenomeno

Non sorprende, quindi, che l’AI Washing stia attirando l’attenzione crescente delle autorità regolatorie: essa si configura infatti come una pratica suscettibile di integrare violazioni degli obblighi informativi e di trasparenza che gravano sulle imprese, oltre a porre questioni etiche rilevanti.

La prassi dell’AIW si pone come un fenomeno che non riguarda soltanto l’ambito produttivo e dei servizi in generale, ma anche la disciplina dei mercati finanziari, la correttezza delle relazioni contrattuali e, più in generale, la fiducia sistemica nell’innovazione tecnologica.

AI Washing nel settore finanziario: rischi e conseguenze

Nel settore dei servizi di investimento assistiamo all’effettivo sviluppo di applicazioni di AI realmente utili nel trading, nella costruzione dei portafogli e nella gestione del rischio, con l’impiego di competenze specifiche, di ingenti risorse tecnologiche e di un processo di implementazione accurato. Tuttavia, millantare in modo inveritiero l’adozione di sofisticati sistemi di AI per pianificare investimenti finanziari può ingenerare rilevanti conseguenze economiche in chi si sia affidato a presupposti fallaci, oltre a falsare il mercato.

La tentazione di enfatizzare oltre misura l’impiego dell’AI per finalità di marketing è purtroppo elevata, soprattutto in un contesto altamente competitivo come quello della gestione patrimoniale, in cui nessun operatore vorrebbe apparire arretrato rispetto ai concorrenti nell’adozione di metodologie “all’avanguardia”.

Le indicazioni dell’ESMA e gli obblighi di trasparenza

A riguardo, l’ESMA, con il “Public Statement on the use of Artificial Intelligence (AI) in the provision of retail investment services” del 30 maggio 2024, ha richiamato l’attenzione delle imprese di investimento sulla necessità di garantire il rispetto degli obblighi derivanti dalla MiFID II e di tutelare gli interessi degli investitori in materia di Intelligenza Artificiale nei servizi di investimento.

In tale ottica l’ESMA ha posto, in particolare, l’accento su due principi cardine: agire nel miglior interesse del cliente e garantire la trasparenza delle comunicazioni.

La trasparenza diventa così un presidio essenziale: le imprese devono chiarire il ruolo effettivo dell’AI nei processi decisionali relativi ai servizi di investimento forniti, il che significa anche evitare di vantare sofisticate tecnologie laddove il loro utilizzo sia marginale o inesistente.

Le comunicazioni rivolte ai clienti devono quindi essere chiare, veritiere e non fuorvianti, affinché questi possano comprendere come l’AI incida sulla profilazione del cliente e sulla gestione del portafoglio. Una rappresentazione distorta di capacità algoritmiche non solo espone al rischio di sanzioni, ma può costituire altresì un inadempimento contrattuale nei confronti dell’investitore.

Le ragioni economiche e organizzative dell’AI Washing

Del resto, sotto il profilo operativo, l’adozione genuina di soluzioni di intelligenza artificiale implica costi e complessità significativi: occorre acquisire hardware e software avanzati, ma soprattutto reclutare personale altamente qualificato in grado di progettare, implementare e mantenere i sistemi tecnologici adottati. Non sorprende, dunque, che molte imprese preferiscano limitarsi a un uso superficiale del lessico tecnologico per apparire competitive, piuttosto che intraprendere un percorso di effettiva trasformazione digitale.

Inoltre, vi è il timore che modifiche radicali ai processi di investimento consolidati possano produrre effetti indesiderati. Questa dinamica di inerzia organizzativa rende il fenomeno dell’AI Washing ancora più comprensibile, pur senza attenuarne la gravità giuridica ed etica.

Il quadro normativo e i precedenti sanzionatori

Da ciò discende il rischio che l’AI Washing si diffonda ulteriormente, anche in settori regolamentati come quello finanziario, dove gli obblighi di tutela degli investitori dovrebbero rappresentare un argine solido.

Il fenomeno si intreccia, peraltro, con il principio di leale concorrenza e con il divieto di pratiche commerciali scorrette, delineando un ambito di interferenza tra discipline giuridiche diverse, accomunate dall’obiettivo di garantire correttezza, trasparenza e affidabilità dei mercati.

Un segnale rilevante proviene dagli Stati Uniti, dove la SEC ha già irrogato sanzioni pecuniarie nei confronti di imprese che avevano pubblicizzato in maniera ingannevole l’uso dell’intelligenza artificiale, violando i doveri di trasparenza verso la clientela.

Questi precedenti testimoniano l’emergere di un orientamento regolatorio più rigoroso e contribuiscono a delineare uno standard di vigilanza che privilegia la sostanza dei processi rispetto alle finalità di marketing.

La dimensione transnazionale delle pratiche di AI Washing, inoltre, rende auspicabile una maggiore collaborazione tra le autorità di vigilanza a livello globale, al fine di garantire una migliore protezione negli ambiti di rispettiva competenza.

Conformità sostanziale e cultura della trasparenza

In conclusione, le autorità europee hanno già iniziato a delineare un quadro di conformità in materia di AI, efficace anche a contrastare gli effetti sostanziali dell’AIW: attraverso il richiamo ai principi fondamentali della MiFID II – agire nel miglior interesse del cliente, garantire la trasparenza e presidiare i rischi operativi e tecnologici – l’ESMA ha chiarito che dichiarazioni fuorvianti sull’uso dell’intelligenza artificiale integrano una violazione degli obblighi normativi esistenti.

La sfida che si pone è dunque quella di assicurare che l’impiego dell’AI avvenga in maniera conforme, responsabile e realmente innovativa, evitando comunicazioni ingannevoli che minano la fiducia degli investitori e compromettono lo sviluppo sostenibile delle tecnologie intelligenti.

Il consolidamento di una cultura della trasparenza e di responsabilità etica degli operatori, unito alla vigilanza attenta delle autorità e a una sempre più evoluta disciplina normativa di garanzia, rappresentano condizioni necessarie per garantire che l’intelligenza artificiale possa contribuire effettivamente al progresso dei mercati, senza degenerare in pratiche ingannevoli.

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