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Bancomat bloccato, problemi di licenze software: una storia di complessità digitale



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Un banale messaggio di attivazione Windows su tre sportelli Bancomat rivela problemi strutturali nella gestione della complessità digitale dei sistemi bancari, con potenziali rischi reputazionali e funzionali per gli istituti finanziari

Pubblicato il 14 mag 2025

Marco Calamari

consulente in ambito privacy e Computer Forensics



Bancomat

 “Elementare, Watson” nell’eloquio di Sherlock Holmes precedeva sempre la spiegazione che gettava luce sui casi più astrusi. Partendo da dettagli apparentemente insignificanti, e lavorando in maniera “costruttivista”, Holmes risolveva i “casi” più complessi e astrusi.

L’importanza dei dettagli nella complessità digitale

Nella sua piccola ma lunga carriera, anche Cassandra ha prestato attenzione ai particolari, piccoli ma non insignificanti, che talvolta sono “sintomi” poco evidenti di mali maggiori.

Per questo motivo, oggi la vostra profetessa preferita vi racconterà una storiella, anche se non ancora conclusa, e le deduzioni che da essa, in perfetto stile holmesiano, è riuscita a trarre.

La nostra storia inizia in via Rondinelli, strada del centro fiorentino dove ha sede l’agenzia di una banca in cui Cassandra si reca per le sue esigenze di contante. Gli interessati dell’agenzia e della banca potranno riconoscersi facilmente. La sede ha tre sportelli automatici Bancomat, di tipo diverso ma dello stesso produttore. La nostra storia inizia, non a caso, poco dopo Capodanno, per l’esattezza il 5 gennaio di quest’anno.

Avvicinandosi a uno degli sportelli Bancomat, Cassandra notava immediatamente una scritta che occhieggiava in un angolo dello schermo, e perciò passava in modalità “massima allerta”.

Bancomat e software: un problema di governance

I terminali Bancomat, non tutti lo sanno, utilizzano Windows, proprio come certi cartelli luminosi delle stazioni ferroviarie, che sono stati oggetto di una famosa e ormai antica esternazione sulla inutile, anzi dannosa, complessità delle applicazioni informatiche.

Un rapido esame rivelava che tutti e tre gli sportelli, apparentemente funzionanti, visualizzavano lo stesso messaggio.

Era evidente che lo scoccare della fine d’anno era coinciso con la scadenza delle licenze di Windows dell’organizzazione che aveva realizzato e gestiva questi sportelli; quale sia l’organizzazione è del tutto inessenziale per ciò che ci interessa.

Cassandra, stimolata dalla situazione, si faceva un appunto mentale di verificare periodicamente dopo quanto tempo il problema, che sembrava non avere altre conseguenze, sarebbe stato risolto, riattivando le licenze.

Sistemi general purpose e inefficienza funzionale

Iniziamo dall’unico lato positivo della questione. La presenza di un messaggio di riattivazione della licenza in uno sportello Bancomat dimostra che gli sportelli bancomat non erano più basati su versioni antidiluviane e non più mantenute di Windows, come in passato, ma almeno su Windows 7 o superiori. In passato ne ho visti con Windows XP!

Ahimè si, uno sportello bancomat contiene un intero sistema operativo general purpose, con browser internet, applicazioni di base e una quantità di altre funzioni assolutamente inutili per il suo scopo. Ma commenteremo questo fatto alla fine.

Tempi lenti, danni potenziali e processi deboli

Vale anche la pena di notare che le organizzazioni che devono gestire applicazioni informatiche fortemente condizionate da questioni tecnologiche e legali, sono (o dovrebbero essere) ben strutturate al proprio interno, con processi e responsabilità ben definiti. Questo non sempre porta a risposte rapide, ma di solito ben realizzate.

La mancata riattivazione del sistema operativo poteva infatti condurre a tre ordini di problemi:

  • un danno di immagine, con conseguenze reputazionali per l’organizzazione che gestiva o brandizzava (che termine orrendo!) gli sportelli;
  • una violazione di licenza software, con conseguenze di tipo economico e/o legale per l’azienda;
  • un possibile danno alla clientela, se la scadenza della licenza avesse portato alla disabilitazione del sistema operativo, e quindi al blocco degli sportelli, o peggio a loro malfunzionamenti.

Ma come se non bastasse, una imprevista evoluzione della situazione ha prodotto, nella mente evidentemente bacata di Cassandra, ulteriori considerazioni.

Aggiornamenti frammentati e segnali organizzativi

Infatti anche i 24 interessati lettori si sarebbero aspettati che il problema, dopo un lasso di tempo più o meno grande, scomparisse contemporaneamente da tutti e tre gli sportelli.

Invece la questione non si è semplicemente risolta ad una certa data; alla fine di marzo, infatti, solo uno dei tre sportelli ha smesso di mostrare il messaggio, ma gli altri due no.

Verso metà aprile un secondo sportello è stato sistemato.

Il terzo sportello, invece, ad oggi persiste nel mostrare il messaggio di riattivazione.

Reputazione e complessità: un equilibrio fragile

Quale è la deduzione e, perché no, la morale che si può trarre da questa storiella, pur se non ancora conclusa?

Il fatto che siano passati tre mesi prima che il problema fosse stato rilevato e parzialmente risolto, denota probabilmente che i processi in essere sono decisamente lenti; c’è da augurarsi che, per problemi più urgenti, viaggino su binari ben più veloci. Chi ha una reale esperienza di queste cose tuttavia non può certo indignarsi, ma solo confrontare questi tempi con quelli della propria esperienza lavorativa.

Il fatto che il problema persista, e venga risolto a macchia di leopardo, è più difficile da interpretare. Potrebbe indicare che la questione viene gestita con un aggiornamento a scaglioni degli sportelli, dovuto a qualche particolare suddivisione organizzativa.

In questo caso, se il problema fosse stato analizzato a fondo e fossero stati verificati i punti 2 e 3, per questo ritardo non ci sarebbe comunque nessun danno per gli utenti e nessuna conseguenza economica per l’azienda.

Ma per quanto riguarda il primo punto, come è stato gestito il potenziale danno reputazionale del rendere esplicita all’universo mondo una gestione quantomeno poco reattiva di un sistema informatico?

Il lunghissimo tempo necessario (4 mesi) per risolvere solo parzialmente il problema può spiegarsi, anzi giustificarsi, semplicemente con la considerazione che gli utenti non se ne sarebbero nemmeno accorti, e che comunque non vi avrebbero dato nessuna importanza?

E’ discutibile, ma certamente possibile. Tuttavia chi gestisce un asset come la reputazione aziendale, in un caso del genere non dovrebbe autoassolversi in maniera così semplicistica.

Una lezione ancora attuale sulla complessità digitale

Per quanto riguarda la parte tecnica del problema, invece, restano totalmente valide le considerazioni fatte nella succitata esternazione del lontano 2007, che per la vostra erudizione Cassandra qui ripete:

“Per quello che vale, la mia conclusione è che non possiamo ancora permetterci di spargere complessità negli oggetti e nelle situazioni quotidiane. Il software è ancora realizzato e testato con metodi inadeguati, i sistemi e le reti sono difficilmente configurabili e richiederebbero manutenzione complessa e costosa che non viene quasi mai effettuata …

… Prima o poi il sistema fallirà nel fornire la funzione semplice proprio perché è troppo complesso e quindi possiede un tasso di guasto molto più elevato del semplice sistema che sarebbe sufficiente.”


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