Che senso ha la diplomazia, se non è capace di stare al passo con la complessità crescente della nostra quotidianità e usare il soft power in contesti nuovi. L’esigenza di una cyber-diplomacy nasce nel momento in cui mondo virtuale e reale inevitabilmente collidono e si prende consapevolezza della potenza del digitale sia nel valorizzare che nel distruggere relazioni internazionali, rapporti economici, alleanze e quale ruolo ciò abbia anche nella conduzione dei conflitti, nel contrasto alla criminalità, nell’evitare effetti domino.
E così, mentre assistiamo in queste ore all’assalto perpetuato senza alcuna base giuridica valida alle inermi barche di civili disarmati della Global Sumud Flotilla, mentre da mesi ormai assistiamo ai potenti che si mancano di rispetto lanciando proclami sui social network come avessero un accesso troppo precoce a internet rispetto alla loro maturità nell’usarlo, e la dimostrazione, almeno nella piazza pubblica, dello spregio per i canali diplomatici tradizionali, è utile capire le dinamiche di diplomazia oltre lo schermo per capire come sta funzionando il mondo.
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Perché la cyber diplomacy è fondamentale oggi
Se tutti quelli che siedono al tavolo conoscono le regole e le rispettano, si gioca meglio. Ma ovviamente non funziona così, nella realtà e online. La cyber-diplomacy punta a stabilire “regole comuni, riduce il rischio di escalation e diventa il tavolo su cui si negozia il futuro equilibrio globale – spiega Pierguido Iezzi, cybersecurity director di Maticmind -. Si basa sulla cybersecurity, ormai divenuta l’infrastruttura epistemica della nostra epoca che protegge non solo reti e servizi, ma la possibilità stessa di interpretare correttamente la realtà”. Per Marco Santarelli, docente all’UniTuscia, “possiamo dire, ancora con molta fatica e cautela, che la cyber diplomacy è la possibilità di confrontarsi sul campo delle infrastrutture critiche e servizi essenziali, da parte del mondo pubblico con parte del mondo privato. Gli strumenti e le strategie sono sempre più ibride”.
Gli impatti sociali: la sovranità del dato come asset di democrazia
La manipolazione malevola del dato, spiega Iezzi, “altera opinioni pubbliche, dinamiche economiche, relazioni internazionali. Per questo motivo non basta più parlare di sovranità digitale – cioè il controllo su infrastrutture e tecnologie – ma anche di sovranità del dato, che riguarda il contenuto: ciò che i dati rappresentano, come vengono custoditi, manipolati o resi disponibili”. Per questo quindi la diplomazia digitale serve a garantire entrambe le dimensioni, “in un mondo che si muove verso un crescente digipolarismo, dove il cyberspazio, insieme allo spazio orbitale e alla frontiera quantistica, diventa il terreno strategico di confronto e competizione tra potenze”, aggiunge.
Cyber-diplomacy, le sfide della sovranità tecnologica
Non è semplice gestire la diplomazia cyber in modo organizzato ed efficace. Le sfide principali sono “cercare di ottenere con la cooperazione strumenti per insistere tutti su brevetti nazionali e costruzione di tecnologie interne mutuando e collaborando su progetti minimizzando al massimo la possibilità di ottenere software e microchip dall’estero”, sottolinea Santarelli. Questo permette ad esempio una condivisione del sapere e dunque un più efficace contrasto di fenomeni come lo spionaggio industriale.
Gli strumenti tecnologici e strategici della cyber diplomacy
Per attuare una corretta strategia di cyber-diplomacy è importante utilizzare i giusti strumenti tecnologici, strategici e normativi.
Lato tecnologia, sono utili:
- crittografia post quantum
- sistemi di monitoraggio orbitale
- AI per la detection delle minacce
- cloud sovrano
“Sul fronte politico-strategico – spiega Iezzi – abbiamo normative come NIS2 e AI Act, ma anche le iniziative UE e ONU per stabilire codici di condotta e standard comuni. La cyber-diplomacy, in questo senso, è anche deterrenza tecnologica: la capacità di dimostrare che si possiedono strumenti avanzati dall’AI alla quantum security non solo per difendersi, ma per scoraggiare azioni ostili. È un equilibrio che ricorda le logiche della Guerra Fredda, ma che oggi si gioca sui bit, sui satelliti e sugli algoritmi, più che sui missili”.
Il caso Russia: il ruolo della diplomazia informatica UE
A proposito di Guerra fredda, un esempio pratico è dato dalla conduzione della cyber warfare nel contesto del conflitto Russia-Ucraina. Come spiega il paper Cyber Diplomacy and the Russia–Ukraine War, pubblicato da Nicolò Fasola, Sonia Lucarelli e Francesco Niccolò Moro dell’Università di Bologna nel The Hague Journal of diplomacy, dal momento dell’invasione dell’Ucraina è cresciuta la preoccupazione per il numero di attacchi cyber come strumento di pressione sull’UE. L’Ucraina, spiegano i ricercatori, ha dimostrato una grande resilienza informatica, ma gli strumenti russi si sono evoluti.
Tuttavia, “la diplomazia informatica dell’UE si è rivelata un catalizzatore cruciale, attivando strumenti preesistenti, coordinando le risposte degli attori privati e accelerando l’aggiornamento dei suoi quadri strategici e legislativi in materia di sicurezza informatica”. Iniziative che hanno le proprie radici in attività pre-guerra che hanno contribuito “Questi sforzi multiforme, che si basano su iniziative prebelliche, hanno fornito una risposta rapida ma duratura al conflitto, rafforzando “a rafforzare in modo significativo la resilienza a lungo termine delle società e delle istituzioni europee di fronte alle persistenti interferenze informatiche della Russia”.
Ruolo dei privati nella cyber-diplomacy
I privati sono i protagonisti della cyber-diplomacy, “in quanto padroni del cyberspazio: possiedono le dorsali digitali, i satelliti, le piattaforme cloud, gli algoritmi che alimentano l’economia dei dati, le piattaforme di intelligenza artificiale. Questo significa che concorrono direttamente a definire sia la sovranità digitale – perché gestiscono le infrastrutture – sia la sovranità del dato, perché controllano il contenuto informativo e i processi di analisi“, aggiunge Iezzi.
I grandi attori privati diventano di fatto player geopolitici, proprio come le istituzioni statali: “Contribuiscono a stabilire standard, a garantire interoperabilità e a costruire fiducia – conclude Iezzi -. Nel contesto del nuovo digipolarismo, in cui l’AI, lo spazio, il quantum e il cyberspazio si intrecciano, il loro ruolo è decisivo: sono loro a rendere possibile la deterrenza tecnologica e a rafforzare la resilienza dei sistemi democratici”.
Bibliografia
Title: Cyber Diplomacy and the Russia–Ukraine WarArticle Type: Research ArticleDOI: https://doi.org/10.1163/1871191X-bja10224 – In: The Hague Journal of Diplomacy














