Il tema della sostenibilità ambientale riguarda anche le campagne di influencer marketing, ma vista la peculiarità del contesto è particolarmente importante individuare metodi e buone prassi condivise, al fine di prevenire distorsioni del mercato e tutelare sia aziende che consumatori.
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Sostenibilità ambientale e influencer marketing
Il tema della sostenibilità è ormai prioritario per le aziende di ogni settore. Le normative europee come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), richiedono alle imprese una maggiore trasparenza nella rendicontazione degli impatti ambientali, spingendole sempre più a monitorare con precisione e attenzione il proprio operato. Generalmente, il focus è sulla produzione, sulla logistica o sull’approvvigionamento energetico, ma c’è un aspetto meno considerato: anche le attività digitali, spesso percepite come “immateriali”, generano emissioni e hanno un impatto sull’ambiente.
Tra queste, spiccano le campagne di influencer marketing: secondo uno studio condotto da Footsprint, un influencer con 3 milioni di follower può generare fino a 1.072 tonnellate di CO₂ equivalente all’anno, pari a 481 voli Parigi – New York. Un dato che ribalta la percezione comune del marketing digitale come settore a basso impatto ambientale. La produzione e distribuzione di contenuti, l’uso intensivo delle piattaforme social, i viaggi intrapresi dai creator e dal loro staff partecipare a eventi organizzati dai brand con cui collaborano, le spedizioni dei prodotti inviati ai talent: questi e molti altri elementi che caratterizzano una campagna di influencer marketing contribuiscono, in misura più o meno grande, all’aumento delle emissioni di CO₂. Ma è davvero possibile misurare l’impatto di una campagna di influencer marketing? Esistono strumenti che possono aiutare le aziende a mitigarlo o ridurlo?
Quantificare l’impatto ambientale dell’influencer marketing
Quantificare l’impatto ambientale di una campagna di influencer marketing non è semplice poiché, di volta in volta, entrano in gioco fattori differenti. Per esempio, molte campagne di influencer marketing vengono strutturate in maniera integrata, prevedendo eventi fisici, press tour o shooting a cui i creator devono prendere parte. Per farlo, i creator stessi devono viaggiare in treno, in auto o in aereo: questo rappresenta una delle principali fonti di emissioni, poiché i viaggi, soprattutto quelli su lunghe distanze, generano tonnellate di CO₂.
Nonostante ciò, sono spesso considerati fondamentali per la buona riuscita di una campagna e la creazione di contenuti di grande impatto. A pesare sull’impronta ecologica delle campagne di influencer marketing vi è anche la produzione dei contenuti, come video, reel, post fotografici e caroselli, e la loro fruizione. Ogni piattaforma social, infatti, ha un proprio consumo energetico, che varia in base al formato dei contenuti e all’infrastruttura tecnologica necessaria per ospitarli.
Secondo il white paper di Kolsquare “Influencer Marketing: what is its carbon footprint”, TikTok è la piattaforma con il maggior impatto, con un consumo di 0,96 grammi di CO₂ equivalente al minuto, pari a 57,6 grammi l’ora, l’equivalente di sette ricariche complete di uno smartphone. A seguire troviamo Reddit, con 0,92 grammi di CO₂ equivalente al minuto, mentre YouTube e Instagram si attestano entrambi su 0,87 grammi di CO₂ equivalente al minuto. Più contenuti vengono visualizzati, più aumenta il consumo di energia dei server che li ospitano, con un impatto ambientale tutt’altro che trascurabile.
Nonostante ciò, molte aziende e professionisti non sono ancora pienamente consapevoli del fatto che le piattaforme social più utilizzate per le campagne di influencer marketing siano anche quelle con il più alto dispendio energetico. Ciò non significa che il loro utilizzo debba essere ridotto o evitato, ma piuttosto che sia necessario adottare un approccio più bilanciato: essere consapevoli dell’impatto ambientale dei principali social network permette di prendere decisioni più strategiche e informate, esplorando eventualmente soluzioni che consentano di minimizzare l’impronta ecologica senza compromettere le performance delle campagne.
Strumenti e metodi di misurazione dell’impatto ambientale dell’influencer marketing
Se fino a poco tempo fa non esistevano strumenti per misurare l’impatto ambientale di queste attività, oggi stanno emergendo soluzioni innovative come il Carbon Footprint Calculator sviluppato da Kolsquare, una piattaforma dedicata all’influencer marketing che ha recentemente introdotto un calcolatore open source in collaborazione con Sami, realtà specializzata nella rendicontazione ambientale. Questo strumento consente di quantificare le emissioni di carbonio generate dalle campagne di influencer marketing, misurando l’impatto sia del brand sia degli influencer coinvolti.
Uno degli elementi distintivi del Carbon Footprint Calculator di Kolsquare è l’utilizzo di questionari dettagliati che analizzano tutte le fasi di una campagna, dalla produzione e distribuzione dei contenuti fino al coinvolgimento del pubblico e all’engagement. In questo modo, i dati raccolti forniscono una visione completa dell’impronta ecologica, supportando i brand a prendere decisioni più informate e a individuare strategie mirate per mitigare o ridurre le emissioni. Ciò dimostra che l’attenzione verso l’impatto ambientale dell’influencer marketing è un trend emergente, ma al momento le soluzioni per misurarlo in modo preciso sono ancora limitate: oltre al tool creato da Kolsquare, sembra non esistano molti altri strumenti specificamente dedicati a questo settore, segno che il mercato è ancora in fase di sviluppo e che c’è spazio per nuove innovazioni e metodologie più standardizzate.
Misurare con precisione l’impatto ambientale delle campagne di influencer marketing resta dunque una sfida complessa, influenzata da una molteplicità di fattori che variano da una campagna all’altra.
La trasparenza dei dati e del metodo, nonché la possibilità di accedere a informazioni maggiormente dettagliate sulle pratiche dei partner e dei fornitori giocano un ruolo chiave nel permettere alle aziende di valutare con maggiore accuratezza il reale impatto delle proprie campagne di influencer marketing.
Tuttavia, senza standard condivisi e metodologie di calcolo uniformi, il rischio è che ogni brand adotti criteri diversi, rendendo difficile un confronto oggettivo e l’adozione di strategie di mitigazione o riduzione delle emissioni. O ancor peggio, che professi false o artate dichiarazioni di sostenibilità ambientale.
Alla luce di questo, è fondamentale che il settore si muova verso l’adozione di un approccio più chiaro, trasparente e responsabile, con l’obiettivo di favorire una misurazione più efficace dell’impronta ecologica delle campagne, ma anche in vista di possibili interventi che possono riguardare normazione volontaria (i.e. norme ISO specifiche), codici di condotta o altri strumenti di soft law.
Verso un influencer marketing più sostenibile: equilibrio tra regole e libertà imprenditoriale
Introdurre linee guida di settore e rafforzare le norme sulla trasparenza può rappresentare il passo in avanti necessario per conseguire gli obiettivi di uniformità tutelando anche la libertà imprenditoriale e la capacità di selezione delle strategie di ingaggio del mercato. Attenzione però ad un particolare: l’ipertrofia normativa può condurre ad effetti distorsivi, pertanto non rappresenta affatto un approccio desiderabile. Anche perché nel tempo la scelta di interventi eccessivamente rigorosi in un mercato emergente e mutevole si è rivelata più volte non in grado di tutelare né le imprese né i consumatori. Anzi: l’effetto distorsivo è il più delle volte superiore al beneficio sperato.
Rafforzare i principi già presenti, fra cui svolge un ruolo principe la più volte citata trasparenza, è un modo per esprimere quel bilanciamento necessario alla convivenza di più diritti che devono essere in grado di contemperarsi secondo i canoni moderni della proporzionalità. Ovviamente, l’azione delle autorità antitrust deve essere in grado di chiarire i limiti entro cui le pratiche commerciali relative agli impatti ambientali possano essere ritenute corrette a tutela della concorrenza e dei consumatori. Soprattutto, in un settore ad oggi abbastanza inesplorato qual è quello dell’influencer marketing. Pertanto ben vengano interventi di soft law, fra linee guida e codici di condotta, per accompagnare le aziende lungo percorsi desiderabili.
Se sono promossi comportamenti virtuosi attraverso norme di semplificazione, indicando ad esempio buone prassi, metodi e regole chiare, il precipitato sarà inevitabilmente non solo una maggiore tutela del mercato e dei consumatori, ma anche una maggiore capacità di valorizzare il brand e la reputazione per coloro che sono in grado di perseguire obiettivi reali di sostenibilità ambientale fornendo degli strumenti di lettura degli esiti delle proprie scelte a tutti gli stakeholder coinvolti.
Altrimenti, è esperienza comune che nell’incertezza il più delle volte prosperino comportamenti spregiudicati. I quali, ben potrebbero cannibalizzare i migliori intenti di sostenibilità ambientale e i benefici diffusi che potrebbero emergere.