INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Dalla cura dei tumori ai raccolti: cosa può fare l’AI con le proteine



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Potrebbero curare malattie, testare farmaci e aumentare la resa dei raccolti, perfino riprogettare la fotosintesi in chiave produzione di biocarburanti. Ecco quali vantaggi e criticità presentano le proteine sintetiche realizzate con l’AI

Pubblicato il 21 ott 2025

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info



Proteine sintetiche create con i modelli di AI: le sfide da affrontare nelle nuove nanotecnologie farmaci biotecnologici
Foto: Shutterstock

Le proteine sintetiche vengono prodotte con l’aiuto di modelli di AI, per curare malattie, testare farmaci ed aumentare la resa dei raccolti.

Ecco quali vantaggi e criticità presentano le proteine sintetiche realizzate con l’intelligenza artificiale, capaci di trasformare radicalmente lo sviluppo di strumenti diagnostici, terapeutici e di ricerca a livello internazionale.

Tuttavia “la progettazione di una proteina mediante IA è tuttavia un processo che ha ancora limiti significativi“, commenta Ranieri Bizzarri, biofisico e professore di biochimica dell’Università di Pisa.

Ecco quali sono le opportunità e le criticità delle proteine sintetiche realizzate con modelli di intelligenza artificiale.

Proteine sintetiche frutto dei modelli di AI: lo stato della ricerca

La produzione di biocarburanti è complessa, inefficiente e costosa. Infatti richiede di coltivare, raccogliere e lavorare grandi quantità di colture come mais e soia prima che l’energia accumulata lentamente, attraverso la fotosintesi naturale, possa finalmente essere utilizzata.

Nate Ennist dell’Institute for Protein Design (IPD) dell’Università di Washington, a Seattle, ritiene tuttavia che le proteine sintetiche possano aumentare il tasso di rendimento.
Il suo obiettivo è infatti il meccanismo fotosintetico delle colture: innanzitutto semplificarlo e ampliarne la portata, consentendogli di sfruttare la luce oltre il rosso e il blu. In futuro, Ennist e i suoi colleghi intendono riprogettare il modo in cui viene impiegata l’energia catturata, sfruttandola per generare idrocarburi anziché zucchero.

Modificare le proteine: gli esempi

Modificare le proteine per soddisfare le esigenze dell’uomo non è una novità. Gli enzimi e gli anticorpi, per esempio, sono stati a lungo sottoposti a stravolgimenti.

Ma, secondo l’Economist, Ennist non ha questo scopo. Anziché modificare le proteine esistenti, progetta le sue versioni da zero, attraverso modelli di intelligenza artificiale, per ottimizzarle per il compito da svolgere.

Inizialmente, punta ad inserire le proteine sintetiche in un organismo adatto, come una pianta o un batterio, per svolgere la loro funzione. Ma spera che funzionino in modo indipendente affinché diventino la base di un nuovo tipo di cella solare, in grado di produrre benzina invece di elettricità.
Con questo e daltri progetti, che spaziano dai nasi artificiali ai vaccini contro il Covid-19, l’IPD, diretto da David Baker, vincitore ex aequo del premio Nobel per la chimica dello scorso anno, sta riportando alle origini il campo della nanotecnologia. Un settore un tempo molto pubblicizzato, ma finora scarsamente produttivo.

Questo campo, che un tempo prometteva utili fabbriche delle dimensioni di una molecola, nel corso dei decenni si è sgonfiato come una bolla di sapone, derubricato a trovata di marketing per ingredienti di creme solari e telai di racchette da tennis.

Ora, però, la ricerca riparte, soprattutto dopo che la tecnologia del design proteico, guidato dall’intelligenza artificiale, è stata insignita del Premio Nobel, permettendo di ridefinire lo scenario dei bersagli terapeutici esistenti con innovazioni ad alto impatto, frutto di progettazione grazie al ricorso all’intelligenza artificiale.

Lo studio australiano

Uno studio australiano ha dimostrato come l’AI possa aiutare nella progettazione mirata di proteine in grado di impedire o almeno frenare la crescita di batteri patogeni come l’Escherichia coli che, solo in Europa è responsabile di record di infezioni. Solo nel 2023, hanno raggiunto i 10.901 casi in 30 Paesi membri, con una crescita del 22% rispetto al 2022.

Il deep learning consente invece di generare in pochi secondi proteine ex novo con funzionalità specifiche, tagliando tempi e costi della ricerca farmaceutica.

Il ritorno delle nuove nanotecnologie nell’era dell’AI

La nuova nanotecnologia si basa su tre elementi. Il primo è la capacità di capire in che modo la struttura di una proteina influisce sulla sua funzione. Infatti Ennist sta cercando quelle in grado di tenere insieme le coppie di molecole di clorofilla che sono il fulcro della fotosintesi in modi adatti a catturare la luce e a trasferirne l’energia agli elettroni.

Il secondo elemento è quello di ideare catene di aminoacidi (i mattoni delle proteine) che dovrebbero ripiegarsi nella struttura desiderata.

Il terzo consiste nel verificare a livello computazionale, prima di realizzarle realmente, che le catene così ideate assumano effettivamente la forma desiderata.

Tuttavia progettare una proteina mediante IA è un processo che presenta ancora limiti rilevanti. “In primo luogo, una proteina è una molecola tridimensionale dinamica e la sua azione è legata in maniera cruciale ad un insieme, più o meno largo, di arrangiamenti spaziali diversi dei suoi atomi”, spiega Ranieri Bizzarri: “Per molte proteine che esistono nel nostro organismo, le diverse conformazioni spaziali sono poco differenti e assai simmetriche; questi sono i casi in cui IA ha maggiori probabilità di successo ed applicabilità nel vicino futuro“. Ma per gran parte delle altre non è così.

Proteine sintetiche: i vantaggi dell’uso dell’AI

Nel campo dell’assistenza sanitaria, le opportunità sono infinite. Il vaccino anti-Covid dell’istituto, SkyCovione, per esempio, funziona mostrando copie sintetiche di parti della proteina spike Sars-CoV-2 in modo da attirare l’attenzione del sistema immunitario.

I ricercatori dell’Ipd hanno anche creato proteine che sperano possano trasformare il trattamento dell’avvelenamento causato da morsi di serpente. Queste proteine si legano alle molecole di veleno nel sangue e le neutralizzano, proprio come fanno gli anticorpi attualmente utilizzati per questo scopo, ma sono più piccole e più facili da produrre.
Baker e i suoi colleghi hanno inoltre in programma di combattere il morbo di Alzheimer utilizzando un approccio simile, creando proteine che si leghino ai precursori molecolari delle placche e dei grovigli neuronali presenti nel cervello dei pazienti afflitti da questa patologia.

Inoltre, sperano di migliorare il campo dell’editing genetico con nucleasi mirate su misura, la parte “Cas” dei complessi Crispr-Cas che sono le forbici molecolari dell’editing genetico.

Progettate per legarsi a particolari sequenze di Dna, aumentano la gamma di acido desossiribonucleico che può essere modificato, riducendo il rischio di modifiche “fuori target”.

I progetti di Alphabet

Baker ha aperto la strada, ma altri lo stanno seguendo. Alphabet vanta due progetti di progettazione di proteine in corso guidati da Sir Demis Hassabis, uno degli inventori di AlphaFold vincitori del premio Nobel.

Uno, Isomorphic Labs, con sede a Londra, è uno spin-off che ha stipulato contratti con le aziende farmaceutiche Eli Lilly e Novartis per testare le interazioni delle molecole dei farmaci candidati con le proteine bersaglio.

L’altro è AlphaProteo, un sistema sviluppato da Google DeepMind per progettare proteine che si legano a bersagli specifici.
Altri stanno infine adottando un approccio leggermente diverso. Profluent, con sede a Emeryville, in California, ed EvolutionaryScale, con sede a New York, stanno costruendo modelli di IA per la progettazione di proteine che non assomigliano a software di generazione di immagini, ma a modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) come quelli che alimentano i chatbot di tutto il mondo.

I modelli di queste aziende trattano le sequenze di aminoacidi nelle catene proteiche come le parole in un testo, analizzando le relazioni trovate in miliardi di esempi per progettare nuove strutture utili.

Secondo Ali Madani, amministratore delegato di Profluent, l’azienda è particolarmente concentrata sulla creazione di nuovi strumenti di editing genetico Crispr-Cas. In questo caso, il suo Usp è un database di circa 5 milioni di complessi proteici Crispr-Cas su cui si è addestrato il suo modello di IA al fine di progettare nuove versioni.

Criticità delle proteine sintetiche create con l’AI

Le applicazioni della biologia di sintesi solleva tuttavia questioni etiche e in ambito regolatorio nel campo della sicurezza e dell’utilizzo responsabile delle nuove tecnologie. Ma non solo.

Secondo Ranieri Bizzarri, i limiti per usare i modelli di IA per le proteine sono significativi, anche perché “si stima che per un 30-40% del totale delle proteine eucariotiche, l’intera proteina o regioni interne ampie esplorano diverse conformazioni nel tempo, stabilizzandosi solo nell’interazione con uno o più partner molecolari“.

“In questo contesto, è pertanto cruciale disegnare sequenze la cui successiva struttura tridimensionale offra la versatilità evolutasi in ambito biologico e la convergenza verso la struttura funzionalmente rilevante in ragione dell’interazione con altre specie”, continua il professor Bizzarri.

“La predizione strutturale della forma tridimensionale deve tener conto delle caratteristiche dell’ambiente in cui la proteina deve operare. In molti casi queste caratteristiche sono note e facilmente replicabili in silico.

In altri, si pensi per esempio al pH in una vescicola così piccola dove il concetto stesso di pH, perfettamente definibile in un contesto macroscopico, arriva quasi a perdere significato. Dunque, in sostanza, si devono esplorare situazioni in cui l’ambiente fluttua anch’esso in modo continuo tra tanti stati diversi, diminuendo l’affidabilità della predizione strutturale.

Invece, come si sa, l’IA è assai sensibile ad effetti di bias o nei dati di training di partenza o – in assenza di training – nei vincoli strutturali e ambientali che sono necessari perché il processo conduca a strutture ragionevoli e potenzialmente funzionali”, mette in guardia Bizzarri: significa che “il bias può essere anche una sovrarappresentazione di proteine facilmente cristallizzabili e analizzabili nel dataset di partenza“.

Prospettive future

EvolutionaryScale sta spingendo ancora più avanti l’approccio LLM. La sua versione, ESM3, tiene conto della struttura e della funzione di una proteina, oltre che della sua sequenza aminoacidica.

Inoltre il suo database di addestramento è enorme. Secondo Alex Rives, capo scienziato dell’azienda, contiene 2,8 miliardi di voci. Afferma anche di andare oltre il progetto con singole proteine, per ipotizzare e sviluppare una prima approssimazione di una cellula virtuale, all’interno della quale queste proteine interagiscono tra loro.
Nel caso di EvolutionaryScale, il modello stesso è il prodotto, poi concesso in licenza alle aziende che intendono produrre farmaci e materiali a base di proteine.

Molti dei suoi concorrenti stanno invece perseguendo l’innovazione autonomamente. Ma sono ancora opachi gli impatti di questo nuovo approccio alla nanotecnologia.

Riprogettare la fotosintesi, per esempio, avrebbe sicuramente conseguenze che vanno ben oltre la produzione di biocarburanti, in particolare se il nuovo approccio potesse trovare applicazioni sulle piante esistenti.

Con le dovute precauzioni in materia di sicurezza, si potrebbe perfino immaginare di aumentare la resa dei raccolti, rivoluzionando l’agricoltura.

Esiste inoltre ampio margine di miglioramento nella resa dei processi chimici. Molti enzimi risultano più efficienti dei catalizzatori convenzionali. Infine, come per ogni tecnologia, potrebbero giungere anche scoperte, non ancora evidenti.

Una delle idee che entusiasma Baker è quella dei prototipi proteici delle porte logiche presenti nei chip al silicio. Questi potrebbero servire per controllare l’espressione genica nelle cellule. A lungo termine, secondo lo scienziato, tali porte potrebbero essere più facilmente impilate in array 3D rispetto alle loro controparti al silicio, consentendo progetti più compatti.

Passare dal dire al fare è attualmente il vero problema. Tuttavia, forse la nanotecnologia entra finalmente nel vivo e tocca agli scienziati dimostrare fquali applicazioni saranno possibili in questo campo.

Per le proteine sintetiche inizia una sfida avvincente

Ma se si alza il sipario su un nuovo capitolo, non bisogna sottovalutare le criticità legate allo sviluppo delle proteine sintetiche.

“L’utilizzo di approcci, legati all’evoluzione molecolare e il continuo espandersi dell’inisieme di proteine strutturalmente note, rappresentano strategie promettenti per diminuire l’effetto di bias e generare strutture rappresentative della realtà biologica”, sottolinea Ranieri Bizzarri: “Infine, per quanto sorprendente, occorre menzionare la divaricazione (il ‘gap’) tra predizione computazionale e biologia reale. Sono infatti ancora pochi gli studi in cui la predizione in silico viene testata in condizioni biologiche proprie, fornendo dati cruciali per un’ulteriore ottimizzazione di tipo computazionale. Tutti questi limiti sono caratteristici di una tecnologia ancora giovane e tumultuosamente in espansione; e molti di essi non rappresentano uno scoglio concettuale bensì un orizzonte raggiungibile attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze riguardanti le relazioni tra sequenza proteica, struttura tridimensionale, ambiente operativo e funzione; così come il perfezionamento dei metodi computazionali che vengono impiegati”.

Quello che è certo è che siamo agli albori di una grande avventura scientifica. “Si prevedono anni di eccitanti scoperte, condite dagli inevitabili fallimenti propri di quell’avventura della conoscenza che da molti secoli viene chiamata scienza”, conclude il professor Bizzarri.

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