intelligenza artificiale

Legge sull’IA, così il Governo prova a scuotere l’economia



Indirizzo copiato

Varata la prima legge italiana che disciplina organicamente gli usi dell’intelligenza artificiale (IA). Nonostante i suoi limiti – attuativi e di budget – sembra tarata sulle caratteristiche e necessità del sistema economico e produttivo italiano. Vediamo come

Pubblicato il 19 set 2025

Stefano da Empoli

presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com)



legge italiana AI crittografia post-quantistica standard HQC quantum computing

Dopo poco meno di un anno e mezzo dall’inizio del percorso del disegno di legge governativo e tre letture parlamentari, è stata finalmente varata la prima legge italiana che disciplina organicamente gli usi dell’intelligenza artificiale (IA) nell’ordinamento nazionale.

Una legge che, nonostante i suoi limiti – attuativi e di budget – sembra tarata sulle caratteristiche e necessità del sistema economico e produttivo italiano.

Italia avanguardia nelle norme AI grazie al Governo

In realtà, quel finalmente appare in realtà ingeneroso se si guarda al panorama europeo (ma non solo), dove l’Italia si pone certamente in una posizione di avanguardia.

Probabilmente anche perché  altrove si sta ancora guardando al lungo e accidentato (nonché per alcuni versi incerto) percorso di implementazione dell’AI Act a livello UE. E inoltre il nostro Paese, arrivato tardi all’appuntamento con una vera strategia nazionale dell’IA (nonostante i diversi tentativi dei precedenti governi), ha utilizzato questo veicolo normativo per poterla attuare e, fatto ancora più meritorio, darle continuità e struttura nel tempo.

Nonostante molti timori e infinite discussioni, il risultato finale appare complessivamente apprezzabile, anche se, per come è stato concepito il provvedimento, si tratta di un primo passo importante per dare impulso all’IA in Italia al quale dovranno seguirne tanti altri per poter centrare l’obiettivo finale.

Una legge sull’AI ben equilibrata…

Sul piatto positivo della bilancia pesano sicuramente un ottimo bilanciamento tra i diversi principi con i quali devono essere affrontate questioni così complesse, in particolare tra l’obiettivo di favorire l’innovazione nonché lo sviluppo economico, da un lato, con quello di fornire ai cittadini le migliori tutele, coerentemente con il dettato costituzionale e la legislazione europea, dall’altro.

Anche lo stile del testo appare più chiaro e snello rispetto a tanti altri che sono stati licenziati in Parlamento nelle ultime legislature, con molti rimandi a provvedimenti attuativi di rango inferiore che in realtà ne assicurano anche una sufficiente flessibilità, specie se si sarà in grado di assicurare un buon lavoro a valle, possibilmente entro i tempi elencati.

Infine, un altro elemento encomiabile, assente o comunque più sfumato nei tentativi precedenti di dare all’Italia una strategia nazionale, è la trasversalità della disciplina così come il meccanismo di governance elaborato, che assicura il pieno coinvolgimento di svariati ministeri nonché un buon numero di agenzie e autorità, ciascuna per la propria competenza, all’interno di una cornice unitaria.

…Peccato che ci sono pochi soldi

Il limite principale rimane quello finanziario, visto che la clausola di invarianza di bilancio pesa al momento come un macigno sugli scenari di attuazione della strategia dell’attuale governo, approvata ormai più di un anno fa a valere sul triennio 2024-2026.

Legge AI italiana: il Governo fissa un equilibrio tra regole e sviluppo

Come accennato, sono numerose le previsioni che intervengono tempestivamente rispetto a rischi concreti che abbiamo visto emergere specie negli ultimissimi anni dopo la diffusione del modelli di IA generativa. Oppure che, anziché frenare l’innovazione, provano ad accelerarla, una volta tanto grazie a una disposizione di legge.

Tra le prime rientrano il comma 4 dell’art.3 contro le interferenze democratiche attuate attraverso l’impiego di strumenti di IA e un altro comma 4, stavolta dell’articolo successivo, che regola l’accesso dei minori alle tecnologie di IA.

Un dibattito che negli ultimi anni e mesi ha subito un’accelerazione, rispetto più ampiamente alla protezione dei minori sul web e sui social, e che la legge italiana disciplina con misura, prevedendo il consenso informato dei genitori sotto i 14 anni e richiedendo direttamente quello dei minori di età superiore. Tenuto conto che i dati ci dicono che i giovani e in particolare gli adolescenti fanno largo uso di questi strumenti (e peraltro questo potrebbe essere un canale di alfabetizzazione utile anche per le fasce anziane) l’approccio sembra proporzionato e peraltro in linea con l’evoluzione del dibattito anche a livello europeo.

Tra le iniziative che invece intendono favorire l’innovazione, rispetto al quadro vigente, vanno certamente annoverate quelle riguardanti la ricerca e sperimentazione scientifica in ambito sanitario, con il riconoscimento dell’interesse pubblico nel caso di raccolta ed elaborazione dei dati finalizzata a questo scopo ad opera di soggetti pubblici o anche privati qualora operanti in progetti insieme a partner pubblici o privati senza fini di lucro.

Peraltro, la soppressione del previsto ruolo dei comitati etici nonché la semplice eventualità delle linee guida di Agenas consentono un’immediata applicazione della disciplina, ovviamente sotto la necessaria vigilanza del Garante per la protezione dei dati personali, al quale spetta controllare che sia eseguito correttamente il trattamento dei dati.

Sempre nel settore sanitario, appare molto interessante l’istituzione di una piattaforma nazionale di intelligenza artificiale per il supporto alle finalità di cura e in particolare per l’assistenza territoriale, affidata ad Agenas. Se ben sfruttata, potrà diventare un pilastro importante della riforma dell’assistenza territoriale, resasi non più procrastinabile dopo il Covid e finanziata con fondi PNRR. Idem per gli usi del fascicolo sanitario elettronico, dopo tutta la fatica fatta per metterlo finalmente in piedi.

Il frequente richiamo a spazi di sperimentazione, anche con il coinvolgimento degli atenei, appare un elemento incoraggiante, anche se, per attuare le cosiddette sandbox regolamentari, previste dall’AI Act, ci sarà bisogno di ulteriori atti che dovrà mettere in atto con ogni probabilità l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), una delle due autorità nazionali individuate insieme all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN).

A proposito di quest’ultima e del ruolo crescente dell’IA come strumento sia di attacco che di difesa nella sicurezza informatica, va citata anche la promozione di iniziative volte a valorizzare l’IA come risorsa per il rafforzamento della cybersicurezza nazionale (art. 18) nonché il possibile partenariato con altri Paesi, UE e Nato nonché extra-UE con i quali siano stati sottoscritti accordi di cooperazione o di partenariato per lo sviluppo di sistemi di IA (art. 28).

Questo esempio che vale per la cybersecurity dovrebbe in realtà essere esteso all’IA nel suo complesso, in particolare in direzione dell’Europa per aumentare la massa critica degli investimenti comuni e anche perché altri grandi Paesi UE come Francia e Germania hanno espresso recentemente in un documento l’intenzione di rafforzare la cooperazione bilaterale in materia.

Una legge tarata sulle caratteristiche dell’economia italiana

La legge tiene conto correttamente delle caratteristiche del sistema economico italiano nonché delle traiettorie tecnologiche da percorrere per ridurre le attuali debolezze nella corsa tecnologica dell’Italia.

Lo si evince già a partire dall’art.5 che elenca i principi in materia di sviluppo economico, individuando nell’IA uno strumento per aumentare la produttività, tenendo conto di un tessuto produttivo costituito principalmente da microimprese e Pmi.

Anche considerando quest’ultimo aspetto, particolarmente apprezzabili sono gli intenti dichiarati nello stesso articolo di favorire la creazione di un mercato dell’IA innovativo, equo, aperto e concorrenziale nonché di facilitare la disponibilità e l’accesso a dati di alta qualità. A questo proposito, anche grazie all’accoglimento di un emendamento in seconda lettura, si esplicita il divieto di obblighi ulteriori rispetto a quelli previsti dall’AI Act nella delega al governo in materia di dati, algoritmi e metodi matematici per l’addestramento dei modelli di IA (art. 16).

Da apprezzare per continenza normativa anche la soppressione del comma 2 dell’Art. 6, introdotto in prima lettura, il quale disponeva tassativamente l’installazione dei sistemi di IA destinati all’uso in ambito pubblico su server ubicati sul territorio nazionale. Di fatto si sarebbe contraddetta la classificazione dei dati elaborata dal Governo Draghi con l’ausilio dell’ACN, in base al grado di sensibilità, facendo di tutta un’erba un fascio e rischiando peraltro di contravvenire alla normativa europea. E anche per usi banali si sarebbe finito per limitare inutilmente la possibilità di scelte disponibili da parte delle amministrazioni pubbliche a fronte di rischi estremamente limitati.

Stesso discorso per il copyright, per il quale, contrariamente alle aspettative di molti, ci si è giustamente limitati nell’art. 25 a correttivi coerenti con l’approccio europeo, che al momento sembrano più solidi rispetto ad altri ordinamenti, come quello americano e inglese dove infatti il contenzioso è decisamente superiore. Allo stesso tempo, si è estesa la protezione a opere dell’ingegno create con il supporto dell’IA, purché risultato del lavoro intellettuale dell’autore.

Appaiono anche condivisibili le tante previsioni inerenti il diritto di essere informati sull’impiego di sistemi di IA (es. art. 7 per gli utenti del servizio sanitario, art. 11 per i lavoratori, art. 13 per i clienti di servizi professionali), anche per educare a un uso consapevole della tecnologia, nonché la volontà di favorire un utilizzo dell’IA complementare e non sostitutivo, con norme specifiche in ambito sanitario, giudiziario e nelle professioni intellettuali.

Tuttavia, perché questo possa avvenire in concreto (e in ogni caso per massimizzare i benefici derivanti dall’IA), gli interventi di formazione più volte evocati nel provvedimento e la cui definizione viene perlopiù rinviata a un’ampia delega al governo (art. 24) dovranno essere il più possibile tempestivi ed efficaci, sia nel settore pubblico che privato.  

Governance dell’AI in Italia

Sulla governance, se qualche dubbio rimane sul ruolo di autorità nazionale affidato in toto a due agenzie dipendenti dall’esecutivo (pur essendo ribadite le competenze e il coinvolgimento nel dispositivo istituzionale di governo della materia delle autorità indipendenti, a partire da Agcom e Garante della privacy, in ragione dei loro compiti specifici), il provvedimento delinea un quadro sufficientemente chiaro e al contempo coordinato.

Spicca a questo proposito il ruolo della Presidenza del Consiglio nella definizione della strategia e della sua attuazione e aiuta, almeno sulla carta, la previsione introdotta in seconda lettura di un Comitato di coordinamento delle attività di indirizzo su enti, organismi e fondazioni nel campo dell’innovazione digitale e dell’IA, composto dai ministri più impegnati nella materia in base anche alle disposizioni contenute nella legge ma anche ai quali fanno capo gli enti di ricerca più attivi. In teoria, in questo modo si dovrebbe arrivare a una regia unica, per evitare sovrapposizioni o, peggio ancora, dispersioni di risorse finanziarie e umane.

Naturalmente non possiamo che augurarci un coordinamento forte delle istituzioni e dei fondi pubblici (che speriamo possa essere esteso attraverso il principio di leale collaborazione anche alle regioni e agli enti locali), a fronte di una crescita di un mercato popolato anche da soggetti privati europei e italiani, come peraltro auspicato nell’art.5 già richiamato.

Limiti e dubbi sulla legge italiana AI

Se qualche dubbio lo conserviamo sul rispetto delle tempistiche per l’esercizio delle deleghe e in generale per l’attuazione delle previsioni contenute nella legge (anche se naturalmente siamo i primi ad augurarci sia mal riposto), il limite più evidente della normativa in vigore deve essere individuato come detto nel budget, che sostanzialmente si concentra intorno al miliardo di CDP Venture destinato non solo all’IA ma a una pluralità di tecnologie (anche se nel frattempo salutiamo l’avvio delle attività del Fondo per l’IA attivo già da numerosi mesi).

Per il resto, a carico del bilancio statale, spicca al penultimo articolo del testo la clausola di invarianza finanziaria (art. 27). Non si hanno al momento notizia di maggiori dotazioni finanziarie neppure per le autorità nazionali designate, che difficilmente potranno far fronte alle nuove attività con le stesse risorse. L’auspicio è che le deleghe che dovranno essere esercitate dal governo (ma anche il ruolo di enti e fondazioni evocati nella governance dalla legge) lascino qualche speranza per un futuro meno gramo di quello evocato dalla legge, al pari delle prossime leggi di bilancio.

Spunti conclusivi

Nel commentare l’approvazione del disegno di legge, il Sottosegretario Butti ha affermato che “l’Italia è il primo Paese UE con un quadro nazionale pienamente allineato all’AI Act. È una scelta che riporta l’innovazione nel perimetro dell’interesse generale, orientando l’IA a crescita, diritti e la piena tutela dei cittadini”, aggiungendo inoltre che “alle imprese diciamo con chiarezza: investite in Italia. Troverete una governance affidabile, regole trasparenti e un ecosistema pronto a sostenere progetti concreti in tutti i settori chiave del Paese”.

Sicuramente va riconosciuto al sottosegretario il ruolo svolto con pazienza e determinazione per portare a dama il provvedimento e con esso una struttura di governance e un livello di coinvolgimento del governo per la prima volta, almeno sulla carta, potenzialmente adeguati alle sfide attuali, al netto dell’elemento finanziario ancora in cerca di pieno riconoscimento.

Rimangono però molti punti che si delineeranno concretamente più avanti e, rispetto all’attrazione di investimenti, conteranno molti altri fattori che vanno molto al di là della legge sull’IA. A partire da una scarsa competitività dell’Europa in generale.

Per questo sarebbe auspicabile che, dopo aver dimostrato di poter varare una legge così importante che strizza l’occhiolino all’innovazione pur rimanendo coerente con il quadro regolamentare UE, il governo di Giorgia Meloni promuovesse in Europa l’urgenza di convogliare investimenti comuni pubblico privati dimensionalmente molto più rilevanti di quelli attuali.

   

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati