Giovedì 2 ottobre è atteso un decreto che dovrebbe spostare a dicembre (da settembre scorso) il debutto del profilo sanitario sintetico (Pss), che, in caso di emergenza, dovrebbe offrire un’instantanea sui dati cruciali sulla salute dei pazienti per agire tempestivamente e in maniera efficace.
Tuttavia questo ritardo segna un nuovo passo falso. “Il dibattito sul fascicolo sanitario elettronico e sul profilo sanitario sintetico mette in luce le difficoltà strutturali della sanità digitale italiana“, commenta Domenico Marino, Professore dell’Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria.
Ecco quali sono le problematiche da superare.
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Il profilo sanitario sintetico slitta a dicembre
Nell’ambito della conferenza Stato-Regioni, giovedì è previsto un decreto che fa slittare l’entrata in vigore del fascicolo sanitario sintetico da fine settembre a dicembre. Ma la falsa partenza del progetto dimostra la fragilità del progetto di sanità digitale.
“L’obiettivo di avere uno strumento agile e immediatamente disponibile per il pronto soccorso appare ancora lontano”, spiega Domenico Marino, “solo il 5% dei medici ha compilato il documento, segno di un sistema informatico non pronto e di un carico burocratico che rischia di pesare ulteriormente sulla medicina di base”.
Che cos’è il profilo sanitario sintetico
Il Pss è al centro del Fascicolo sanitario elettronico. Si presenta nella forma di una scheda digitale che il medico di medicina generale (Mmg) o il pediatra redige e mantiene aggiornata, con i dati clinici fondamentali (patologie croniche, allergie, terapie in corso, interventi effettuati eccetera).
l campi obbligatori e facoltativi da compilare sono definiti dal decreto attuativo del 27 giugno 2025 che ha fissato come termine ultimo il 30 settembre 2025 per la completa adozione. Ma quel termine è ormai slittato, e, secondo La Stampa e La repubblica, dovrebbe essere traslato a dicembre.
Le problematiche
Oltre alle criticità già citate, in ambito burocratico, i medici temono che il profilo sanitario sintetico presenti criticità “legate alla cyber-sicurezza, alla privacy, a questioni etiche e medico-legali”, come ha riferito alla Stampa Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano.
“Le perplessità sollevate riguardano anche la privacy e la gestione di dati estremamente sensibili, come quelli relativi a dipendenze o disturbi psichici, che potrebbero esporre i pazienti a discriminazioni. Si tratta quindi non solo di un problema tecnico, ma anche etico e giuridico“, sottolinea il professor Marino.
Infatti, se venissero violati dati sensibili sulla salute mentale, dipendenze e patologie “stigmatizzanti”, i pazienti potrebbero correre il rischio di subire discriminazioni nell’ambito professionale, assicurativo eccetera.
“L’Ordine dei medici e le associazioni di categoria segnalano la mancanza di formazione, strumenti e aggiornamenti adeguati, sottolineando il divario tra i tempi stringenti del PNRR e la realtà degli ambulatori“, mette in guardia Domenico Marino.
Il ritardo fotografa le difficoltà strutturali della sanità digitale italiana
La sanità digitale in Italia sta compiendo progressi, soprattutto con il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE 2.0), ma a frenare i progressi è anche la mancanza di interoperabilità tra sistemi regionali, una frammentazione che mette i bastoni fra le ruote all’accesso ai dati, aumentando costi e accumulando ritardi nelle cure, mentre l’Unione europea promuove uno spazio sanitario digitale comune.
Lo slittamento del Pss s’inquadra infatti in una realtà già disomogenea del Fascicolo sanitario elettronico. La fondazione Gimbe ha registrato appena 4 su 16 documenti disponibili in tutte le Regioni. Sono la lettera di dimissione, i referti di laboratorio, quelli radiologici, il verbale di pronto soccorso. Invece, certificato vaccinale, prescrizioni, cartelle cliniche presentano una disponibilità disomogenea, tanto che un cittadino calabrese può accedere a meno informazioni di un residente in Emilia-Romagna. In alcune Regioni il tasso di completezza raggiunge il 90%, in altre invece non si sfiora il 50%.
“La proroga (che giovedì 2 ottobre dovrebbe decidere il Ministero, ndr) testimonia la necessità di ripensare la strategia con un approccio più realistico. La digitalizzazione della sanità è una sfida imprescindibile, ma senza infrastrutture sicure, software aggiornati e medici coinvolti rischia di trasformarsi in un boomerang. Alla fine, queste criticità non sono casuali: sono il risultato di un processo gestito nel complesso male, senza una governance adeguata e senza una visione capace di guidare davvero l’innovazione”, conclude Domenico Marino.












