Il Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 segna una fase cruciale per l’Unione Europea, chiamata a bilanciare il rimborso del debito comune con le nuove priorità di sicurezza, sostenibilità e competitività. La proposta della Commissione ridisegna l’architettura dei fondi europei e il rapporto tra Bruxelles e gli Stati membri.
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Il contesto del nuovo bilancio europeo
La proposta di quadro finanziario pluriennale (QFP) 2028-2034 è stata presentata a luglio dalla Commissione, dando così inizio alla lunga maratona negoziale sul bilancio futuro dell’Unione.
Se nel 2021 si trattava di gestire l’uscita del Regno Unito, contributore netto, in questo nuovo ciclo di programmazione da un punto di vista finanziario si dovrà gestire, per la prima volta, il rimborso del debito comune, sottoscritto per finanziare NextGenerationEU (che peserà per circa 15-25 miliardi di euro l’anno), da un punto di vista politico occorrerà dotare l’Unione delle risorse e degli strumenti per gestire un quadro geopolitico mutato sul fronte della sicurezza comune, del commercio estero e in generale delle sfide legate al cambiamento climatico.
Di fronte a queste sfide la CE, forte dei rapporti Letta e Draghi, ha deciso di rilanciare l’azione dell’Unione formulando un bilancio da 1.980 miliardi di Euro su 7 anni (1.26% del Reddito Nazionale Lordo UE). Quasi 100 miliardi di euro in più rispetto alla somma tra QFP 2021-2027 – 1134 miliardi – e NextGenerationEU – 750 miliardi.
Da un punto di vista relativo si tratta di una cifra “modesta”, appena l’1,26% del RNL, soprattutto se confrontata al bilancio dello Stato Italiano che pesa il 54% del PIL, ma occorre considerare che il bilancio UE è un bilancio per investimenti (a cui lo Stato italiano dedica il 3,4% del PIL) e le risorse UE operano in ottica di addizionalità e cofinanziamento.
Il dibattito tra Stati membri e le prospettive post-PNRR
Per quanto modesta, la proposta ha già, tuttavia, acceso il dibattito. Gli Stati Membri da un lato non vogliono aumentare le loro contribuzioni, con bilanci già sotto pressione, e allo stesso tempo sono guardinghi nel riconoscere all’Unione la possibilità di aumentare il ricorso alle cosiddette entrate proprie. Discussione che sicuramente sarà accesa e sarà interessante vederne il risultato finale.
Quello che interessa ora è cominciare a tracciare le linee evolutive per valutare anche per valutare le prospettive post PNRR.
Il nuovo Fondo unificato da 865 miliardi di euro
A questo proposito ci si concentra qui sul futuro “Fondo europeo per la coesione economica, territoriale e sociale, l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la pesca e la politica marittima, la prosperità e la sicurezza” che con 865 miliardi di euro rappresenterà uno dei capisaldi del futuro bilancio UE. Il fondo vedrà convergere sotto un unico cappello programmatico e regolatorio tutti i programmi attualmente in regime di gestione concorrente: politica di coesione, politica agricola comune, strumento per la migrazione e le frontiere, pesca e affari marittimi, oltre al fondo sociale e clima dal 2028 (che per l’Italia conta circa 9,4 miliardi di euro).
I modelli ispiratori: PNRR e Politica Agricola Comune
I modelli a cui si ispira questo nuovo fondo sono due. Il PNRR nell’impianto generale, con la previsione di un unico Piano di Partenariato nazionale per tutti i fondi che unisca riforme e investimenti associati a milestone e target, con un pagamento quindi a risultato.
La Politica Agricola Comune (PAC) nella declinazione operativa dei futuri Piani di Partenariato. La PAC già oggi, infatti, prevede un Piano Strategico della PAC (PSP) declinato in “Complementi Regionali” nel pilastro dedicato allo sviluppo rurale. Complementi che nella futura programmazione si chiameranno “capitoli” e che potranno essere sia tematici, sia regionali.
Per comprendere in pratica la portata di questa riforma si può fare riferimento alle “Linee guida per la redazione e l’adozione dei Complementi Regionali per lo Sviluppo Rurale del PSP 2023-2027” in cui si afferma che a livello regionale i complementi alla PSP non assumano nuove scelte rispetto allo stesso PSP, ma riportino le indicazioni di come la strategia viene declinata a livello regionale e delle Provincie Autonome andando a specificare, in particolare le priorità territoriali e settoriali su cui improntare tra l’altro, i criteri di selezione, le modalità attuative, il cronoprogramma di attuazione.
Dal coordinamento regionale alla governance nazionale
Nella programmazione attuale il Governo, sulla base di un confronto, definiva un accordo di partenariato che fungeva da quadro complessivo a cui i programmi regionali e nazionali dovevano riferirsi. La definizione del programma e la successiva negoziazione avvenivano direttamente tra la CE e l’autorità di gestione. In futuro l’interfaccia con la Commissione sarà nazionale e sarà poi compito di ciascuno stato membro andare a organizzare e coordinare il piano al suo interno andando a nominare una o più autorità di gestione, nel qual caso identifica un’autorità di coordinamento nazionale. Sarà quindi necessario che Regioni e Governo collaborino per potere elaborare e gestire i programmi in modo realmente coordinato.
Obiettivi generali e concentrazione tematica delle risorse
Da un punto di vista della logica di intervento la nuova proposta della CE prevede 5 obiettivi generali, corrispondenti sostanzialmente ai temi coperti dai fondi attuali, declinati in obiettivi specifici. Il corrispettivo dell’attuale FESR passerebbe così da 5 obiettivi di policy (strategici) e 26 specifici, a un obiettivo generale e 10 specifici. Il corrispettivo dell’attuale FSE+ passerebbe da 1 obiettivo di policy e 13 obiettivi specifici a 1 obiettivo generale e 6 specifici.
Nella proposta cambiano le regole di concentrazione delle risorse che si semplificano, prevedendo il 43% delle risorse a favore del clima e dell’ambiente indipendentemente dalla categoria di regione. A differenza del PNRR non sarebbe quindi più presente una concentrazione tematica dedicata al digitale, ma il Piano dovrà specificare come le misure incluse siano coerenti “alla Tabella di marcia strategica nazionale per il decennio digitale a norma della decisione (UE) 2022/2481”.
Digitalizzazione e indicatori di performance predefiniti
Tra gli obiettivi specifici sostenuti figura, inoltre, il sostegno “alla trasformazione digitale verso gli obiettivi del decennio digitale e gli obiettivi stabiliti nel programma strategico per il decennio digitale 2030, contribuendo in tal modo al conseguimento di un’Unione dotata di sovranità digitale, sicura e inclusiva, e promuovendo lo sviluppo e l’uso di tecnologie avanzate, tra cui l’IA, infrastrutture e servizi digitali sicuri e affidabili, competenze digitali di base e avanzate, servizi pubblici digitali e connettività TIC, affrontando nel contempo il divario digitale”.
A una prima lettura questa impostazione, con obiettivi più ampi, sembra lasciare maggiore libertà decisionale ai singoli stati membri di definire il piano coerentemente alle proprie esigenze specifiche e alle raccomandazioni specifiche paese del Consiglio Europeo nell’ambito del Semestre Europeo. Tuttavia, la proposta di Regolamento sulle Performance dei fondi oltre alla definizione di “settori di intervento” (che superano i vecchi codici di intervento), a cui affianca una lista di indicatori di performance a cui collegare i risultati “predefinita”.
In ambito PNRR ciascuno stato membro aveva la libertà di scelta, mentre in questo caso la deviazione rispetto a un indicatore definito dalla CE avverrebbe solo per “casi debitamente giustificati”. Essendo il pagamento ancorato al conseguimento di risultati, se questi risultati sono in qualche modo “pre-definiti” ne discende che la libertà di scelta sia ridimensionata. I settori di intervento identificati sono 543, tra essi è possibile individuare misure a favore della digitalizzazione dei trasporti, del sistema giudiziario, delle cure sanitarie, del trattamento visti.
Notevole impulso alla digitalizzazione si avrà, invece, per quel che concerne la ricerca e innovazione con possibilità di investimento, tra gli altri, in AI, chip e semiconduttori, cloud-edge, cybersicurezza, sistemi di digital-twin.
Allocazione delle risorse per paese: il caso italiano
Da un punto di vista delle risorse per paese la proposta di regolamento rimanda a una futura decisione di esecuzione, tuttavia, all’allegato II definisce un importo minimo solamente per le regioni cosiddette “meno sviluppate” specificando che “l’importo assegnato alle regioni meno sviluppate non deve essere inferiore al 90% né superiore al 112,5 % dell’importo corrispondente assegnato alle regioni meno sviluppate a titolo dei fondi preassegnati per il periodo 2021-2027 in regime di gestione concorrente”. Tale importo per l’Italia ammonta, nella proposta, a 27 miliardi di euro, rispetto ai 30 miliardi della programmazione attuale per la medesima categoria di regioni. Si prospetta quindi una riduzione delle risorse europee pre-allocate per paese rispetto al presente periodo di programmazione. Il mantenimento sui livelli attuali potrà essere garantito dal cofinanziamento nazionale, oppure dalla possibilità, di accedere a un sistema di prestiti così come per NextGenerationEU.
L’importanza di un approccio strategico anticipato
Al 2028 mancano ancora più di due anni e la politica di coesione attuale ha capacità di spesa fino alla fine del 2029. Imprese, Amministrazioni Pubbliche, Università che volessero adottare un vero approccio strategico sono chiamate però a cominciare a osservare questi orientamenti per comprendere da un lato come impostare le proprie strategie e piani di azione, dall’altro per potere, ove possibile, provare ad esercitare un ruolo di advocacy per influenzare le decisioni.












