l’analisi

AI e copyright, le partnership sono il futuro: ecco il senso degli accordi



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Gli accordi tra titolari dei diritti e piattaforme di intelligenza artificiale si moltiplicano, spinti da cause campione e transazioni miliardarie. Dalle intese Getty–Perplexity e UMG–Udio fino al fronte editori–OpenAI, si delinea un nuovo equilibrio tra innovazione e tutela del copyright

Pubblicato il 14 nov 2025

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



copyright intelligenza artificiale accordi

Il 31 ottobre 2025 Getty Images, impresa che possiede uno dei maggiori archivi mondiali di immagini fotografiche e di contenuti editoriali ha comunicato, a seguito di una fase precontenziosa, di avere raggiunto un accordo di partenariato e di licenza su base pluriennale con l’azienda che amministra il motore di ricerca Perplexity AI basato su un sistema di intelligenza artificiale che attinge a contenuti provenienti da editori di grande rilevanza ma anche da fonti marginali del web[1].

Due giorni prima, il 29 ottobre 2025, la Universal Music Group (UMG) ha pubblicato un comunicato stampa con cui informa che la società leader nel settore dell’entertainment musicale ha stipulato un accordo strategico con Udio AI, Inc., società che gestisce l’omonima piattaforma digitale per la creazione di brani musicali realizzati dagli utenti che utilizzano le composizioni contenute nel dataset di detto modello di intelligenza artificiale per generare nuovi brani[2].

Accordi intelligenza artificiale copyright: nuove partnership fra Big Tech e titolari dei diritti

Il contenuto di queste intese, che nel caso riguardante la UMG transigono anche la controversia giudiziale pendente di fronte alla Corte Distrettuale di New York ove era stata radicata il 24 giugno 2024, pur essendo coperte da Non Disclosure Agreement (c.d. “NDA”) circa i termini finanziari e le altre pattuizioni di contenuto riservato a giudizio dei contraenti, aprono le porte a un nuovo ecosistema in cui viene riconosciuto e remunerato il valore dei contenuti creativi di ogni segmento dei diritti di proprietà intellettuale, dando vita al contempo a progetti di coesistenza e di collaborazione fra le imprese detentrici dei contenuti e quelle che necessitano di avvalersene per addestrare i propri apparati di intelligenza artificiale.

Come vedremo in seguito, il motore propulsivo degli accordi raggiunti e di quelli che a breve seguiranno è stato in gran parte azionato dall’esito delle cause pilota che sono pervenute alle prime decisioni in materia di IA e copyright: esse riguardano i noti casi Bartz c. Anthropic AI[3] e Kadrey c. Meta[4]. Rileva nell’attuale panorama giudiziale statunitense anche quanto finora emerso nel corso della causa fra Open AI e il New York Times[5].

A tale stregua è utile conoscere i termini generali dei principali accordi sinora intervenuti fra i titolari dei diritti e i gestori degli apparati di intelligenza artificiale, portando la nostra attenzione oltre che ai casi sopra evidenziati, anche ai precedenti che hanno riguardato prevalentemente le testate giornalistiche e i media di informazione.

La rilevanza di quest’ultimo segmento di diffusione dei contenuti è significativa, in quanto l’informazione, fra i contenuti protetti, è quella che incontra – in termini generali nell’ambito dei media – maggiori limiti di tutela. Ciò non tanto per l’esistenza di talune specifiche eccezioni all’applicazione delle norme sul diritto d’autore legate allo scopo informativo dell’opera, quanto perché si tratta di materiali protetti destinati a una diffusione capillare, nei cui riguardi gli utenti godono di un diritto di accesso particolarmente marcato, in base alla Costituzione, oltre che alle Direttive e alla giurisprudenza dell’Unione Europea[6].

Getty–Perplexity e UMG–Udio negli Accordi intelligenza artificiale copyright

Nel caso che riguarda Getty Images e il gestore del modello di intelligenza artificiale Perplexity AI, gli accordi raggiunti dalle parti riguardano la valorizzazione dei contenuti creativi detenuti dall’editore fotografico, attraverso il loro inserimento negli apparati di IA del partner commerciale, allo scopo di migliorare la qualità ed accuratezza delle informazioni rese disponibili agli utenti.

Inoltre, i contenuti visivi offerti dalla piattaforma permetteranno non solo una corretta attribuzione della paternità di ciascuna opera utilizzata ma ne incrementeranno il valore e la forza comunicativa, generando attorno ad essa una narrazione creativa fondata sulle idee degli utilizzatori, secondo l’intenzione di ognuno di essi[7].

Per quanto riguarda le condizioni della transazione raggiunta fra UMG e Udio, esse rappresentano, secondo quanto le parti stesse hanno dichiarato, il primo accordo strategico in base al quale, nel definire un contenzioso pendente in materia di diritto d’autore, i contraenti collaboreranno allo sviluppo di un’esperienza innovativa incentrata su nuove creazioni musicali, attraverso la generazione – per il tramite dell’intelligenza artificiale – di esperienze di consumo e di streaming del tutto coinvolgenti[8].

Il comunicato stampa di UMG soggiunge che la nuova piattaforma sarà lanciata nell’anno 2026; la stessa verrà alimentata da una nuova tecnologia addestrata da brani musicali concessi in licenza dalla casa discografica in modo da garantire ulteriori forme di remunerazione agli autori e agli artisti interpreti esecutori.

Sulla scorta di questa sintetica illustrazione della potenziale nascita di nuovi mercati e dell’opportunità di ritorni economici per autori ed editori determinati dal connubio fra contenuti protetti e creazioni generative frutto delle tecnologie di IA, possiamo asserire che – nei casi in cui le partnership siano giustificate dalla grande o, quantomeno, dalla potenziale dimensione globale delle library e della piattaforma che le utilizza – gli accordi di collaborazione risolvono alcuni problemi la cui portata, in base alle norme vigenti e alla luce delle decisioni giudiziali, risulta tuttora non chiaramente definita nel panorama giuridico internazionale, statunitense in particolare.

Anzitutto, attraverso le transazioni si definiscono i contenziosi in essere o quelli che stanno per insorgere, evitando alle parti, oltre all’onere di costosissime azioni legali basate su prove fondate sull’acquisizione di documenti che provengono dalla discovery e da indagini svolte con strumenti di elevata tecnologia, anche il rischio di soccombenza su questioni che, ove decise in senso sfavorevole all’una o all’altra parte, possono compromettere l’esistenza futura di numerose imprese.

La transazione Bartz v. Anthropic e i suoi effetti sul mercato

Prendiamo quindi in esame una panoramica dei temi che sono stati oggetto di una transazione già conchiusa e avallata dal giudice del relativo procedimento interinale, quella stipulata fra la giornalista Andrea Bartz e i molti altri autori che hanno avviato la class-action nei confronti della piattaforma di intelligenza artificiale Anthropic AI.

Dopo che i legali delle parti sopra menzionate, il giorno 5 settembre 2025, avevano depositato in atti il testo della “Unopposed Motion for Preliminary Approval of Class Settlement”, articolata in 39 pagine, il giudice aveva rifiutato di sottoscrivere l’atto in quanto essi avevano omesso di inserire nell’accordo alcune importanti clausole[9].

Successivamente, il 25 settembre 2025, il giudice ha approvato il testo della transazione che prevede l’erogazione da parte di Anthropic AI a favore di autori e editori di una somma per un valore complessivo di 1,5 miliardi di dollari, la più elevata cifra mai in precedenza contemplata in una causa in materia di diritto d’autore.

In tale sede il magistrato ha espresso un giudizio positivo sul testo dell’accordo revisionato dai contraenti, evidenziando che esso prevede una clausola di “aborto” dell’intera transazione nel caso in cui si riscontrasse un’elevata percentuale di ricorrenti che decidessero di avvalersi della clausola di opt-out[10].

Se ci focalizziamo brevemente sui punti principali della transazione, osserviamo che oltre alla misura senza precedenti del risarcimento del danno accordato, un miliardo e mezzo di dollari – da versarsi in quattro rate ravvicinate su un conto corrente in escrow intestato ai ricorrenti – la cifra riconosciuta per ciascuna opera abusivamente acquisita da Anthropic è pari a tremila dollari, una cifra che è quattro volte più elevata della misura minima stabilita per legge per la violazione consapevole dei diritti d’autore altrui e pari a quindici volte la somma che una giuria potrebbe assegnare ai ricorrenti ove la resistente risultasse avere agito in buona fede[11].

Inoltre, i patti formalizzati di fronte al giudice prevedono che essi si applichino solo alle violazioni commesse fino alla data del 25 agosto 2025, essendo quindi escluse le rivendicazioni riguardanti gli atti futuri di riproduzione, distribuzione, o di creazione di opere derivate.

Senza pregiudizio per quanto precede, la transazione non comprende, né riguarda, le eventuali domande che discendono dagli output del sistema di IA in argomento, cioè l’eventuale rigurgito, passato o futuro, di parte delle opere utilizzate per addestrare il modello di Anthropic.

Infine, con la sottoscrizione dell’accordo, la resistente si impegna a distruggere i file originali ricevuti dai siti pirata LibGen e PiLiMi e tutte le copie originate dagli esemplari scaricati dalla rete; il tutto nel termine di trenta giorni dalla chiusura della causa.

In considerazione dell’indubitabile rilevanza di questo atto transattivo nell’ambito delle controversie pendenti in materia di sistemi di intelligenza artificiale e di tutela del diritto d’autore, possiamo da esso dedurre che esso, seppure non sia portatore di nuove forme di collaborazione o di partenariato fra le imprese dei due settori, traccia alcune linee importanti per le controversie tuttora pendenti e per quelle che si stanno affacciando di fronte alla giustizia statunitense[12].

In tal senso, il valore economico attribuito in questo caso a ciascuna opera letteraria può divenire un punto di riferimento e di comparazione per la determinazione del danno patito dai titolari dei diritti anche per le opere appartenenti ad altri segmenti del mercato dei diritti.

Allo stesso modo, l’impegno da parte della convenuta di provvedere alla distruzione delle copie “pirata” dei file che è stato inserito nel compromesso – ma che avrebbe potuto invece essere ordinato dal giudice se la causa fosse pervenuta a decisione – può costituire un precedente di significativa importanza da riproporre in ulteriori casi per impedire il protrarsi delle utilizzazioni illecite e per prevenire ulteriori disseminazioni del materiale abusivo[13].

Editoria e IA: come gli Accordi intelligenza artificiale copyright ridisegnano l’informazione

Riprendendo il percorso riguardante gli accordi transattivi siglati nel contesto di controversie, giudiziali e stragiudiziali, aventi ad oggetto lo sfruttamento di opere tutelate dal diritto d’autore o altri materiali comunque protetti dalla legge, impiegati per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale, va rimarcato che essi concernono principalmente il settore dell’editoria dell’informazione, in prevalenza le testate giornalistiche.

Infatti:

– Il 13 luglio 2023, è stata stipulata la transazione fra Open AI (detentore del modello di IA “Chat GPT”) e il gruppo “The Associated Press” (AP) che ha concesso alla controparte l’accesso agli articoli dell’agenzia giornalistica fino all’anno 1985 a fronte del versamento di una somma il cui ammontare non è stato reso pubblico. Come contraltare a detta licenza, Open AI ha concesso ad AP di disporre della sua tecnologia e del suo know-how, al fine di utilizzarli all’interno del proprio settore giornalistico, anche al fine di generare documenti di sintesi o svolgere ricerche complesse.

– Il 13 dicembre 2023, Open AI ha raggiunto un ulteriore accordo transattivo in tema di addestramento del proprio modello di intelligenza artificiale con il Gruppo Axel-Springer (presente in 40 paesi e proprietario, fra le altre, delle testate giornalistiche “Bild” e “Die Welt” in Germania, oltre che di “Politico” e “Business Insider” a livello internazionale). Le intese raggiunte in questo caso prevedono che gli output di ChatGPT includano articoli, citazioni estese, link diretti alle testate e la realizzazione di sintesi delle notizie provenienti dai giornali di Axel-Springer, oltre alla diffusione sulla piattaforma di informazioni in tempo reale con la sintesi delle notizie più recenti.

In tal modo, Axel-Springer ricava da Open AI, oltre a un compenso che riconosce il valore dei suoi contenuti sia per l’addestramento del modello di intelligenza artificiale ChatGPT, anche la loro integrazione diretta nel sistema. Inoltre, attraverso il linking alle testate e il riconoscimento dell’attribuzione dei contenuti ad autori e editori, si genera traffico internet verso i siti web delle testate giornalistiche, indirizzando ad esse nuovi abbonati e dando visibilità ai segni distintivi del gruppo.

– Il 29 aprile 2024 è stato firmato l’accordo fra Open AI e l’editore del Financial Times (FT) che dà vita a una partnership commerciale fra le parti, in cui si prevedono, per l’accesso ai dati di alta qualità messi a disposizione dal FT, condizioni analoghe a quelle oggetto della transazione con il Gruppo Axel-Springer, incluso l’obbligo di Open AI di versare un compenso all’editore.

Inoltre, le parti si sono impegnate a sviluppare assieme nuovi prodotti e funzionalità per i lettori del FT, basandosi sull’avanzamento tecnologico del modello di intelligenza artificiale detenuto da Open AI.

Nel mentre, nei casi che sono stati qui brevemente tracciati, i segnali provenienti da alcune imprese proprietarie degli apparati di intelligenza artificiale dimostrano attenzione e rispetto verso i contenuti creativi, in altri frangenti – senza escludere che vi possa essere una diversa visione del problema da parte degli interlocutori coinvolti – il contenzioso appare in crescita e le possibilità di accordi fra le parti sembra allontanarsi[14].

Crescita del contenzioso e scenari futuri tra IA e diritto d’autore

Abbiamo ricordato in apertura di questo contributo la causa che il New York Times ha in corso nei confronti di Open AI[15]: essa rappresenta la summa di quanto le Corti statunitensi sono state chiamate a decidere in materia di modelli di intelligenza artificiale, in quanto vi si affrontano, oltre ai temi dell’uso trasformativo delle opere tutelate e dell’appropriazione abusiva di contenuti protetti attraverso lo scraping, anche la delicata questione degli output o “rigurgiti” dei modelli di AI.

Tale ultimo punto non è stato affrontato approfonditamente neppure nelle cause Kadrey c. Meta, tuttora pendente, e in quella Bartz c. Anthropic che è stata transatta, le quali costituiscono la punta più avanzata in termini di analisi giudiziale delle attuali problematiche sul diritto d’autore a confronto con gli apparati di intelligenza artificiale negli Stati Uniti.

Vedremo, quindi, come si evolverà la materia e comprenderemo se si affacci un periodo di non belligeranza fra titolari dei diritti e le Big Tech o se gli accordi transattivi costituiscano solo un’eccezione a un contenzioso che dovrà giungere necessariamente alla Corte Suprema per una decisione finale.


Note

[1] Perplexity AI, Inc. è stata fondata nel mese di agosto 2022 da Aravind Srinivas, Denis Yarats, Johnny Ho e Andy Konwinski, tutti ingegneri con esperienza in sistemi di back-end, intelligenza artificiale (IA) e di apprendimento automatico. L’impresa è stata oggetto di precedenti azioni giudiziarie, fra cui quella avviata da parte dell’editore Forbes, i cui contorni ed implicazioni sono evidenziate qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/perplexity-ai-e-lagonia-del-copyright-quale-equilibrio-tra-tecnologia-e-diritto/

Il 21 agosto del 2025, nel caso che vede contrapposte le parti attrici Dow Jones Inc. e NYP Holdings (società titolari di varie testate giornalistiche primarie, fra cui il Wall Street Journal, tutte controllate da News Corp. di Rupert Murdoch) e la convenuta Perplexity AI, Inc., il giudice del Distretto di New York ha respinto le questioni preliminari di competenza del tribunale di New York sollevate dalla resistente. La causa è tuttora pendente di fronte al foro del luogo che ha connessioni operative con l’attività di sviluppo di modelli di IA svolta dall’impresa californiana.

[2] La società Udio AI è stata chiamata in giudizio il 15 ottobre 2025 da un gruppo di nove artisti che la accusano di avere sfruttato le loro opere protette dal diritto d’autore per addestrare il proprio modello di intelligenza artificiale. La causa che si trova radicata di fronte alla Corte del Distretto nord dell’Illinois, Divisione Est, porta al vaglio dei giudici l’asserita pratica adottata da Udio di riprodurre e di acquisire brani musicali di artisti indipendenti (fra essi David Woulard, Stan e James Burjek, Michel Mell e altri) per alimentare un mercato commerciale di prodotti fonografici in grado di competere con le opere create dagli artisti, operando nel medesimo loro comparto.

In una fattispecie non dissimile da quella appena descritta si è pronunciata l’11 novembre 2025 la Corte Regionale di Monaco di Baviera nel procedimento avviato dalla società autori tedesca GEMA contro Open AI cui è stata contestata la violazione della legge tedesca sul diritto d’autore, in quanto essa avrebbe addestrato il proprio sistema di IA utilizzando brani di noti autori fra cui i brani “Männer” e “Bochum” di Herbert Grönemeyer. Il tribunale ha condannato Open AI al risarcimento dei danni alla società autori dichiarando che sia la memorizzazione dei brani nel modello di IA che la loro riproduzione attraverso gli output costituiscono violazione dei diritti degli autori.

[3] Per una lettura dei temi principali oggetto di questo contenzioso si può leggere il seguente articolo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/ai-la-causa-anthropic-e-uno-smacco-per-il-diritto-dautore-e-lue/

[4] Una illustrazione dei fatti che stanno alla base di questa causa è rinvenibile a questo link: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/libri-e-ai-e-se-il-fair-use-diventasse-lalibi-della-pirateria-digitale/

[5] La situazione di questa controversia di portata globale per gli effetti che può produrre nel segmento dell’informazione è stata oggetto di analisi qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/lai-rigurgita-contenuti-protetti-i-nodi-delle-cause-in-corso/

[6] Le c.d. “libere utilizzazioni” consentono un ampio impiego dei contenuti tutelati a scopo didattico, scientifico e informativo in base alle norme dell’Unione Europea ed interne italiane come si può leggere qui: https://www.dirittodautore.it/articoli/le-libere-utilizzazioni-e-le-utilizzazioni-illecite/

Dette eccezioni ai diritti esclusivi degli autori non sono senz’altro applicabili ai contenuti memorizzati nei modelli di intelligenza artificiale, per il fine di lucro che contraddistingue l’impiego delle opere utilizzate per addestrare detti sistemi e per la necessaria riproduzione di opere intere di cui abbisognano i gestori dei relativi apparati.

Inoltre, un impiego non autorizzato dei contenuti anche se attuato per fini di studio e ricerca deve avvenire nel rispetto del three-step-test contemplato dalla Convenzione dell’Unione di Berna e traslato nelle Leggi autore di molti dei paesi firmatari, Italia compresa.

Vanno altresì valutate con estrema prudenza, per un impiego dei contenuti protetti in seno ai modelli di IA, le disposizioni sulle estrazioni di testo e di dati, nel rispetto del dettato della Direttiva DSM (2019/790/EU) e, segnatamente, delle norme di cui ai suoi artt. 3 e 4, illustrati qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/codice-gpai-come-leuropa-tutela-il-copyright-nellera-dellia/

[7] Getty Images ha in corso una controversia nei confronti della piattaforma di IA “Stable Diffusion”, appartenente a Stability AI, che è stata avviata nel mese di gennaio 2023, di cui questa testata aveva già dato notizia qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/le-opere-creative-dellia-gli-esiti-del-confronto-fra-copyright-e-diritto-dautore/

[8] L’accordo transattivo raggiunto dalle parti include l’impegno di Udio di rimuovere tutti i brani musicali attualmente caricati nel dataset del modello di IA e quello di attuare sistemi di opt-out che consentano agli autori e agli artisti di escludere le proprie opere dall’addestramento di Udio, garantendo ad essi il controllo sulle loro opere.

Quest’ultimo aspetto presenta notevoli criticità che si sono manifestate nel caso del settlement agreement siglato fra gli autori della class-action Bartz c. Anthropic AI, che verrà brevemente ricordata nel corso di questo documento.

[9] Nella sua ordinanza del 7 settembre 2025, il giudice William Alsup ha utilizzato la parola “insoddisfatto” per definire il suo stato d’animo di fronte a una scrittura che era carente dell’elenco delle opere letterarie coinvolte che erano state scaricate dalle due library pirata, dell’elenco dei titolari dei diritti che hanno titolo al risarcimento, del modulo per rivendicare i diritti, come pure – in particolare per le opere per le quali vi sono più ricorrenti – della procedura di notifica delle domande alla controparte, incluse le domande di opt-out dalla transazione e di reinserimento degli autori pretermessi fra gli aventi diritto, oltre a non essere stata inserita una clausola relativa alla devoluzione delle eventuali controversie.

Con la stessa ordinanza il giudice ha convocato dinanzi a sé i legali delle parti per il successivo 8 settembre 2025 al fine di discutere questi aspetti dell’accordo compromissorio.

[10] A questo proposito va osservato che in data 4 novembre 2025, i ricorrenti nella class-action per cui si è giunti alla transazione, si sono rivolti alla Corte di San Francisco (Distretto Nord della California) al fine di ottenere un provvedimento che limiti gli atti di comunicazione della ClaimsHero Holdings LLC con i membri della class-action Bartz v. Anthropic e per ottenere nei confronti della stessa ulteriori rimedi, in quanto è emerso che tale studio legale, con sede in Arizona, stava ponendo in essere tattiche ingannevoli attraverso l’uso dei social media allo scopo di attuare una campagna pubblicitaria aggressiva volta ad invitare gli autori a esercitare il diritto di opt-out previsto dall’accordo transattivo con Anthropic AI, conferendo altresì mandato ai legali di tale studio al fine di recedere dall’accordo.

[11] Il numero di opere comprese nell’accordo è pari a 465.000, determinata in tale ammontare alla data del 1° settembre 2025.

[12] Ricordiamo che il caso Kadrey c. Meta, di cui vi è una sintesi al seguente link: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/fair-use-nellera-dellai-il-caso-meta-e-il-futuro-del-diritto-dautore-digitale/ si trova tuttora nella fase istruttoria con l’acquisizione delle prove provenienti dagli atti di discovery. Da ultimo il giudice Vincent Chhabria, in data 10 novembre 2025, è stato richiesto di decidere su un’ulteriore istanza di accesso ai documenti in possesso di Meta che i ricorrenti hanno formulato in udienza.

[13] La normativa statunitense avuto riguardo alla distruzione dei contenuti utilizzati in violazione dei diritti d’autore è contenuta all’art. 503(b) del Titolo 17 del Copyright Act dell’anno 1976, il quale recita: “Come parte di una sentenza o di un decreto definitivo, il tribunale può ordinare la distruzione o un altro atto di disposizione ragionevole relativo a tutte le copie o alle registrazioni fonografiche che si ritiene siano state realizzate o utilizzate in violazione dei diritti esclusivi del titolare del copyright, e di tutte le lastre, gli stampi, le matrici, i master, i nastri, i negativi o gli altri strumenti mediante i quali tali copie o registrazioni fonografiche possono essere riprodotte”.

Pur in un testo che necessita di essere aggiornato all’attuale stato dell’avanzamento tecnologico, la volontà del legislatore statunitense è quella di consentire al giudice, al termine di un procedimento interinale deciso con decreto o ordinanza o con l’emanazione di una sentenza, di fare distruggere il materiale oggetto di contraffazione dei diritti d’autore allo scopo di prevenire future violazioni secondo le disposizioni processuali di cui alla Rule 65 lett. d) delle Federal Rules of Civil Procedure (rientrante nel titolo: “Injunctions and Restraining Orders”).

Nell’ordinamento giuridico italiano le norme che prevedono la distruzione delle riproduzioni illecite di opere tutelate dal diritto d’autore sono contenute agli artt. 158 e 159 della L. 633/1941. La prima di tali disposizioni stabilisce che chi agisce in giudizio per la tutela di un diritto ad esso spettante (quindi nell’alveo dei soggetti contemplati dall’art. 167 della stessa legge) può chiedere al giudice, oltre al risarcimento del danno, anche la distruzione o la rimozione dello stato di fatto che ha causato la violazione.

Il successivo art. 159 L.D.A. spiega che la rimozione o la distruzione possono avere ad oggetto gli esemplari e le copie illecitamente riprodotte o diffuse, al pari degli strumenti impiegati a tale scopo, salvo che questi ultimi siano suscettibili di diverso uso.

L’art. 171-sexies ha ulteriormente precisato i limiti del sequestro e dell’eventuale successiva distruzione dei supporti audiovisivi o fonografici o informatici o multimediali abusivamente duplicati, riprodotti, ceduti, commerciati, detenuti o introdotti sul territorio nazionale, quando essi costituiscano il frutto dei reati previsti dagli artt. 171 e seguenti della Legge Autore.

Si ricorda che in base alla Delibera 680/13/CONS dell’Ag.Com., nel testo modificato vigente, l’Autorità, per il caso di violazioni massive e gravi commesse tramite la rete di comunicazione elettronica, non ordina la distruzione dei file abusivi ma la disabilitazione dell’accesso ai contenuti illecitamente posti a disposizione del pubblico.

[14] Alla data del 1° settembre 2025 risultavano pendenti negli Stati Uniti 45 cause aventi ad oggetto la tutela del copyright nel segmento della tecnologia dell’intelligenza artificiale.

[15] Sul trattamento giuridico degli output dei sistemi di IA si può leggere questo brano: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/lai-rigurgita-contenuti-protetti-i-nodi-delle-cause-in-corso/

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