i casi giudiziari

L’AI alle prese col diritto d’autore: che c’è in ballo



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Una serie di casi giudiziari di innegabile interesse ci fanno comprendere quali e quante sfaccettature possano assumere gli impieghi dell’IA e quali possano essere gli effetti che essi producono sui dati che sono oggetto di raccolta e trattamento. Il punto e le possibili conseguenze

Pubblicato il 27 lug 2023

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



La consapevolezza di sé stessi: cosa serve raggiungere un’alta autoconsapevolezza

Dal 17 gennaio 2023, ovvero da quando il più grande fornitore di immagini fotografiche al mondo, la Getty Images Inc.[1], ha diffuso un comunicato stampa con cui annunciava l’avvio di una causa di fronte all’High Court di Londra[2] per la cessazione dell’illecita estrazione e successivo utilizzo di molte delle immagini appartenenti al proprio database fotografico da parte dell’impresa statunitense “Stability AI[3]”, un primario fornitore di servizi sviluppati attraverso gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, la prospettiva di un conflitto di giudicati fra le decisioni delle Corti statunitensi e quelle europee si prospetta come possibile.

Getty Images vs Stability AI: i fatti

Per meglio comprendere le ragioni di questa affermazione dobbiamo seguire gli avvenimenti con ordine, precisando anzitutto che Stability AI, fondata nell’anno 2021 dall’intraprendente Mohammad Emad Mostaque, gestisce in collaborazione con Amazon Web Services un super-computer[4] il cui funzionamento, basato su algoritmi di intelligenza artificiale, è risultato in grado di generare contenuti derivati da immagini, audio e video, anche tridimensionali.

Poiché una parte dei big data raccolti sul web da parte degli apparati di IA possono provenire non solo da contenuti in pubblico dominio, di libera utilizzazione, ma possono essere tratti anche da fonti che detengono diritti di privativa su tale materiale, le questioni legali sottese al tema dei diritti esclusivi dei titolari dei contenuti e di contro, in tale contesto, quelle che riguardano la legittimità del ricorso da parte dei gestori delle piattaforme di IA alla dottrina del c.d. “fair use” (“libere utilizzazioni” secondo la definizione in uso in Italia e nell’UE) già oggetto di esame dei giudici negli Stati Uniti, va ora ad interessare l’Europa, o meglio una parte di essa, la Gran Bretagna.

La particolare importanza di vedere sottoposta all’esame dei giudici inglesi una vicenda, quella del rapporto giuridico sussistente fra l’utilizzazione dei sistemi di IA e la tutela delle opere raccolte con tali strumenti, compito che da tempo e in maniera crescente riguarda principalmente le Corti statunitensi, si evidenzia alla stregua di due principali circostanze:

a) la diversa disciplina giuridica in vigore rispettivamente oltreoceano e in Gran Bretagna in materia di eccezioni ai diritti esclusivi dei titolari[5];

b) il regime di “common law” che contraddistingue sia l’ordinamento giuridico statunitense che quello inglese, differenziandosi dal sistema di “civil law” che governa invece la quasi totalità degli stati unionisti europei[6].

La controversia avviata da Getty Images Inc. di fronte alla High Court di Londra – da quanto ci è dato conoscere – è speculare a quella radicata di fronte alla District Court del Delaware con l’atto introduttivo del giudizio depositato dalla parte attrice il 3 febbraio 2023, la quale ultima, oltre a formulare ai giudici richieste di cessazione dell’illecito addebitato a Stability AI e di risarcimento del danno, include l’istanza diretta a demandare la decisione del processo, una volta istruito dal magistrato competente, a una Giuria popolare[7].

Prima di prendere in esame gli argomenti di maggiore rilievo giuridico che sono implicati nella causa fra Getty Images e l’impresa Stability AI, è necessario ricordare brevemente il thema decidendum di alcune altre controversie che agitano i tribunali statunitensi avuto riguardo alle rivendicazioni dei titolari dei diritti che si oppongono allo sfruttamento dei loro contenuti, elaborati e trasformati, da parte dei programmi di IA.

Algoritmi di IA e impiego di materiali protetti: una materia complessa

La panoramica statunitense dei casi giudiziari che hanno ad oggetto le violazioni asseritamente commesse tramite l’impiego di algoritmi di IA risulta oggi composita seppure essa non sia omogenea, trattando fattispecie non sempre riconducibili a un identico atto di impiego dei materiali protetti. In termini generali, di fronte ai singoli casi pendenti nelle Corti statunitensi in queste vicende, dalla lettura dei loro atti processuali si percepisce che la complessità della materia, oltre agli effetti che le sentenze potranno andare a produrre sul mercato futuro dei media e dei contenuti, anche per il valore vincolante che assume ciascuna precedente decisione giudiziaria nei paesi anglosassoni, non incentivino i giudici ad assumere in questo momento posizioni trancianti sulle domande delle parti. Piuttosto le Corti, nelle fattispecie sinora prese in esame, si dimostrano proclivi a mediare gli interessi dei contendenti orientandoli verso transazioni che lascino (o che lasciano) impregiudicato il nodo centrale delle controversie, cioè l’esistenza o meno, caso per caso, di una massiva violazione dei diritti d’autore, piuttosto che – hic sunt leones – la declaratoria della sussistenza di un “Fair-use” che permetta l’acquisizione, il trattamento e la trasformazione dei big data oggetto di harvesting sulla rete.

Il caso Andersen e altri v. Stability AI

Allo scopo di fornire una sintetica idea sul contenzioso che impegna i giudici d’oltreoceano ricordiamo in primo luogo il caso Andersen e altri v. Stability AI Ltd[8] radicato di fronte al Southern District della California (Federal Court of San Francisco). Si tratta di una class-action in cui viene fatto valere la violazione dei diritti d’autore in quanto il sistema “Stable Diffusion” creato da Stability AI realizza nuovi contenuti per i propri utenti attraverso la trasformazione della rappresentazione delle opere dall’originale fino a renderle visibili all’occhio umano in una forma che differisce dall’originale.

Gli attori lamentano quindi che lo “strumento di collage” generato dalla convenuta costituisca una forma abusiva di sfruttamento di un diritto connesso sugli originali delle loro opere, tanto da cagionare agli stessi un grave danno, che incide sul mercato di riferimento degli artisti di arte figurativa le cui opere vengono acquisite tramite gli algoritmi di intelligenza artificiale, per poi essere riprodotte nel loro “stile” e poste in vendita sulla piattaforma “DeviantArt” senza il riconoscimento di alcun compenso ai legittimi autori. Si tratta, quindi, secondo gli attori, di azioni – quelle poste in essere attraverso l’IA – volte alla realizzazione di opere derivate non autorizzate dai titolari dei diritti. Inoltre, poiché l’uso che viene fatto di dette opere altamente creative è precipuamente commerciale, dal momento che le stesse sono poste sul mercato in patente concorrenza con gli originali degli artisti, la violazione provocherebbe un danno irreparabile a tutta la categoria dei creatori di opere figurative.

Thompson Reuters e West Publishing Corporation contro Ross Intelligence

Un ulteriore procedimento civile di particolare interesse per le implicazioni che esso comporta sul piano del D.A. è quello che vede opposte, di fronte al Circuit Judge Leonard P. Stark della U.S. District Court del Delaware, la Thompson Reuters Enterprise Centre GmbH e la West Publishing Corporation contro la Ross Intelligence Inc.

L’oggetto del contenzioso riguarda in questa circostanza lo sfruttamento da parte della Ross Intelligence Inc. di contenuti della piattaforma “Westlaw” posseduta da Thompson Reuters, il cui business si incentra sulla fornitura di servizi di supporto alle attività dei legali.

Secondo la prospettiva dei fatti offerta dagli attori, la Ross Intelligence avrebbe utilizzato un terzo sottoscrittore dei servizi di “Westlaw” per impossessarsi delle informazioni contenute nella banca di dati dell’impresa, allo scopo di utilizzarli per creare un prodotto concorrente con quello della società controllata dagli attori, basato su algoritmi di IA.

La difesa della convenuta mira, invece e in particolare,[9] a fare valere l’eccezione del “Fair-use”, cioè rivendica la sussistenza di un’eccezione ai diritti esclusivi che competono ad autori e produttori (in essi compresi gli editori), eccezione che sarebbe idonea a legittimare l’estrazione da parte di Ross Intelligence dei dati facenti parte della piattaforma digitale “Westlaw” per fini di studio e di ricerca, finalizzando le informazioni acquisite alla creazione di un servizio innovativo rispetto a quelli esistenti sul mercato in quanto basato sull’IA, così da indirizzare il prodotto a un pubblico di clienti diverso e separato rispetto a quello di “Westlaw”.

Ad integrazione di questi casi giudiziari di innegabile interesse per comprendere quali e quante sfaccettature possano assumere gli impieghi dell’IA e quali possano essere gli effetti che essi producono sui dati che sono oggetto di raccolta e trattamento, nei giorni scorsi il panorama giudiziario statunitense si è arricchito di ulteriori vicende che dimostrano, una volta di più, come sia ampiamente prevedibile che l’IA – anche per l’importanza del suo ruolo nella vita di tutti noi, ogni giorno – solleverà per i prossimi mesi una vera e propria ondata di controversie giudiziarie, il cui esito, anche alla luce della territorialità dei giudicati e delle norme non omogenee che si applicano ai processi nei diversi paesi del mondo, si prevede essere tutt’altro che scontato.

La class-action contro Meta

Delle due più recenti controversie di cui oggi abbiamo notizia, assume rilievo quella avviata da tre noti autori di opere letterarie e performer, Sarah Silverman (già attrice in altro procedimento pendente contro Stability AI), Richard Kadrey e Christopher Golden i quali, con atto di citazione depositato alla Corte del Northern District of California il 7 luglio 2023, hanno convenuto in giudizio Meta Platforms Inc. in una class-action diretta a ottenere che la decisione nel merito delle domande svolte sia assegnata al verdetto della giuria popolare.

Gli attori contestano all’impresa Meta AI, appartenente al gruppo che fa capo a Mark Zuckerberg, di avere lanciato un prodotto denominato “LLaMA”, la cui funzionalità è quella di analizzare e di emettere frasi in lingua naturale.[10] E’ stato così progettato da Meta un modello di linguaggio che, invece di basarsi su un programma software creato dall’ingegno umano, si addestra ed esercita acquisendo enormi quantità di testi provenienti da differenti fonti destinate ad alimentare il modello di linguaggio generato da “LLaMA”. Una volta selezionati i testi, tale modello di linguaggio è in grado di emettere testi in forma scritta che simulano quelli contenuti nel materiale che è stato raccolto dall’algoritmo di IA. Si tratterebbe – secondo quanto affermano gli attori del giudizio – di uno sfruttamento abusivo di opere protette dal diritto d’autore, contrariamente a quanto Meta AI riporta nelle guidelines della propria piattaforma “LLaMA”, in cui si asserisce che per esercitare il programma di IA vengono utilizzati contenuti c.d. “open source”. Ad opinione degli attori la provenienza di parte dei libri riprodotti dalla piattaforma digitale sopra ricordata provenendo in parte dalla banca di dati di “Bibliotik” e di “Book3”, rivelerebbe che molte opere tutelate dal D.A. sarebbero presenti nelle fonti di approvvigionamento della piattaforma “LLaMA” e, fra esse, comparirebbero anche le opere dei ricorrenti.

Il comportamento della convenuta, secondo le domande svolte in giudizio dagli attori, costituirebbe violazione delle norme sul diritto d’autore vigenti negli Stati Uniti, comprendendo oltre a una responsabilità diretta di violazione del copyright, anche una responsabilità per omesso controllo sulla piattaforma digitale “LLaMA”. Inoltre, l’algoritmo di IA nell’acquisire i testi delle opere protette opererebbe altresì la rimozione delle inerenti informazioni sul regime dei diritti che – come recita la nostra legge autore, non dissimilmente dalle disposizioni in vigore negli Stati Uniti – “identificano l’opera o il materiale protetto, nonché l’autore o qualsiasi altro titolare dei diritti. Tali informazioni possono altresì contenere indicazioni circa i termini o le condizioni d’uso dell’opera o dei materiali” e, come tali, non possono essere dall’opera stessa disgiunti nel momento in cui il relativo testo venga appropriato.

Tali condotte abusive di Meta AI configurerebbero poi, secondo questa class-action, atti di concorrenza sleale e sarebbero fonte di illecito arricchimento per la convenuta, la quale assumerebbe altresì la responsabilità vicaria per avere agito con negligenza nella raccolta indiscriminata di contenuti volti ad alimentare la propria piattaforma di IA a danno degli attori e di tutti gli altri legittimi titolari di diritti sulle opere letterarie utilizzate da “LLaMA” per la sua funzione generativa. Per tali ragioni, le parti attrici chiedono che venga ordinata la cessazione degli atti sopra descritti, la liquidazione dei danni e l’accoglimento di tutte le ulteriori domande da essi svolte che sono connesse a questa vicenda. Vedremo quali saranno le difese di Meta AI nel prosieguo del giudizio: quasi con certezza essa invocherà, fra le sue difese, l’eccezione del “Fair-use” e la carenza di prova che le opere degli attori siano state oggetto di violazione.

La class-action contro Google Deepmind

L’ultima e più recente vertenza giudiziaria che prendiamo brevemente in esame è quella mossa da alcune persone fisiche, identificate solo con le iniziali, in una class-action che vede convenute Alphabet, Google Deepmind[11] e Google LLC. Il giudice adito è la Corte del Distretto Nord della California, ove hanno la sede la gran parte delle imprese ad alta tecnologia della Silicon Valley[12].

Con l’atto depositato l’11 luglio 2023 gli utenti, che si sono resi latori in giudizio di un documento di 85 pagine oltre ai documenti in produzione, rimproverano alle società del Gruppo Alphabet di avere “raschiato” la rete Internet appropriandosi illecitamente, attraverso il loro sistema di IA denominato “Bard”, non solo milioni di contenuti protetti dal diritto d’autore, ma soprattutto dei dati personali dei soggetti trattati indistintamente dall’algoritmo, tanto che per legittimarne l’acquisizione sarebbero state aggiornate le policy interne sulla protezione dei dati personali di Google, così da consentirsi qualunque azione avuto riguardo al trattamento dei dati e dei contenuti disponibili sulla rete.

Seppure i legali di Alphabet abbiano già preso posizione in pubbliche dichiarazioni contro le affermazioni dei numerosi ricorrenti di questo giudizio, l’impiego ripetuto di termini che ricollegano il comportamento del Gruppo Alphabet a degli illeciti da questi commesso per il tramite di “Bard”, attribuendo ai medesimi rilievo oltre che legale anche etico e morale, ci fa pensare a un contenzioso che si svolgerà senza esclusione di colpi. In attesa di leggere le difese degli avvocati delle imprese convenute, ci limitiamo a constatare che l’IA sta aprendo una gigantesca gara da parte dei titolari dei diritti nel colpire le imprese che impiegano, senza testarne tutte le conseguenze e i rischi, questa nuova tecnologia.

I temi in gioco nelle vicende giudiziarie sull’uso dell’IA e la proprietà intellettuale

Ritornando al tema afferente all’oggetto di questa succinta panoramica sul D.A. e le piattaforme di IA, sono i due processi che vedono coinvolta Stability AI nei confronti di Getty Images, cui abbiamo fatto cenno in apertura di questo lavoro, che ci forniscono lo spunto per un’analisi dei temi di maggiore rilievo che entrano in gioco nelle vicende giudiziarie riguardanti l’uso dell’intelligenza artificiale e la proprietà intellettuale.

Se, infatti, Getty Images rileva e contesta nella sua prima azione di fronte alla Court of Delaware una massiccia appropriazione delle immagini fotografiche e video che formano il suo patrimonio di proprietà intellettuale da parte della convenuta, di contro Stability AI, oltre a sollevare eccezioni di giurisdizione della Corte del Delaware nel decidere la vicenda, distinguendo il diverso ruolo di Stability UK rispetto a quello di Stability US nella gestione del servizio di IA denominato “Stable Diffusion”, al contempo nega, così come aveva fatto in precedenza,[13] la propria responsabilità per violazione del copyright della parte attrice.

Nell’asserire che il programma di IA “Stable Diffusion” funziona producendo immagini a fronte delle richieste avanzate da parte degli utenti e operando attraverso un modello “open-source” che implementa una tecnologia generativa di immagini sulla scorta di criteri matematici applicati a quelle raccolte nel proprio dataset, Stability AI asserisce che essa non immagazzina le immagini oggetto di trattamento, quindi non le riproduce. In base alle tesi fatte valere in atti, essa si limiterebbe a sviluppare e a raffinare milioni di parametri che collettivamente definiscono il contenuto di ciò che di essi appare alla visione degli utenti.

Non ci troveremmo quindi di fronte a un “collage”, come asserito dagli stakeholder, in quanto le immagini create dall’IA sarebbero interamente nuove e uniche essendo frutto delle richieste degli utilizzatori. Inoltre, nessuna delle immagini create da “Stable Diffusion” corrisponderebbe esattamente ad alcuna delle immagini di cui la parte attrice rivendica la titolarità. Riprendendo le affermazioni dei legali di Stability AI nella difesa da loro orchestrata nei confronti degli artisti figurativi Sarah Andersen, Kelly Mckernan e Karla Ortiz, nessuna immagine sviluppata dall’apparato di IA “Stable Diffusion” si configura come un esemplare comparabile a quello originale. Se tale assunto è corretto, sostiene la parte convenuta, allora non sussiste alcuna violazione del copyright da parte sua. In altri termini, secondo le difese di Stability AI la parte attrice non sarebbe stata in grado di dimostrare la violazione dei diritti oggetto di causa, dovendo essere provata l’esistenza della copia delle opere di cui si lamenta la violazione e quella della successiva distribuzione delle stesse.

La strada intrapresa dai gestori dei servizi di IA

La strada intrapresa dai gestori dei servizi di IA è ben delineata. Essi non riprodurrebbero opere tutelate, non possedendo altro che copie cache dei materiali acquisiti da fonti di pubblico dominio, non violerebbero i diritti d’autore altrui, in quanto l’attività “generativa” dei loro algoritmi si tradurrebbe in creazioni nuove dipendenti da fattori matematici che rispondono alle richieste degli utenti.

In ogni evenienza – si sostiene da parte dei fautori delle tesi dei gestori delle piattaforme di IA – non sussiste alcun illecito commesso da parte loro in quanto ci troviamo di fronte a casi in cui l’utilizzazione dei contenuti protetti dei terzi sarebbe giustificato dalla dottrina del “fair use”[14]. A questo punto, va esplicitato quali siano il significato e l’ampiezza del “Fair-use”, concetto cui abbiamo fatto un breve rimando all’inizio di questo articolo. Il “Fair-use” presenta invero differenze significative sia in un confronto – quello fra la giurisdizione inglese e quella statunitense avuto riguardo al caso Getty Images c. Stability AI – che voglia comparare il diritto dei paesi di “civil-law” con quelli di “common-law”.

Il tema delle libere utilizzazioni in Italia

In base all’esperienza giurisprudenziale italiana che ha dato applicazione all’art. 70 della L. 633/1941[15], in tema di libere utilizzazioni, l’impiego di brani o frammenti di opere altrui per essere lecito deve essere: a) breve e proporzionato al fine di critica che si vuole perseguire; b) i brani estrapolati devono essere legati al fil-rouge dell’opera critica che si intende realizzare e non possono essere avulsi da essa; c) deve esservi assoluta autonomia dell’opera critica rispetto all’opera criticata, oltre a dovere essere originale e creativa; d) l’opera critica non deve essere mutuabile con l’opera criticata, ad esempio mirando ad erodere il mercato dell’opera criticata. Si tratta di limiti che non sono giuridicamente valicabili e che impediscono certamente l’estrazione di opere intere, come avviene nel caso dell’attività svolta dagli algoritmi di IA utilizzati per il training delle piattaforme che li utilizzano[16].

Diversa è la disciplina vigente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna in materia, ove esistono due distinti – seppure analoghi – concetti di libere utilizzazioni.

Negli Stati Uniti, il “Fair-use” per potere essere applicato ai singoli casi che sono oggetto di valutazione deve prendere in considerazione quattro elementi: a) la finalità e la tipologia dell’impiego; b) la natura dell’opera tutelata (opera figurativa, fotografia, filmato, testo letterario, ecc.; c) la porzione dell’opera che viene utilizzata; d) l’effetto dell’utilizzazione sul mercato cui l’opera tutelata è destinato. Questi concetti vengono applicati con molta flessibilità dai giudici e questa è una delle ragioni per cui le controversie in materia di IA e di diritti esclusivi d’autore si siano presentate sin dall’inizio con un potenziale esito incerto di fronte alle Corti americane[17].

Seppure si tratti di una serie di prescrizioni non corrispondenti a quelle in vigore nel nostro paese, vi sono diverse similitudini fra i principi applicabili nell’Unione Europea e negli U.S.A[18].

In Gran Bretagna, ove abbiamo sopra ricordato che non è stata data attuazione alla Direttiva c.d. del “Digital Single Market”, i principi del “Fair-dealing” (non Fair-use, quindi), prevedono che sia lecita l’utilizzazione di un’opera altrui se: a) l’impiego non abbia natura commerciale, quindi sia senza scopo di lucro; b) l’utilizzo sia per finalità di studio o ricerca; c) riguardi servizi informativi di eventi attuali; d) sia posto in essere per fini illustrativi a scopo di istruzione, parodia, caricatura o pastiche. Per potersi avvalere di una di queste eccezioni tassative è necessario che il soggetto agente provi la ragionevolezza dell’impiego che ne intende fare.

Conclusioni

Se volessimo quindi pronosticare– con un ampio margine di errore – l’esito delle cause che vedono opposte Getty Images e Stability AI, dovremmo tenere in doveroso conto quale sia il paese ove la controversia si svolge e quali siano le norme applicabili in ciascuno di essi.

Nell’esprimere il loro verdetto le Corti non mancheranno anche di osservare che, qualora siano rispettati i diritti di privativa altrui, la tecnologia legata allo sviluppo dell’IA presenta indubbi benefici per il futuro dell’umanità in molte aree della scienza e della tecnica, oltre che un notevole risparmio economico e fisico nell’esecuzione del lavoro umano.

Note


[1] Getty Images è l’impresa leader mondiale nella fornitura di immagini per il mercato commerciale e per gli stessi utenti / consumatori possedendo un archivio composto di 80 milioni di immagini e di illustrazioni, oltre a più di 50.000 ore di filmati.

[2] Risulta che l’atto di citazione in giudizio sia stato notificato alla controparte il 12 maggio 2023.

[3] Stability AI Ltd. è una società, con sede legale a Londra e una sede operativa a San Francisco negli U.S.A. (Stability AI, Inc.), avente come attività principale la creazione e la fornitura di software open-source basati sull’intelligenza artificiale e destinati a generare brani musicali e immagini. La sua attività include la progettazione e l’implementazione di soluzioni fondate sull’intelligenza artificiale e sulla tecnologia per la realtà aumentata. L’impresa sviluppa inoltre modelli di IA aperti per generare linguaggio, audio, video, contenuti 3D e prodotti legati alla biologia, disponendo della piattaforma digitale denominata “Stable Diffusion”.

[4] Si tratta dell’Ezra-1 UltraCluster, qui illustrato nelle sue caratteristiche principali: https://www.netguru.com/blog/generative-ai-startups

[5] Va sottolineato che la Gran Bretagna ha dato attuazione alle Direttive e ai Regolamenti dell’UE in materia di diritto d’autore e di proprietà intellettuale fino all’anno 2020: successivamente – per effetto della c.d. “Brexit” – il governo britannico si è rifiutato di dare attuazione alla Direttiva 2019/790/EU che armonizza le norme europee in materia di D.A. nel mercato unico digitale. Tali disposizioni, infatti, hanno introdotto alcune nuove eccezioni suscettibili di applicazione anche nell’ambito del c.d. “Fair-use” cui si farà più avanti cenno.

[6] In Gran Bretagna, in base alle regole di common-law, vige il principio dello stare decisis, secondo cui i giudici sono vincolati dai precedenti giurisprudenziali. Come recita il brocardo inglese, nel suo operato “The judge is slave on the past and despot on the future”.

[7] Qui si trova il complaint di Getty Images che si sostanzia in un documento di 36 pagine: https://fingfx.thomsonreuters.com/gfx/legaldocs/byvrlkmwnve/GETTY%20IMAGES%20AI%20LAWSUIT%20complaint.pdf

[8] Qui si può leggere l’atto introduttivo del giudizio in data 13 gennaio 2023, prima causa in materia di IA negli USA, nella forma della class-action: https://ipwatchdog.com/wp-content/uploads/2023/02/Andersen_et_al_v._Stability_AI.pdf

[9] Ross Intelligence ha svolto, oltre a una difesa basata sull’asserita carenza di tutela dei contenuti offerti da “Westlaw”, trattandosi di testi di legge e sentenze, una domanda riconvenzionale di accertamento dell’abuso da parte di Thompson Reuters Enterprise Centre della posizione dominante posseduta sulle piattaforme di ricerca dei materiali giuridici e legali negli -Stati Uniti ed esercitata da detta società per il tramite di accordi di “tie-in” fra i diversi servizi posseduti e gestiti.

[10] Il sistema è utilizzato da diversi programmi per la ricerca di messaggi e-mail nei PC e anche per la riproduzione di musica in software elaborati da terzi, come quello sviluppato da Spotify.

[11] Appartiene oggi a questa società acquisita da Google LLC nel 2014 la divisione “Google Brain” AI Division che ha invece iniziato ad operare come “laboratorio esplorativo” nel lontano 2011. Il Gruppo Google ha cominciato invece a espandersi nel settore dell’IA nell’anno 2017 con lo sviluppo del network “neurale” denominato “Transformer” che utilizza una tecnologia simile a quella della LLaMA di Meta AI e di altri operatori del medesimo ambito.

[12] Il caso è rubricato nel sistema giudiziari statunitense come segue: Case 3:23-cv-03440-LB

[13] Il riferimento è alla causa radicata di fronte al Northern District della California dagli artisti Sarah Andersen, Kelly Mckernan e Karla Ortiz contro Stability AI (Stable Diffusion), Midjourney e Devianart, con udienza di discussione fissata per il 19 luglio 2023. La causa si configura come un’azione legale collettiva attraverso la quale gli artisti coinvolti chiedono il risarcimento dei danni a loro favore e un provvedimento interinale di cessazione degli illeciti volto anche a prevenire i danni futuri causati dalla piattaforma digitale di vendita di opere di numerosi artisti, la DeviantArt, la quale è a sua volta accusata di fornire abusivamente milioni di immagini provenienti dal dataset LAION per alimentare il servizio di IA di Stable Diffusion, detenuto da Stability AI. Qui l’atto introduttivo del giudizio depositato in Corte il 13 gennaio 2023: https://stablediffusionlitigation.com/pdf/00201/1-1-stable-diffusion-complaint.pdf

[14] I proprietari dei servizi di IA, pur non ammettendo di commettere una violazione diretta dei diritti dei titolari di cui setacciano e acquisiscono i contenuti, considerano plausibile che nell’ambito della loro raccolta di materiali non protetti possa esserci la possibilità di trattare anche beni immateriali di proprietà di terzi che, essendo necessari per il training dei motori di IA, non sarebbero oggetto di violazione, rientrando tale loro impiego nell’ambito del c.d. “Fair-use”.

[15] La normativa interna italiana è stata di recente arricchita di disposizioni che hanno esteso talune eccezioni ai diritti esclusivi degli autori / produttori al segmento delle opere digitali, con l’introduzione degli artt. 70-bis e 70-ter L.D.A. per effetto del vero del D.Lgs. 177/2021 di attuazione della Direttiva EU/790/2019. L’art. 70-bis recita: “Sono liberi il riassunto, la citazione, la riproduzione, la traduzione e l’adattamento di brani o di parti di opere e di altri materiali e la loro comunicazione al pubblico se effettuati con mezzi digitali, esclusivamente per finalità illustrative ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, nonché sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali o in altro luogo o in un ambiente elettronico sicuro, accessibili solo al personale docente di tale istituto e agli alunni o studenti iscritti al corso di studi in cui le opere o gli altri materiali sono utilizzati.

2. Il riassunto, la citazione e la riproduzione di brani o di parti di opere e di altri materiali e la loro comunicazione al pubblico sono sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell’opera, dei nomi dell’autore, dell’editore e del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull’opera.

3. L’eccezione di cui al comma 1 non si applica al materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione e agli spartiti e alle partiture musicali quando sono disponibili sul mercato opportune licenze volontarie che autorizzano gli utilizzi ivi previsti e quando tali licenze rispondono alle necessità e specificità degli istituti di istruzione e sono da questi facilmente conoscibili ed accessibili.

4. Gli utilizzi di opere e di altri materiali di cui al comma 1 aventi luogo in Italia da parte di un istituto di istruzione che ha sede in un altro Stato membro si intendono effettuati esclusivamente nel suddetto Stato membro.

5. Sono nulle le pattuizioni contrarie a quanto previsto dal presente articolo.”

[16] La Corte di Cassazione italiana con l’Ordinanza del 16 gennaio 2023, Sez. I, Rel. Scotti Umberto, ha sfiorato il tema della tutela delle opere grafiche realizzate con la trasformazione, attraverso l’uso dell’IA, di un’opera grafica che è stata ripresa e utilizzata dalla RAI nella scenografia del Festival di Sanremo. Sull’eccezione – sollevata solo in sede di legittimità dalla RAI, secondo cui l’opera dell’autrice non fosse tutelabile in quanto frutto di sviluppo attraverso l’IA, la Corte, nel rilevare l’inammissibilità della censura nel grado di giudizio di sua competenza, ha osservato incidenter tantum che la circostanza per cui l’utilizzo di un software per generare le immagini utilizzate abusivamente dalla RAI è “compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno con un tasso di creatività che andrebbe scrutinato con maggiore rigore”, così aprendo le porte, almeno in linea di principio alla tutela dei prodotti derivati dall’impiego degli algoritmi di IA.

Sullo stesso tema si richiama il seguente articolo di Agenda Digitale: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/diritto-dautore-e-opere-create-dallai-prove-tecniche-di-tutela-le-questioni-aperte/

[17] Uno dei precedenti invocati a sostegno delle tesi liberiste delle imprese che gestiscono le piattaforme di IA è rappresentato dal caso deciso il 27 febbraio 2017 di fronte alla Corte di Appello del Secondo Circuito del Southern District di New York, giudice Lewis A. Kaplan.

La questione portata all’attenzione dei giudici riguardava un servizio di registrazione on-line dei video di numerosi canali tv statunitensi, fra i quali quelli della parte danneggiata Fox News. Tale servizio veniva offerto al pubblico dalla Tveyes Inc., mettendo a disposizione dei propri clienti, a pagamento, un significativo numero di file video della durata di dieci minuti ciascuno, contenenti segmenti della programmazione di informazione della Fox News (che riguardavano gli argomenti scelti dagli abbonati in base alle proprie esigenze, spesso di analisi del mercato economico).

Il funzionamento di questo servizio era il seguente: Tveyes registrava per 24 ore al giorno e conservava per 32 giorni consecutivi i programmi di Fox News e di altri 1.400 canali televisivi statunitensi identificando attraverso un software “speech-to-text” i temi oggetto della registrazione, i quali venivano poi scelti dagli utenti attraverso l’impiego di un motore di ricerca (funzione “Search”). Una volta identificati i contenuti di proprio interesse ogni utente poteva scaricare i video sul proprio PC e condividerli con terzi (funzione “Watch”). La linea di difesa adottata da Tveyes nel giudizio avviato da Fox News si incentrava sulla dottrina del c.d. “fair use” secondo la quale determinati impieghi di opere protette dal diritto d’autore può considerarsi consentita senza l’esplicito consenso del titolare dei diritti qualora essi siano giustificati da finalità di critica, di commento, di studio o di ricerca, tenuto conto di alcuni elementi che ne contraddistinguano l’uso, fra cui: la finalità commerciale ovvero senza profitto dell’iniziativa, la natura dell’opera protetta utilizzata, la misura e la rilevanza della porzione estratta, l’effetto sul mercato dello sfruttamento dell’opera protetta. In una siffatta operazione di uso secondario del diritto d’autore assume inoltre rilevanza secondo i principi di common law statunitensi il fatto che vi sia stata o meno una “trasformazione” (c.d. “transformative use”) dell’opera originaria e non una mera diversa “confezione” della stessa o una sua ripubblicazione. Nell’analizzare la fattispecie portata alla sua attenzione, la Corte d’appello di New York ha osservato come la funzione “Watch” del servizio non presentasse alcuna caratteristica “trasformativa” dell’opera originale, non potendosi definire come tale la possibilità per gli utenti di ricercare e analizzare i contenuti di proprio interesse estrapolandoli dai filmati. Inoltre – hanno statuito i giudici – il fatto di generare dei report giornalistici su fatti di interesse pubblico non fa venire meno la tutela autorale dell’opera svolta dall’emittente. Anche sotto il profilo quantitativo, secondo i giudicanti, l’impiego dei programmi di Fox News fatto da Tveyes coinvolgeva l’intera programmazione della rete, seppure ciascun utente ricevesse dei file video della durata di dieci minuti, dal momento che questi condensavano l’intera materia oggetto della “Search”, rendendo eccessivo il suo impiego in termini di proporzionalità dell’uso rispetto all’opera intera. Infine, avuto riguardo al mercato cui si rivolge il servizio di Tveyes, giro d’affari che vale svariati milioni di dollari atteso il numero dei suoi potenziali utenti, i giudici si sono chiesti se questa potesse essere considerata ragionevolmente un’iniziativa legittima senza che vi fosse il previo consenso di Fox News, propendendo per la tesi negativa.

Nell’escludere la liceità dell’iniziativa commerciale sotto il profilo del Fair-use, quantomeno avuto riguardo alla funzione “Watch” di Tveyes, la Court of Appeals del Southern District ha confermato il divieto per il fornitore del servizio di farne ulteriore uso, non esprimendosi invece sulla legittimità della funzione “Search” avendo Fox News rinunciato alla domanda per quanto la riguardava.

[18] Si osserva che nell’Unione Europea non esiste una norma che che consenta il bilanciamento dei diritti fondamentali al di fuori delle eccezioni stabilite dall’Art. 5 della Direttiva Copyright (2001/29/CE sulla tutela del D.A. nelle reti di comunicazione elettroniche). Sul punto, a seguito delle decisioni della corte di Giustizia nelle cause C.469/17 e C-516/17 (rispettivamente note come “Funke Medien” e “Spiegel On-line”) la questione pregiudiziale circa la possibilità che i diritti di libertà di informazione e di stampa possano prevalere sul diritto esclusivo degli autori è stata risolta positivamente. Secondo la Corte di Giustizia va trovato un giusto bilanciamento fra questi diritti fondamentali al di fuori delle eccezioni stabilite dalla Direttiva Copyright. Si tratta di comprendere se un siffatto principio possa essere esteso agli usi funzionali allo sviluppo di nuove tecnologie, a determinate condizioni e ove non si danneggino i legittimi titolari dei diritti.

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