rischio bolla

AI, perché i conti Nvidia non bastano a rassicurare i mercati



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I conti record di Nvidia spingono ancora la narrativa dell’AI, ma non bastano a dissipare il timore di una nuova bolla tecnologica. La reazione nervosa delle Borse evidenzia il divario tra utili dei chipmaker e ritorni ancora incerti sul mercato finale

Pubblicato il 21 nov 2025

Umberto Bertelè

professore emerito di Strategia e chairman degli Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano



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“Nvidia’s Profit Jumps 65% to $31.9 Billion. Is It Enough for Wall St.?” si chiedeva The New York Times il 19 novembre sera, subito dopo la presentazione della trimestrale di Nvidia, aggiungendo nel sottotitolo “The company, which makes the computer chips essential to the artificial intelligence [AI] boom, also said revenue in its recent quarter rose to $57 billion”.

I valori in continua crescita (Fig. 1) e tutti superiori alle aspettative del mercato, con un profitto per giunta pari a oltre la metà dei ricavi, potevano giustificare la domanda “Wall Street si accontenterà?”, una domanda riferita soprattutto alle imprese tech che, dopo i picchi raggiunti a ottobre, erano in continua discesa (Fig. 2), trascinando con sé le imprese degli altri comparti dell’economia.

Reazione del mercato ai conti di Nvidia

Il timore era che le valutazioni estremamente elevate, non solo delle Big Tech ma anche di diverse startup, le enormi cifre per la costruzione di data center messe in gioco (Fig. 3).

Non solo da parte degli hyperspender, con la prospettiva di un crescente ricorso al debito per il loro finanziamento, e il moltiplicarsi di accordi “circolari” (Fig. 4), con un forte protagonismo di Nvidia e OpenAI, potessero far crescere una bolla” AI di grandi dimensioni, destinata poi a scoppiare come avvenne all’inizio del secolo con la “dotcom bubble”.

E la prima reazione delle Borse è stata proprio questa, come mostra la Fig. 5: il 20 mattina il mercato è partito con una significativa crescita rispetto alla chiusura del giorno precedente (chiusura ovviamente anteriore alla presentazione della trimestrale), ha oscillato sui livelli alti per una parte della giornata borsistica e poi però ha iniziato a ricredersi e a scendere senza quasi più esitazioni.

Perché? Se dovessi dare una spiegazione “razionale” – ma so benissimo che il mercato soprattutto nel breve termine è soggetto alle pulsioni più diverse – direi che il mercato stesso si è reso finalmente conto che l’andamento estremamente positivo di Nvidia non poteva assolutamente essere visto come una prova della non esistenza del “rischio bolla”, dato il suo particolare posizionamento nella lunga filiera dell’AI, ma che semmai i suoi comportamenti recenti (accordi “circolari”, ecc.) avevano contribuito a renderlo concreto. E il titolo ha chiuso la giornata in calo del 3%.

Nvidia e il rischio bolla nella filiera dell’AI

Perché i numeri di Nvidia non sono significativi per negare l’esistenza di un “rischio bolla”?

L’hype che si è venuto a creare dopo la presentazione al mondo – poco meno di 3 anni fa – di ChatGPT da parte di OpenAI ha aumentato il valore di mercato (market cap) delle imprese – a partire dalle Big Five (Apple, Microsoft, Alphabet-Google, Amazon e Meta) – che si riteneva potessero trarre i maggiori vantaggi dal successo esplosivo dell’AI e lo ha fatto “gonfiando” i loro multipli P/E.

Ha permesso a startup distanti molti anni dal pareggio di bilancio di avere valutazioni mai viste nella storia: 500 miliardi di $ OpenAI, 350 Anthropic, 200 (con un aumento previsto nei prossimi giorni) xAI. Ma, dal punto di vista dei numeri di bilancio, ha premiato sinora solo le imprese molto a monte nella filiera.

Big Tech, startup AI e valutazioni gonfiate

Nvidia in prima luogo, che controlla l’80% circa del mercato (Cina esclusa) dei chip specializzati per il “training” dei modelli AI e per la successiva fase di “inference”, ossia di accesso ad essi, oltre a qualche altra impresa sempre operante nei chip, quale Broadcom.

La taiwanese TSMC, leader assoluta nel manufacturing di tali chip, e l’olandese ASML, al momento prima per market cap (380 miliardi di $) nella UE, leader assoluta nei macchinari fotolitografici per il manufacturing, godono del fatto – Nvidia direttamente e le altre di riflesso – di avere come clienti alcune delle imprese di maggior valore del mondo.

Queste possono utilizzare i loro free cash flow e/o i loro facili accessi al credito (come ha fatto recentemente Meta) per acquistare i chip e possono permettersi di farlo, anche se i ritorni dai loro investimenti nelle infrastrutture per l’AI (soprattutto derivanti dagli accessi ai loro cloud) non sono al momento sufficientemente remunerativi, perché “fanno i soldi” in altri comparti.

Investimenti, credito e ruolo di Nvidia: il mercato consumer è un’altra cosa

I ricavi e i profitti di Nvidia sono cioè un affidabile indicatore (dato che essa controlla i quattro quinti del mercato extra-Cina) della crescita degli investimenti in infrastrutture per l’AI, ma non dicono nulla sul mercato finale “consumer” e su quello “corporate” dei prodotti AI.

È in lenta accelerazione il secondo, che spesso richiede, per essere efficace, cambiamenti significativi nell’organizzazione; è in più veloce crescita il primo, ma come numero di utenti e non di utenti paganti. Solo il decollo del mercato finale, in misura rilevante e in tempi non così lunghi da creare dubbi e sconforto negli investitori, permetterà di allontanare il “rischio bolla”.

Un rischio che è esaltato, come detto e visto in Fig. 4 (che peraltro ne riporta solo una parte), dalla ragnatela di accordi – spesso “circolari” – che legano fra loro le varie imprese e che possono avere un effetto accelerante della crisi al manifestarsi di qualche fallimento: come accadde con la grande crisi finanziaria iniziata nel 2008, scatenata principalmente dai mutui ipotecari “subprime” negli US, ove il fallimento di Lehman Brothers provocò (date le interconnessioni fra soggetti nel sistema finanziario-bancario-assicurativo) un effetto domino, con diffusi crolli e la ben nota recessione mondiale, durata anni.

Un rischio che è esaltato (si veda ancora la Fig. 3) dal crescente bisogno di ricorso al credito, se gli investimenti annunciati non verranno ridimensionati e se il mercato finale non si muoverà abbastanza in fretta: un rischio grave perché – toccando il mercato del credito – potrebbe portare a crisi diffuse in tutto il resto dell’economia.

Chi perde e chi guadagna tra le big tech

Chi è stato più colpito e chi (solo Alphabet-Google) è uscito viceversa rafforzato dai recenti cali generalizzati in Borsa, fra le 10 “tech” prime per capitalizzazione al mondo.

Tab.1 – La caduta nelle capitalizzazioni delle 10 top “tech” a livello mondiale fra fine ottobre e ieri
 Fonte: CompaniesMarketCap (mie elaborazioni) In rosso, nelle due colonne, solo le imprese con un calo superiore alla media        

La Tab. 1 pone a confronto, per le 10 “tech” prime per capitalizzazione al mondo (tutte statunitensi con l’eccezione della taiwanese TSMC), i valori a fine ottobre con quelli di ieri, giorno successivo – come detto – alla presentazione della trimestrale di Nvidia. Perché il 29 ottobre come data di confronto?

Una ragione di comodo, perché era il giorno conclusivo di una mia ricerca precedente sulle Big Tech, pubblicata nel supplemento speciale annuo “Macrotrends” della Harvard Business Review Italia. Ma anche perché era un giorno in cui Nvidia valeva poco più 5 trilioni e Apple e Microsoft poco più 4, 14 trilioni in tre, un valore credo tra i più alti dello loro storia ma ormai lontano, perché in meno di 3 settimane Nvidia e Microsoft sono riuscite a perdere insieme oltre 1 trilione di $ di capitalizzazione, la metà quasi – facendo un paragone improprio che ci fa però cogliere meglio gli ordini di grandezza – del PIL italiano del 2024.

Quasi ferma Apple, nel passato penalizzata perché investiva poco nell’AI e ora (con il vento almeno temporaneamente cambiato di direzione) apprezzata con la stessa motivazione. Alphabet-Google l’unica non in rosso, anzi un po’ in crescita, per l’apprezzamento del suo business model nell’AI a forte integrazione verticale: um mpdello a lungo criticato per i suoi punti di debolezza, ma che – una volta riparati tali punti – appare essere estremamente competitivo in termini di costi, così competitivo da spingere Microsoft a sperimentare la stessa strada.

Pesante la caduta percentuale di Meta, superata solo da quella di Oracle: la prima per le spese in conto capitale annunciate per il prossimo anno, superiori ai “free cashflow”, che hanno iritato il mercato; la seconda per la situazione finanziaria in cui si è venuta a trovare per soddisfare la commessa di OpenAI di 300 miliardi.   

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