È di questi giorni la notizia che l’Agenzia delle Entrate sta organizzando una super banca dati con intelligenza artificiale (AI) che include le norme tributarie, i documenti di prassi dell’Agenzia (circolari, risoluzioni e interpelli) e tutte le sentenze delle Corti di giustizia tributaria (di merito) e della Corte di cassazione (di legittimità).
La novità è stata anticipata dal viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo nel corso di un evento dedicato a «I sistemi informativi del fisco per il contrasto all’evasione fiscale», organizzato dalla commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria.
L’intenzione del viceministro sarebbe quella di prevenire l’attività accertativa, privilegiando la fase del contraddittorio.
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AI Agenzia delle Entrate: la super banca dati con intelligenza artificiale anti evasione per prevenire l’accertamento
L’integrazione tra AI e banche dati potrebbe certamente (e, verrebbe da dire, finalmente) dare un contributo significativo al recupero dell’evasione, che sino ad oggi è stato affrontato essenzialmente attribuendo all’Amministrazione finanziaria super poteri. Poteri che non solo non sono stati utilizzati in maniera proficua, ma che hanno causato e causano disagi dovuti alla carenza del progetto di base e alla non omogenea organizzazione dell’Amministrazione finanziaria nella gestione efficiente dei feedback di contribuenti e professionisti.
Non è infrequente l’emersione di molti “falsi positivi”, che porta alla concentrazione dell’attività degli uffici sulle presunte anomalie, con un dispendio di energie che si traduce in archiviazioni – magari dopo una lunga fase istruttoria – o in accertamenti che poi vanno ad alimentare il contenzioso tributario, con conseguente ingolfamento della giustizia tributaria.
L’AI può dare un grosso aiuto soprattutto nel settore tributario, in cui l’attività è generalmente tipica e si svolge all’interno di regole codificate e predefinite. Un ambito di sicuro (e attento) utilizzo potrebbe riguardare l’istruttoria delle pratiche da parte dell’Agenzia delle Entrate e degli organi della giustizia tributaria, che potrebbero trovare giovamento enorme dall’uso sapiente dell’AI, e in cui probabilmente i vantaggi sarebbero maggiori delle controindicazioni.
Ovviamente si dovrebbe procedere per gradi, affidando inizialmente casi binari, in cui si verte sull’applicazione delle norme e non su questioni la cui soluzione dipende anche dall’esame di libri e scritture contabili o di altra documentazione. Se avessimo a disposizione un’AI che utilizza la base di dati promessa dal viceministro Leo, le risposte fornirebbero una visione puntuale delle questioni controverse, scevra da influenze o condizionamenti di parte, che siano del contribuente o dell’ADE.
Immaginiamo quali potrebbero essere i vantaggi se questo sistema fosse aperto a tutti.
La combinazione tra AI e banche dati dell’Agenzia delle Entrate contro falsi positivi e contenzioso: due casi
Per verificarne la fattibilità, l’autore ha provato a sottoporre a un chatbot di AI due fattispecie, oggetto di contestazione con l’Agenzia delle Entrate e con le Corti di giustizia. I risultati ottenuti sono, per un verso, molto positivi – considerando che il chatbot non è specializzato come dovrebbe essere quello annunciato dal viceministro – ma mettono in luce i grossi difetti della Pubblica Amministrazione e della giustizia tributaria che potrebbero essere risolti facilmente.
Primo caso: rateizzazione, decadenza e definizione agevolata
Il primo caso di studio riguarda una contestazione con un ufficio territoriale dell’ADE sulla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 155, della legge 197/2022. In particolare, si trattava di capire se una rateizzazione da avvisi bonari potesse considerarsi “in corso” al 1° gennaio 2023 qualora il contribuente avesse pagato (in ritardo) la rata del piano, in scadenza il 30/11/2022, entro il termine per il pagamento della rata successiva, ossia entro il 28/2/2023.
L’Agenzia delle Entrate, che aveva emesso un provvedimento che sanciva la decadenza della rateizzazione in corso, ha mantenuto nel corso della interlocuzione col contribuente la sua posizione negativa per ben tre volte: dapprima tramite il canale CIVIS, poi dopo un confronto de visu con l’ufficio ed infine rigettando un’istanza di annullamento della cartella di pagamento emessa, costringendo il contribuente ad adire la Corte di giustizia tributaria.
La questione è stata poi sottoposta a una chatbot basata su intelligenza artificiale generativa, progettata per comprendere il linguaggio naturale e fornire risposte contestuali, informative e coerenti. Dopo aver prospettato la fattispecie, correlata all’applicazione dell’articolo 1, comma 155, della legge 197/2022, la domanda posta al chatbot è stata:
“Il problema è capire se la società fosse decaduta alla data dell’1/1/2023 per non aver pagato la rata in scadenza al 30/11/2022, posto che all’1/1/2023 non si era ancora verificata la causa di decadenza, prevista dall’articolo 15-ter del DPR 602/1973, per non aver pagato una rata entro la scadenza della rata successiva”.
La risposta del sistema di AI ha ricostruito con precisione il quadro normativo e ha concluso che alla data dell’1/1/2023 la società non era decaduta dalla rateazione, perché non era ancora scaduto il termine della rata successiva (28/2/2023) previsto dall’art. 15-ter DPR 602/1973. Di conseguenza, la rateazione era formalmente ancora in corso e la società poteva accedere alla definizione agevolata di cui al comma 155 della legge 197/2022.
Se si provasse a misurare il tempo/uomo impiegato da tutti per la gestione della controversia e lo si confrontasse col tempo di preparazione della domanda e di elaborazione della risposta, il responso sarebbe clamorosamente a favore dell’AI: da diverse ore a qualche minuto. Ma non è solo il tempo il fattore critico, bensì soprattutto l’esito del confronto: l’AI è stata di gran lunga più efficiente e precisa – ovviamente limitatamente al caso in esame – di un ufficio dell’Amministrazione finanziaria, che per affrontare un caso del genere ha richiesto, per esperienza diretta, il coinvolgimento di almeno tre soggetti: il direttore dell’ufficio, il funzionario del servizio e l’operatore del front office, per non parlare poi dell’ufficio legale che ha infine annullato l’atto.
Secondo caso: perdite pregresse e consolidato fiscale
Il secondo caso riguarda una sentenza della Corte di giustizia tributaria di II grado relativa a una controversia contro l’Agenzia delle Entrate, insorta con un ricorso avverso un atto accertativo emesso nei confronti di una società che aveva aderito a un consolidato fiscale di gruppo (CNM).
La controversia è nata perché l’ufficio sosteneva che una delle società consolidate non avesse il diritto di scomputare dal proprio reddito (non dal reddito del consolidato) le perdite pregresse maturate in periodi di imposta precedenti all’adesione al consolidato.
La domanda posta al chatbot è stata:
“Se una società che partecipa a un consolidato fiscale (CNM) ha perdite pregresse (ante consolidato) da scomputare, qualora in una annualità interna al consolidato avesse un reddito, potrebbe scomputarle oppure ci sarebbe una preclusione?”
La risposta dell’AI ha richiamato il regime del consolidato nazionale (CNM ex artt. 117-129 TUIR), chiarendo che le perdite pregresse di una società non sono trasferibili al consolidato, ma restano nella disponibilità della singola partecipante e possono essere utilizzate con alcune limitazioni.
In sintesi, il chatbot ha ricordato che:
- le perdite fiscali anteriori all’ingresso nel consolidato possono essere utilizzate dalla società partecipante per ridurre il proprio reddito imponibile prima del trasferimento al consolidato (art. 118, comma 2, TUIR);
- le circolari 53/E del 2004 e 26/E del 2005 confermano che tali perdite restano nella disponibilità della partecipante e possono essere scomputate secondo le regole ordinarie.
Il sistema ha quindi concluso che, nel caso specifico, la società poteva scomputare le perdite pregresse dal proprio reddito prima di trasferire l’eventuale eccedenza alla consolidante.
Risultato: a fronte di un atto impositivo dell’ufficio, due gradi di giudizio (entrambi sfavorevoli al contribuente) e una sentenza di II grado confermativa della prima, l’AI ha fornito una risposta perfettamente coerente con il quadro normativo. Meraviglioso? L’autore osserva che, più che meraviglioso, è preoccupante: qui la situazione è ancora più grave, perché il doppio vaglio giurisdizionale non ha corretto l’errore dell’amministrazione.
Responsabilità dell’Agenzia delle Entrate nell’era dell’AI generativa
Nel caso in cui un ufficio, con il suo comportamento omissivo e reiterato, procuri al contribuente un danno ingiusto, si prospettano motivi di responsabilità che riguardano tre ambiti distinti.
- Responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale.
L’articolo 1 della legge 14/1/1994 n. 20 prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti sia personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. - Responsabilità civile verso il contribuente (art. 2043 c.c., Cass., SS.UU. 500/1999).
La giurisprudenza ha superato l’orientamento restrittivo che limitava la responsabilità della P.A. per l’esercizio illegittimo della funzione pubblica, riconoscendo il risarcimento del danno anche quando a essere leso è un interesse legittimo. Il “danno ingiusto” ex art. 2043 c.c. ricorre ogni volta che l’interesse del privato è meritevole di tutela secondo l’ordinamento. Non basta l’illegittimità dell’atto: è necessaria la prova della colpa o del dolo della P.A., oltre al nesso causale, e la colpa si valuta alla luce dei principi di buon andamento, ragionevolezza, imparzialità e tutela dell’affidamento. - Responsabilità disciplinare del funzionario.
L’inerzia dell’Agenzia delle Entrate nel rimuovere o correggere un atto manifestamente illegittimo, nonostante reiterate e motivate istanze del contribuente, può integrare – ai sensi del decreto legislativo 165/2001 – responsabilità disciplinare del dirigente e dei funzionari coinvolti, per violazione dei doveri di diligenza, correttezza, imparzialità e buon andamento. Nei casi più gravi, quando il comportamento omissivo sia connotato da colpa grave e abbia determinato costi o danni per l’amministrazione, può configurarsi anche una responsabilità dirigenziale e una potenziale segnalazione alla Corte dei conti per danno erariale.
L’omessa attivazione dell’autotutela in presenza di un’illegittimità evidente è dunque suscettibile di determinare responsabilità interne dell’amministrazione, oltre che processuali e contabili.
AI e responsabilità dei giudici tributari tra equità e fiducia dei contribuenti
La mutata (e rinforzata) rilevanza attribuita dalla giurisprudenza ai danni causati dalle azioni o omissioni della Pubblica Amministrazione e l’avvento dell’AI aprono nuovi scenari in relazione alla individuazione del perimetro della colpa della P.A..
Nei casi esaminati, nell’ipotesi di autotutela invocata e reiteratamente negata dall’Agenzia delle Entrate (seguita poi dall’annullamento dell’atto prima del giudizio), si registrano una molteplicità di danni:
- quello subito dal contribuente, costretto a un’attività difensiva onerosa;
- quello subito dall’Erario, i cui funzionari hanno distratto tempo e risorse che avrebbero potuto impiegare in attività più redditizie.
Considerata anche l’irrilevanza del costo dell’utilizzo di chatbot di AI, l’ufficio potrebbe dotarsene e, qualora tra la difesa prospettata dal contribuente e la risposta dell’AI vi fosse sostanziale conformità, dovrebbe porsi il problema di verificare con maggiore attenzione il caso. Se ciò non avviene, difficilmente si può escludere una colpa, rilevante ai fini della responsabilità.
L’autore evita di addentrarsi nel pantano della responsabilità dei giudici tributari, ma non c’è dubbio che, anche in questo caso, ben prima della eventuale responsabilità civile vi sia una fortissima responsabilità morale, che assume particolare significato quando l’Agenzia delle Entrate dimostra approssimazione o superficialità (quando non abuso di potere) nell’emanazione dei provvedimenti.
La coesistenza di un’Amministrazione finanziaria inadempiente e di una giustizia tributaria iniqua crea una miscela esplosiva e alimenta un disagio dei contribuenti che rappresenta un deterrente per ogni iniziativa economica e per l’attrazione di capitali esteri.
AI e super banca dati dell’Agenzia delle Entrate: condizioni per funzionare davvero
Ricollegandosi alle novità sulla super banca dati tributaria integrata con l’AI, l’autore sottolinea che è necessario che gli attori istituzionali (governo e classe dirigente) abbiano ben presente il contesto in cui devono agire, determinando le priorità e superando la tradizionale logica della lotta all’evasione fiscale come totem assoluto, sotto il cui segno sono stati – e sono tuttora – sacrificati i diritti dei contribuenti onesti.
Si pensi alle “cartelle pazze”, alle richieste di compliance errate e, più in generale, a tutti gli atti e provvedimenti illegittimi rispetto ai quali gli uffici spesso mantengono posizioni caparbiamente e erroneamente conservative. In un contesto legislativo che ha attribuito all’Amministrazione finanziaria super poteri, astrattamente giustificabili in considerazione della dimensione dell’evasione fiscale in Italia, questi poteri hanno diritto di cittadinanza solo se controbilanciati da una Amministrazione efficiente e da una giustizia tributaria rapida ed equa.
Queste istanze sono state percepite anche dalla classe politica: Maurizio Casasco, presidente della commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha dichiarato che è “essenziale bilanciare le esigenze di accertamento fiscale con le garanzie di sicurezza e di riservatezza riconosciute ai contribuenti”, e che “le necessità di accertamento fiscale non possono mai tradursi in una compressione dei diritti e delle libertà individuali”.
L’auspicio della classe politica e dirigente, oltre a doversi tradurre in azioni coordinate e rapide, dovrebbe considerare un elemento che oggi emerge in maniera preoccupante: la certezza e l’attualità delle informazioni sulle quali l’AI basa le sue elaborazioni. Le banche dati sono infatti piene di interpretazioni, sentenze e commenti che riguardano fattispecie che nel tempo sono state oggetto di revisione normativa e dottrinaria. La gestione della base di dati dovrebbe quindi assicurare non solo completezza e correttezza, ma anche aggiornamento continuo.
In definitiva, occorre dosare e coniugare penetrazione e incisività dei controlli con un’efficienza a 360 gradi della Pubblica Amministrazione; altrimenti, oltre a non conseguire gli effetti sperati, si comprimono ingiustamente i diritti dei cittadini e si crea un clima di precarietà e sfiducia che rischia di alimentare la disaffezione verso lo Stato e il crescente fenomeno dell’astensionismo elettorale.
La vera scommessa sta nel realizzare una simbiosi tra AI e attività umane, affrontando e gestendo il rischio che qualche burocrate possa barricarsi dietro una risposta aberrante fornita dall’AI. Non esistono soluzioni ottimali se non sono governate da una intelligenza umana: l’AI deve essere uno strumento al servizio di una Pubblica Amministrazione più responsabile, trasparente ed equa, non un alibi per giustificare errori e inefficienze.











