La trasformazione digitale dei servizi pubblici e l’arrivo dell’intelligenza artificiale stanno rendendo evidente un’urgenza che il Paese non può più ignorare: rafforzare le competenze digitali di base dell’intera popolazione. È il messaggio emerso dall’intervento di Paola Liberace, Dirigente dell’Area Risorse Umane e Academy di AgID, durante la presentazione dell’Osservatorio Competenze Digitali 2025 organizzato da Anitec-Assinform insieme ad AICA e Assintel.
L’analisi incrocia indicatori europei, iniziative PNRR e tendenze del mercato del lavoro, mostrando un divario che richiede interventi strutturali e continui.
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Una distanza ancora ampia dagli obiettivi europei
I dati del Digital Decade citati da Liberace mostrano che nel 2023 solo il 45,3% della popolazione italiana possedeva competenze digitali essenziali, contro l’obiettivo europeo dell’80% entro il 2030. La dirigente chiarisce che questi dati costituiscono una «proxy» meno accurata rispetto alle misurazioni dell’Osservatorio, ma confermano la tendenza: l’Italia resta indietro.
Il tema è strettamente legato alle misure del PNRR, in particolare ai punti di facilitazione digitale promossi dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale, che hanno già coinvolto 2 milioni di cittadini. L’obiettivo non è solo trasmettere abilità tecniche, ma stimolare curiosità verso i servizi pubblici digitali, favorendo l’uso abituale di strumenti e piattaforme.
Quando la competenza diventa necessità
Liberace sottolinea che le competenze digitali non maturano per sola formazione teorica, ma quando nascono da un’esigenza concreta. La pandemia rappresenta un esempio emblematico: l’obbligo di accedere a servizi online ha trasformato un bisogno latente in pratica operativa.
Interrogata sull’impatto dell’invecchiamento della popolazione, Liberace invita a non semplificare contrapponendo giovani “nativi digitali” e adulti “migranti digitali”. «L’Europa è un continente vecchio che invecchia», osserva, ma il punto è costruire percorsi formativi continui che rendano operative tutte le fasce di età.
Professioni ICT: una domanda crescente anche fuori dal settore tech
Il quadro dell’Osservatorio include anche una riflessione sulle competenze specialistiche. In Italia i professionisti ICT rappresentano circa il 4% della forza lavoro, contro una media europea del 5%. Numeri apparentemente contenuti, ma con un peso rilevante: le imprese di settori non ICT richiedono sempre più competenze digitali per integrare nuovi processi, segno che il digitale è ormai entrato nei processi produttivi e industriali, non solo nelle funzioni tecniche.
La domanda collegata a ChatGPT risulta in calo, ma il dato – afferma Liberace – indica una maturità crescente: si passa dall’uso dello strumento alla competenza trasversale, come il prompt engineering, necessaria per interagire con sistemi basati su AI.
L’impegno di AgID: servizi pubblici più semplici, accessibili e inclusivi
Liberace dedica particolare attenzione al progetto IT Wallet, definito come «il nostro porta documenti digitali», pensato per semplificare l’interazione con la Pubblica Amministrazione e facilitare pagamenti e rimborsi. Il valore del progetto non risiede nella tecnologia in sé, ma nella capacità di inserirla in un ecosistema aperto, in dialogo con soluzioni pubbliche e private, così da offrire ai cittadini un’esperienza fluida.
Un secondo fronte riguarda la accessibilità digitale, sviluppata attraverso la misura PNRR Citizen Inclusion (1.4.2). L’obiettivo è realizzare servizi realmente utilizzabili da tutti, non solo da persone con disabilità permanenti, ma anche da chi vive condizioni temporanee che limitano l’accesso ai servizi. Rendere la rete inclusiva, afferma Liberace, significa rispondere alle esigenze dell’intera cittadinanza e richiede responsabilità sia pubbliche sia private.
Le competenze necessarie nell’era dell’intelligenza artificiale
Il rapporto tra competenze digitali di base e AI è uno dei temi più attuali. Liberace ricorda che il quadro europeo DigComp, nato dieci anni fa, ha integrato solo parzialmente l’intelligenza artificiale e non considera ancora la generazione automatica dei contenuti. La nuova versione, in fase di pubblicazione, introdurrà invece una integrazione più strutturale dell’AI generativa.
Ciò implica nuove conoscenze e nuove consapevolezze per i cittadini: non tutti devono diventare esperti, afferma la dirigente, ma è indispensabile sapere «che cosa è questo ente che abbiamo di fronte, fin dove ci possiamo spingere nell’interazione con esso, qual è il ruolo dell’uomo e qual è il ruolo della macchina».
La consapevolezza è centrale anche per comprendere fenomeni emergenti, come adolescenti che utilizzano modelli linguistici per affrontare fragilità emotive, un comportamento che richiede adulti formati e capacità di interpretazione.
Una cultura digitale diffusa come leva di equità e sviluppo
L’intervento di Liberace delinea un approccio che unisce responsabilità istituzionale, formazione e consapevolezza sociale. Rafforzare le competenze digitali di base non significa solo migliorare l’alfabetizzazione tecnologica, ma garantire un rapporto equilibrato tra cittadini, tecnologie e servizi, assicurando che innovazione e inclusione procedano insieme.
Che si tratti di sostenere l’uso dei servizi pubblici, sviluppare strumenti come l’IT Wallet, promuovere l’accessibilità o aggiornare gli standard europei, l’obiettivo è costruire un ecosistema digitale alla portata di tutti, capace di accompagnare la crescita del Paese.













