Il 23 dicembre 2025 il Senato ha approvato la Legge di Bilancio 2026 attraverso un maxiemendamento governativo. Per il settore delle comunicazioni elettroniche e tlc non si tratta di una manovra “monotematica”, ma il testo contiene alcune scelte che incidono in modo concreto su regolazione, costi a carico del mercato e (indirettamente) investimenti in infrastrutture e servizi digitali.
Allo stesso tempo, alcune misure attese – soprattutto su frequenze mobili e rimborsi per obblighi tecnici come anti-pirateria, contrasto allo spoofing e parental control – non sono entrate nel perimetro finale. In questa ricostruzione, proviamo a capire in modo chiaro cosa è stato approvato, perché conta e quali nodi restano aperti.
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Legge di Bilancio 2026 e tlc: il nuovo perimetro dei contributi
Tra le novità più rilevanti c’è la riscrittura del meccanismo con cui si coprono le spese di funzionamento di AGCOM. Dal 1° gennaio 2026 è previsto un contributo annuale “avente natura tributaria”, da versare entro il 31 marzo, pari al 2 per mille dei ricavi realizzati nel territorio nazionale (anche se contabilizzati all’estero) e risultanti dall’ultimo bilancio approvato o da scritture contabili equivalenti.
Il punto chiave non è solo l’aliquota, ma l’ampiezza delle attività coinvolte. Il contributo è agganciato ai ricavi derivanti da ambiti che vanno ben oltre le telecomunicazioni “classiche”, consolidando un’impostazione di ecosistema: chi opera nel circuito digitale-media-reti può essere chiamato a contribuire al costo della regolazione.
Un allargamento che coinvolge reti, media, piattaforme e servizi online
Il prelievo riguarda ricavi da: reti e servizi di comunicazioni elettroniche e infrastrutture digitali (incluso l’uso di risorse di numerazione); servizi postali soggetti a licenza o autorizzazione (corriere espresso e consegna pacchi inclusi); servizi di media audiovisivi e radiofonici, piattaforme di condivisione video e contenuti, produzione/distribuzione di programmi e opere cinematografiche e musicali, pubblicità e sponsorizzazioni anche online.
Rientrano anche editoria (anche elettronica), agenzie di stampa, media monitoring e rassegne stampa, oltre a servizi digitali acquistati attraverso interfacce online (inclusi siti di e-commerce e alcuni servizi intermediari richiamati dalla normativa europea, DSA). Il testo sembra escludere la fornitura di servizi non digitali acquistati attraverso piattaforme online ed includere il fatturato realizzato in Italia da società straniere.
La fine delle detrazioni e l’impatto sul calcolo dell’imponibile
In altre parole, si passa da un sistema di detrazioni a un sistema che vedrà la somma delle diverse voci di imponibile previste. Da notare l’assenza della previsione del consolidato meccanismo di detrazione dei costi di interconnessione, elemento che per il mercato può pesare in modo non marginale sui calcoli complessivi.
Come si limitano gli aumenti: soglie, gradualità e tetti regolatori
Il testo introduce correttivi che meritano attenzione, perché disegnano sia spazi di flessibilità sia “freni” contro aumenti rapidi e imprevedibili del carico contributivo. AGCOM mantiene il potere di fissare soglie di esenzione nei casi in cui il contributo risulti pari o inferiore a 100 euro.
Per alcuni soggetti (operanti in reti/servizi di comunicazioni elettroniche e in servizi postali) è previsto un incremento graduale: l’aliquota stabilita per il 2025 viene aumentata dello 0,1 per mille per anno a partire dal 2026. L’idea è rendere l’adattamento più progressivo, riducendo shock immediati sul conto economico.
Dal 1° gennaio 2029, eventuali variazioni della misura e delle modalità di contribuzione possono essere disposte con deliberazione motivata dell’Autorità, ma con un tetto massimo del 2,5 per mille, incrementi non superiori allo 0,1 per mille annuo e non più di tre incrementi in cinque anni, con un passaggio di approvazione presso la Presidenza del Consiglio (sentito il MEF).
Legge di Bilancio 2026 e comunicazioni elettroniche: contributi dedicati su sport e opere
Accanto al contributo generale, la legge introduce contributi ulteriori legati a competenze attribuite ad AGCOM in settori specifici. Il messaggio è duplice: la regolazione costa e una parte dei costi viene ricondotta alle filiere dove le competenze dell’Autorità sono diventate più articolate.
Per i diritti audiovisivi sportivi, per le spese relative a competenze previste da una normativa specifica, il finanziamento avviene con un contributo dello 0,5 per mille annuo dei ricavi derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi da parte dell’organizzatore della competizione sportiva.
Per i diritti su opere musicali/cinematografiche/audiovisive e l’intermediazione, è previsto un ulteriore contributo dello 0,5 per mille su ricavi derivanti, tra l’altro, dalla commercializzazione di diritti su opere creative (inclusi format), dall’intermediazione di diritti d’autore e connessi (organismi di gestione collettiva ed entità indipendenti), dalla fornitura di servizi audiovisivi a pagamento e dalla commercializzazione di diritti relativi a eventi sportivi.
Diritti amministrativi nel Codice: regole su costi, proporzionalità e trasparenza
La manovra interviene in modo tecnico ma importante sul Codice delle comunicazioni elettroniche, sostituendo l’articolo 16 sui diritti amministrativi dovuti dalle imprese che forniscono reti o servizi o che detengono diritti d’uso. La logica dichiarata è la copertura dei soli costi amministrativi sostenuti per attività come gestione e controllo del regime autorizzatorio, vigilanza, analisi di mercato, cooperazione internazionale, standardizzazione e preparazione/applicazione di decisioni amministrative.
I diritti devono essere imposti in modo proporzionato, obiettivo e trasparente, riducendo al minimo i costi aggiuntivi. Il testo prevede un richiamo a un allegato tecnico (allegato 12) per individuare la misura dei diritti e la possibilità per il Ministero di definire soglie di esenzione.
Sul fronte della trasparenza, viene introdotto un obbligo di pubblicazione annuale dei costi sostenuti e dell’importo dei diritti riscossi, con eventuali rettifiche se emergono differenze. Le modifiche andranno apportate di concerto con il MEF, rendendo più “tracciabile” il rapporto tra prelievo e costi effettivi.
Un tassello sui minori: rafforzata l’Autorità garante
Anche se non è una misura “di telecomunicazioni” in senso stretto, la Legge di Bilancio introduce modifiche per rafforzare la tutela e promozione dei diritti delle persone di minore età, intervenendo sull’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Si prevedono regole per il conferimento di incarichi dirigenziali, la possibilità di avvalersi di personale in comando/distacco e l’introduzione di una figura di consigliere e di esperti (con limiti di durata e di compenso), finanziando gli oneri con riduzioni di fondi già esistenti. È rilevante perché la tutela dei minori incrocia sempre più spesso piattaforme, servizi digitali, contenuti e pubblicità online, oltre agli strumenti di controllo parentale.
Legge di Bilancio 2026 comunicazioni elettroniche: PNRR, connettività, fotovoltaico e ruolo di Invitalia
Sul fronte degli investimenti, nel testo compare una disposizione legata al PNRR: per garantire il raggiungimento di specifici traguardi (M1C2-30 e M1C2-31), il Dipartimento per la trasformazione digitale può affidare a Invitalia l’attuazione dell’investimento 7 “Fondo Nazionale per la connettività”, tramite convenzione, con una riduzione dei termini di registrazione presso gli organi di controllo.
La copertura finanziaria indicata è pari a 733.402.818 euro (comprensiva di oneri di gestione fino al 3%). Questa parte parla la lingua dell’implementazione: più che nuove regole, un tentativo di rendere più ingegnerizzabile la macchina attuativa, velocizzando passaggi che spesso rallentano l’esecuzione dei progetti.
Ricerca e tecnologie strategiche: quantistica, HPC e intelligenza artificiale
Un ulteriore tassello riguarda il finanziamento di infrastrutture strategiche di ricerca e iniziative progettuali, con focus su tecnologie quantistiche, high performance computing (HPC) e intelligenza artificiale, destinando risorse (56.434.065 euro) nell’ambito di strumenti di coesione, con attenzione alle regioni del Mezzogiorno.
La connessione con le comunicazioni elettroniche è indiretta ma reale: HPC e AI richiedono connettività ad alte prestazioni, data center, reti resilienti e una filiera digitale capace di sostenere carichi e latenza. È una misura che guarda alla competitività tecnologica del Paese, non solo alla regolazione.
Un incentivo agli investimenti: maggiorazioni e beni agevolabili. Transizione 4.0, 5.0, fotovoltaico
La norma sembra prevedere, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, che ai fini delle imposte sui redditi il relativo costo di acquisizione – con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria – sia maggiorato.
L’iperammortamento (nell’ambito del piano Transizione 5.0) vale per le spese sostenute fino al 30 settembre 2028. La maggiorazione del costo d’acquisto sarebbe pari al 180% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, al 100% oltre 2,5 milioni e fino a 10 milioni, e al 50% oltre 10 milioni e fino a 20 milioni di euro; oltre i 20 milioni non è prevista alcuna maggiorazione.
Con un’aliquota Ires del 24%, l’iperammortamento genera un risparmio d’imposta stimato pari al 43,2% del costo per la prima fascia, al 24% per la seconda e al 12% per la terza: valori significativi, ma inferiori al credito d’imposta Transizione 5.0 che, nei progetti con maggiore risparmio energetico, arrivava al 45% “diretto”.
La maggiorazione sarebbe riconosciuta per investimenti in: beni strumentali materiali e immateriali (richiamati come allegati IV e V nel testo) e, più in dettaglio, in beni inclusi negli allegati A e B della legge 11 dicembre 2016, n. 232, interconnessi al sistema aziendale o alla rete di fornitura; e beni materiali finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili per autoconsumo (anche a distanza), inclusi impianti di stoccaggio e pannelli fotovoltaici, a condizione che gli ordini siano accettati e sia stato versato almeno il 20% del costo entro il 31 dicembre 2026.
L’agevolazione si applica esclusivamente a beni prodotti in Stati UE o aderenti allo SEE; non è prevista alcuna maggiorazione specifica per l’efficienza energetica. Un decreto ministeriale fisserà la procedura di accesso al beneficio e le modalità di trasmissione di comunicazioni e certificazioni; il provvedimento contiene inoltre un aggiornamento degli allegati A e B relativi ai beni strumentali acquistabili.
Sullo sfondo, la speranza è che tra gli investimenti agevolabili rientrino anche quelli che le aziende di telecomunicazione effettuano sul territorio nazionale.
A margine, la manovra stanzia 1,3 miliardi per il 2026 per rifinanziare il credito d’imposta Transizione 4.0 destinato alle imprese che realizzano investimenti innovativi e rifinanzia anche la Nuova Sabatini, incrementando il fondo di 200 milioni per il 2026 e di 450 milioni per il 2027, per facilitare l’accesso al credito delle PMI che rinnovano macchinari e attrezzature.
La maggiorazione sarebbe riconosciuta per investimenti in: beni materiali e immateriali strumentali nuovi (allegati IV e V) interconnessi al sistema aziendale o alla rete di fornitura; e beni materiali finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, con specifiche condizioni per impianti fotovoltaici.
La speranza è che tra gli investimenti della lettera a) vi siano anche quelli che le aziende di telecomunicazione effettuano sul territorio nazionale.
Cosa resta fuori: frequenze 2029 e rimborsi per obblighi tecnici
Se la parte approvata ridisegna oneri e governance, la sezione più discussa nel settore è spesso quella che riguarda le misure rimaste fuori. Nel testo emergono due blocchi principali: le frequenze i cui diritti scadono nel 2029 e i rimborsi per obblighi tecnici (pirateria, parental control, spoofing).
Frequenze in scadenza al 2029: la norma non c’è, ma la partita continua
Vari emendamenti avrebbero previsto il rinnovo dei diritti d’uso in scadenza a fine 2029, legandolo a un impegno infrastrutturale di copertura e prevedendo una procedura dettagliata: un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy (entro 120 giorni dalla definizione delle procedure AGCOM) avrebbe stabilito criteri e modalità per assolvere i corrispettivi dovuti in denaro oppure, in tutto o in parte, tramite investimenti di valore equivalente.
La norma però non compare nel testo approvato. Questo non chiude la questione: viene ricordato che AGCOM ha condotto una consultazione pubblica sulle opzioni regolamentari per l’assegnazione delle frequenze in scadenza il 31 dicembre 2029, richiamando delibere del 2024 e del giugno 2025. In termini divulgativi, qui si gioca un equilibrio tra entrate pubbliche e capacità di investimento degli operatori.
Piracy Shield, spoofing e parental control: la compensazione resta sospesa
L’altra assenza riguarda un tema operativo: chi paga gli oneri tecnici imposti agli operatori per blocchi, filtri e sistemi richiesti dalla normativa o dalla regolazione a tutela degli utenti e del mercato?
Si cita una proposta di emendamento che avrebbe introdotto una nuova disposizione (art. 98-quater.1) per definire criteri e modalità di rimborso degli oneri sostenuti dai prestatori di servizi di accesso alla rete per implementazioni di sistemi di parental control, misure per la trasparenza e tutela degli utenti rispetto a chiamate con CLI modificato e contrasto allo spoofing telefonico, oltre a investimenti software/hardware, manutenzione, personale, evoluzioni e aggiornamenti.
La proposta prevedeva anche un fondo dedicato (“Fondo per il contrasto alle attività illecite inerenti lo spoofing e il parental control”) con dotazione di 6 milioni per il 2025 e 9 milioni annui dal 2026, oltre a un ruolo di AGCOM nel definire criteri di ripartizione. Ma anche questa misura non risulta recepita, lasciando gli obblighi tecnici spesso a carico degli operatori.
Il quadro che emerge: più architettura regolatoria, meno leve industriali immediate
Mettendo insieme approvazioni e assenze, il profilo della Legge di Bilancio 2026 per il comparto appare abbastanza chiaro. Si interviene su finanziamento e strumenti della regolazione (contributi, diritti amministrativi, perimetro dei soggetti tenuti a contribuire) e si rafforza l’operatività della macchina pubblica (attuazione PNRR con Invitalia; risorse per ricerca strategica).
Restano invece fuori due misure “strutturali” per il mercato: una sull’orizzonte 2029 (frequenze) e una sull’immediato (rimborso oneri tecnici per anti-pirateria e anti-spoofing). Per chi guarda alle comunicazioni elettroniche come leva di competitività, la domanda di fondo resta: quanta parte degli oneri che gravano sulla filiera si traduce in migliori servizi, più investimenti e più tutela degli utenti?
Conclusione
La Legge di Bilancio 2026 non riscrive da sola il futuro delle telecomunicazioni italiane, ma sposta alcuni pilastri: finanziamento dell’Autorità, diritti amministrativi, perimetro dei soggetti coinvolti e alcuni elementi di attuazione per connettività e ricerca. Allo stesso tempo lascia aperti dossier che richiedono scelte coerenti nel tempo: la gestione delle frequenze in scadenza nel 2029 e la sostenibilità economica degli obblighi tecnici a tutela dell’ecosistema digitale (pirateria, parental control, spoofing).















