L’Unione europea ha compiuto un nuovo passo decisivo nel percorso di modernizzazione della propria moneta. Il Consiglio dell’UE ha infatti raggiunto il 19 dicembre 2025 un accordo politico sull’introduzione dell’euro digitale e, parallelamente, sul rafforzamento del ruolo del contante[1].
L’avvento della moneta virtuale desta preoccupazione per diversi motivi: al primo posto ci sono, ex aequo, la riservatezza delle transazioni e dei relativi dati e il costo connesso all’utilizzo del sistema bancario come intermediario del metodo di pagamento.
Poi vi è anche una “resistenza” dovuta alla asserita difficoltà di utilizzo degli strumenti elettronici o telematici di pagamento, dietro cui potrebbe anche celarsi l’esigenza di smaltimento di denaro contante acquisito al di fuori delle transazioni legali[2]. Per fugare ogni possibile timore di coloro che preferiscono comunque mantenere l’uso del contante, il Consiglio ha dichiarato a chiare lettere che l’introduzione dell’euro digitale non comporta alcuna limitazione all’utilizzo del contante, che anzi continuerà ad essere ampiamente disponibile e accettato.
È indubbio, comunque, che lo spostamento delle transazioni verso la moneta elettronica darebbe un importante contributo alla riduzione del c.d. VAT Gap e, conseguentemente, al fenomeno della evasione, relativamente al quale – come si vedrà appresso – l’Italia occupa una posizione relativamente alta in ambito UE.
Indice degli argomenti
Euro digitale: accordo del Consiglio e convivenza con il contante
L’euro digitale muove da due esigenze: dare una risposta legislativa alla progressiva trasformazione delle transazioni finanziarie dal contante al digitale ed evitare, nel contempo, che la digitalizzazione dei pagamenti possa tradursi in benefici per gli intermediari finanziari e in costi per gli utenti. Dal prospetto sotto riportato si evince come, nell’arco di otto anni, vi sia stata una crescente e costante convergenza verso le transazioni digitali e come i pagamenti tramite app installate su dispositivi mobili siano in costante crescita.
Una transizione già in corso: pagamenti digitali e resistenze italiane

L’Italia presenta una resistenza maggiore rispetto alla media UE nell’utilizzo della moneta elettronica. Il divario è evidente in qualsiasi fascia di età, ma assume distanze maggiori nella fascia 18–39 e oltre i 65 anni.

Autonomia strategica e resilienza: il ruolo dell’euro digitale
Le iniziative approvate dal Consiglio si inseriscono in una strategia più ampia volta a rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione, la sicurezza economica e la resilienza[3] dei sistemi di pagamento. L’obiettivo dichiarato è evitare che l’Europa diventi eccessivamente dipendente da infrastrutture di pagamento private o extra-UE, garantendo al contempo ai cittadini strumenti moderni, affidabili e accessibili.
L’euro digitale viene infatti concepito come una nuova forma di moneta pubblica, emessa e garantita dalla Banca centrale europea. Non è pensato per sostituire le banconote e le monete, ma per affiancarle, offrendo una versione digitale della moneta di banca centrale utilizzabile da cittadini e imprese in tutta l’area dell’euro. Secondo l’impostazione condivisa dal Consiglio, l’euro digitale potrà essere utilizzato per effettuare pagamenti in qualsiasi momento e luogo, sia online sia offline.
Questa caratteristica lo distinguerà da molti strumenti di pagamento attuali, rendendolo utilizzabile anche in assenza di connessione Internet.
Privacy e limiti: come sarà progettato l’euro digitale
Uno dei nodi centrali del dibattito riguarda la tutela della riservatezza. Il Consiglio sottolinea che l’euro digitale dovrà garantire un elevato livello di privacy, pur nel rispetto delle normative antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.
Per evitare effetti indesiderati sulla stabilità finanziaria, il progetto prevede l’introduzione di limiti alla quantità di euro digitali che ciascun utente potrà detenere. Tali soglie saranno definite dalla BCE, entro un tetto massimo concordato a livello politico e soggetto a revisione periodica.
Costi e concorrenza nei pagamenti: regole sull’euro digitale
Il quadro delineato dal Consiglio mira anche a proteggere gli utenti finali sul fronte dei costi. I prestatori di servizi di pagamento non potranno applicare commissioni per una serie di operazioni di base, come l’apertura dei portafogli digitali o l’esecuzione dei pagamenti in euro digitale. Al tempo stesso, il testo affronta il tema della concorrenza e dell’accesso tecnologico.
In particolare, sono previste regole per garantire che i fornitori di servizi in euro digitale possano accedere in modo equo all’hardware e al software dei dispositivi mobili, evitando fenomeni di chiusura del mercato.
Contante, VAT gap e prossime tappe fino al 2029
Il VAT Gap misura la differenza tra l’IVA teoricamente dovuta (secondo la normativa vigente e l’andamento macroeconomico) e l’IVA effettivamente incassata da uno Stato. In formula semplificata: VAT Gap = IVA teorica – IVA riscossa.
Mediante analisi dei dati macroeconomici di ciascuno Stato membro:
a) si ricostruisce così la VAT Total Tax Liability (VTTL), cioè l’IVA che dovrebbe essere incassata se tutti rispettassero la legge.
b) La VTTL viene confrontata col gettito IVA effettivo risultante dai conti pubblici.
La differenza è il VAT Gap, che include l’evasione IVA (vendite in nero, sottofatturazione), la elusione (abuso delle norme), le frodi IVA (incluse le frodi carosello), le insolvenze, gli errori amministrativi, i ritardi nei pagamenti. Quindi: VAT Gap, pur essendo ragionevolmente direttamente proporzionale alla evasione fiscale, non ne esprime il valore in maniera precisa, ma è un indicatore più ampio di inefficienza del sistema IVA.
È evidente come la trasparenza delle transazioni darebbe un importante contributo alla riduzione del VAT Gap; oggi, il “Gap VAT in the EU – Report 2024” (anno di riferimento 2022) è l’ultima pubblicazione ufficiale che contiene tabelle complete e verificabili per paese. Le successive comunicazioni della Commissione Europea (2025) forniscono solo dati aggregati o illustrativi per il 2023 e non includono un allegato statistico completo. Pertanto, per uso legale, tecnico e professionale, il dataset del 2022 rimane l’ultima fonte certa e affidabile.

Nel 2023, l’Italia ha incassato un totale di 141.199 milioni di euro di entrate IVA. Il divario di conformità all’IVA[4] è stato stimato in 25.012 milioni di euro, equivalente al 15,0% del Carico Totale Fiscale IVA (VTTL), con un aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al 2022. Tra il 2019 e il 2023 il divario di conformità all’IVA è diminuito dal 19,3% al 15,0%. Con un divario di conformità all’IVA UE di circa il 9,5%, l’Italia si classifica al 22º posto tra gli Stati membri dell’UE.
Il divario di politica IVA utilizzabile si è attestato al 32,1% nel 2023, comprendendo un divario di aliquota IVA del 17,1%, un divario di esenzione VAT guidato dalla politica nazionale dell’11,7% e un divario di esenzione IVA imposto dalla politica UE del 3,4%. Dal grafico che fa parte del documento pubblicato dalla Commissione Europea[5] emerge con chiarezza che l’Italia si trova col colore più scuro tra i paesi più industrializzati e col colore più chiaro tra quelli meno industrializzati.

Non c’è dubbio che esista uno stretto rapporto tra la evasione fiscale e l’utilizzo del contante. Tuttavia, creare una relazione tra l’euro digitale e la lotta all’evasione non appare una carta politicamente vantaggiosa, soprattutto per l’Italia, in cui esiste una fortissima resistenza all’abbandono della moneta cartacea. Questo, a mio modesto avviso, rappresenta il nostro vero handicap, anche perché una decisa linea politica di contrasto all’utilizzo del contante sarebbe altamente impopolare.
La partita si giocherà sulle misure di tutela della privacy promesse dalla Commissione Europea per le transazioni con l’euro digitale.
Accanto alla spinta verso il digitale, il Consiglio ribadisce con forza il ruolo del contante, affermando che, nel diritto dell’Unione, le banconote e le monete in euro restano l’unico mezzo di pagamento avente corso legale nell’area dell’euro. Le nuove regole mirano a rendere questo principio più chiaro e concretamente applicabile.
Gli Stati membri saranno chiamati a garantire che il contante sia ampiamente disponibile e accettato, limitando le ipotesi di rifiuto a casi specifici e controllati, come le vendite a distanza o i punti vendita completamente automatizzati.
Vi è da considerare che il legislatore italiano ha incoraggiato l’abbandono del denaro contante, sia con una normativa diffusa per cui la fruizione delle agevolazioni fiscali è subordinata al pagamento con mezzi tracciabili, sia, nell’ambito delle attività di impresa e lavoro autonomo, con la previsione contenuta nel comma 1 dell’articolo 3 del Decreto legislativo 127/2015, che riduce di due anni il termine di decadenza per gli accertamenti per i soggetti passivi che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500[6].
Un ulteriore elemento di rilievo riguarda la resilienza dei sistemi di pagamento. Gli Stati membri dovranno predisporre piani specifici per garantire la continuità dei pagamenti anche in caso di gravi interruzioni delle infrastrutture elettroniche. Insomma, si stanno creando tutti i presupposti affinché non esistano discriminazioni tecniche rispetto alle due forme di pagamento, che devono essere pertanto considerate assolutamente alternative, quanto meno per il momento.
È difficile pensare che il ricorso ai pagamenti con moneta cartacea possa avere vita lunga, per ovvie ragioni di praticità e di sicurezza; i ragazzi attualmente prediligono sistemi cashless e, se utilizzano ancora il contante, è perché probabilmente attingono ai loro genitori per i fabbisogni quotidiani.
Con la definizione della posizione del Consiglio, si apre ora la fase del confronto con il Parlamento europeo. Solo al termine di questo iter legislativo sarà possibile adottare il quadro giuridico definitivo. La decisione finale sull’effettiva emissione dell’euro digitale spetterà comunque alla BCE, che ha indicato il 2029 come possibile orizzonte temporale per l’avvio operativo.
Note
[1] Il percorso è stato avviato nel 2023 con la Proposal for a Regulation of the European Paliament and of the Council on the establishment of the digital euro (2023/0212 (COD)
[2] Potrebbe trattarsi di somme detenute illegittimamente, frutto di evasione tributaria, o di altri reati.
[3] La “resilienza dei sistemi di pagamento” è un concetto che indica la capacità di un sistema di pagamento di continuare a funzionare o di ripristinare rapidamente le sue funzioni essenziali in caso di interruzioni, shock o eventi avversi. È una nozione che trova applicazione tanto nella gestione operativa delle infrastrutture di pagamento quanto nella stabilità finanziaria complessiva
[4] Divario di conformità IVA = IVA teoricamente dovuta – IVA effettivamente riscossa
[5] VAT Gap – Taxation and Customs Union – European Commission
[6] “Il termine di decadenza di cui all’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e il termine di decadenza di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ridotti di due anni. La riduzione si applica solo per i soggetti passivi di cui all’articolo 1 che garantiscono, nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500. La riduzione non si applica, in ogni caso, ai soggetti che effettuano anche operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, salvo che abbiano esercitato l’opzione di cui all’articolo 2, comma 1, del presente decreto”. Per le modalità applicative vedi il Decreto del 04/08/2016 – Min. Economia e Finanze.













