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Euro digitale, verso il traguardo del 2029: cosa cambierà per i pagamenti



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L’euro digitale arriverà a pieno regime solo dal 2029, con tutte le modalità di utilizzo, incluse quelle offline. Nel frattempo imprese, banche, PSP e operatori cripto dovranno gestire un ecosistema ibrido tra contante, strumenti privati e nuova moneta pubblica digitale

Pubblicato il 4 dic 2025

Daniele Tumietto

Dottore commercialista



valuta digitale (1); euro digitale

L’euro digitale è la risposta “pubblica” dell’Eurosistema alla trasformazione dei pagamenti, e la Commissione ha scelto di avviare tutte le modalità di utilizzo, inclusa quella offline, solo dal 2029, spostando in avanti la piena operatività del progetto.

Questa scelta apre una fase di transizione in cui banche, PSP e operatori cripto dovranno convivere con un contante sempre più digitale, ma ancora non “nativamente” di banca centrale.

Che cos’è l’euro digitale? L’euro digitale è una CBDC “retail”: una forma di moneta della banca centrale in versione elettronica, pensata per affiancare – non sostituire – il contante e i depositi bancari.

A differenza delle cripto-attività private, non nasce per la speculazione, ma come infrastruttura di fiducia pubblica, garantita dall’Eurosistema e ancorata all’euro.

Euro digitale: quadro giuridico e operativo

Dal punto di vista giuridico, la base sarà un regolamento UE che istituirà l’euro digitale come corso legale nell’area euro, definendone il regime di detenzione, i limiti di saldo, la privacy, i ruoli delle banche e dei PSP e le tutele degli utenti.

Operativamente, l’Eurosistema metterà a disposizione un’infrastruttura unica (“Digital Euro as a Service”), alla quale si collegheranno gli intermediari che manterranno il rapporto con il cliente finale, come già avviene per la moneta elettronica.

Tappe del progetto e perché tutto converge sul 2029

Dopo la fase d’indagine 2021–2023, dal novembre 2023 è iniziata una fase di preparazione che si concluderà nel 2025, con la definizione del rulebook e dell’architettura tecnica di base.

L’ipotesi di lavoro oggi è: adozione del regolamento europeo entro il 2026, avvio di un pilota con transazioni reali dalla metà del 2027, e “pronta disponibilità” per una prima emissione nel 2029.

La novità politica è che, nel compromesso tra Commissione, Consiglio e Parlamento, l’entrata in vigore di tutte le modalità di utilizzo – online e offline, al dettaglio e in alcune funzionalità B2B – è stata spostata in blocco al 2029, rinviando in particolare l’implementazione stabile dei pagamenti offline.

In sostanza, il 2027-2028 diventeranno anni di sperimentazione su scala limitata, mentre la “messa in produzione” vera e propria viene congelata finché infrastrutture, standard e normativa saranno maturi.

Imprese e consumatori nella fase di transizione

Per imprese e consumatori il rinvio al 2029 dell’avvio a regime di tutte le modalità di utilizzo dell’euro digitale equivale, in pratica, a un prolungamento della fase di transizione verso il “denaro 3.0”, con pro e contro ben distinti.

Da un lato, le aziende hanno più tempo per adeguare infrastrutture di cassa, sistemi gestionali e processi di tesoreria, potendo programmare in modo meno traumatico l’integrazione dei wallet in euro digitale con i pagamenti istantanei, le carte e gli eventuali emoney token regolamentati.

Dall’altro lato, per i consumatori si slitta la possibilità di beneficiare di un mezzo di pagamento pubblico, paneuropeo e potenzialmente gratuito (soprattutto nei micropagamenti offline), mantenendo per qualche anno ancora una forte dipendenza dai circuiti privati e dalle relative commissioni.

Questo tempo “guadagnato” dovrebbe però essere utilizzato per promuovere l’educazione finanziaria, chiarire le differenze tra euro digitale, stablecoin e cripto-attività e definire regole chiare su privacy, limiti di saldo e tutele: solo così, nel 2029, famiglie e imprese potranno adottare l’euro digitale con consapevolezza, evitando sia resistenze ingiustificate sia aspettative irrealistiche.

Pagamenti offline: la sfida più complessa dell’euro digitale

L’offline è il tratto più innovativo (e più problematico) del progetto: l’idea è rendere possibile uno scambio di euro digitali tra due dispositivi vicini, senza connessione e con un livello di privacy simile al contante.

Tecnologicamente ciò implica wallet sicuri su smartphone o smart card, moduli di sicurezza hardware, aggiornamenti periodici dei saldi e meccanismi antifrode che riducano al minimo il rischio di doppia spesa.

Proprio questa complessità ha portato parte delle istituzioni europee a proporre un phasing: prima un euro digitale solo online, poi l’estensione offline.

La discussione politica ha evidenziato i timori delle banche sui costi di adeguamento, sui rischi operativi e sulla concorrenza con i conti al dettaglio. Il compromesso raggiunto sposta quindi al 2029 il momento in cui l’offline dovrà essere effettivamente disponibile per tutti, trasformando gli anni precedenti in un cantiere di test ristretti, di standardizzazione e di valutazione dei costi-benefici.

Stablecoin, cripto-attività e ruolo dell’euro digitale

Nel quadro più ampio del “denaro 3.0”, l’euro digitale si affianca a stablecoin regolamentate (e-money token) e alle criptoattività non regolamentate, che restano strumenti privati, spesso altamente volatili e, in alcuni casi, veicoli di rischio AML.

Regolazione MiCAR ed e-money token

Il regolamento MiCAR disciplina in particolare gli e-money token ancorati all’euro, equiparandoli di fatto alla moneta elettronica e riservandone l’emissione a banche e IMEL con piena copertura in riserve.

Sul fronte fiscale italiano, le cripto-attività sono oggi tassate come redditi diversi, con un’aliquota sostitutiva del 33%, mentre i token di moneta elettronica in euro beneficiano di un’aliquota ridotta al 26% e di un regime neutro per la semplice conversione euro/token.

Coesistenza degli strumenti e profili AML

La coesistenza tra euro digitale, stablecoin regolamentati e cripto “pure” produrrà un ecosistema ibrido in cui le imprese e i professionisti dovranno distinguere chiaramente tra moneta pubblica, strumenti di pagamento regolamentati e asset speculativi, anche ai fini fiscali e antiriciclaggio.

Impatto dell’euro digitale su banche, imprese e professionisti

Per le banche e i PSP, l’euro digitale comporterà investimenti in infrastrutture (wallet, interfacce con la piattaforma BCE, adeguamento del core banking), ma anche l’opportunità di sviluppare nuovi servizi a valore aggiunto su un “binario pubblico” europeo.

Il rinvio al 2029 concede tempo per ammortizzare i costi, armonizzare l’euro digitale con instant payments, carte e schemi privati, e calibrare i limiti di detenzione e i modelli di remunerazione per evitare effetti destabilizzanti sulla raccolta bancaria.

Vantaggi per imprese, consumatori e consulenti

Per imprese e consumatori, la prospettiva è quella di disporre di un mezzo di pagamento gratuito, paneuropeo, con maggiore concorrenza nei servizi di accettazione e potenziale riduzione delle commissioni, soprattutto per i piccoli esercenti, oggi penalizzati dai circuiti internazionali.

Per i professionisti – in particolare commercialisti e consulenti compliance – si aprono nuovi fronti: inquadramento civilistico e fiscale dei wallet pubblici e privati, verifica adeguata sui clienti che operano tra l’euro digitale, le stablecoin e le cripto-attività, e ridefinizione dei processi contabili e di rendicontazione.

Rinvio al 2029: criticità, opportunità e prossimi passi

Dal punto di vista tecnico, il rinvio al 2029 non va letto come un passo indietro, bensì come una moratoria regolatoria su elementi non ancora maturi, primo fra tutti l’offline “cash-like”.

In assenza di standard condivisi e di una chiara ripartizione delle responsabilità tra BCE, banche e fornitori tecnologici, un’introduzione affrettata avrebbe scaricato su intermediari e utenti rischi operativi e legali difficili da gestire.

Per il mondo delle imprese e dei commercialisti ciò significa avere qualche anno in più per:

  • aggiornare prassi contabili e di bilancio,
  • costruire schemi di informativa verso i clienti,
  • presidiare gli impatti fiscali e AML di un portafoglio che conterrà, accanto a contanti e depositi, euro digitali, emoney token e altre cripto-attività.

Allo stesso tempo, il calendario ormai fissato al 2029 rende il progetto euro digitale un orizzonte concreto di pianificazione strategica: chi assisterà imprese fintech, PSP e merchant potrà impostare fin d’ora business plan, architetture di pagamento e policy di compliance pensando a un’infrastruttura monetaria pubblica, programmabile e profondamente integrata nel mercato unico europeo dei pagamenti.

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PAOLO DEL ROMANO
PAOLO DEL ROMANO
1 minuto fa

Daniele Tumietto è sempre chiarissimo e super tecnico!

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