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Coesione digitale e PNRR: le 5 priorità per dirigenti pubblici e territori



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La diffusione di internet cresce, ma rimangono criticità su infrastrutture, scuole, sanità e aree interne. Il PNRR accelera gli investimenti, mentre la leadership dei dirigenti pubblici diventa centrale per garantire coesione digitale e accesso equo ai servizi

Pubblicato il 22 dic 2025

Roberto Caruso

Presidente FP CIDA (federazione del pubblico impiego aderente a CIDA)



autenticazione-digitale-agenda-digitale ; NFT applicazioni coesione digitale

La questione del divario digitale nel nostro Paese non si presta a un’osservazione omogenea, ma va analizzata considerando situazioni e dinamiche diverse, che generano a loro volta problematiche specifiche.
Considerando le diverse angolazioni, si può raffigurare il seguente scenario.

Coesione digitale e divario nell’uso di internet

L’uso generico di internet da parte degli italiani pare molto esteso: l’ISTAT, il 28 aprile 2025, certifica nell’82% circa la quota di persone dai 6 anni in su che usano la rete. Questo valore sale al 93,4% tra le famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni, in linea con la media UE27 (94,1%).

Meno rilevante risulta la percentuale dei concittadini che utilizza internet per gli acquisti online (circa il 47%) e poco confortante la percentuale delle persone che usano la rete per chiedere documenti anagrafici e certificazioni (13%).


Qui emerge in modo chiaro il divario tra accesso alla rete e reale utilizzo dei servizi pubblici digitali.

La banda ultralarga tra PNRR e strategie europee

Come noto, la banda ultralarga è il sistema di collegamento basato sulla sistemazione fisica di cavi di rete in fibra ottica, attraverso i quali gli impulsi elettronici viaggiano alla velocità della luce; essi hanno quasi completamente soppiantato i vecchi conduttori in rame.

Dopo circa dieci anni dalla pianificazione promossa dal Governo Renzi con la Strategia di crescita digitale 2014-2020, e a seguito degli investimenti promossi in seno ai programmi del PNRR, il rapporto “FTTH/B (Fiber To The Home/Building) Market Panorama in Europe 2024” attestava una copertura FTTH/B per il 64% delle famiglie a settembre 2024, sotto la media dei 39 Paesi europei monitorati al 75%.

Altri Paesi quali Francia e Spagna erano attorno al 90%, il Regno Unito al 71%. Il recentissimo “Rapporto sulla connettività in fibra FTTH” dell’AGCOM dell’ottobre 2025 corregge la precedente percentuale di copertura nazionale nella nuova percentuale del 75,89% delle famiglie raggiunte dalla rete.

Si deve considerare, inoltre, il positivo sviluppo della realizzazione della rete avvenuto nel corso degli anni e certificato dal Politecnico di Milano, che evidenzia un progresso significativo ma ancora non pienamente risolutivo sul fronte della coesione digitale.

Coesione digitale e differenze territoriali tra le regioni

Il Rapporto AGCOM sopra richiamato mostra una situazione di distribuzione della rete sul territorio nazionale che smentisce l’esistenza di un semplice divario nord-sud, ma restituisce una fotografia variegata fra le regioni italiane.

Vi sono 10 regioni al di sopra della media nazionale: Abruzzo (81,72%), Basilicata (79,05%), Campania (76,79%), Lazio (80,32%), Lombardia (76,37%), Marche (78,40%), Molise (86,97%), Piemonte (76,62%), Puglia (80,35%), Sicilia (86,20%).

Vi sono poi 10 regioni al di sotto della media nazionale: Calabria (72,80%), Emilia-Romagna (74,20%), Friuli Venezia Giulia (68,19%), Liguria (72,90%), Sardegna (74,74%), Toscana (66,23%), Trentino-Alto Adige (62,12%), Umbria (71,58%), Valle d’Aosta (66,48%), Veneto (69,37%).
Questi dati segnalano una coesione digitale disomogenea, con territori molto avanzati e altri strutturalmente in ritardo.

PNRR e punti di crisi della transizione digitale

Sembra emergere una situazione nella quale, accanto a risultati incoraggianti, permangono spazi significativi in cui si manifestano segni pesanti di arretratezza. Questi spazi sono stati individuati nella Missione 1 del PNRR (componente 2, investimento 3) nei seguenti ambiti:

a) circa il 25% di collegamenti in fibra ottica alle famiglie mancanti, presenti soprattutto nelle cosiddette “aree bianche” del territorio, ossia le aree remote nelle quali non è profittevole l’investimento dei privati e nelle quali deve intervenire lo Stato;
b) i collegamenti wireless, fuori quindi dal sistema di rete in fibra ottica;
c) i collegamenti di rete della scuola;
d) i collegamenti di rete del sistema sanitario;
e) i collegamenti di rete con le isole minori.

Sono stati previsti nel 2021 circa 5 miliardi di investimento, così suddivisi, per affrontare questi punti di crisi e trasformarli in leve di coesione digitale.

La sesta relazione del Governo italiano del 25 marzo 2025 sullo stato di attuazione del PNRR certificava la seguente situazione al 31 dicembre 2024:

a) il 22,6% di case sparse, sulle 450.000 previste, realizzate nelle “aree bianche”;
b) realizzato il 60,6% dei collegamenti wireless previsti nel piano;
c) su circa 45.000 edifici scolastici sono stati raggiunti in una prima fase circa 35.000, e sui restanti 10.000 sono state completate le attività di collegamento in 5.819 sedi scolastiche;
d) nel piano “Sanità connessa” risultano completate le attività di collegamento di circa la metà delle strutture sanitarie;
e) risultano, infine, tutte collegate le nostre 21 isole minori.

Questi dati mostrano un avanzamento concreto, ma evidenziano che la strada verso una piena coesione digitale nazionale è ancora impegnativa.

Coesione digitale nei piccoli comuni e nelle aree interne

La transizione digitale italiana, così come emerge da varie fonti statistiche, denota una situazione variegata nella quale ancora troppe persone rimangono indietro. Il ruolo delle amministrazioni territoriali in questo frangente è fondamentale, per cui proprio verso le “aree sparse” del Paese e verso i piccoli comuni deve convergere l’impegno massimo per eliminare le diseguaglianze.

In questa sfida rivestono un ruolo centrale l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) presso la Presidenza del Consiglio, titolare della pianificazione triennale dell’informatica nella pubblica amministrazione, nonché il Dipartimento per la Transizione Digitale, titolare della supervisione sulla realizzazione degli obiettivi digitali contenuti nel PNRR.

Nonostante gli investimenti previsti dal Piano e l’accelerazione impressa negli ultimi anni, la cittadinanza digitale rimane incompleta: una parte significativa della popolazione fatica ad accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione.

La dimensione territoriale del problema è ormai evidente. I piccoli comuni e le aree interne, penalizzati da carenze infrastrutturali e da una limitata disponibilità di competenze tecniche, scontano ritardi persistenti nell’adozione di servizi digitali.

In questi territori la digitalizzazione rischia di ampliare, anziché ridurre, le distanze tra i cittadini. Si creano forti problemi quando le infrastrutture lente o gli uffici sottodimensionati rendono più difficile l’accesso ai servizi online.

Per evitarlo, molti enti stanno sperimentando modelli condivisi di gestione digitale – unioni di comuni, RTD intercomunali, sportelli associati – che rappresentano una buona pratica da diffondere su scala nazionale per rafforzare la coesione digitale.

La leadership dei dirigenti pubblici per l’equità digitale

In questo scenario, la Pubblica Amministrazione è chiamata a un compito nuovo: diventare presidio di equità digitale e sociale. Non basta mettere online un servizio; occorre garantire che sia realmente accessibile, semplice, comprensibile, utilizzabile da tutti.

È qui che entra in gioco la leadership dei dirigenti pubblici, chiamati ad assumere un ruolo attivo nella promozione della coesione digitale, orientando strutture, risorse e competenze verso l’inclusione e non solo verso l’adempimento formale.

Le proposte della FP CIDA per rafforzare la coesione digitale

La Federazione dei dirigenti pubblici (FP CIDA) propone un pacchetto articolato di interventi per rafforzare la coesione digitale del Paese. Tra i punti principali:

  • Completare entro il mese di luglio 2026 l’attuazione degli investimenti in transizione digitale previsti dal PNRR.
  • Rafforzare la rete dei Responsabili per la Transizione Digitale (RTD) nei piccoli comuni, anche tramite modelli intercomunali, così da assicurare un presidio stabile di competenze.
  • Premiare i dirigenti che realizzano progetti di inclusione digitale territoriale, introducendo obiettivi specifici nella valutazione della performance.
  • Istituire un “Indice di coesione digitale”, capace di misurare non solo la presenza delle infrastrutture, ma la qualità effettiva dell’accesso ai servizi pubblici.
  • Promuovere partnership sistemiche tra PA, università e imprese, con l’obiettivo di diffondere cultura digitale e competenze avanzate anche nei territori meno centrali.

Si tratta di proposte che affrontano il problema non solo dal punto di vista tecnico, ma anche culturale e organizzativo, riconoscendo che la trasformazione digitale richiede amministrazioni capaci di apprendere e collaborare.

Verso una coesione digitale come progetto nazionale

La conclusione è semplice quanto impegnativa: la transizione digitale deve diventare un progetto di coesione nazionale. Il Rapporto AgID 2025 lo afferma con chiarezza: “Il digital divide è la nuova frontiera della disuguaglianza sociale.” Una frase che suona come un monito e un’agenda di lavoro.

La digitalizzazione non può essere lasciata alle sole tecnologie: deve essere guidata da dirigenti pubblici competenti, responsabili, capaci di interpretare i bisogni dei cittadini e di trasformarli in servizi digitali inclusivi, riducendo il divario e rafforzando la coesione digitale del Paese.

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