sicurezza sul lavoro

Monitorare il rischio chimico nei luoghi di lavoro: gli strumenti creati da Inail

Inail ha di recente presentato un prototipo di un sistema sensoriale per il monitoraggio del rischio chimico nei luoghi di lavoro, composto da più elementi mobili miniaturizzati per riconoscere le diverse sostanze che possono essere presenti nell’aria. Ecco come funziona

Pubblicato il 30 Dic 2022

Anna Palermo

Ufficio di Presidenza Inail e Giornalista

Giovanna Tranfo

Inail Ricerca, Responsabile del Laboratorio Rischio Agenti Chimici e referente INAIL dei progetti BRIC12/2016 e BRIC 7/2019

privacy lavoro

In Inail la lotta contro gli infortuni e le malattie professionali ha un driver fondamentale: la ricerca. Oggi tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro significa sfruttare al massimo le potenzialità offerte dall’innovazione tecnologica per accompagnare le persone attraverso tutte le fasi dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro. Per questo il 25 e 26 novembre 2022 si è svolto presso il Gazometro di Roma “MADE IN INAIL” sono state due giornate interamente dedicate ai progetti messi in campo da Inail, con una rete di partner di eccellenza, per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

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Un sistema sensoriale per il monitoraggio del rischio chimico nei luoghi di lavoro

Oltre al programma di interventi con il coinvolgimento di più di 70 relatori, è stata allestita un’area espositiva per mostrare gli strumenti più innovativi realizzati dalle reti di ricerca create da INAIL, nella quale la rete costituita dal Laboratorio Rischio Agenti Chimici dell’INAIL, insieme con le Università Tor Vergata e Roma Tre e il CNR ha presentato un prototipo di un sistema sensoriale per il monitoraggio del rischio chimico nei luoghi di lavoro.

L’OMS e l’ILO hanno stimato che 1,9 milioni di persone siano morte a causa di fattori di rischio professionale a livello globale nell’anno 2016. Di questi le malattie hanno rappresentato l’81%, mentre gli infortuni il 19%. In Italia invece nel 2018 le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state 641.261 (91%), mentre quelle di malattia professionale 59.585 (9%). Relativamente alle sostanze pericolose un’analisi delle banche dati INAIL ha evidenziato un numero di casi molto basso: nel 2018, su oltre 23.000 casi di malattia professionale accertati, quelle da agenti chimici sono poco meno di 2000, 1445 delle quali provocate da amianto, nonostante le imprese chimiche attive in Italia siano più di 2.800 e occupino circa 110 mila addetti altamente qualificati.

Nonostante l’impegno delle aziende nell’applicare la normativa sia sociale (D.Lgs.81/08) che di prodotto (Regolamenti REACH e CLP) per garantire la salute e la sicurezza di lavoratori e consumatori, è lecito chiedersi se un’incidenza delle malattie professionali così bassa, sia il frutto di questo impegno o risenta di una sottostima dovuta a difficoltà di diagnosi, classificazione e comunicazione.

L’esposizione a sostanze chimiche

L’esposizione professionale a sostanze chimiche in Italia (e in Europa) è generalmente bassa, grazie alle normative europee su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, essa è continua (cronica) e possono verificarsi picchi di esposizione, possibili cause di malattie professionali. I limiti di esposizione professionale esistenti per la maggior parte delle sostanze si riferiscono alle concentrazioni medie durante 8 ore, senza dare un’idea dei picchi di esposizione a cui è esposto un lavoratore durante il suo turno. Inoltre, il rischio chimico è un rischio invisibile, che riduce moltissimo la percezione del rischio da parte dei lavoratori.

Un sistema in grado di misurare in tempo reale e continuamente e di mostrare a lavoratori e datori di lavoro le concentrazioni delle sostanze pericolose disperse nell’atmosfera di un ambiente di lavoro, rendono il rischio chimico visibile e sotto controllo, aumentando la percezione del rischio e identificando quando e dove si verificano i picchi di esposizione, aiutando a comprenderne le cause e ad adottare misure preventive.

In un ambiente di lavoro sono presenti più sostanze contemporaneamente: gli strumenti esistenti che misurano gas nell’aria in tempo reale si basano principalmente su caratteristiche comuni a classi chimiche, come la spettrofotometria o proprietà elettrochimiche, e quindi sono sensibili ma non abbastanza specifici ai fini del monitoraggio dell’aria negli ambienti di lavoro, più utili come sistemi di allarme. I metodi tradizionali di campionamento ed analisi sono invece specifici e accurati ma prevedono la raccolta di campioni che devono poi essere trasportati ed analizzati in laboratorio, tempi di risposta lunghi e perciò una bassa frequenza di monitoraggio. La necessità di disporre di sistemi di misurazione delle sostanze pericolose è in continuo aumento per le aziende poiché esistono più di 150 valori di esposizione professionale per sostanze chimiche pericolose e inoltre, i valori limite di esposizione professionale per le sostanze cancerogene, per i quali la legge richiede di mantenere l’esposizione al valore più basso tecnicamente possibile, sono passati da tre nel 2016 a undici nel 2021, e saranno 25 nel 2024.

Lo sviluppo di nuovi sensori per composti organici volatili

Nel 2019 è terminato il progetto BRIC ID 12/2016, il cui obiettivo era lo sviluppo di nuovi sensori per composti organici volatili (COV), come componenti di strumenti di lettura diretta, per una misura in tempo reale della concentrazione di sostanze chimiche pericolose nell’aria dei luoghi di lavoro in modo sensibile, specifico e affidabile. Sono stati sviluppati molti sensori diversi, con elevata affinità per diverse sostanze, e la progettazione di un sistema intelligente per il monitoraggio del rischio chimico sul posto di lavoro è stato l’obiettivo del successivo progetto BRIC, ID7/2019.

La lezione appresa dai progetti BRIC è che non possiamo rispondere alla domanda “Cosa c’è nell’aria?” utilizzando un unico sensore. Non si può stabilire una relazione un sensore-una sostanza ma una combinazione di sensori-una sostanza. Quindi è necessario avere una serie di sensori diversi e istruirli tramite un programma machine learning per riconoscere le diverse sostanze, cioè sfruttare la loro selettività combinatoria, creando un sistema sensoriale. Disponendo di più sistemi sensoriali si può determinare quali contaminanti sono presenti nell’atmosfera e in quali quantità esatte sono presenti in qualsiasi momento e punto di un ambiente. Infatti, un’altra caratteristica dell’aria di un ambiente di lavoro è che non è omogenea, ma la sua composizione dipende dalle attività che vengono svolte, e da quando e dove vengono svolte.

Perciò il sistema sensoriale sviluppato è composto da più elementi mobili miniaturizzati, che contengono una serie di diversi sensori intercambiabili, che i lavoratori possono facilmente indossare, ed è personalizzabile in base alle sostanze presenti nello specifico ambiente di lavoro, elencate nel Documento di valutazione dei rischi dell’azienda, che secondo la normativa europea sulla salute e sicurezza dei lavoratori deve riportare la descrizione delle mansioni di tutti i lavoratori e dei relativi rischi per ogni fase lavorativa.

Un altro campo esplorato all’interno di questi progetti è la possibilità di misurare gli agenti biologici direttamente sul posto di lavoro. Tradizionalmente, il Rischio Biologico non può essere misurato in aria in tempo reale, poiché è generato da microrganismi viventi che si riproducono continuamente e la cui attività biologica è diversa in dipendenza dal fatto che essi siano vivi o meno. Alcuni agenti biologici, tuttavia, producono composti organici volatili (MVOC), alcuni dei quali possono essere associati a una determinata specie, e che potrebbero essere utilizzati per rilevare la presenza di specie patogene per l’uomo come Aspergillus fumigatus o Legionella pneumophila, mediante l’uso del sistema sensoriale messo a punto per le sostanze chimiche in questione. Un secondo studio riguarda la misura della proteina spike S1 dei virus MERS-CoV, SARS-CoV e SARS-CoV-2 mediante le loro bande di assorbimento mediante spettroscopia vibrazionale infrarossa, che se potesse essere misurata direttamente nell’aria potrebbe fornire informazioni utili alla prevenzione della propagazione dei contagi in ambienti molto frequentati.

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