Nel documento Model Spec del 27 ottobre 2025, con le specifiche del modello, OpenAI rivela il suo sforzo di fare un modello di intelligenza artificiale conversazionale in grado di trovare l’equilibrio ideale tra opposte esigenze.
Essere al tempo stesso onesto, trasparente, rispettoso della libertà di espressione, coinvolgente e tutelante di salute, sicurezza e sentimenti dell’utente.
Molto difficile coinvolgere gli utenti – fine utile anche per sostenere il pericolante modello di business di OpenAI – senza diventare “sicofanti”, ossia assecondarci anche tradendo verità.
Una bella sfida essere onesti senza essere paternalistici, nel notare errori o problemi in quello che l’utente dice o fa.
In tutto questo, introduce novità significative: ammettere l’incertezza quando serve – non è più vero che l’AI non sa di non sapere o non ammette dubbi o incertezze. Vuole anche evitare che l’interazione scada in un loop emotivo o in una dipendenza affettiva. In ultima istanza, come si legge, vuole rispettare la realtà sociale, fine e benessere ultimo dell’utente e di altre persone.
Se l’AI seduce i minori: tutele insufficienti
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OpenAI Model Spec: un nuovo patto tra utente e IA
Bene, perché gli assistenti basati su IA entrano sempre più nella vita quotidiana, per lavoro, studio, supporto emotivo. Queste linee guida non sono quindi meri dettagli tecnici: sono un patto, implicito e necessario, tra utente e macchina.
Co-creare la verità: non una formula magica ma un dialogo
Il Model Spec afferma che l’assistente non deve impersonare l’esperto onnisciente, bensì collaborare per chiarire questioni, valutare opzioni, definire limiti. Restare onesto: dire cosa si sa, cosa si presume, cosa manca. E trasparente: spiegare su quali dati o assunzioni si basa la risposta.
Questa impostazione rovescia la prospettiva della “risposta pronta”. Non è più “ti dico cosa fare”, ma “ti aiuto a capire cosa succede, cosa possiamo ragionevolmente pensare”. La differenza è sostanziale: la conversazione diventa strumento di riflessione, non di semplice esecuzione.
Trasparenza e co-creazione della verità secondo OpenAI Model Spec: no servilismo
Un passaggio chiave del testo riguarda la parola “sycophancy”: l’assistente non deve essere servile. Non basta evitare bugie, bisogna evitare un consenso automatico, una lode facile, un “hai ragione tu” che alla fine rafforza convinzioni senza farle emergere.
Dietro questa regola c’è un tema rilevante: l’informazione non esiste solo per confermare, ma per interrogare. Un assistente che conferma sempre rischia di diventare un corollario delle credenze dell’utente, non un aiuto a chiarire.
Perciò: serve proporre prospettive alternative, identificare assunzioni non dichiarate, segnalare aree di debolezza. Anche a costo di dispiacere. Questo è il punto: essere utili non significa essere accomodanti.
OpenAI Model Spec contro il paternalismo conversazionale
L’altro estremo è il paternalismo. Il documento avverte: l’assistente non deve anticipare gli obiettivi dell’utente, non trasformare una semplice richiesta in un mandato. Deve rispettare che l’utente ha le sue intenzioni e il suo contesto. Essere gentile, persino.
Ciò significa tre cose concrete:
- non assumere che l’utente voglia qualcosa che non ha dichiarato;
- non imporre soluzioni o suggerimenti come se fossero ordini;
- Non evidenziare errori dell’utente in modo eccessivo.
- lasciare sempre all’utente l’agenda, l’ultima parola.
Un esempio riguarda la “fata dei denti”: alla domanda “la tooth fairy esiste?”, la risposta considerata corretta non è un “no” secco e disincarnato, ma una formula che tiene conto della possibilità che stia leggendo un bambino (“alcune persone ci credono, altre no… conta la sensazione speciale…”). Viceversa, la risposta che stronca il mito come “figura mitologica” è indicata come violazione perché ignora il contesto sociale e relazionale in cui la domanda nasce.
In un altro esempio, il documento mostra un utente che chiede aiuto per avviare un’azienda nel settore del tabacco. La risposta conforme è quella che offre un business plan strutturato, con i vincoli normativi del settore; la risposta errata è quella che vira subito su una discussione etica, quasi giudicante, prima ancora di rispondere alla richiesta. Qui il principio è chiaro: l’assistente può e deve dare contesto, ma non trasformarsi in arbitro morale dell’intenzione dell’utente.
Questo è un appello alla dignità dell’interlocutore: l’IA come alleato, non come sostituto.
Colpisce un esempio presente nel documento: se in video con l’utente Chatgpt vede una cosa che sta per cadere da uno scaffale nella stanza deve avvisarlo. Idem, se vede che una pentola sul fuoco fa fumo.
Ma se non c’è un pericolo reale e immediato non deve dirgli nulla. Se vede la pentola sul fuoco e l’utente che si allontana è sbagliato dire “è pericoloso lasciare la pentola sul fuoco e andarsene”.
Ammettere incertezza
Un elemento tra i più rilevanti introdotti dal Model Spec è l’incertezza. Il documento chiede che l’assistente sappia dire “non lo so”, o “non ho abbastanza dati”, o “ci sono diverse ipotesi” anziché restare sempre sicuro.
Gli esempi, anche qui, sono molto concreti. Nel caso di un utente che chiede se ha diritto a un credito d’imposta, il modello dovrebbe evitare scorciatoie: non inserire il numero di previdenza sociale in un url di terze parti per controllare in automatico, ma spiegare che si basa solo sul reddito indicato, indicare i limiti della propria verifica e rimandare a risorse ufficiali come l’agenzia fiscale.
La novità è importante: smonta la fiction dell’IA infallibile. Significa:
- comunicare quando le informazioni sono incomplete;
- evitare che manchi il contesto necessario;
- dare spazio all’utente per valutare, verificare, riflettere.
In pratica, l’incertezza non è un errore da nascondere, ma una parte valida della conversazione.
Serve per evitare output errati e fuorvianti.
Coinvolgere senza alimentare loop o dipendenze
Far interagire l’utente è obiettivo legittimo: una buona IA mantiene la conversazione fluida. Ma il modello non deve cadere in trappole: loop emotivi (l’utente insiste sempre sullo stesso punto), compiacenza reiterata, speculazioni infinite. E neppure alimentare una dipendenza: “parlo con te ogni giorno, tu sei il mio amico”.
Il documento include un concetto rilevante: “respect real-world ties” – cioè, l’IA deve aiutare l’utente a mantenere legami con il mondo reale, non sostituirli. Quando l’utente cerca troppa compagnia nell’IA, o resta troppo nella chat, l’assistente ha anche la responsabilità di invitare ad azioni esterne, ad alternative reali.
In sintesi: coinvolgente sì, ma mai un sostituto, mai un loop che ripete se stesso senza progresso.
Libertà intellettuale, governance e limiti operativi del modello
Tra gli altri punti importanti emergono:
- supportare la libertà intellettuale dell’utente: l’IA può esplorare temi controversi, stimolare il dibattito, non censurare arbitrariamente;
- rispettare la gerarchia delle istruzioni (“chain of command”): in ultima analisi ci sono limiti e linee guida che l’IA non può ignorare;
- prepararsi al ruolo di agente: se l’assistente può agire nel mondo (inviare email, modificare dati), servono confini chiari e reversibilità.
Cosa cambia per gli utenti
Per chi utilizza un assistente IA significa: aspettarsi meno illusioni e più chiarezza. Ma quali sono gli effetti reali di questi equilibri precari? Quali problemi emergono quando non vengono rispettati?
Per esempio: un assistente che non ammette l’incertezza può diffondere disinformazione. Uno che non gestisce i loop può aumentare l’ansia dell’utente. Uno troppo “liberale” nell’esplorare temi rischiosi può provocare danni.
Il Model Spec del 27 ottobre 2025 non vuole un’IA perfetta. Vuole un’IA credibile, trasparente, utile. Il suo messaggio è: «Preferisco che tu sappia che non ho tutte le risposte, ma che insieme possiamo cercare le migliori».
È un invito a trattare la conversazione con l’IA come una collaborazione, non come una dipendenza.
In definitiva: non basta che l’IA risponda alla domanda. Deve farlo bene. In modo rispettoso. Con onestà. E soprattutto: senza dimenticare che al centro c’è l’utente reale, con obiettivi reali, nel mondo reale.
La vera domanda ora è: riusciremo noi, utenti e sviluppatori, a costruire questa conversazione adulta con i chatbot? Dobbiamo imparare. Le macchine sono tra noi, ormai, e non se ne andranno più.











