C’è un filo rosso che unisce i Premi Nobel 2025 per la fisica, la chimica e fisiologia e medicina, ed è l’innovazione. Infatti la tecnologia è sempre più protagonista nella ricerca scientifica, dalla fisica alla chimica fino alla ifisiologia e medicina. La quantistica, il quantum computing e la crittografia post-quantistica sono al centro del Premio Nobel per la fisica 2025.
Il Nobel per la Chimica premia lo “sviluppo di strutture metallo-organiche”, scoperte che hanno profonde e importanti ricadute nell’ambito della sostenibilità, cattura e stoccaggio CO2 e gas tossici e per ricavare acqua dall’umidità dell’aria. lnfine, la scoperta delle cellule T regolatorie, che apre le porte alla lotta contro il cancro e le malattie autoimmuni, è il tema per il Premio Nobel per la Medicina 2025.
Secondo Giacomo Ghiringhelli, professore ordinario del Dipartimento Fisica Politecnico di Milano sentito da AgendaDigitale.eu, “come già accaduto in anni precedenti, il Nobel per la Fisica del 2025 premia scoperte scientifiche di carattere fondamentale che in seguito sono evolute utilizzi tecnologici molto significativi“. Ecco perché l’innovazione è il denominatore comune dei premi i Nobel “Stem” 2025, assegnati a scienziati, le cui scoperte hanno rilevanti ricadute nella tecnologia.
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Premio Nobel per la fisica: il doppio valore di questo riconoscimento
Il comitato svedese dell’ambito riconoscimento ha assegnato il Premio Nobel per la fisica a John Clarke, Michel H. Devoret e John M. Martinis “per la scoperta dell’effetto tunnel quantistico macroscopico e della quantizzazione dell’energia in un circuito elettrico”.
I tre fisici hanno saputo fornire una dimostrazione pratica della fisica quantistica, svelando cosa succede quando alcuni fenomeni quantistici della scala subatomica entrano in campo nel mondo macroscopico. Quello sufficientemente grande da potersi tenere in mano, dove sono coinvolte numerosissime particelle.
John Clarke, britannico classe 1942, è professore all’Università della California di Berkeley negli Stati Uniti. Michel H. Devoret, francese nato nel 1953, insegna all’Università di Yale e all’Università della California a Santa Barbara, in quest’ultima è professore anche John M. Martinis, statunitense del 1958.
Prima dei loro esperimenti, gli scienziati avevano studiato i “bizzarri” comportamenti del mondo della fisica quantistica soltanto in sistemi con scarse particelle, senza mai trasportare questi effetti dalla scala microscopica, riferita a singole particelle, alla scala macroscopica, in un regno con tante particelle.
L’esperimento sulla superconduttività
Il merito di Clarke, Devoret e Martinis è stato quello di “rompere questo tabù” attraverso la sperimentazione, realizzando un circuito elettrico con un processori di circa un centimetro.
“L’idea, in questo caso – spiega il professor Giacomo Ghiringhelli – era di costruire un dispositivo in cui un fenomeno squisitamente quantistico come la superconduttività potesse portare fino a una scala macroscopica alcuni effetti normalmente osservabili solo sulla scala atomica. Nello specifico, gli esperimenti realizzati negli anni ’80 da Clarke e dai suoi più giovani collaboratori hanno dimostrato l’esistenza dell’effetto tunnel e della quantizzazione dei
livelli energetici anche in un circuito elettronico realizzato con materiale superconduttore. La scoperta ha un valore concettuale, perché dimostra che il confine tra fisica classica e quantistica può essere spostato verso la scala macroscopica“.
Spostare il confine tra fisica classica e quantistica
I Premi Nobel hanno dimostrato che le regole della meccanica quantistica valgono non solo nel mondo quantistico, ma anche in quello della nostra esperienza quotidiana.
Ma non solo. Esistono impatti concreti nell’ambito dell’innovazione delle scoperte dei Premi Nobel per la Fisica 2025. Nel mondo della tecnologia e del digitale, per esempio, le applicazioni di queste scoperte spaziano dal quantum computing alla crittografia post-quantistica.
“Però non valuto l’impatto tecnologico, soprattutto perché siamo ancora in una fase molto iniziale dello sviluppo, invece, preferisco evidenziare il doppio valore del lavoro premiato, fondamentale e applicativo“, precisa il professor Ghiringhelli.
Saverio Pascazio (collaboratore del Premio Nobel Devoret): ecco i precursori del computer quantistico
AgendaDigitale ha intervistato Saverio Pascazio, professore dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, dipartimento interuniversitario di Fisica, che ci ha illustrato più nel dettaglio “le ricerche dei Premi Nobel che hanno indagato fenomeni precursori alla tecnologia del computer quantistico”.
“Le ricerche che hanno fatto Devoret e gli altri Premi Nobel – commenta il professor Pascazio che ha lavorato con Devoret, successivamente alle ricerche oggetto del Premio Nobel – si riferiscono a fenomeni di fisica quantistica che sono precursori alla tecnologia che viene abitualmente utilizzata per i computer quantistici a super conduttore”.
“Ci sono varie tecnologie per computer quantistici: superconduttori, atomi, freddi, ioni intrappolati, atomi di Rydberg eccetera – aggiunge Saverio Pascazio -. Quelle di cui si sente parlare più spesso (tecnologia Ibm o Google) sono i computer quantistici a superconduttore dove i qubit superconduttivi sono fatti con dei ‘circuitini’ a superconduttore. Ora, il Premio Nobel è stato conferito su questa tecnologia. I Nobel non hanno fatto i qubit, ma hanno verificato effetti che sono precursori alla tecnologia che poi viene applicata sui computer quantistici”.
Un qubit o bit quantistico, rappresenta l’unità fondamentale di informazione nel calcolo quantistico. Analogo al bit dei computer tradizionali, vanta però la possibilità di esistere nella sovrapposizione degli stati 0 e 1, oltre all’entanglement con altri qubit (letteralmente: groviglio, intreccio. Albert Einstein lo definì “azione spettrale a distanza” ovvero un fenomeno per cui due particelle fuse in stati quantici complementari, si comportano come una singola entità, a prescindere da quanto esse siano distanti tra loro).
Questa sovrapposizione consente ai computer quantistici l’elaborazione di informazioni in modi differenti e più potenti rispetto ai computer classici, trovando soluzioni a problemi complessi in tempi brevissimi.
Il ruolo del Nobel Devoret
“Parliamo di sistemi microscopici, atomi delle dimensioni 10 alla -10 metri. Invece i qubit superconduttivi sono mille/diecimila volti più grandi. E quindi siamo quasi nel macroscopico. Pertanto Devoret e collaboratori sono riusciti a capire che le leggi quantistiche si potessero applicare al mondo macroscopico. Il breakthrough è che i Premi Nobel hanno verificato che le leggi quantistiche si possono applicare anche al mondo macroscopico: questi qubit superconduttivi prendono il nome di atomi artificiali. Quindi, è una prova di principio che precorre i computer quantistici che si fanno a superconduttori, ma non sarebbe stato possibile immaginarli senza capire il meccanismo che sta dietro”, conclude il professor Saverio Pascazio.
L’impatto tecnologico dei Premi Nobel per la Fisica 2025
“Non esiste oggi alcuna tecnologia avanzata che non si basi sulla meccanica quantistica, compresi i telefoni cellulari, le macchine fotografiche… e i cavi in fibra ottica”, ha dichiarato il comitato del Nobel.
Secondo il professor Ghiringhelli, “la dimostrazione dell’effetto tunnel macroscopico e della quantizzazione degli stati in un dispositivo elettronico ha anche un impatto tecnologico, che potremo apprezzare in modo completo solo nei prossimi decenni”.
“Dopo le scoperte degli anni ottanta, ci si è resi conto che è possibile sfruttare questi effetti quantistici macroscopici per inventare nuove classi di dispositivi elettronici – mette in evidenza Giacomo Ghiringhelli -. Le giunzioni Josephson usate per i lavori pionieristici sono divenute l’elemento centrale dei qbit dei computer quantistici basati tecnologia a superconduttore”.
Quantum computing
Gli stessi Devoret e Martinis si sono adoperati in questa rincorsa tecnologica. “Anche se primi esemplari funzionanti di computer quantistico sono basati su qbit superconduttori, non sappiamo se alla fine la tecnologia vincente sarà questa“.
Ma rimane il fatto che “sia la dimostrazione concettuale che la prima realizzazione pratica sfruttano la superconduttività, il più celebre dei fenomeni quantistici macroscopici. Il Nobel 2025 premia questa doppia valenza della ricerca dei tre vincitori“, conclude il professor Ghiringhelli del Politecnico di Milano.
I computer quantistici sono in via di rapido sviluppo, tanto che alcuni esperti prevedono che potrebbe comparire entro un decennio il primo dispositivo in grado di violare gli attuali metodi di crittografia, minacciando la sicurezza e la privacy di persone, aziende e organizzazioni e interi Paesi.
Le scoperte dei Premi Nobel aprono la strada a risolvere queste problematiche, sviluppando algoritmi crittografici post-quantistici in grado di resistere alla minaccia del quantum computing.
L’innovazione nei Premi Nobel 2025 per la Chimica
L’Accademia reale svedese delle Scienze ha assegnato il Nobel per la Chimica 2025 al giapponese Susumu Kitagawa, all’australiano Richard Robson e al giordano – americano Omar Yaghi per il loro lavoro sullo “sviluppo di strutture metallo-organiche, i metal–organic frameworks”, i cosiddetti Mof.
Il presidente del Comitato del Nobel per la chimica Heiner Linke, spiegando le ragioni del premio, ha detto che «hanno sviluppato un nuovo tipo di architettura molecolare. Srutture metallo-organiche che contengono grandi cavità e in cui le molecole possono fluire dentro e fuori. Come con le stanze di un albergo”.
Ogni struttura può contenere gas, per esempio, come la borsetta di Hermione di Harry Potter senza fondo e contenente di tutto. La possibilità di entrare e uscire delle particelle ha consentito ai ricercatori di utilizzarle al fine di raccogliere acqua dall’aria del deserto, estrarre inquinanti dall’acqua, catturare l’anidride carbonica ed immagazzinare idrogeno…
“I Mof hanno saputo attrarre interesse non solo per la loro natura chimica, ma anche e soprattutto per la loro architettura molecolare, stimolando molto la fantasia e la creatività dei chimici e portando a un’;espansione estremamente veloce di questo ambito di ricerca”, spiega ad AgendaDigitale.eu Marco Taddei, professore associato di chimica all’Università di Pisa ed esperto di Mof.
Le applicazioni dei Mof
I tre chimici hanno infatti creato nuovi materiali, come strutture molecolari capaci di “catturare” e immagazzinare acqua dall’aria, anche in zone aride, inquinanti dall’acqua o anidride carbonica (CO2) dall’aria. Le applicazioni sono nell’ambito della sostenibilità, cattura e stoccaggio CO2 e gas tossici e per ricavare acqua dall’umidità dell’aria.
Inoltre Mof specifici sono già stati testati come sensori, per il rilevamento di ammoniaca, formaldeide e vapori di nitrocomposti, con sensibilità fino a parti per miliardo (ppb). Infine, un esempio recente è il ZIF-8, un Mof a base di zinco, capace di proteggere i farmaci dalla degradazione nel tratto digestivo e di rilasciarli gradualmente nell’organismo.
La chimica dei MOF
La chimica reticolare, ovvero la chimica dei MOFof dà modo di costruire queste strutture, a livello molecolare, ostanzialmente a piacimento del chimico, che può utilizzare, come ingredienti, virtualmente tutti gli elementi della tavola periodica, in quanto un MOF contiene sia un metallo che una molecola (detta “legante”) organica, ovvero basata sul carbonio ed altri non metalli.
In buona approssimazione, ciò apre le porte a un’infinità di possibili combinazioni. Infatti, in venticinque anni, dal 1999 in poi, in cui lo sviluppo di questa chimica ha acquisito crescente importanza, sono stati scoperti più di centomila di questi materiali, il che dà un’idea delle possibilità che si prospettano. E non ci si ferma qua, si andrà ancora avanti, continuando a scoprire nuovi materiali giornalmente.
Ma, al di là dell’interesse fondamentale, anche se solo l’uno per cento di questi materiali può catturare interesse da un punto di vista più applicativo, siamo comunque di fronte a un considerevole numero di nuovi materiali da immettere sul mercato per una serie di utilizzi pratici.
Qualcosa che probabilmente non è comparabile con altre classi di materiali.
Di conseguenza, questo aspetto risulta estremamente attrattivo non solo per i chimici, ma anche per gli scienziati di altri campi.
La cattura di CO2 ed altre applicazioni
Al momento si registra molto interesse su processi di “adsorbimento” di gas, in particolare per la cattura di CO2 , che è peraltro la prima applicazione, per la quale i MOF sono stati utilizzati su una scala che non è più di laboratorio o comunque esplorativa. E infatti, nel 2022, c’è stato l’annuncio da parte di un’azienda canadese, Svante, dell’utilizzo per la prima volta di un MOF in un impianto pilota per la cattura di CO2 da fumi di combustione in un impianto della produzione del cemento. Quindi, non si tratta più di una semplice promessa lunga 25 anni, ma i MOF hanno dimostrato di poter effettivamente vantare un’applicazione industriale ed essere competitivi con processi o materiali già esistenti.
Oltre a ciò c’è molto lavoro nell’ambito della cattura dell’acqua dall’aria, particolarmente importante per i Paesi aridi. Ma questa proprietà di adsorbimento nei confronti dell’acqua può trovare un utilizzo, per esempio, anche per scopi di condizionamento dell’aria oppure all’interno di pompe di calore.
Inoltre, altri potenziali utilizzi dei MOF si hanno nell’ambito della
catalisi, ovvero delle trasformazioni chimiche e per la chimica fine o per la conversione della CO2 in prodotti che possano essere poi valorizzati sul mercato.
Altre applicazioni sono l’utilizzo in dispositivi elettrochimici, quindi, per stoccaggio di energia, o per la decontaminazione di acque reflue da inquinanti organici, quali antibiotici o (i famosi PFAS) e di metalli pesanti velenosi come, per esempio, cadmio e mercurio.
In conclusione, c’è un ventaglio di possibilità che auspicabilmente nel prossimo futuro vedranno un ulteriore sviluppo, anche grazie all’entusiasmo generato dal premio Nobel. Insomma, si va oltre il semplice interesse accademico.
Marco Taddei (professore associato di chimica all’Università di Pisa ed esperto di Mof)
Premio Nobel 2025 per la Fisiologia e Medicina: al centro le cellule T
Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi sono stati insigniti del Premio Nobel per per la Fisiologia e Medicina per le loro scoperte su come funziona la tolleranza immunitaria periferica.
I tre “laureati – si legge nella nota – hanno identificato le guardie di sicurezza del sistema immunitario, le cellule T regolatorie, che impediscono alle cellule immunitarie di attaccare il nostro stesso corpo. Le loro scoperte hanno inaugurato gli studi sulla ‘tolleranza periferica’, stimolando lo sviluppo di trattamenti medici per il cancro e le malattie autoimmuni”.
La scoperta alla base del Premio Nobel per la Medicina 2025 apre le strada all’approfondimento dei meccanismi (cellulari, molecolari e farmacologici) per bloccare i linfociti T-reg che favoriscono la progressione e l’espansione metastatica dei tumore. Ma anche allo studio di terapie per curare sindromi autoimmunitarie (quali l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1 eccetera) e per elaborare strategie anti-rigetto nei trapianti.
Prospettive future
L’innovazione è il vero motore dei Premi Nobel 2025. La ricerca scientifica ha sempre più importanti ricadute nella tecnologia.
Lo sviluppo di algoritmi crittografici, in grado di resistere alla computazione quantistica, è prioritario per garantire comunicazioni digitali sicure negli anni 2030. Infatti i ricercatori stanno lavorando per creare sistemi che non siano attaccabili quando i computer quantistici, nel volgere di qualche anno, saranno commercialmente disponibili per un utilizzo diffuso. Al momento siamo ancora a livello di prototipi di laboratorio, ma nell’arco di un quinquennio tutto può accelerare.
La chimica dei Mof, invece, ha cruciali ricadute nella sostenibiltà, I Nobel per la chimiai hanno contribuito a realizzare nuovi materiali che hanno le potenzialità di risolvere alcune delle più principali sfide dell’umanità, con applicazioni che spaziano dalla scomposizione di tracce di farmaci nell’ambiente alla cattura della CO2, responsabile dei cambiamenti climatici, alla raccolta di acqua dall’aria del deserto.
Infine la scoperta alla base del Premio Nobel per la Medicina 2025 apre le strada allo studio di strategie antitumorali, da abbinare ad altre terapie immunologiche e chemioterapiche, alla cura di sindromi autoimmunitarie e a sistemi anti-rigetto nei trapianti. L’innovazione è alla base della ricerca scientifica e quest’ultima ha sempre più impatto nel progresso tecnologico. E questi riconoscimenti ce lo ricordano.













