Un’intesa che rischia di indebolire il fronte multilaterale faticosamente costruito nel 2021 e di riscrivere radicalmente la portata della tassa minima globale definita dall’OCSE, con significative conseguenze per tutte le economie, incluse le imprese italiane. Il G7 ha siglato un accordo che favorisce le multinazionali americane esentandole dalla Global Minimum Tax (GMT).
Questo rappresenta una vittoria piena per Donald Trump e le Big Tech americane, che vedono allontanarsi la prospettiva di maggiori oneri fiscali all’estero. Si stima che le aziende statunitensi risparmieranno circa cento miliardi di dollari in tasse all’estero.
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Tassazione globale big tech, la proposta statunitense per la Global Minimum Tax
La proposta originaria, avanzata dall’amministrazione Trump, prevedeva un sistema alternativo per esentare i gruppi a controllo americano dalle regole di inclusione degli utili e sui profitti non tassati, in virtù di normative minime già vigenti negli Stati Uniti.
L’accordo è stato facilitato dalla decisione americana di eliminare dal ‘One Big Beautiful Bill Act’ di Trump le clausole che autorizzavano una “tassazione di rappresaglia” (nota come ‘revenge tax’) contro i Paesi che avessero tassato le imprese americane in modo “discriminatorio”.
Il sistema OCSE per la tassazione globale: un passo storico a rischio
L’accordo del 2021 sulla tassa minima globale, siglato in sede OCSE, era stato salutato come uno dei più ambiziosi trattati di cooperazione fiscale internazionale.
L’obiettivo era impedire ai giganti del digitale di scegliere arbitrariamente la giurisdizione fiscale più vantaggiosa per contabilizzare i propri profitti, ponendo fine al profit shifting e alle pratiche elusive delle multinazionali.
L’Italia e la politica fiscale globale
L’Italia figura tra i paesi che hanno sostenuto questo accordo. La principale preoccupazione italiana era la potenziale minaccia della ‘revenge tax’ statunitense, che avrebbe potuto colpire non solo le grandi multinazionali, ma anche le aziende europee con interessi negli USA.
L’accordo del G7, sebbene in apparenza una vittoria diplomatica, dimostra che il multilateralismo fiscale rischia di trasformarsi in una situazione incerta e variabile. Il pericolo è che questo precedente possa disgregare il sistema fiscale globale, qualora ogni grande economia potesse riscrivere le regole a proprio vantaggio.
Tassazione globale big tech, cosa aspettarci in Europa
In questo contesto, l’Europa si trova nella posizione di doversi difendere, piuttosto che guidare. L’apertura di un doppio binario di tassazione potrebbe portare a:
- maggiore frammentazione: se le regole si negoziano per colpi di potere e il sistema fiscale globale rischia di disgregarsi, diversi paesi potrebbero intraprendere strade diverse;
- rinascita delle tasse digitali nazionali: l’assenza di una soluzione globale uniforme potrebbe riaprire la partita delle imposte digitali nazionali, una preoccupazione già espressa dagli Stati Uniti.
Se da un lato l’accordo del G7 ha scongiurato ritorsioni fiscali immediate per le imprese italiane con interessi negli USA, dall’altro ha creato una significativa crepa nel consenso globale sulla fiscalità. La questione che rimane aperta è chi scriverà, d’ora in avanti, le regole della fiscalità globale.