Se il primo Trump era stato lento e fatalmente impacciato nei suoi primi passi alla Casa Bianca, a otto anni di distanza il rieletto presidente degli Stati Uniti ha dimostrato di sapersi muovere con grande velocità.
Anzi, sembra quasi che i quattro anni di purgatorio, che hanno spesso rischiato di tramutarsi in un temuto inferno, gli abbiano dato la carica per spaccare il mondo nella sua prima settimana in carica. Revocando a man bassa executive order del suo predecessore e firmandone di propri. Nella messe di interventi, che hanno toccato pressoché tutte le aree di governo, se ne contano diversi che direttamente o indirettamente cambiano gli indirizzi precedenti di policy sul digitale.
Uniti ad alcuni annunci inattesi e azioni a sorpresa, a partire dalle due aree di elezione di questo secondo mandato Trump che sono chiaramente l’intelligenza artificiale e le criptovalute.
Gli interventi di Trump sull’intelligenza artificiale
Già nel suo primo giorno in ufficio, lunedì 20 gennaio, Trump ha revocato l’executive order del suo predecessore, datato 30 ottobre 2023, sul “Safe, Secure, and Trustworthy Development and Use of Artificial Intelligence”, nel quale, partendo dalla constatazione delle straordinarie opportunità offerte dai sistemi di IA ma anche dei potenziali rischi connessi ad “irresponsible use” degli stessi e della volontà di governare lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA, erano declinate 8 priorità e principi guida da osservare nello sviluppo ed utilizzo dei sistemi di IA e previsti adempimenti di importanza crescente a seconda del bene che si intende tutelare (in primis la sicurezza nazionale) a carico delle imprese.
In più giovedì un altro ordine esecutivo: per mantenere la leadership globale nella tecnologia dell’IA, “dobbiamo sviluppare sistemi di IA che siano liberi da pregiudizi ideologici o da agende sociali artificiali”, si legge nell’ordine di Trump.
Il nuovo ordine non indica quali politiche esistenti stiano ostacolando lo sviluppo dell’IA, ma si propone di rintracciare e rivedere “tutte le politiche, le direttive, i regolamenti, gli ordini e le altre azioni intraprese” a seguito dell’ampio ordine esecutivo sull’IA del 2023 dell’ex presidente Joe Biden, che Trump ha revocato lunedì.
Ai soggetti che sviluppano tecnologie avanzate di intelligenza artificiale, infatti, erano imposti obblighi di rendicontazione e, sulla base del “Defense production act”, i produttori di grandi modelli di AI erano chiamati a fornire al governo informazioni importanti, tra cui indicazioni relative alle fasi di addestramento di nuovi modelli ed alle misure di sicurezza informatica utilizzate, ivi inclusi i test di red teaming, attraverso i quali si mira ad individuare i punti deboli nei modelli di IA. Il tutto, al fine di individuare e monitorare le potenziali minacce che l’IA può rappresentare per la sicurezza nazionale, la salute pubblica e l’economia.
Inoltre, e in parte prevalente, il provvedimento conteneva una serie di disposizione per il procurement e l’adozione dell’IA nell’apparato federale.
Ovviamente, non si trattava di nulla di veramente paragonabile all’AI Act, non potendo sostituirsi il potere esecutivo a quello legislativo, ma di quanto più vicino poteva esserci a livello statunitense (anche perché nel frattempo la legislazione californiana, approvata dal Parlamento statale, era stata soggetta lo scorso settembre al veto del Governatore, sempre democratico).
L’ultimo ordine di Trump prevede anche lo sviluppo di un piano d’azione sull’IA entro 180 giorni. A guidare il lavoro sarà un piccolo gruppo di funzionari della Casa Bianca che si occuperanno di tecnologia e scienza, tra cui un nuovo consigliere speciale per l’IA e la crittografia, ruolo che Trump ha affidato al venture capitalist ed ex dirigente di PayPal David Sacks.
La nascita di Stargate
Ma mentre l’atto di lunedì era ampiamente previsto, l’annuncio del giorno dopo, dato in una conferenza stampa organizzata in tutta fretta alla Casa Bianca, ha colto di sorpresa tutti (compresi sembra alcuni dei soggetti coinvolti nell’iniziativa). È stata annunciata la nascita di Stargate, joint venture tra OpenAI, Oracle e Softbank (con il possibile ingresso tra i fondatori anche del fondo di stato per l’AI di Abu Dhabi MGX), che ha lo scopo di raccogliere e gestire da subito 100 miliardi di dollari e in prospettiva ben 500 miliardi di dollari per costruire infrastrutture per l’IA negli Stati Uniti, principalmente data center da mettere al servizio di OpenAI. Una cifra enorme messa tutta insieme su un unico piatto (da una sola impresa, sia pure frutto degli sforzi congiunti di diversi colossi della tecnologia, in un solo Paese, per quanto il leader assoluto nel settore oltre che nazione più ricca e potente del mondo). E che ha ovviamente stuzzicato Trump anche perché sembrava la diretta conseguenza del suo provvedimento del giorno prima.
Peccato che non sia dato ancora capire come si arriverà a quella cifra. Sarà anche interessante capire se l’iniziativa potrà in qualche modo dare seguito alle ambizioni mai nascoste di Sam Altman, fondatore e CEO di OpenAI, di sviluppare in casa chip specializzati per l’IA. In effetti, la principale partecipazione attuale di Softbank, Arm, è uno dei principali chipmaker al mondo anche se al momento molto lontano dal poter scalzare Nvidia dal suo ruolo attuale quasi monopolistico di fornitore di GPU (graphics processing unit) specializzate per l’IA.
Così come il fondo MGX era stato già associato in passato al tentativo di raccogliere capitali in questo senso. In ogni caso, qualora gli investimenti annunciati potessero essere realizzati almeno in parte significativa, l’orizzonte per OpenAI potrebbe essere decisamente più solido. Di fronte alla spesa a suon di decine di miliardi di dollari di colossi del calibro di Amazon, Google e Microsoft, ma anche dello stesso Musk che sta costruendo nel Tennessee un supercomputer al servizio della sua xAI con la capacità di ospitare fino a 1 milione di GPU (dopo averne annunciato a ottobre, solo due mesi prima, “solo” 200 mila), OpenAI rischiava infatti di esserne travolta.
IA, un piano d’azione per sostenere e rafforzare la leadership statunitense
Se l’operazione Stargate avviene interamente con capitali privati (contrariamente a quanto molti commentatori italiani hanno almeno inizialmente compreso), Trump non ha rinunciato a dire la sua sui temi IA, dopo aver revocato l’executive order di Biden. Infatti, nella notte di giovedì, e qui passiamo alla seconda sorpresa della settimana in materia IA, attraverso un proprio ordine esecutivo, ha dato mandato ai suoi principali collaboratori di produrre e porre alla sua attenzione entro 180 giorni un piano d’azione per sostenere e rafforzare la leadership statunitense al fine di promuovere il benessere umano, la competitività economica e la sicurezza nazionale.
Verso nuove regole per le criptovalute
Sulle criptovalute, la sorpresa era in realtà arrivata prima che Trump si insediasse, con il lancio di una memecoin da parte dello stesso Presidente. Come indica il nome, i memecoin sono criptovalute ispirate a meme e altri fenomeni virali. Facile dunque che possano sfruttare la popolarità di un personaggio e se poi quest’ultimo è il presidente degli Stati Uniti che ha già ampiamente dichiarato negli scorsi mesi, smentendo opinioni del tutto diverse espresse in precedenza, che terrà una regolazione favorevole e, a scanso di equivoci, ha nominato alla SEC un noto supporter delle valute digitali ecco che il cortocircuito perfetto è servito. A un certo punto, $TRUMP è arrivata a capitalizzare oltre venti miliardi di dollari, prima di vedere il suo prezzo ridursi quasi della metà appena è stata lanciata la memecoin $MELANIA. Sembra uno scherzo ma non lo è.
L’ordine esecutivo per rafforzare la leadership americana nella finanza digitale
Nel frattempo, la quotazione del Bitcoin ha raggiunto il record storico (con un valore più che raddoppiato rispetto a un anno prima).
Nella notte italiana di giovedì, infine, Trump ha emanato un ordine esecutivo per certi versi gemello di quello sull’IA (a dimostrazione che le due tecnologie viaggiano in parallelo nella sua testa), con lo scopo di rafforzare la leadership americana nella finanza digitale. Nel provvedimento, si prevedono tra l’altro la revoca di un ordine esecutivo di Biden del 2022 che provava a regolare la materia, nonché di un documento del Dipartimento del Tesoro che proponeva un meccanismo di cooperazione internazionale e la nomina di un gruppo di lavoro sui digital asset, presieduto dallo zar per l’IA e le cripto David Sacks (che tra l’altro, si è venuto a sapere nel frattempo, è un investitore della stessa piattaforma che ha promosso la memecoin presidenziale, tanto per ingarbugliare ancora di più la questione della sovrapposizione di interessi pubblici e privati).
Il gruppo di lavoro ha il compito di consegnare, anche in questo caso entro 180 giorni, un rapporto al Presidente con proposte legislative e regolamentari per sviluppare il settore. Tra le misure potenzialmente più controverse, evocate nell’executive order, l’accumulazione di moneta digitale come riserva strategica, al pari di oro e petrolio. Quel che appare al momento certo è che gli USA non promuoveranno, almeno per i prossimi quattro anni, valute digitali statali, rispetto alle quali l’executive order proibisce esplicitamente qualsiasi iniziativa. Un modo per fare contenti i libertari tech ma anche i capitalisti che ne cavalcano il fervore, a partire dall’uomo più potente del mondo e diversi dei suoi collaboratori.
Libertà di espressione e politiche DEI
Sui due fronti, le novità erano largamente attese, essendo componente fondamentale identitaria del movimento trumpiano. Dunque, non meraviglia l’executive order rilasciato a insediamento avvenuto nelle ore precedenti con il quale Trump ha ordinato al governo federale di non effettuare attività che censurino qualsivoglia cittadino americano in nome della lotta alla disinformazione o alla misinformazione. Chi lo farà potrà essere perseguito. Non solo: in nome del primo emendamento della Costituzione americana, viene chiesto al ministro della giustizia di investigare le attività del governo federale degli ultimi 4 anni e di compilare un rapporto che dia conto di eventuali violazioni della libertà di espressione compiute dalla precedente amministrazione e proponga possibili rimedi.
Sul fronte delle policy in favore della diversità (comunemente note con l’acronimo DEI, che sta per Diversity, equity, inclusion), un altro ordine esecutivo, licenziato sempre lunedì, proibisce pratiche DEI all’interno del governo federale statunitense, revocando le politiche decise dall’amministrazione Biden. Addirittura, dà disposizione di verificare che le unità che all’interno dei vari dipartimenti e agenzie federali al 4 novembre lavoravano su policy DEI non abbiano nel frattempo cambiato nome per sfuggire all’atteso repulisti trumpiano.
Il passo indietro di Meta sui programmi di fact-checking
Entrambe le questioni, libertà di espressione e diversità, sulle quali le opinioni della nuova Presidenza sono ampiamente note, hanno visto anche il fronte privato esporsi. Tra quelle tecnologiche, l’impresa che più di tutte si è mossa in questo senso è stata Meta, che in rapida successione ha annunciato nelle settimane precedenti l’insediamento di Trump la fine dei programmi di fact-checking, sposando le community notes sulla falsariga di quanto già fa X, nonché delle politiche di diversità attualmente in vigore. Su quest’ultimo fronte l’altra grande impresa tecnologica che si è allineata al nuovo mood è stata Amazon mentre Apple, Google e Microsoft hanno confermato le loro policy attuali (almeno per il momento). In realtà, sia Amazon che Meta hanno tenuto a specificare di essere sensibili ai temi della diversità e dell’inclusione ma che intendono perseguirli con policy diverse da quelle messe in campo nel recente passato. Fatto sta non è stata tanto la decisione in sé quanto la scelta dei tempi a destare qualche sospetto sulla volontà di volersi ingraziare il nuovo presidente.
Il ruolo di Elon Musk nella strategia di Trump
In generale, la prima settimana di presidenza Trump ha mostrato che i temi digitali, almeno per quanto riguarda intelligenza artificiale e criptovalute, saranno molto più al centro dell’attenzione rispetto al primo mandato.
Questo elemento, di per sé positivo, viene tuttavia con due caveat molto importanti. Il primo riguarda la commistione per certi versi senza precedenti tra bene pubblico e interessi particolari. Testimoniati dall’incredibile vicenda del lancio dei memecoin ma anche da altri elementi, come la presenza dell’uomo più ricco del mondo nella West Wing presidenziale. Anche perché, altra sorpresa della settimana, al famoso DOGE, il Department of Government Efficiency, guidato da Musk (rimasto peraltro solo, viste le dimissioni dell’altro billionaire Vivek Ramaswamy chiamato a condividerne il comando) è stato data una collocazione all’interno non solo della struttura di governo ma della Casa Bianca, a diretto riporto del capo di gabinetto di Trump, Susan Wiles.
Attenzione però a ritenere Trump una marionetta di Musk. Questa prima settimana ci è servita a comprendere bene come il presidente sappia sfruttare la situazione per massimizzare il risultato complessivo. Lungi dall’essere manipolato da questo o da quello, Trump lascia il più possibile aperte le varie possibilità, di fatto aprendo un’asta per chi propone le cose più interessanti per lui e il Paese. Come ha dimostrato non solo spalancando le porte della Casa Bianca a Sam Altman, da tempo arci-nemico di Musk, dopo esserne stato di fatto un collaboratore nelle fasi iniziali di OpenAI, ma anche durante la stessa conferenza stampa dichiarando ai giornalisti che il futuro azionista statunitense di TikTok potrebbe ben essere l’uomo più ricco del mondo come pure la stessa Oracle, già oggi partner del social media nella gestione dei dati dei suoi utenti statunitensi. Normale che Musk abbia reagito malissimo, arrivando al punto di retwittare dichiarazioni apertamente anti-trumpiane rilasciate in passato da Altman. Dunque, su questo fronte ne vedremo di ogni probabilmente, ma già sappiamo che lo spettacolo, più che intrattenerci, ci inquieterà.
Le sfide per l’Europa nella seconda era Trump
Infine, l’altro caveat si riferisce all’Europa. La settimana non ha portato i temuti dazi e tutto sommato gran parte dei provvedimenti si riferisce a questioni interne, con l’eccezione del ritiro dall’OMS e dall’Accordo di Parigi ma soprattutto, rispetto al settore digitale, dall’accordo per una imposta minima sulle multinazionali, che in parte importante (anche se tutt’altro che esclusiva) dovrebbe riguardare le Big Tech statunitensi. Ma qualunque mossa della più prospera e potente nazione al mondo finisce per avere ricadute esterne. Come si evince anche dal discorso in videocollegamento di Trump a Davos, con ancora più forza rispetto al precedente mandato del tycoon, gli Stati Uniti reclamano un ruolo di leadership assoluta. Chiedendo alle nostre imprese (e a maggior ragione alle loro) di investire primariamente sul suolo statunitense e a noi di non intralciarle con le nostre regole. Al momento, la reazione europea è stata molto soft ma quando dalle parole si passerà ai fatti si misurerà davvero la capacità dell’Europa di non farsi intimidire, perseguendo sicuramente un rapporto costruttivo con gli USA ma anche una propria strada, possibilmente fondata su una maggiore competitività e una minore dipendenza da soggetti esterni. Anche sul digitale.