Il governo definisce la nuova Legge di bilancio 2026 da circa 18 miliardi. Taglio dell’IRPEF, incentivi al lavoro stabile, più fondi per famiglie e sanità. Ma la crescita resta debole e molte misure sono ancora in bilico.
| Indicatore | Valore stimato 2026 |
| Totale della manovra | 18–19 miliardi di euro |
| Risparmi da revisione della spesa | 7,15 miliardi nel triennio (2,2 nel 2026, 2,15 nel 2027, 2,8 dal 2028) |
| Nuove entrate previste | Coperte da rimodulazioni e risparmi (nessun aumento fiscale diretto) |
| Deficit programmatico | Sotto il 3% del PIL (DPFP: 2,7%; altre stime: 2,8%) |
| Investimenti pubblici | Circa 3,8% del PIL, tra i livelli più alti in Europa |
Indice degli argomenti
Cosa prevede la legge di bilancio 2026
La Legge di Bilancio 2026, presentata dal governo nell’ambito del Documento programmatico di bilancio, si muove lungo una linea sottile tra prudenza contabile e ambizione politica. Dopo due anni segnati dall’attuazione del PNRR e dall’alta inflazione, la nuova manovra prova a restituire margini di crescita mantenendo la disciplina di bilancio richiesta da Bruxelles.
L’intervento complessivo, intorno ai 18–19 miliardi di euro, nasce da un bilanciamento delicato tra nuove misure espansive e una revisione della spesa ministeriale che produrrà oltre 7 miliardi di risparmi nel triennio. Il governo promette di non introdurre nuove imposte e di finanziare i principali interventi con rimodulazioni e tagli selettivi. Le priorità sono alleggerire il fisco sul lavoro, sostenere le famiglie, rilanciare l’innovazione e difendere la tenuta della sanità pubblica.
Fisco e lavoro: il ritorno del reddito medio
Il primo capitolo, e quello più politicamente sensibile, riguarda il fisco. L’esecutivo punta a confermare il taglio dell’IRPEF introdotto nel 2025 e a rendere più progressiva la curva per i redditi medi, tra 28 e 55 mila euro l’anno. L’obiettivo è ridurre il cuneo fiscale senza compromettere i conti pubblici. Accanto a ciò, la manovra introduce un rafforzamento degli incentivi per le assunzioni stabili, in particolare per giovani, donne e lavoratori del Sud, e prevede un’estensione dei crediti d’imposta per la formazione e la transizione digitale nelle imprese. Il governo parla di una “semplificazione delle agevolazioni fiscali” — con la cancellazione di quelle meno efficaci, alcuni osservatori notano che la maggior parte delle misure ha carattere temporaneo. La sfida resta quella di trasformare sgravi e bonus in strumenti strutturali di politica del lavoro.
Famiglie e welfare: più risorse, ma tempi lunghi
Il secondo asse della manovra riguarda famiglie, natalità e scuola. Il governo stanzia circa 1,6 miliardi di euro aggiuntivi per il 2026: l’assegno unico universale verrà rafforzato, così come il bonus per le madri lavoratrici, che passa da 40 a 60 euro mensili per chi ha almeno due figli. Nuove risorse andranno agli asili nido e ai servizi per l’infanzia, nell’ottica di facilitare la conciliazione tra vita professionale e familiare. Nel comparto istruzione, si prevede un incremento dei fondi per infrastrutture e personale. Tuttavia, le retribuzioni dei docenti restano tra le più basse in Europa e il rinnovo contrattuale atteso per il 2026 potrebbe non essere sufficiente a colmare il divario. È un pacchetto che rafforza il welfare, ma con effetti che si manifesteranno solo nel medio periodo, una volta approvati i decreti attuativi.
Imprese e innovazione: tra continuità e frammentazione
Per il tessuto produttivo, la manovra sceglie la continuità.
Si confermano i crediti d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione, con estensione ai progetti di intelligenza artificiale e automazione industriale.
Restano in vigore le agevolazioni per le aree ZES e ZLS, e si rafforza la misura “Nuova Sabatini” per il rinnovo dei macchinari produttivi.
In arrivo anche nuovi strumenti per la formazione digitale nelle PMI, parte integrante della strategia “Transizione 5.0”. Manca ancora una visione integrata di politica industriale.
Le misure appaiono diffuse ma frammentate tra ministeri e fondi diversi, e rischiano di disperdere risorse senza produrre un vero salto di qualità. È una manovra che punta a sostenere l’innovazione, ma lo fa più per proroga che per progettualità.
Transizione verde ed energia: un cantiere ancora aperto
La transizione ecologica resta uno dei pilastri retorici della manovra, ma il dettaglio operativo è ancora scarno. Confermata la proroga del bonus ristrutturazioni al 50% fino a fine 2026, insieme agli incentivi per l’efficienza energetica e la mobilità sostenibile.
Il livello complessivo degli investimenti pubblici rimane alto, attorno al 3,8% del PIL, ma non è ancora chiara la ripartizione tra infrastrutture verdi, reti elettriche, logistica e rinnovabili. Il rischio è che la transizione rimanga “enunciata” più che pianificata.
L’interconnessione con i fondi del PNRR sarà decisiva per trasformare le risorse in progetti esecutivi e misurabili.
Sanità e servizi pubblici: la sfida della tenuta
Nel capitolo sanità il governo annuncia un aumento del Fondo Sanitario Nazionale e un piano di 27 mila nuove assunzioni tra medici e infermieri, insieme a un rialzo del tetto di spesa per farmaci e dispositivi. Le priorità sono rafforzare la medicina territoriale e ridurre le liste d’attesa, obiettivi ambiziosi ma difficili da raggiungere se le risorse aggiuntive non compenseranno l’aumento dei costi dovuto all’inflazione sanitaria. Sul fronte della pubblica amministrazione si parla di digitalizzazione dei processi e semplificazione dei flussi documentali, ma il piano operativo è ancora in definizione.
L’ammodernamento tecnologico della PA resta una promessa strutturale di ogni bilancio, che potrà diventare realtà solo con interventi coordinati e continui.
Coperture e vincoli: il conto della prudenza
Nessuna nuova tassa, ma una forte pressione sulla spesa. Le coperture della manovra arrivano soprattutto dalla revisione dei capitoli ministeriali e dal riordino dei fondi PNRR, senza incrementi fiscali diretti. Il governo si impegna a mantenere il deficit sotto il 3% del PIL nel 2026, come previsto dal Documento Programmatico di Bilancio e a ridurlo progressivamente fino al 2,5% entro il 2028. Si tratta di un esercizio di equilibrio complesso, spendere abbastanza per stimolare la crescita, ma non tanto da rischiare una deviazione dagli obiettivi europei. In questa logica, la manovra 2026 appare come un bilancio di stabilizzazione, prudente nei conti, ma anche nel coraggio politico.
Una manovra di transizione
La Legge di Bilancio 2026 non segna una svolta, ma consolida un percorso.
È una manovra di transizione, costruita per mantenere la rotta in un contesto di rallentamento economico e in attesa della piena revisione del Patto di Stabilità europeo.
Il rischio è che la prudenza si trasformi in immobilismo; l’opportunità, che la gestione oculata delle risorse apra la strada a un rilancio più deciso nel 2027. Molto dipenderà da come verranno attuate le misure su innovazione, lavoro e welfare, e da quanto rapidamente imprese e pubblica amministrazione sapranno sfruttare gli incentivi alla trasformazione digitale e alla crescita sostenibile. In gioco non c’è solo l’equilibrio dei conti, ma la credibilità di una strategia di modernizzazione capace di unire rigore e sviluppo.















