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Pec interoperabile in Europa, manca poco: quale futuro ci aspetta



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Il percorso verso una Pec interoperabile in tutta Europa porta a riflettere sull’impatto della posta elettronica certificata in Italia e sul regolamento eIDAS 2.0, per capire vantaggi, conseguenze e benefici di questo sistema

Pubblicato il 30 mag 2025

Andrea Sassetti

Amministratore Delegato di Aruba PEC



pec interoperabile; fattura elettronica
E-invoice and online digital statements concept. Businessman using computer laptop with invoice icons on virtual screen.

In Italia, la Posta Elettronica Certificata (PEC) è da tempo riconosciuta come uno strumento digitale sicuro, dotato di pieno valore legale, equivalente a una raccomandata con ricevuta di ritorno. Un sistema consolidato che assicura prova dell’invio, della consegna e dell’integrità dei messaggi trasmessi.

Oggi, in un contesto europeo sempre più orientato alla digitalizzazione dei servizi, questo modello si appresta a compiere un’evoluzione decisiva: diventare un sistema di recapito certificato qualificato, pienamente conforme al Regolamento eIDAS e interoperabile su scala continentale.

Pec verso l’interoperabilità: un modello italiano da esportare

In modo pionieristico, l’Italia ha creato la PEC, sviluppando negli anni il sistema di comunicazione digitale certificata più avanzato e diffuso. Si tratta di un modello di successo che oggi viene riconosciuto come best practice e punto di riferimento per la costruzione della futura PEC europea. La PEC è un sistema che è riuscito a facilitare la comunicazione tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione e continua a farlo, diventando lo standard delle comunicazioni che necessitano di un invio ed un recapito certo.

Strumenti come la PEC stanno portando un grosso contributo alla trasformazione digitale del Paese. Si attestano infatti a circa 6 miliardi di euro i benefici economici derivanti dal suo impiego nel periodo 2008-2026, secondo lo studio IDC “Benefici e opportunità della PEC: pilastro dei servizi digitali fiduciari del futuro”, basato sugli effetti della sostituzione della tradizionale raccomandata cartacea con l’equivalente digitale. Di questi, 3,5 miliardi sono stati generati tra il 2008 e il 2022, mentre altri 2,5 miliardi sono attesi tra il 2023 e il 2026, con un impatto stimato di circa 650 milioni di euro nel solo 2026. Anno in cui saranno attive circa 20 milioni di caselle PEC, che genereranno quasi 3 miliardi e mezzo di messaggi certificati.

Ma i vantaggi non sono solo economici: nel 2026, l’utilizzo della PEC permetterà di evitare 349 milioni di chilometri di tragitti superflui verso uffici postali e pubblici, riducendo le emissioni di CO₂ di oltre 107 mila tonnellate, liberando 1,7 milioni di metri quadrati di spazio di archiviazione e salvando oltre 70 mila alberi grazie al minore consumo di carta.

Verso un ecosistema digitale europeo senza frontiere

L’esigenza di una comunicazione digitale certificata che superi i confini nazionali è sempre più impellente. Imprese, cittadini e Pubbliche Amministrazioni necessitano di strumenti sicuri e legalmente riconosciuti per dialogare tra Stati membri, contribuendo alla realizzazione di un autentico mercato unico digitale. È proprio in questa direzione che si muove il Regolamento europeo eIDAS, introducendo il concetto di Qualified e-Delivery (QeD), con l’ambizione di armonizzare i servizi fiduciari in tutta l’Unione.

Tuttavia, l’assenza iniziale di specifiche tecniche condivise ha favorito la proliferazione di sistemi eterogenei nei vari stati membri, limitando la piena interoperabilità e ostacolando la creazione di un’infrastruttura paneuropea. Superare questa frammentazione è oggi una priorità strategica: occorre definire standard comuni, come quelli promossi da ETSI, per garantire un ecosistema digitale realmente integrato. In questo percorso, l’Italia ha giocato un ruolo da protagonista, contribuendo in maniera sostanziale allo sviluppo di tali specifiche tecniche.

La sovranità digitale come priorità

In un contesto globale in cui gran parte delle comunicazioni aziendali e istituzionali avviene ancora attraverso piattaforme extraeuropee, spesso prive delle necessarie garanzie in termini di identificazione, tracciabilità e tutela dei dati, emerge con forza il bisogno di riconquistare il controllo sulle infrastrutture digitali. La sovranità digitale non è più un tema astratto, ma una condizione imprescindibile per tutelare sicurezza, privacy, conformità normativa e competitività.

La risposta europea a questa fragilità passa attraverso soluzioni sviluppate e riconosciute all’interno dell’Unione, come l’e-Delivery qualificata. Uno strumento che assicura identificazione certa dei soggetti coinvolti, prova di consegna e piena aderenza a normative fondamentali come il GDPR, o la Direttiva NIS2 per la sicurezza e lo stesso Regolamento eIDAS.

I vantaggi di un’infrastruttura comune per imprese, cittadini e PA

Un ecosistema digitale europeo basato su servizi di e-Delivery qualificata interoperabili porta con sé benefici concreti per tutte le componenti della società:

  • Le imprese possono scambiare documenti in modo conforme e legalmente vincolante, velocizzando i processi e riducendo i rischi.
  • Le Pubbliche Amministrazioni hanno l’opportunità di semplificare e digitalizzare i flussi documentali transfrontalieri, migliorando efficienza e trasparenza.
  • I cittadini possono accedere a strumenti digitali riconosciuti in tutta l’Unione, semplificando le interazioni con enti pubblici e aziende di altri Paesi membri.

Dunque, la creazione di una rete di recapito elettronico qualificato e interoperabile rappresenta un fattore abilitante per la digitalizzazione delle imprese, la modernizzazione della PA e la tutela dell’identità digitale dei cittadini europei.

Una visione condivisa per il futuro

La sfida ora è estendere questo modello a tutti i Paesi membri, dando vita a una rete federata di comunicazioni digitali certificate, legalmente valide e interoperabili. La partnership italo-polacca può fungere da catalizzatore per una proposta più ampia, capace di aggregare ulteriori stakeholder – istituzioni, fornitori di servizi fiduciari, aziende tecnologiche – attorno a un’infrastruttura digitale europea comune.

In attesa dell’adozione formale del DPCM che sancirà l’adeguamento della PEC italiana alla sua versione qualificata, come previsto dal CAD – codice dell’amministrazione digitale, l’esperienza maturata e le soluzioni già operative dimostrano che questa transizione non solo è possibile, ma necessaria. È una traiettoria strategica per proiettare l’eccellenza italiana in un futuro europeo dove la comunicazione digitale sarà, finalmente, sicura, interoperabile e sovrana.

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