La separazione della rete di accesso dalle attività commerciali segna uno spartiacque nella storia delle telecomunicazioni italiane.
Con la cessione da parte di TIM della sua infrastruttura di rete e la nascita di Fibercop che svolge esclusivamente attività all’ingrosso, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni si trova di fronte alla necessità di ripensare l’intero impianto regolatorio.
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Consultazione Agcom su analisi di mercato dei servizi di accesso alla rete fissa
La consultazione appena avviata con la Delibera 205/25/CONS del 30 luglio 2025 (e pubblicata il 1° agosto) per l’analisi di mercato servizi di accesso alla rete fissa rischia però di non essere che un timido aggiornamento, piuttosto che una coraggiosa e completa ridefinizione delle regole del gioco.
Cioè:
- le condizioni per verificare su un territorio chi detiene un significativo potere di mercato,
- quali rimedi si devono eventualmente applicare,
- come si misurano concretamente la parità di trattamento e la qualità del servizio,
- con quali meccanismi si bilanciano gli investimenti in infrastrutture e
- le esigenze della concorrenza.
Il contesto analisi di mercato
Il contesto da cui muove l’analisi di mercato merita di essere compreso nella sua complessità.
Nel mercato delle telecomunicazioni operano soggetti che vendono servizi di connettività al pubblico ma non possiedono un’infrastruttura di rete propria (cosiddetti OLO – Other Licensed Operators).
Questi operatori alternativi devono necessariamente acquistare accesso all’ingrosso dalla rete di un altro operatore (proprietario o che ha in concessione una infrastruttura) per raggiungere fisicamente case, uffici e sedi della pubblica amministrazione.
La rete di accesso, il tratto finale che collega la centrale alla sede del cliente, rappresenta storicamente la barriera più alta: duplicarla richiede investimenti enormi e tempi lunghi, rendendo di fatto complicata una concorrenza infrastrutturale a livello capillare.
Quando questa rete viene separata societariamente e affidata a un soggetto che non compete nel mercato retail, cambiano radicalmente le dinamiche competitive. Il rischio classico che il proprietario della rete favorisca la propria divisione commerciale viene meno per definizione (come ha anche riconosciuto il TAR del Lazio rigettando i ricorsi di alcuni operatori contro la sospensione da parte dell’Agcom del test di replicabilità per TIM). Ma di fronte ad una mutata situazione serve modificare l’approccio regolatorio, ripensare i perimetri di mercato e gli strumenti di verifica e controllo.
Il modello “wholesale only” rappresentato da Fibercop molto più di un cambio organizzativo. L’operatore “wholesale only” (a differenza di quel che faceva TIM fino al luglio del 2024) non vende più servizi al pubblico finale mettendo altresì a disposizione degli OLO la propria infrastruttura, ma fornisce esclusivamente servizi all’ingrosso agli operatori che poi li rivendono sul mercato finale. È insieme una promessa di neutralità tecnologica e commerciale e un impegno concreto: niente scorciatoie, niente corsie preferenziali, niente discriminazioni nascoste nei meandri dei processi operativi.
Un approccio più timido rispetto agli orientamenti europei?
L’approccio dell’Agcom sembra tuttavia timido rispetto ai più recenti orientamenti strategici della Commissione Europea (si veda ciò che traspare dalla consultazione sul Digital Network Act) che invece spingono per una maggiore deregolamentazione del mercato delle telecomunicazioni proprio per favorire gli investimenti.
Mentre Bruxelles sta progressivamente orientandosi, e per gli operatori storici verticalmente integrati, verso un’ampia riduzione degli obblighi regolatori, la consultazione italiana mantiene un approccio fin troppo rigido e agganciato al passato. Una divergenza strategica che potrebbe sollevare interrogativi sulla capacità dell’Italia di attrarre investimenti privati nel settore, in un momento in cui la digitalizzazione richiede capitali ingenti e tempi di ritorno spesso incerti.
La ridefinizione dei mercati rilevanti: innovazione metodologica o continuità?
L’Agcom ha avviato con la sua recentissima delibera una consultazione pubblica sull’aggiornamento da apportare al quadro regolamentare dei mercati in esame alla luce dell’evoluzione tecnologica e delle mutate condizioni concorrenziali, nonché della separazione strutturale della rete di accesso fissa di TIM notificata da quest’ultima il 19 gennaio 2024 e modificata da ultimo con la comunicazione del 26 agosto 2024. Inoltre, lo schema di provvedimento sottoposto a consultazione pubblica recepisce gli esiti della consultazione pubblica avviata con delibera n. 103/25/CONS concernente la verifica della sussistenza in capo a FiberCop S.p.A. delle condizioni di “operatore wholesale only” ai sensi dell’articolo 91 del Codice.
Lo schema di provvedimento proposto in consultazione ridisegna i confini dei mercati rilevanti con un approccio che distingue due grandi famiglie di servizi. Da un lato troviamo l’accesso all’ingrosso per i servizi a banda larga e ultralarga destinati al pubblico residenziale e alle piccole imprese: parliamo di fibra fino a casa, fibra fino all’armadio stradale, delle diverse forme di accesso virtuale che permettono agli operatori di offrire connettività senza dover posare proprie infrastrutture. Dall’altro lato ci sono i servizi a “capacità dedicata”, le cosiddette linee affittate o collegamenti punto-punto tipici del mondo business, caratterizzati da banda garantita, ridondanza e livelli di servizio particolarmente stringenti.
Separare la rete dai servizi per gestirla solo all’ingrosso secondo l’Agcom non cancella automaticamente un significativo potere di mercato. Un’infrastruttura capillare, costruita in decenni di investimenti quando ancora vigeva il monopolio legale, a parere dell’Autorità, continua a rappresentare una barriera all’ingresso formidabile per qualsiasi nuovo entrante. L’Autorità, con un’analisi prospettica che guarda agli investimenti in corso e alle prospettive di copertura nei prossimi anni, riconosce che Fibercop mantiene una posizione dominante in porzioni significative sia del mercato dell’accesso all’ingrosso sia in quello dei servizi dedicati.
Ma l’analisi geografica al fine di individuare in capo a Fibercop un significativo potere di mercato dal quale derivano gli effetti della regolazione, risulta essere in gran parte in continuità con la Delibera 114/24/Cons (relativa all’analisi coordinata dei mercati dell’accesso alla rete fissa di TIM): nella sostanza i criteri non sono stati aggiornati.
L’unica differenza significativa è che nella precedente delibera per non avere un significativo potere di mercato nell’area era necessaria la compresenza di due condizioni: una copertura di Open Fiber superiore all’80% e una quota di mercato di TIM inferiore al 50%.
La nuova proposta specifica che l’80% di Open Fiber è prospettico mentre rimane (adesso in capo a Fibercop) il 50% di quota di mercato quale elemento discriminante. Questa modifica apparentemente tecnica nasconde in realtà una sostanziale continuità nell’approccio metodologico dell’Autorità, che sembra non aver colto appieno le implicazioni del nuovo assetto di mercato per rivedere radicalmente i parametri di valutazione della concorrenza.
La modulazione territoriale degli obblighi può rappresentare un elemento di forte innovazione, ma deve essere pensata in coerenza con le strategie della Commissione, soprattutto quando riguarda i servizi all’ingrosso destinati al mercato residenziale e delle piccole imprese. L’obiettivo non deve essere regolare in ogni caso, ma invece di evitare la sovra-regolazione dove non serve. Nelle aree dove sono presenti più reti in competizione e si registra un’adozione significativa di servizi in fibra, imporre vincoli regolatori pesanti (basati ad esempio sul mercato e non sulla copertura) può risultare controproducente.
I tre pilastri della proposta in consultazione Agcom per analisi mercato servizi di accesso rete fissa
L’architettura dei rimedi proposta nella consultazione sull’analisi di mercato poggia su tre pilastri fondamentali, ciascuno con una sua logica e finalità specifica.
Primo pilastro: accesso alle infrastrutture civili
Il primo pilastro è l’accesso alle infrastrutture civili: tombini, cavidotti, tubazioni, pali… Sono le infrastrutture passive ma essenziali senza le quali nessuna rete può essere costruita. Se queste infrastrutture possono essere condivise a condizioni chiare, trasparenti e economicamente praticabili, gli operatori alternativi hanno maggiori possibilità di espandersi o migliorare le proprie reti senza dover affrontare gli oneri e i tempi (spesso amministrativi) degli scavi. L’accento posto sull’accesso civile non è casuale: è la leva principale per favorire una concorrenza infrastrutturale genuina dove questa è possibile, limitando l’intervento tariffario diretto sui servizi finali solo dove il mercato non può fare da sé.
Tuttavia, emerge una contraddizione nell’impianto proposto: la regolazione europea già oggi (art. 80 del Codice europeo) non prevede uno specifico obbligo di accesso alle infrastrutture civili per gli operatori SPM wholesale-only, in quanto è sufficiente la regolamentazione simmetrica. Perché allora farne un obbligo specifico nel caso italiano?
Questa asimmetria regolatoria rischia di creare distorsioni competitive, penalizzando paradossalmente chi ha scelto di separare strutturalmente la rete dalle attività commerciali. Se l’obiettivo è favorire la concorrenza infrastrutturale, la logica suggerirebbe di applicare obblighi simmetrici a tutti i detentori di infrastrutture civili rilevanti, indipendentemente dal fatto che siano o meno SPM.
Secondo pilastro: non discriminazione ed equivalenza degli input
Il secondo pilastro è la non discriminazione, autentico cuore del modello wholesale only. Significa stessi processi, stessi sistemi informativi, stesse regole operative per tutti gli acquirenti all’ingrosso, grandi o piccoli che siano. Questo è uno degli elementi più importanti: la non discriminazione va misurata giorno per giorno, ordine per ordine, guasto per guasto. La consultazione prevede un meccanismo evoluto di controllo della parità di trattamento che copre l’intero ciclo di vita del servizio: dalla richiesta iniziale all’attivazione, dalla gestione ordinaria alla riparazione dei guasti, dal cambio di profilo alla cessazione.
Nel passato recente, il confronto sulla parità di trattamento era essenzialmente tra la divisione retail dell’incumbent (TIM) e gli altri operatori. Oggi, con Fibercop, l’asticella si alza significativamente. L’equivalenza non è più tra interno ed esterno, ma tra tutti i clienti wholesale, nessuno escluso. Il principio di Equivalence of Input significa che tutti gli operatori devono ricevere esattamente lo stesso input: medesime interfacce informatiche per inoltrare gli ordini, medesime code di lavorazione senza priorità nascoste, uguale trattamento nelle escalation operative, identiche specifiche tecniche per i servizi acquistati. Non è solo una questione di principio o di equità astratta. L’equivalence è il presupposto indispensabile perché la concorrenza si giochi davvero sulla qualità del servizio al cliente finale, sull’innovazione delle offerte, sulla capacità di assistenza e non su preferenze nascoste nella filiera wholesale.
Terzo pilastro dell’analisi di mercato Agcom: prezzi equi e ragionevoli – tra necessità e retaggio del passato
Il terzo pilastro riguarda i prezzi, che devono essere equi e ragionevoli. L’Autorità supera una tariffazione rigida basata su formule di costo complesse e controverse, che il Codice europeo non prevede per i soggetti wholesale-only. La soluzione preferita è un principio più flessibile ma non per questo meno efficace: prezzi che non siano né eccessivi rispetto a benchmark ragionevoli, né tali da comprimere i margini degli operatori a valle impedendo loro di competere efficacemente.
Tuttavia, ancorché più flessibile, la necessità di una regolazione specifica sui prezzi non è ben argomentata nella bozza e sembra un retaggio della regolazione precedente imposta all’operatore verticalmente integrato.
Ha meno senso nei confronti di un operatore wholesale only che ha un interesse intrinseco a “vendere” quanti più possibile i propri servizi agli OLO e quindi di conseguenza a praticare prezzi equi e ragionevoli. Insomma, per dirla in un altro modo, un operatore che opera esclusivamente nel mercato wholesale non ha incentivi a gonfiare i prezzi dei servizi all’ingrosso, poiché il suo successo commerciale dipende direttamente dalla capacità di attrarre e soddisfare i clienti wholesale. In questo contesto, potrebbero bastare il principio generale di equità e ragionevolezza e gli obblighi di non discriminazione, senza necessità di controlli tariffari specifici che rischiano di appesantire inutilmente l’impianto regolatorio.
Il nuovo sistema di indicatori: evoluzione necessaria o complessità aggiuntiva?
Per rendere concreta e verificabile la non discriminazione, si propongono nuovi indicatori. La consultazione propone di superare completamente il vecchio set di KPI, nato quando rete e retail convivevano sotto lo stesso tetto aziendale, per introdurre un paniere di indicatori coerente con il nuovo assetto. Gli obiettivi dichiarati sono essenzialmente tre: misurare oggettivamente la parità di trattamento tra diversi operatori acquirenti, catturare la qualità effettivamente percepita dal cliente finale, verificare la tenuta e l’affidabilità dei processi operativi e delle basi dati su cui si fondano provisioning e assurance.
Così l’Agcom si è esercitata ad individuare esempi di nuovi KPI proprio per essere coerenti con il cambio di approccio. Si va dalla percentuale di ordini evasi entro i tempi standard di attivazione al tempo medio di riparazione dei guasti con verifica del rispetto degli SLA contrattuali. Dalla velocità effettiva consegnata dai servizi in fibra nelle diverse configurazioni tecnologiche all’affidabilità e disponibilità dei sistemi informatici di provisioning e assurance. Dalla qualità e accuratezza delle banche dati di copertura e indirizzario, quelle famose mappe di rete da cui dipende la corretta eleggibilità di una linea, fino ad arrivare a metriche più sofisticate sulla consistenza dei processi tra diversi canali e operatori.
Per incentivare trasparenza e miglioramento continuo, il sistema di confronto non si limita a pubblicare medie aggregate del mercato. Si possono pubblicare confronti dettagliati tra i principali tre operatori per volumi di acquisto e l’aggregato di tutti gli altri, in modo da far emergere rapidamente eventuali anomalie, bottleneck o trattamenti preferenziali mascherati. È un approccio che mette tutti sotto i riflettori e spinge verso un miglioramento continuo delle performance operative.
La disaggregazione obbligo necessario?
Un aspetto di novità introdotto in Italia da qualche anno riguarda l’obbligo di disaggregazione dei processi operativi, che ha rappresentato un cambio di paradigma, se si considera l’approccio storicamente unitario alla gestione del provisioning e dell’assurance da parte degli operatori wholesale. Tuttavia, la scelta dell’Autorità di imporre un obbligo generalizzato anche ad un operatore wholesale-only, appare poco coerente rispetto alla natura stessa del modello: laddove non esistono rapporti diretti con l’utente finale, non si comprende l’utilità né la finalità concreta della disaggregazione.
La criticità si accentua ulteriormente se si considera che l’Agcom propone di estendere ulteriormente l’obbligo, tra l’altro a servizi non regolati a livello europeo, introducendo elementi di asimmetria e incertezza regolatoria. È il caso, ad esempio, delle configurazioni ibride come il modello Semi-VULA, dove l’operatore acquirente già gestisce parte della rete secondaria e dell’elettronica di accesso. In questi scenari, la disaggregazione vorrebbe rappresentare un’opzione utile a rafforzare la flessibilità operativa e a valorizzare gli investimenti infrastrutturali dell’operatore retail. Invece, l’obbligatorietà del modello rischia di produrre effetti controintuitivi: chi investe in rete rischia di trovarsi soggetto a vincoli più stringenti rispetto a chi si limita ad acquistare il servizio completo.
I dettagli tecnici che fanno la differenza
I dettagli tecnici e architetturali contano più di quanto possa sembrare. La fibra ottica fino a casa non è tutta uguale. Il modo in cui vengono posizionati gli splitter ottici, il rapporto di ripartizione scelto, l’architettura degli apparati in centrale, le procedure di migrazione e permuta tra porte e profili: sono tutti dettagli apparentemente minori che fanno però una differenza enorme quando si tratta di definire obblighi di accesso sensati e disegnare KPI realmente rappresentativi.
Se gli apparati sono concentrati in pochi punti di presenza ben organizzati, diventa più semplice e veloce gestire cambi di configurazione, riducendo tempi di attivazione e migrazione. Analogamente, una base dati affidabile e sempre aggiornata sugli indirizzi servibili e sui numeri civici realmente raggiungibili in fibra evita ordini impossibili da evadere e interventi inutili sul campo. Per questo sarebbe necessario uno sforzo per ripensare alcuni elementi tecnici di dettaglio (e le misure regolatorie di alto livello) guardando all’efficienza e agli investimenti nel solco della strategia della Commissione, perché al cliente finale interessa poco l’eleganza della teoria: vuole che la linea funzioni bene e nei tempi promessi.
La governance degli organismi indipendenti
Sul fronte della governance, due organismi indipendenti giocheranno un ruolo cruciale. L’Organo di Vigilanza sulla non discriminazione avrà il compito di proporre e sorvegliare il nuovo paniere di KPI, verificandone la corretta implementazione e segnalando tempestivamente eventuali anomalie. L’Unità di Monitoraggio della Disaggregazione metterà invece attorno a un tavolo operatori acquirenti, fornitore wholesale e imprese terze certificate per definire in modo pratico e condiviso processi standard, livelli di servizio e matrici di responsabilità quando entrano in gioco soggetti terzi nell’erogazione del servizio. Il lavoro di questi organismi rappresenta la cerniera indispensabile tra le regole scritte sulla carta e la realtà quotidiana fatta di migliaia di attivazioni, permute, migrazioni e riparazioni. La loro indipendenza, competenza tecnica e capacità di intervento rapido saranno determinanti per l’efficacia complessiva del nuovo impianto regolatorio.
Le regole dopo la separazione della rete fissa: una transizione immotivatamente lunga
La transizione dal vecchio al nuovo sistema sarà graduale. Nell’immediato, il sistema attuale di indicatori e obblighi continuerà a valere, per garantire continuità nella misurazione e nella vigilanza ed evitare vuoti regolatori. Ma la traiettoria evolutiva è chiaramente tracciata: un set di KPI più moderno, nativamente allineato alla logica wholesale only di Fibercop e alla crescente diffusione della fibra ottica, dovrà progressivamente sostituire integralmente il precedente.
Per quanto riguarda l’aggiornamento delle condizioni di accesso ai servizi, la previsione di una transitorietà di un anno, tra l’altro prevedendo il mantenimento dei prezzi 2025 e non quelli 2026 già definiti dall’Autorità con l’ultima analisi di mercato, solleva interrogativi sulla sua reale necessità.
Il mercato sa da gennaio del 2024, dalla prima notifica di TIM, che si va verso una nuova situazione in cui non c’è più un operatore verticalmente integrato che ha, per l’appunto, ceduto la rete ad un operatore wholesale only.
Perché questa transitorietà? A che cosa serve rallentare Fibercop? Il periodo transitorio rischia di perpetuare un approccio regolatorio che non ha più motivo di esistere in un momento in cui il mercato ha già acquisito consapevolezza del nuovo assetto.
Una transizione così lunga potrebbe inoltre scoraggiare investimenti e innovazioni da parte di Fibercop, che si trova a operare in un limbo regolatorio che non riconosce pienamente le specificità del modello wholesale only, in palese contraddizione con l’immediata sospensione degli obblighi in capo a TIM, appena dopo la separazione, motivata giustamente con l’avvenuta perdita della rete.
Le sfide aperte della consultazione Agcom per analisi di mercato rete fissa
L’Agcom con lo schema di provvedimento proposto in consultazione per l’analisi di mercato rete fissa, si è assunto un onere importante: quello di modificare l’impianto regolatorio rispetto alla rivoluzione copernicana avvenuto nel mercato delle telco nell’ultimo anno e per questa via provando a fornire proposte concrete e argomentate da parte di tutti gli stakeholder. La risposta però sembra essere timida rispetto ai cambiamenti del mercato.
Non va dimenticato il quadro più ampio delle politiche pubbliche per la digitalizzazione e della direzione tracciata dall’Europa.
La coerenza con gli obiettivi di politica industriale, europea e di coesione territoriale è essenziale. La spinta alla diffusione capillare della fibra ottica, il sostegno pubblico alle aree grigie e bianche non coperte dal mercato, l’efficientamento dei processi di scavo e posa attraverso la semplificazione amministrativa, l’adozione di standard interoperabili nei sistemi informativi pubblici e privati: sono tutti tasselli che non dipendono solo dalla regolazione di settore ma richiedono una visione di sistema. Una regolazione che premia la qualità, assicura parità di condizioni, evita distorsioni e lascia spazio alla concorrenza dove possibile fa certamente la sua parte.
Occorrono anche un coordinamento efficace tra istituzioni centrali e locali, procedure autorizzative rapide e certe, e una continuità nelle politiche pubbliche là dove il mercato, da solo, non è in grado di intervenire. In questo contesto, la regolazione non può essere un corpo separato: deve costituire l’infrastruttura operativa — il motore, non il freno — di una strategia più ampia.
Se la direzione strategica a livello europeo si sta evolvendo verso una deregolamentazione per favorire gli investimenti, è necessario che l’approccio regolatorio si muova di pari passo, adattandosi con coerenza e tempestività. Se la strategia cambia ma la regolazione resta ferma, il sistema si blocca: è come provare ad accelerare con il freno a mano tirato.



 
									































































