comunicazioni elettroniche

Politiche industriali per le Tlc: le misure sul tavolo e i possibili effetti

Sono anni che le telco italiane lamentano una situazione di mercato che rende sempre più insostenibili gli investimenti richiesti per ammodernare le reti di telecomunicazioni, fisse e mobili. Il punto sulle richieste di intervento avanzate dagli operatori, le misure del Governo, gli impatti

Pubblicato il 30 Gen 2023

telco e ott

Nei prossimi mesi sono attese nuove misure di intervento pubblico, sia a livello comunitario che nazionale, per favorire lo sviluppo del settore delle comunicazioni elettroniche. Gli interventi previsti riguardano lo sviluppo delle infrastrutture, le condizioni per la diffusione dei servizi innovativi, nonché la sostenibilità degli operatori.

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Il cahier de doléances delle telecomunicazioni

Sono ormai diversi anni che gli operatori italiani lamentano una situazione di mercato che rende sempre più difficile sostenere gli ingenti investimenti richiesti per l’ammodernamento delle reti di telecomunicazioni, fisse e mobili. Il quadro non accenna a migliorare e l’associazione di categoria (Asstel) ha recentemente presentato un bilancio dell’ultimo decennio, che evidenzia le diverse criticità del comparto.

In sintesi, dal 2010 ad oggi il mercato italiano delle telecomunicazioni ha perso 1/3 del proprio valore (-14 miliardi di euro) per effetto di un contesto fortemente competitivo che ha portato ad una riduzione dei prezzi di oltre il 30%. A fronte di questa dinamica, il traffico generato è più che raddoppiato nell’ultimo biennio sulle reti mobili (+117%) ed è cresciuto del 75% su quelle fisse. Allo stesso tempo, gli operatori italiani hanno progressivamente aumentato i propri investimenti, portando il rapporto tra ricavi e investimenti dal 15% del 2010 a valori superiori al 25% negli ultimi anni. Di fatto, l’evoluzione degli ultimi venti anni ha consentito di passare dai servizi ADSL dell’inizio degli anni 2000 (con velocità di 640 kbit/s), ai servizi FTTC del decennio successivo (superando la soglia dei 100 Mbit/s), fino ai più recenti servizi FTTH (fino a 10 Gbit/s), mentre l’evoluzione delle reti mobili ha portato alla quinta generazione e al superamento dei 100 Mbit/s anche in mobilità.

Su una scala più globale è diventato sempre più evidente lo squilibrio tra le performance degli operatori di telecomunicazioni e i grandi attori mondiali Internet (Big Tech). Nel periodo 2012-2021 la crescita delle Big Tech è stata del 16,8% contro il 2,1% degli operatori TLC (ricavi di 1.450 miliardi di dollari per le 8 Big Tech contro 956 miliardi dei 12 grandi operatori TLC), con un rapporto EBIT/Ricavi pari al 24,2% contro il 14,5%.

Le richieste di intervento avanzate dagli operatori negli ultimi mesi vanno dall’intervento sull’IVA e la prosecuzione dell’utilizzo dei voucher per promuovere lo sviluppo della domanda, fino alla modifica dei limiti dell’inquinamento elettromagnetico.

Altri temi che accomunano gli operatori maggiori europei sono la richiesta di un contributo da parte delle Big Tech per il finanziamento delle nuove reti (fair share), nonché una politica frequenziale favorevole alle applicazioni per le future reti mobili, che sarà oggetto di discussione nella World Radiocommunication Conference del 2023 (WRC-23).

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Le Raccomandazioni comunitarie

Le politiche nazionali non possono naturalmente prescindere dagli Orientamenti e dalle Raccomandazioni in corso di definizione a Bruxelles. Il nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche Europee ha aperto la strada per l’ammodernamento dell’impianto regolamentare comunitario, ma nella prima parte del 2023 sono attesi il Gigabit Infrastructure Act per ridurre i costi degli investimenti nelle nuove reti e l’Access Recommendation per l’evoluzione dell’assetto normativo per promuovere la connettività Gigabit.

Creare le condizioni per consentire un utilizzo sempre più semplice e efficiente delle infrastrutture civili esistenti rimane un obiettivo prioritario. I singoli Paesi, e in particolare l’Italia, hanno indirizzato da tempo queste tematiche, ma anche la recente esperienza italiana in materia di reti a banda ultralarga mostra come burocratizzazione e carenze informative rimangono problemi da superare. Dal punto di vista regolamentare diventa sempre più chiara la necessità di fare evolvere l’assetto comunitario e le posizioni delle singole Autorità nazionali verso nuovi modelli, che superano il tradizionale primato della concorrenza infrastrutturale basata sui costi incrementali di lungo periodo dell’operatore storico. La maggiore flessibilità nella definizione delle regole in materia di reti ad altissima velocità appare ormai indispensabile per stimolare gli investimenti, senza rinunciare però al primato delle condizioni eque e non discriminatorie per l’accesso a risorse e servizi all’ingrosso.

Infine, la consultazione sul fair share dovrà fornire il quadro per prendere (o non prendere) posizione sulla richiesta degli operatori.

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Le misure governative e le decisioni degli operatori

I tavoli di confronto tra operatori e il Governo porteranno a breve a nuove misure che potranno sicuramente avere un impatto positivo sullo sviluppo del settore.

Il pacchetto degli strumenti di politica industriale verrà definito nei prossimi mesi, ma è molto probabile che le risorse possano essere significative (dell’ordine di molte centinaia di milioni di euro) su tematiche molto articolate, che vanno dagli interventi sull’occupazione, al rinnovo dei voucher, fino ad una possibile riduzione dell’IVA.

Al di là delle nuove misure va comunque ricordato l’opportunità unica che è rappresentata dai piani associati al PNRR e in particolare gli interventi per le reti ultraveloci e la digitalizzazione della PA previsti da Italia Digitale 2026. I bandi aggiudicati nel 2022 possono consentire un indubbio salto di qualità, sia per realizzare nuovi investimenti che per sviluppare il mercato dei clienti finali. Ad esempio, solo per scuole e sanità sono previsti diverse decine di migliaia di nuovi collegamenti ad alta velocità.

Dal lato degli operatori, e sulla scia di quanto accade già in diversi Paesi europei (ad esempio Regno Unito e Spagna), alcuni importanti attori hanno annunciato l’introduzione di meccanismi di aggiornamento delle condizioni economiche legati all’andamento dell’inflazione. Le rimodulazioni tariffarie per recuperare una marginalità deteriorata, a fronte della possibilità di recedere dal contratto, sono state una costante delle politiche commerciali degli ultimi anni, fino ad arrivare alla vicenda delle tariffe a “28 giorni”, che ha portato all’introduzione di un apposito divieto.

In particolare, alcuni operatori hanno annunciato che le proprie offerte potranno prevedere un adeguamento annuale dei prezzi all’andamento dell’inflazione, incrementato di un coefficiente di maggiorazione predeterminato. In sostanza, viene annunciato un possibile “aumento programmatico” che non dovrebbe comunque superare il 10% annuo. Inutile dire che le associazioni dei consumatori hanno già espresso il proprio dissenso…

L’impatto su consumatori e operatori

E’ ancora presto per fare un bilancio dei possibili effetti delle misure in discussione e servirà conoscere i dettagli per potersi esprimere compiutamente. Alcune considerazioni generali sono tuttavia possibili.

In primo luogo, è verosimile che possa finire l’era della deflazione associata a continui incrementi prestazionali. E’ invece ragionevole immaginare una situazione di maggiore equilibrio tra dinamica dei prezzi e evoluzione della qualità dei servizi.

In secondo luogo, le risorse per fare il definitivo salto di qualità nelle infrastrutture nazionali sono disponibili e sono rilevanti. La consapevolezza della scarsità di risorse umane e la permanenza degli ostacoli burocratici non devono diventare un alibi per giustificare probabili ritardi. Allo stesso tempo, non è più possibile stupirsi dell’inadeguatezza delle fonti informative relative alle aree di intervento. Italia Digitale 2026 deve diventare l’occasione per affrontare e risolvere definitivamente questi problemi.

Inoltre, ben venga la prosecuzione dell’utilizzo dei voucher, ma con una seria valutazione dell’impatto e delle priorità. Lo Stato sta realizzando, attraverso un Concessionario, una rete di nuova generazione nelle aree più svantaggiate del Paese, ma con un tasso di adozione tuttora insoddisfacente. Allo stesso tempo, è giunto il momento di preparare il terreno per lo switch-off della rete in rame a favore delle reti integralmente in fibra ottica.

Infine, ben vengano nuove misure come l’intervento sull’IVA, ma senza dimenticare che sarà la naturale dinamica concorrenziale a stabilire quanto un’eventuale riduzione venga incamerata dagli operatori, ovvero dai consumatori finali.

Ci aspetta un 2023 molto interessante.

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