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Sovranità digitale, ecco le strategie europee con cloud e AI



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Il cloud rappresenta oggi una risorsa critica per l’Europa, stretta tra la spinta dell’intelligenza artificiale e la necessità di rafforzare la propria sovranità digitale, bilanciando regolamentazione, investimenti e sviluppo industriale

Pubblicato il 6 ott 2025



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Il dibattito sull’evoluzione del cloud in Europa si lega sempre più a questioni di geopolitica, competitività e tutela dei dati. La ricerca dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, presentata da Stefano Mainetti durante il convegno “Il Cloud tra AI e sovranità: strategie e politiche industriali per un nuovo ecosistema digitale”, ha messo in evidenza come il cloud sia diventato l’asse portante non solo della trasformazione tecnologica, ma anche di quella economica e normativa. Secondo Mainetti, la sfida non riguarda soltanto la capacità di ospitare e gestire carichi di lavoro sempre più legati all’intelligenza artificiale, ma soprattutto la possibilità per l’Europa di rafforzare la propria sovranità digitale in un mercato dominato dalle grandi piattaforme internazionali.

La concentrazione del mercato Cloud e le mosse delle Big Tech

Negli ultimi mesi il settore ha assistito a un’accelerazione di investimenti da parte degli hyperscaler globali. Mainetti ha ricordato l’accordo tra OpenAI e Oracle, del valore di 300 miliardi di dollari in cinque anni, finalizzato a sostenere le infrastrutture necessarie all’erogazione di servizi di intelligenza artificiale. A questo si aggiungono le espansioni di Microsoft con nuovi data center e le partnership tra Google e Meta per garantire capacità computazionale all’avanguardia.

Queste mosse rafforzano un equilibrio già fortemente sbilanciato. L’Osservatorio stima che, a livello europeo, il 65% del mercato infrastrutturale sia in mano a tre grandi cloud provider internazionali, con un ulteriore 15-25% detenuto da altri operatori statunitensi. In totale, oltre tre quarti della quota di mercato è concentrata nelle mani di attori extraeuropei. Una condizione che evidenzia i limiti strutturali dei provider regionali, frenati non tanto dalla mancanza di competenze quanto dall’impossibilità di eguagliare le capacità di investimento e di scala dei colossi americani.

Regolamentazione e strumenti europei per la sovranità digitale

Per riequilibrare questo scenario, l’Unione Europea ha intensificato il proprio impegno regolatorio. Mainetti ha citato il Chips Act, che punta a riportare la produzione di semiconduttori al 20% del totale mondiale entro la fine del decennio, riducendo la dipendenza da fornitori esterni.

In parallelo, la legislazione sui dati si articola in norme come il Data Act e il Digital Markets Act, mirate a garantire portabilità, interoperabilità e qualità delle informazioni. Anche la sicurezza rappresenta un pilastro: le direttive NIS2 e il Cyber Resilience Act rafforzano le misure di protezione, obbligando gli operatori a standard sempre più stringenti. Questo impianto normativo, pur complesso, è pensato per creare le condizioni di un ecosistema europeo più sicuro e integrato.

Politiche industriali e nuovi investimenti

Accanto alla regolamentazione, l’Europa ha avviato politiche industriali di ampio respiro. Il piano AI Continent Plan raccoglie diverse iniziative dedicate all’intelligenza artificiale e al cloud, mentre il progetto Cloud Development Tech mira a coordinare le infrastrutture digitali comunitarie.

L’Unione ha stanziato circa 200 miliardi di euro per sostenere l’intera filiera, con interventi che vanno dalle Giga Factory per i semiconduttori agli AI Factor, data center concepiti per rispondere alle esigenze computazionali dell’AI. A questi si affianca lo sviluppo dei Data Spaces, spazi collaborativi di settore per favorire la condivisione sicura dei dati.

Mainetti ha sottolineato che «bisogna concentrarsi su tutto quel valore che si innesta sulle infrastrutture, quindi ai dati e all’intelligenza che da questi si riesce a estrarre». L’obiettivo non è replicare la forza finanziaria degli hyperscaler, ma creare filiere locali capaci di generare innovazione e controllo sui dati.

Le dinamiche del mercato europeo e italiano

L’Osservatorio stima che il mercato europeo del cloud raggiungerà nel 2025 i 112 miliardi di dollari. La crescita si mantiene sostenuta, spinta da esigenze di cybersecurity e dall’adozione di applicazioni legate all’intelligenza artificiale. Nonostante i segnali di sviluppo, la dipendenza dai grandi provider rimane marcata.

In Italia la crescita è stimata attorno al 20% annuo, con un forte impulso alla domanda di Virtual Private Cloud come risposta all’esigenza di maggiore controllo sui dati. Nel segmento del Public Cloud, le tre componenti principali – Software as a Service, Infrastructure as a Service e Platform as a Service – mostrano incrementi simili, oscillando tra il 19% e il 23%. La parte più rilevante in termini di valore resta l’IaaS, con circa 2,6 miliardi di euro.

Secondo le imprese, i principali limiti nell’affidarsi a provider europei sono legati a un minore livello di innovazione, assistenza tecnica meno capillare e prestazioni considerate inferiori rispetto a quelle degli operatori globali. Tutti elementi che derivano da un divario strutturale nelle risorse disponibili.

Scenari futuri: deregolamentazione, frammentazione o sinergia

L’Osservatorio ha sviluppato una metodologia di envisioning per immaginare gli sviluppi del mercato nei prossimi dieci anni. Tre scenari sintetizzano le possibili traiettorie.

Il primo rappresenta un worst case: un mercato totalmente deregolamentato, con forte innovazione tecnologica ma caratterizzato da modelli chiusi e poco interoperabili. Uno scenario che Mainetti considera poco desiderabile per l’Europa.

Il secondo, invece, ipotizza un’Europa divisa, con strategie nazionali scollegate e assenza di una visione comune. In questa prospettiva, la mancanza di integrazione delle filiere ostacolerebbe la crescita dei player locali, consolidando ulteriormente la dipendenza dai grandi operatori internazionali.Ma lo scenario ritenuto più auspicabile è quello della “Strategic Synergy”, dove istituzioni e imprese europee collaborano con gli hyperscaler per creare un equilibrio tra regolamentazione e sviluppo industriale. In questo modello, la coesistenza tra Big Tech e attori nazionali consentirebbe di sviluppare filiere ad alto valore aggiunto, garantendo al tempo stesso innovazione accessibile e maggiore controllo sui dati.

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