Con la delibera del 25 novembre 2025, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm o Antitrust) italiano ha impresso un’accelerazione significativa al procedimento A576 avviato lo scorso luglio nei confronti del gruppo Meta. L’Autorità ha disposto l’ampliamento dell’istruttoria originaria, estendendola a una nuova condotta potenzialmente abusiva, e ha contestualmente avviato un procedimento cautelare ai sensi dell’articolo 14-bis della legge n. 287/1990, finalizzato all’adozione di misure urgenti per prevenire danni gravi e irreparabili alla concorrenza nel mercato dei servizi di intelligenza artificiale generativa.
Al centro del nuovo intervento vi è la modifica unilaterale dei WhatsApp Business Solution Terms, efficace dal 15 ottobre 2025, con la quale Meta ha introdotto un divieto generalizzato per i fornitori di servizi di AI chatbot di accedere alla piattaforma WhatsApp. La clausola colpisce operatori già presenti sul canale, come ChatGPT di OpenAI, Copilot di Microsoft e Perplexity, ai quali viene imposta l’uscita dalla piattaforma entro il 15 gennaio 2026, mentre preclude con effetto immediato l’ingresso a nuovi concorrenti. Nel frattempo, Meta continua ad ampliare la visibilità del proprio assistente virtuale Meta AI all’interno di WhatsApp, inserendo nuovi punti di accesso nell’interfaccia dell’applicazione.
Indice degli argomenti
Antitrust su Meta AI: il nuovo intervento sui termini WhatsApp Business
L’AGCM ravvisa in questa condotta un possibile rifiuto di accesso a un’infrastruttura essenziale, che si aggiunge alla pratica di tying (offerta collegata di due prodotti), già contestata nel provvedimento di luglio. La combinazione delle due condotte delinea, secondo l’Autorità, una strategia unitaria volta a sfruttare la posizione dominante di Meta nel mercato della messaggistica istantanea per acquisire un vantaggio indebito nel mercato nascente dell’intelligenza artificiale per consumatori, escludendo i concorrenti dall’accesso a oltre 37 milioni di utenti italiani e oltre 2 miliardi di utenti a livello globale.
Il procedimento cautelare, che impone a Meta di presentare memorie difensive entro soli sette giorni dalla notificazione, mira a sospendere l’efficacia delle nuove clausole contrattuali e a congelare ulteriori incrementi di visibilità di Meta AI in WhatsApp, in attesa della conclusione dell’istruttoria di merito prevista per il 31 dicembre 2026. In questo quadro, la vicenda AGCM Meta AI assume il significato di un primo banco di prova per la regolazione concorrenziale dell’AI generativa.
Come l’AGCM usa il caso Meta AI per un enforcement anticipatorio
Un enforcement antitrust anticipatorio nel mercato dell’AI emerge con chiarezza dai due provvedimenti adottati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel corso del 2025, che rappresentano un caso emblematico di intervento in un mercato tecnologico ad altissima velocità evolutiva. L’Autorità italiana si inserisce in una traiettoria già tracciata dalla Commissione europea con la decisione Facebook/Marketplace del novembre 2024, ma compie un passo ulteriore: non si limita a sanzionare condotte consolidate, bensì interviene nella fase germinale di un mercato, quello dei servizi di intelligenza artificiale generativa per consumatori, nel quale le posizioni competitive sono ancora in via di definizione.
La sequenza dei due atti, il primo del 22 luglio 2025 e il secondo del 25 novembre 2025, evidenzia una strategia investigativa progressiva: l’avvio dell’istruttoria A576 viene dapprima fondato sulla contestazione di una pratica di tying consistente nella pre-installazione di Meta AI nell’applicazione WhatsApp, e successivamente ampliato per ricomprendere un’ulteriore fattispecie abusiva, il rifiuto di accesso alla piattaforma opposto ai concorrenti di Meta che già utilizzavano WhatsApp come canale distributivo dei propri servizi di chatbot. L’evoluzione del procedimento segue dunque il mutare della condotta dell’impresa dominante e dimostra la capacità dell’Autorità di reagire in tempo reale alle modifiche contrattuali unilaterali che alterano le condizioni di accesso a un’infrastruttura digitale di rilevanza sistemica.
L’AGCM osserva AI di Meta dentro WhatsApp: integrazione e dati
Dal marzo 2025 Meta ha progressivamente integrato il proprio servizio di intelligenza artificiale, denominato Meta AI, all’interno dell’applicazione di messaggistica WhatsApp, rendendolo disponibile a tutti gli utenti europei senza alcuna attivazione volontaria. L’architettura dell’integrazione è stata congegnata per massimizzare la visibilità e l’accessibilità dell’assistente virtuale proprietario: un’icona circolare dai colori cangianti è stata collocata nella schermata principale dell’applicazione, in posizione prominente e non rimovibile dall’utente; la funzione “Chiedi a Meta AI” è stata inserita direttamente nella barra di ricerca, così trasformando ogni tentativo di navigazione tra le conversazioni in un’occasione di interazione con il chatbot; l’assistente è stato reso attivabile anche nelle chat di gruppo, ampliando esponenzialmente le occasioni d’uso.
L’elemento che distingue questa integrazione da altre forme di abbinamento tra servizi digitali risiede nella combinazione tra pervasività dell’inserimento e asimmetria delle condizioni di accesso. Gli utenti che desiderano utilizzare chatbot concorrenti, come ChatGPT di OpenAI o Gemini di Google, devono attivarsi autonomamente, creando un contatto dedicato o accedendo tramite browser esterno, mentre Meta AI risulta immediatamente disponibile e collocato in posizione privilegiata nell’interfaccia. Questa configurazione genera quello che la letteratura economica definisce “attention advantage”: in un contesto in cui l’attenzione dell’utente è una risorsa scarsa, la prominenza del servizio proprietario si traduce in un vantaggio competitivo strutturale che prescinde dalla qualità intrinseca del prodotto.
Un ulteriore profilo di rilievo attiene all’utilizzo dei dati generati dalle interazioni con Meta AI. Dalle informazioni acquisite dall’Autorità emerge un quadro di opacità: se da un lato Meta dichiara, nella schermata iniziale della chat con l’assistente, di non utilizzare le conversazioni per migliorare il servizio, dall’altro le privacy policy aziendali affermano esplicitamente che le interazioni degli utenti con Meta AI vengono impiegate per l’addestramento del modello linguistico sottostante. Il meccanismo di opposizione previsto da Meta risulta inoltre macchinoso e non immediatamente accessibile, configurando un regime di opt-out che, secondo consolidata giurisprudenza in materia di protezione dei dati personali, non garantisce un consenso effettivamente libero e informato.
I mercati rilevanti tra messaging e assistenti AI
La definizione dei mercati rilevanti rappresenta una delle sfide analitiche centrali del caso. L’impianto del primo provvedimento poggia sulla distinzione tra due mercati distinti sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta, con implicazioni significative per la valutazione della posizione dominante di Meta e degli effetti delle condotte contestate.
La messaggistica via app come mercato separato
Il primo è il mercato dei servizi di comunicazione per i consumatori via applicazione mobile, nel quale rientrano WhatsApp, Messenger, Telegram, Signal e altri servizi analoghi. La Commissione europea, nella decisione Facebook/WhatsApp del 2014 e nella più recente decisione Facebook/Marketplace del 2024, aveva già tracciato i confini di questo mercato, distinguendolo dai servizi di social networking in ragione della diversa funzione economica: mentre i social network offrono un’esperienza di relazione sociale con un pubblico potenzialmente indifferenziato, i servizi di messaggistica istantanea si fondano su relazioni personali e mirate tra gli utenti.
In questo mercato Meta detiene una posizione di schiacciante dominanza. Secondo i dati riportati dall’Autorità WhatsApp è utilizzato da circa il 90% degli italiani su base mensile, con oltre 37 milioni di utenti attivi nel solo territorio nazionale e più di 2 miliardi di utenti a livello globale. Considerando anche Messenger, la quota di Meta supera ampiamente il 50% a livello europeo. Il concorrente più prossimo, Telegram, raggiunge il 47% di penetrazione in Italia, ma con modalità d’uso e frequenze di interazione significativamente inferiori. L’AGCM qualifica, pertanto, la posizione di Meta come dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE, rilevando altresì l’accesso dell’impresa a significative risorse finanziarie e tecnologiche che rafforzano la sua capacità di condizionare il mercato.
Il nuovo mercato degli assistenti AI generalisti
Il secondo mercato rilevante individuato dall’Autorità è quello dei servizi di intelligenza artificiale di tipo generalista, talvolta definiti chatbot o assistenti AI. Questi servizi, fondati su modelli linguistici di grandi dimensioni (Large Language Models), rispondono a un’esigenza della domanda qualitativamente diversa dalla comunicazione interpersonale: la capacità di ottenere risposte a quesiti anche complessi attraverso l’elaborazione di ingenti quantità di informazioni. Dal lato dell’offerta, la tecnologia sottostante differisce radicalmente da quella impiegata nei servizi di messaggistica: mentre WhatsApp utilizza protocolli di crittografia end-to-end e linguaggi di programmazione ottimizzati per la gestione simultanea di milioni di connessioni, Meta AI si fonda sul modello LLaMA4, sviluppato internamente da Meta per comprendere e generare testo in linguaggio naturale.
Il mercato dei servizi di AI generalista presenta caratteristiche peculiari che ne amplificano la rilevanza antitrust. Si tratta di un mercato in fase di sviluppo iniziale ma in crescita esponenziale: secondo i dati citati dall’Autorità, la dimensione del mercato dell’AI generativa nell’Unione Europea è stimata in circa 4,4 miliardi di dollari nel 2024, 7,3 miliardi nel 2025 e 11,7 miliardi nel 2026. Le barriere all’ingresso sono particolarmente elevate, in ragione della necessità di disporre di potenza di calcolo ingente, di ampie serie di dati di qualità per l’addestramento dei modelli e di forza lavoro altamente specializzata. In questo contesto, le grandi piattaforme digitali come Google, Meta, Amazon e Microsoft godono di un vantaggio strutturale derivante dall’integrazione verticale e dall’accesso privilegiato a risorse complementari.
Un dato particolarmente significativo è riportato nel provvedimento di luglio: secondo il rapporto AltIndex del novembre 2024, nel mercato statunitense Meta AI ha raggiunto nel 2024 una quota del 31% in termini di numero di utenti, pari a quella di ChatGPT e in significativo aumento rispetto al 16% registrato nel 2023. L’incremento di 15 punti percentuali in un solo anno rappresenta la crescita più rapida tra i diversi chatbot disponibili e suggerisce che l’integrazione in WhatsApp abbia già prodotto effetti tangibili sulla struttura competitiva del mercato.
Antitrust e AI di Meta tra tying, refusal to deal e accesso essenziale
Le condotte contestate dall’Autorità vanno dal tying al refusal to deal e si innestano sulla posizione di Meta nei mercati individuati. La combinazione tra abbinamento di servizi e chiusura dell’accesso alla piattaforma rende centrale il tema dell’infrastruttura digitale essenziale per l’offerta di servizi concorrenti di AI generativa.
Come l’integrazione di Meta AI in WhatsApp crea un vincolo di fatto
La prima condotta contestata dall’Autorità nel provvedimento di luglio è qualificabile come tying, cioé l’abbinamento tra prodotti distinti. Secondo la consolidata giurisprudenza unionale, a partire dalla sentenza Microsoft/Commissione del 2007, il tying abusivo ricorre quando un’impresa dominante subordina la vendita di un prodotto principale all’acquisto di un prodotto abbinato, in assenza di una connessione oggettiva tra i due e con effetti di esclusione dei concorrenti nel mercato del prodotto abbinato. Nel caso di specie, il prodotto principale è WhatsApp, nel quale Meta detiene una posizione dominante, mentre il prodotto abbinato è Meta AI, servizio che compete in un mercato distinto con ChatGPT, Gemini, Copilot e altri assistenti virtuali.
L’elemento distintivo della condotta risiede nella modalità di abbinamento prescelta da Meta. Non si tratta di una subordinazione contrattuale in senso classico, poiché l’utente di WhatsApp non è formalmente obbligato a utilizzare Meta AI, ma di un abbinamento di fatto che sfrutta l’architettura dell’interfaccia utente per veicolare l’attenzione verso il servizio proprietario. La pre-installazione dell’icona in posizione prominente, la sua non rimovibilità e l’inserimento della funzione di ricerca AI nella barra principale dell’applicazione configurano quello che l’Autorità definisce un meccanismo di “trascinamento” della user base: i milioni di utenti di WhatsApp divengono automaticamente utenti potenziali di Meta AI, con un vantaggio competitivo che prescinde dalla qualità del servizio e si fonda esclusivamente sulla posizione dominante nel mercato della messaggistica.
L’Autorità identifica tre ordini di effetti restrittivi derivanti dalla condotta. In primo luogo, il vantaggio immediato in termini di volumi di utenti: Meta AI acquisisce istantaneamente l’accesso a oltre 120 milioni di utenti europei senza dover sostenere i costi di acquisizione che gravano sui concorrenti. In secondo luogo, il vantaggio in termini di dati per l’addestramento: le interazioni degli utenti con Meta AI alimentano il training del modello LLaMA4, migliorandone progressivamente le prestazioni e ampliando il divario qualitativo rispetto ai concorrenti che non dispongono di un analogo canale di acquisizione di dati. In terzo luogo, il rischio di lock-in: la personalizzazione progressiva delle risposte, fondata sulla memoria delle informazioni condivise dall’utente nelle precedenti conversazioni, genera una dipendenza funzionale che ostacola lo switching verso servizi alternativi.
Il blocco degli altri assistenti AI dai canali WhatsApp Business
Il secondo provvedimento, adottato il 25 novembre 2025, amplia l’oggetto dell’istruttoria per ricomprendere una condotta ulteriore e, per certi versi, speculare rispetto alla prima. Il 15 ottobre 2025 Meta ha modificato le condizioni generali di contratto applicabili all’utilizzo della piattaforma WhatsApp da parte di imprese terze, i cosiddetti WhatsApp Business Solution Terms, introducendo un divieto esplicito e generalizzato per i fornitori di tecnologie di intelligenza artificiale. La clausola vieta agli “AI Providers” di accedere o utilizzare la piattaforma WhatsApp Business Solution quando le tecnologie di AI costituiscono la funzionalità principale del servizio offerto, escludendo pertanto i chatbot generalisti mentre consente applicazioni in cui l’AI è meramente accessoria o incidentale.
La formulazione della clausola è particolarmente significativa per la sua ampiezza e per la discrezionalità riservata a Meta nella sua applicazione. Il divieto si estende ai modelli linguistici di grandi dimensioni, alle piattaforme di AI generativa e agli assistenti AI di uso generale, con una clausola residuale che include tecnologie simili come determinate da Meta a sua esclusiva discrezione. L’efficacia della modifica è stata differenziata: per le imprese che già operavano su WhatsApp alla data del 15 ottobre 2025, come ChatGPT di OpenAI, Copilot di Microsoft, Perplexity e Luzia, le nuove condizioni entreranno in vigore il 15 gennaio 2026; per i nuovi entranti, il divieto è immediatamente efficace.
L’Autorità qualifica questa condotta come un rifiuto di accesso a un’infrastruttura digitale essenziale per l’offerta di servizi concorrenti. La piattaforma WhatsApp, originariamente sviluppata non solo per le esigenze proprie di Meta ma anche nella prospettiva di consentire l’utilizzo da parte di imprese terze attraverso le WhatsApp Business Solutions, è stata trasformata in un canale di distribuzione esclusivo per Meta AI. La giurisprudenza della Corte di Giustizia, da ultimo richiamata nella sentenza della Grande Sezione del 25 febbraio 2025, afferma che il rifiuto di accesso a un’infrastruttura digitale è abusivo quando ha l’effetto di escludere, ostacolare o ritardare lo sviluppo di un prodotto o servizio potenzialmente in concorrenza con quello dell’impresa dominante.
Un elemento aggravante individuato dall’Autorità è il carattere interruttivo della condotta. Non si tratta di un mero rifiuto di contrattare con soggetti nuovi, ma dell’interruzione di relazioni contrattuali in corso con operatori che già utilizzavano WhatsApp per distribuire i propri servizi. Tra questi figurano non solo le grandi imprese verticalmente integrate come Microsoft e OpenAI, ma anche startup di minori dimensioni come Luzia, un’applicazione di assistente virtuale alimentata dall’intelligenza artificiale della società “Factoría Elcano”, per le quali l’esclusione dalla piattaforma può rappresentare un ostacolo insormontabile alla crescita. La condotta configura pertanto una restrizione delle fisiologiche dinamiche competitive che colpisce in modo differenziato gli operatori, con effetti potenzialmente più gravi per i nuovi entranti e le imprese di dimensioni minori.
Misure cautelari e implicazioni sistemiche per l’ecosistema digitale
Il provvedimento più recente del 25 novembre non si limita ad ampliare l’oggetto dell’istruttoria di merito, ma avvia contestualmente un procedimento per l’adozione di misure cautelari ai sensi dell’articolo 14-bis della legge Antitrust. L’Autorità ritiene sussistenti entrambi i presupposti richiesti dalla norma: il fumus boni iuris, ossia la plausibilità prima facie della violazione contestata, e il periculum in mora, ossia il rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza nelle more del procedimento di merito.
Quanto al fumus, l’Autorità richiama la consolidata giurisprudenza in materia di rifiuto di accesso e osserva che la condotta di Meta appare prima facie abusiva in quanto esclude i concorrenti dall’accesso a un ampio bacino di utenti, precludendo loro un canale distributivo che aveva già dimostrato la sua efficacia. La circostanza che Meta continui ad aumentare il grado di integrazione di Meta AI in WhatsApp, inserendo nuovi punti di accesso all’assistente virtuale come il tasto “Chiedi” nella barra di ricerca e l’opzione “Chiedi a Meta AI” nella funzione di inoltro dei messaggi, aggrava ulteriormente il profilo di illiceità della condotta.
L’analisi del periculum è particolarmente articolata e riflette la convinzione dell’Autorità circa le peculiarità dei mercati digitali. Il ragionamento si sviluppa lungo tre direttrici. La prima attiene alla fase evolutiva del mercato: i servizi di AI generalista si trovano in una fase iniziale ma di crescita esponenziale, nella quale ritardi nello sviluppo e nell’accesso all’utenza possono compromettere definitivamente la capacità competitiva delle imprese. In questo contesto, il tempo necessario alla conclusione del procedimento di merito, che l’Autorità fissa al 31 dicembre 2026, potrebbe risultare sufficiente a consolidare posizioni di mercato non più contendibili.
La seconda direttrice concerne i meccanismi di lock-in propri dei servizi di AI personalizzata. L’Autorità osserva che gli utenti di WhatsApp, esposti esclusivamente a Meta AI in virtù del rifiuto di accesso opposto ai concorrenti, svilupperanno una familiarità d’uso che ne ostacola lo switching verso servizi alternativi. Questo fenomeno, definito status quo bias nella letteratura economico-comportamentale, è amplificato dalla capacità dei servizi di chatbot di fornire risposte sempre più personalizzate sulla base delle interazioni precedenti. La vischiosità inerziale delle scelte dei consumatori rischia pertanto di pregiudicare definitivamente la contendibilità del mercato.
La terza direttrice, forse la più significativa dal punto di vista dell’analisi economica, riguarda le opportunità di training dei modelli linguistici. L’Autorità rileva che Meta AI, in virtù del proprio accesso esclusivo all’enorme bacino di utenti di WhatsApp e del considerevole flusso di interazioni che esso genera, potrà giovarsi di opportunità di addestramento “sostanzialmente irripetibili”. L’espressione coglie un elemento cruciale della competizione nei mercati dell’intelligenza artificiale: i dati non sono una risorsa statica, ma un flusso dinamico che alimenta il miglioramento continuo dei modelli. Un concorrente escluso dalla piattaforma per diciotto mesi non subisce soltanto la perdita di opportunità commerciali presenti, ma accumula uno svantaggio strutturale in termini di qualità del modello che potrebbe risultare incolmabile.
Le misure provvisorie ipotizzate dall’AGCM
L’Autorità prefigura due ordini di misure cautelari volte a neutralizzare il periculum nelle more del procedimento di merito. La prima consiste nella sospensione dell’efficacia delle nuove condizioni contrattuali introdotte nei WhatsApp Business Solution Terms il 15 ottobre 2025, così da consentire ai fornitori di servizi di AI concorrenti di continuare a utilizzare la piattaforma per raggiungere gli utenti di WhatsApp. La seconda consiste nell’inibizione di ulteriori modifiche che amplifichino la presenza di Meta AI in WhatsApp a svantaggio dei concorrenti, con particolare riferimento all’accessibilità, alla visibilità e alle funzionalità dell’assistente virtuale.
La configurazione delle misure riflette una strategia di preservazione dello status quo ante: l’obiettivo non è imporre a Meta obblighi positivi di apertura della piattaforma, ma impedire che il procedimento di merito si concluda in un contesto competitivo ormai irrimediabilmente alterato. Questa impostazione appare coerente con la natura provvisoria e strumentale delle misure cautelari, le quali non possono anticipare il contenuto della decisione finale ma devono limitarsi a garantire l’effettività del provvedimento conclusivo.
Dal punto di vista procedurale, l’Autorità ha fissato un termine accelerato di sette giorni dalla notificazione del provvedimento per la presentazione di memorie difensive da parte di Meta e per la richiesta di audizione dinanzi al Collegio. Questa tempistica compressa, giustificata dall’urgenza dell’intervento, impone alle parti resistenti un onere di reazione particolarmente gravoso e suggerisce che l’Autorità intenda procedere con celerità all’adozione delle misure. Il termine per la conclusione dell’intero procedimento, sia di merito sia cautelare, è stato confermato al 31 dicembre 2026.
Effetti sistemici per mercati digitali e dati
I due provvedimenti sollevano questioni di rilievo sistematico che trascendono il caso specifico e investono i principi fondamentali dell’enforcement antitrust nei mercati digitali. Una prima questione concerne la tempestività dell’intervento. L’Autorità agisce in una fase nella quale il mercato dei servizi di AI generalista non è ancora cristallizzato e le posizioni competitive sono in via di definizione. Questo approccio anticipatorio si discosta dalla tradizionale cautela delle autorità antitrust, inclini ad attendere il consolidamento delle strutture di mercato prima di intervenire, ma appare giustificato dalla rapidità con cui i mercati digitali tendono a stabilizzarsi attorno a pochi operatori dominanti.
Una seconda questione riguarda il rapporto tra integrazione verticale e concorrenza. Meta propone ai propri utenti un ecosistema integrato nel quale servizi distinti, dalla messaggistica ai social network all’intelligenza artificiale, interagiscono sinergicamente. Questa integrazione genera efficienze per i consumatori, ma può anche tradursi in una leva per estendere posizioni dominanti da un mercato all’altro. I provvedimenti dell’AGCM sembrano affermare che l’integrazione non può spingersi fino a escludere i concorrenti dall’accesso a infrastrutture precedentemente aperte, tracciando un confine tra legittima strategia aziendale e abuso di posizione dominante.
Una terza questione attiene al valore strategico dei dati nei mercati dell’intelligenza artificiale. L’enfasi posta dall’Autorità sulle “opportunità di training irripetibili” di cui Meta AI può giovarsi in virtù dell’accesso esclusivo alla base utenti di WhatsApp segnala una crescente convinzione circa il ruolo dei dati come input essenziale per la competizione. Non si tratta soltanto di accesso agli utenti, ma di accesso a un flusso di interazioni che alimenta il miglioramento dei modelli linguistici. Questa prospettiva potrebbe avere implicazioni rilevanti per la definizione dei mercati rilevanti e per l’individuazione delle condotte abusive in futuri procedimenti.
Una quarta questione, infine, riguarda il coordinamento tra autorità nazionali e istituzioni europee. La Commissione europea ha già adottato decisioni rilevanti nei confronti di Meta, in particolare la decisione Facebook/Marketplace del novembre 2024, e potrebbe intervenire sul medesimo oggetto ai sensi del Regolamento 1/2003. La coesistenza di procedimenti paralleli solleva interrogativi circa la coerenza dell’enforcement e la certezza del diritto per le imprese. Tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 6, del Regolamento 1/2003 prevede che l’avvio di un procedimento da parte della Commissione comporti la sospensione della competenza delle autorità nazionali, sicché l’eventuale iniziativa della Commissione determinerebbe la chiusura del procedimento italiano.
I due provvedimenti dell’AGCM nel caso A576 rappresentano un momento significativo nell’evoluzione dell’enforcement antitrust nei mercati digitali. L’Autorità italiana affronta con forte tempestività e determinazione le sfide poste dall’integrazione di servizi di intelligenza artificiale negli ecosistemi delle grandi piattaforme, combinando strumenti classici del diritto della concorrenza, come le nozioni di tying e refusal to deal, con un’attenzione innovativa ai meccanismi di apprendimento dei modelli, al valore strategico dei dati e agli effetti di lock-in propri dei servizi personalizzati.
Il messaggio rivolto agli operatori del mercato è chiaro: le imprese che detengono posizioni dominanti in mercati maturi non possono sfruttare tali posizioni per acquisire vantaggi indebiti in mercati nascenti, né attraverso l’abbinamento forzato di servizi distinti né attraverso l’esclusione dei concorrenti da infrastrutture precedentemente aperte. La disposizione a intervenire in via cautelare, sospendendo l’efficacia di modifiche contrattuali unilaterali ancora prima della conclusione del procedimento di merito, segnala la volontà di preservare la contendibilità dei mercati dell’intelligenza artificiale in questa fase cruciale del loro sviluppo.
L’esito del procedimento, atteso per la fine del 2026, avrà implicazioni che si estendono ben oltre il caso specifico. Se l’Autorità confermerà le contestazioni mosse a Meta, si consoliderà un precedente di rilievo per tutti i grandi operatori digitali che intendano integrare servizi di intelligenza artificiale nei propri ecosistemi. La competizione nei mercati dell’AI non potrà più essere condotta sfruttando asimmetrie di accesso agli utenti e ai dati, ma dovrà fondarsi sui meriti intrinseci dei servizi offerti. È un principio che, se affermato, potrebbe contribuire a mantenere aperti e contendibili mercati che, lasciati alla sola dinamica dell’autoregolazione, rischierebbero di cristallizzarsi rapidamente attorno a pochi operatori dominanti.











