L’intelligenza artificiale sta ridefinendo anche il settore delle pubbliche relazioni, ma il confine tra innovazione e deriva comunicativa appare sempre più sottile.
Tra automazioni estreme, contenuti generati in serie e provocazioni costruite da algoritmi, la domanda chiave è: l’AI sta davvero migliorando il lavoro dei comunicatori o lo sta avvelenando con nuovi mari di spam?
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L’opinione degli esperti sul ruolo dell’ai nella comunicazione
“L’intelligenza artificiale sta sicuramente migliorando il lavoro dei comunicatori, dei giornalisti e di tutti coloro che si occupano di comunicazione e informazione. Il tema è sempre lo stesso, la conoscenza degli strumenti e saperli utilizzare al meglio. Se non ci si pone il problema se non si ha la curiosità di ampliare la preparazione professionale e le competenze, il rischio è che questi strumenti possano invece che essere un aiuto complicare la vita” spiega Francesco Di Costanzo, Presidente di PA social, l’associazione per la nuova comunicazione pubblica e istituzionale e di Fondazione Italia Digitale.
Il caso Mainz Biomed e la provocazione algoritmica
Lo scorso mese di marzo un’e-mail generata da PRAI, la piattaforma di intelligenza artificiale ottimizzata per le pubbliche relazioni, per promuovere e favorire la brand reputation di Mainz Biomed, azienda tedesca leader nello sviluppo di sistemi diagnostici per il cancro,ha fatto discutere.
La mail che ha raggiunto le caselle di posta elettronica dei giornalisti statunitensi aveva come oggetto: “Tenete più a Tesla che a un cancro che uccide migliaia di persone”.
L’e-mail continuava rimproverando i giornalisti statunitensi per aver dato priorità alle notizie sugli utili di Tesla e ai pettegolezzi sulle celebrità rispetto al lavoro di Mainz Biomed. Dopo aver snocciolato alcuni dati statistici sull’aumento dei tassi di cancro nella mail c’era scritto: “Questo non è un problema futuro. Sta accadendo proprio ora. Ma non lo sapete, perché avete seguito solo cose inutili. Fate di meglio”.
Il tono di voce volutamente provocatorio — suggerito dall’algoritmo con l’obiettivo di attirare l’attenzione dei giornalisti utilizzando la popolarità del nome Tesla come dichiarato da Exclusive PR Solutions, un’agenzia newyorkese di pubbliche relazioni che rappresenta Mainz Biomed — ha suscitato attenzione e ostilità, generando reazioni forti, tra visibilità e indignazione.
Le reazioni al caso e l’effetto boomerang
Se da Robert Koch Stasse a Magonza, sede di Mainz Biomed, non hanno rilasciato dichiarazioni Valentin Saitarli, founder e CEO di PRAI ha detto: “È stata una presentazione estremamente efficace e ha fatto arrabbiare moltissime persone. Volevamo solo invitare a conoscere il prodotto e a fare interviste, ma siamo stati investiti da un’ondata di odio”.
Questo caso solleva interrogativi urgenti sull’utilizzo dell’AI nel settore pubbliche relazioni: può davvero sostituire il lavoro umano o il rischio di un effetto boomerang è così elevato da sconsigliarne l’utilizzo?
Come le agenzie PR stanno integrando l’intelligenza artificiale
Le principali agenzie di pubbliche relazioni hanno nominato un responsabile dell’intelligenza artificiale e hanno anche sviluppato ed investito pesantemente in una serie di strumenti proprietari.
Il settore, infatti, non si è fermato. Edelman, la maggiore per fatturato a livello globale, ha sviluppato un sistema di generative engine optimization per modellare la reputazione dei clienti nei risultati prodotti dai grandi modelli linguistici (LLM). L’obiettivo? Anticipare e influenzare il modo in cui i clienti vengono rappresentati nei contenuti AI-driven che alimentano assistenti virtuali e chatbot.
In Italia, Golin — parte del gruppo Interpublic, uno dei più importanti network globali — ha integrato l’AI per simulare reazioni del pubblico tramite focus group, accelerando, quindi, la scelta della risposta comunicativa più efficace in situazioni di crisi.
Anche realtà più piccole sono a lavoro. La start-up PodPitch sfrutta l’intelligenza artificiale l’AI per scrivere e inviare proposte ai podcaster da un indirizzo mail combinando trascrizioni audio e le parole più affini per il potenziale cliente per farsi largo nell’agguerrito mondo dei podcast.
La frammentazione del pubblico e la personalizzazione dei messaggi
Il punto centrale, troppo spesso trascurato, è che non esiste più un mercato unico e omogeneo, soprattutto in termini comunicativi. Pensare alla comunicazione come a un messaggio valido per “tutti” è un errore concettuale. Bisogna invece ragionare per sacche di audience, gruppi distinti di persone che condividono riferimenti culturali, codici linguistici, valori e modalità di fruizione dell’informazione differenti. In passato, la comunicazione si muoveva attorno a una base comune — la televisione generalista, i grandi quotidiani, le agenzie stampa — che permetteva la costruzione di un’opinione pubblica relativamente coesa. Oggi quella base si è frantumata. La frammentazione dell’attenzione e l’iperpersonalizzazione dei canali digitali impongono una strategia di marketing e comunicazione calibrata su ciascuna di queste sacche, con messaggi su misura.
Il caso Grubhub e l’analisi delle emozioni reali
Grubhub, servizio di food delivery, ha recentemente integrato il riconoscimento facciale per analizzare in tempo reale le espressioni dei partecipanti a una campagna di comunicazione. I risultati hanno ribaltato quanto emerso dai questionari: ciò che veniva dichiarato (voglia di sushi) non coincideva con le emozioni espresse (entusiasmo per salumi e panini). Il messaggio della campagna è stato modificato di conseguenza.
“Le persone spesso non dicono ciò che sentono. L’AI ci ha permesso di cogliere una verità più profonda”, ha affermato Dave Tovar, vicepresidente senior di Grubhub.
L’importanza della segmentazione prima dell’automazione
Solo in un secondo momento, quando si passa dalla strategia all’operatività — alla declinazione tecnica dei messaggi — si può automatizzare l’invio di contenuti ad esempio. Ma questo può avvenire solo dopo un grande lavoro di segmentazione e analisi, evitando così errori comunicativi gravi come quello di Mainz Biomed, dove il tono e il contenuto sono risultati del tutto disallineati rispetto al pubblico di riferimento (i giornalisti americani nell’era Trump).
L’approccio Microsoft: AI con controllo umano
L’approccio giusto? A mio avviso quello più prudente. Utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per sintetizzare in tempo reale l’ecosistema informativo attorno ad un’azienda o un brand, dai media tradizionali ai social. Ma ogni contenuto prodotto viene filtrato da revisori umani.
“L’AI è uno strumento d’input, non l’output finale del processo comunicativo”, ha dichiarato Steve Clayton, vicepresidente della comunicazione strategica di Microsoft e una delle voci più autorevoli quando si parla di comunicazione.
L’azienda di Seattle ha scelto di far filtrare da revisori umani ogni contenuto prodotto dai sistemi di intelligenza artificiale generativa.
Una filosofia opposta a quella di chi affida interamente alla macchina la generazione del messaggio, spesso con effetti disastrosi.
Spam e disinformazione: i rischi in aumento
Secondo Nick Toso, CEO di Rolli — una piattaforma che collega giornalisti ed esperti verificati — la comunicazione via email è diventata meno efficace a causa della proliferazione di messaggi automatizzati, spesso indistinguibili dallo spam.
Le newsletter come ponti di relazione umana
“Le newsletter sono ponti, non solo parole. E quando nascono davvero da un bisogno di relazione possono cambiare anche un’intera organizzazione” spiega Marisandra Lizzi, esperta di comunicazione che cura il progetto Binario 9 ¾ il primo esperimento di comunicazione emozionale interna. Nel suo libro “Lettera a Jeff Bezos” scrive come il sovraccarico comunicativo ci abbia allontanato da ciò che conta e come ogni gesto, anche un’e-mail, possa tornare ad avere valore se scritta con cura. Per selezionare contenuti di qualità, per entrare in relazione con le persone, per contattare innovatori, per coinvolgerli in una missione.
“Le newsletter oggi sono spesso confinate al marketing. Io continuo a vederle come ponti che connettono persone, storie, sogni, che diventano progetti. Se ci metti dentro verità, ascolto e senso – cioè relazioni umane – nessun algoritmo potrà mai sostituirle” conclude Lizzi.
Non solo: sono emersi “esperti sintetici”, falsi profili generati per manipolare la visibilità delle aziende tramite citazioni fasulle nei media. Rolli contrasta il fenomeno usando un mix di AI e fact-checking umano per verificare CV, attività online e affidabilità delle fonti.
La centralità del professionista nella verifica
“Serve sempre la centralità del professionista” spiega Francesco Di Costanzo che aggiunge: “L’intelligenza artificiale non produce disinformazione da sola, è uno strumento, che può essere un’opportunità per chi fa comunicazione, ma bisogna usarlo nel modo più corretto possibile e attenzione a trascurare, da parte di enti, istituzioni e aziende, la verifica delle notizie e delle informazioni che è fondamentale”.
Reputation management tra automazione e autenticità
Secondo Wendy Zajack, docente della Georgetown University, l’automazione rischia di snaturare la professione del comunicatore, che si fonda sulla capacità di costruire relazioni autentiche, un’opinione che non trova riscontro nelle opinioni di Francesco Di Costanzo, giornalista e Presidente di PA social e Fondazione Italia Digitale che predica tranquillità.
Il bombardamento di contenuti generati dall’intelligenza artificiale però può portare a una reazione “allergica” con il pubblico che cercherà messaggi veri, personali, pensati.
“Il processo innovativo non può essere fermato, necessita di essere governato, ma è importante che le aziende continuino costantemente a fare un lavoro di posizionamento e di corporate communication per evitare eventuali pericoli legati alla reputation” spiega Giusi Gallotto, CEO di Nuove Reti che aggiunge: “Io vedo nel tema della sostenibilità intesa soprattutto come sociale e di governace un tema fondamentale di posizionamento e di accreditamento di un’azienda per sminare possibili pericoli anche dovuti ad un’eccessiva automatizzazione dei processi comunicativi tramite l’intelligenza artificiale”.
Public affairs e monitoraggio legislativo con AI
Dalle pubbliche relazioni al pubblic affair, che per molte aziende e brand è entrato a pieno titolo tra gli strumenti di marketing e comunicazione, la questione non cambia per Gallotto: “ L’AI rappresenta una risorsa per migliorare e razionalizzare l’attività di monitoraggio legislativo. Il futuro delle attività di monitoraggio legislativo sarà governato dall’AI, ma non andrà a sostituire il capitale umano”
Verso un equilibrio tra tecnologia e competenze umane
In conclusione, l’intelligenza artificiale non è né una minaccia da demonizzare né una bacchetta magica da mitizzare: è uno strumento potente, che può amplificare l’efficacia delle pubbliche relazioni solo se integrato con consapevolezza, competenza e responsabilità. Alcuni casi dimostrano quanto sia facile inciampare quando si rinuncia al filtro umano, ma anche quanto valore possa emergere quando l’AI viene utilizzata per ascoltare meglio, personalizzare i messaggi e restituire autenticità alle relazioni. La sfida non è tecnologica, ma culturale: sta nel ripensare il ruolo del comunicatore come architetto di relazioni, capace di usare la tecnologia per rafforzare la verità, la rilevanza e la connessione con le proprie audience. In un mondo frammentato e iperconnesso, solo chi saprà costruire ponti — non automatismi — potrà davvero comunicare.
Servono strategie chiare, team formati, governance forti, linee guida, trasparenza e revisione umana. Solo così l’AI potrà essere davvero al servizio di una comunicazione migliore, e non il motore di un’epidemia di rumore digitale.